Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 229 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 229 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
OGGETTO: accertamento dell’acquisto del diritto di proprietà
R.G. 22210/2019
C.C. 16-11-2023
sul ricorso n. 22210/2019 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso il secondo, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL controricorrente
avverso la sentenza n. 749/2019 della Corte d’appello di Brescia pubblicata in data 8-5-2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1611-2023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 1092 pubblicata il 17-11-2015 il Tribunale di Mantova rigettò la domanda proposta da NOME COGNOME in qualità di erede del marito NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME al
fine di ottenere l’accertamento del trasferimento della quota di proprietà del fondo ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sito in agro di Bondeno di Gonzaga in forza del contratto sottoscritto il 9-8-1987 da NOME COGNOME e NOME COGNOME; rigettò anche la domanda subordinata di accertamento dell’acquisto di proprietà del fondo per usucapione.
2.NOME COGNOME p ropose appello, che la Corte d’appello di Brescia ha integralmente rigettato con la sentenza n. 749 pubblicata in data 8-5-2019.
La sentenza ha considerato che l’appellante nell’ atto di appello aveva qualificato la scrittura privata del 9-81987 quale ‘contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 cod. civ.’ e nelle conclusioni aveva chiesto ‘in principalità, ex art. 2932 codice civile: acce rtare e dichiarare l’avvenuto trasferimento…’, mentre in primo grado aveva dedotto che le parti con la scrittura avevano dato luogo ‘alla trasmissione della proprietà della quota dell’immobile’ e nelle conclusioni avevano chiesto di ‘accertare e dichiarare l’avvenuto trasferimento’. Ha dichiarato che la domanda proposta ex art. 2932 cod. civ. era nuova e pertanto inammissibile e ha escluso che con la scrittura le parti avessero voluto anticipare gli effetti traslativi della proprietà; ha evidenziato che la consegna del bene e l’anticipato pagamento del prezzo non erano indice della natura definitiva della compravendita, in quanto era il contratto definitivo a produrre l ‘effetto traslativo e nella promessa di vendita, quando veniva pattuita la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizzava una anticipazione degli effetti traslativi, ma la disponibilità del bene si fondava su contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare; ha escluso che anche il pagamento totale del prezzo fosse incompatibile con l’intento di stipulare contratto preliminare. La sentenza ha confermato anche il rigetto della domanda di acquisto della proprietà per usucapione,
osservando che NOME COGNOME era già proprietario della quota indivisa dei tre quarti del fondo in forza della successione paterna e non era stato allegato e provato che, dopo la sottoscrizione della scrittura privata del 9-8-1987, fosse mutato alcunché nella sua relazione con il fondo.
3.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ha proposto controricorso con ricorso incidentale condizionato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 16-11-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo ‘ violazione ed errata applicazione degli artt. 1350, 1362 ss., 1376 c.c. in riferimento all’art. 112 c.p.c. e all’art. 1376 c.c. -art. 360 n.4 c.p.c.’ la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto che in appello fosse stata formulata domanda nuova. Evidenzia che in primo grado aveva chiesto di dichiarare l’avvenuto trasferimento della proprietà del compendio immobiliare in base alla scrittura privata di data 9-8-1987 e il giudice di primo grado aveva ritenuto che la scrittura non comportasse il trasferimento del bene; dichiara che nelle conclusioni dell’atto di appello aveva effettivamente fatto riferimento all’art. 2932 cod. civ., ma nell’esposizione dei motivi aveva sostenuto che la scrittura 9 -7-1987 avrebbe dovuto essere qualificata quale ‘contratto preliminare ex art. 1351 codice civile, valido e suscettibile di conseguire effetti reali ex art. 1376’. Lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dichiarando che ella non aveva inteso abbandonare la domanda volta a fare
dichiarare l’avvenuto trasferimento del bene a seguito della scrittura 9-81987, ma aveva solo inserito il riferimento all’art. 2932 cod. civ. in termini tali da non modificare le richieste di primo grado; quindi sostiene che la sentenza si sia pronunciata su una domanda che la parte non aveva svolto -emissione di sentenza ex art. 2932 cod. civ.e non su quella proposta.
1.1.Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Nel giudizio di cassazione l’interesse a impugnare discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole (Cass. Sez. 2 197-2023 n. 21230 Rv. 668484-01, Cass. Sez. 3 8-6-2017 n. 14279 Rv. 644642-01). Nella fattispecie, seppure si ritenesse la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. nei termini prospettati dalla ricorrente, per avere la Corte d’appello dichiarato inammissibile la domanda ex art. 2932 cod. civ. che la parte non aveva proposto, la pronuncia non avrebbe alcun effetto favorevole per la ricorrente, rimanendo fermo il dato che domanda ex art. 2932 cod. civ. non è oggetto del giudizio. Infatti, la statuizione sulla novità della domanda ex art. 2932 cod. civ. non ha comportato che la Corte d’appello non abbia statuito sulla domanda originariamente proposta e rigettata dalla sentenza di primo grado, perché la sentenza impugnata (da pag. 7 in fondo) ha esaminato tale domanda volta a sostenere che la scrittura 9-8-1987 avesse effetti reali e perciò di accertamento del trasferimento della proprietà in forza di tale scrittura. Di ciò è consapevole la stessa ricorrente, che sull’interpretazione del contratto propone il secondo motivo di ricorso.
2.Con il secondo motivo ‘ violazione ed errata applicazione delle norme e dei principi in materia di interpretazione del contratto, in particolare degli artt. 1362, 1363 ss. c.c. -art. 360 n. 3 c.p.c.’ , la ricorrente dichiara che già nell’atto di appello aveva dedotto la violazione delle disposizioni sull’interpretazione del contratto,
evidenziando l’utilizzo dell’espressione ‘cede e vende’ in due punti del contratto, tale da non lasciare dubbi sulla volontà di trasferire immediatamente la quota di proprietà; aveva aggiunto che il giudice di primo grado era stato tratto in inganno dalle espressioni utilizzate nella seconda parte della scrittura, dove le parti avevano semplicemente regolato il pagamento del prezzo complessivo convenuto, da versare per £.20.000.000 all’atto della scrittura, per £.30.000.000 all’atto del preliminare ‘da sten dersi presso il notaio che verrà indicato dall’acquirente entro il 30 settembre 1987’, per £.50.000.000 entro il 28-2-1988 e per £.50.000.000 entro il 30-61988 ‘Scritture a rogito entro il 1988’ ; aveva rilevato altresì la mancanza di eccezioni da parte di NOME COGNOME e la permanenza per quasi trent’anni dell’acquirente COGNOME nel possesso esclusivo del fondo . Quindi lamenta che la Corte d’appello non abbia valutato l’impossibilità di conoscere la comune intenzione delle parti in base all’elemento let terale e si sia limitata a sostenere che l’espressione ‘cede e vede’, ricorrente due volte nel documento, non poteva considerarsi dirimente, senza indicare le clausole del contratto significative né il risultato interpretativo derivante dall’interpretazion e delle clausole le une per mezzo delle altre, prendendo in esame elementi che avrebbero dovuto essere considerati solo dopo la verifica dell’elemento letterale.
2.1.Il motivo è infondato.
Secondo i principi ai quali si deve dare continuità, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito; il ricorrente per cassazione, al fine di fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione asseritamente violate, ma è tenuto altresì a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia
discostato dai canoni legali assunti come violati o se li abbia applicati in base ad argomentazioni illogiche; non può la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente a quella accolta dalla sentenza impugnata , poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle possibili interpretazioni (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 3 28-11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01, per tutte).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha espressamente dichiarato che l’espressione ‘cede e vende’ contenuta nella scrittura privata non poteva ritenersi dirimente al fine di accertare la natura del contratto, richiamando sul punto anche il precedente di Cass. 17682/2007, dopo avere evidenziato che il Tribunale aveva ritenuto che la previsione nella scrittura della conclusione di un contratto preliminare davanti al notaio e poi del rogito era sufficiente a escludere che le parti avessero voluto anticipare gli effetti traslativi. In questo modo la sentenza ha eseguito l’interpretazione letterale del le clausole contrattuali e l’interpretazione complessiva delle clausole, nel rispetto dei canoni di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., in modo logico e plausibile, in quanto ha considerato che le espressioni letterali utilizzate non erano in sé decisive e comunque la lettura delle clausole le une per mezzo delle altre conduceva al risultato di ritenere che le parti avessero concluso contratto con effetti obbligatori. Di seguito la sentenza ha anche considerato i fatti riferiti alla consegna anticipata del bene e all’anticipato pagamento del prezzo, quali comportamenti delle parti posteriori alla conclusione del contratto che l’appellante aveva dedotto ai sensi dell’art. 1362 co.2 cod. civ. , e ne ha escluso l’incompatibilità con la volontà di stipulare contratto preliminare di vendita, richiamando il principio consolidato secondo il quale, quando nella promessa di vendita viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza una anticipazione degli effetti
traslativi, ma la disponibilità del bene del promissario acquirente si fonda sull’esistenza di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare; pertanto anche sotto questo profilo la pronuncia si sottrae alle critiche della ricorrente. La circostanza che, facendo applicazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, la Corte territoriale sia giunta a risultato diverso da quello auspicato dalla ricorrente non comporta la violazione di legge lamentata in quanto, come già esposto, l’interpretazione eseguita dal giudice di merito non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle interpretazioni plausibili.
3. Con il terzo motivo ‘ violazione ed errata applicazione degli artt. 1140, 1141 e 1158 c.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c. art. 360 n. 3 c.p.c.’ la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata non abbia correttamente applicato i principi in materia di detenzione, possesso e interversione del possesso. In primo luogo lamenta che non sia stata valutata l’efficacia reale del contratto e di seguito che la Corte territoriale non abbia considerato che l’attrice aveva indicato il periodo temporale nel q uale era maturata l’usucapione, dalla data di sottoscrizione della scrittura, formulando anche prove orali sul punto. Richiama il contenuto del proprio atto di appello, nel quale aveva dedotto che l’interversione del possesso poteva avvenire anche attraverso il compimento di attività materiali, il principio secondo il quale il possesso si presume allorché sia dimostrato il potere di fatto sulla cosa, quello secondo il quale l’uso prolungato del bene non è compatibile con la tolleranza e quello secondo il quale coltivare il terreno significa disporre materialmente dello stesso; lamenta che la sentenza impugnata non abbia accertato se vi fosse stata attività materiale idonea a dimostrare l’esercizio di potere sulla cosa in nome proprio e non abbia applicato la presunzione di cui all’art. 1141 co.1 cod. civ., limitandosi a negarne l’operatività facendo riferimento alla scrittura 9-8-1987.
3.1.Il motivo è inammissibile ex art. 366 co. 1 n.4 cod. proc. civ., perché non considera e non censura al fine di farne emergere l’erroneità le ragioni poste dalla sentenza a fondamento del rigetto della domanda di accertamento della proprietà per usucapione e, limitandosi alla mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso della sentenza impugnata, si risolve nella proposizione di un ‘non motivo’ (Cass. Sez. 1 24 -9-2018 n. 22478 Rv. 650919-01, Cass. Sez. 3 31-8-2015 n. 17330 Rv. 636872-01).
In primo luogo, è evidente che la sentenza impugnata, avendola esclusa, non poteva considerare l’efficacia reale del contratto al fine di valutare il significato del rapporto di NOME COGNOME con la cosa. Inoltre, la sentenza ha rigettato le censure svolte dall’appellante alla sentenza di primo grado, considerando che il giudice di primo grado aveva applicato il principio secondo il quale in un contratto a effetti obbligatori la traditio del bene non comporta la trasmissione del suo possesso ma l’insorgenz a di una mera detenzione, seppure qualificata, salvo che intervenga interversio possessionis. Il principio è esatto (cfr. Cass. Sez. 2 22-10-2021 n. 29594 Rv. 662568-01, Cass. Sez. 3 2-12-2016 n. 24637 Rv. 642328-02, Cass. Sez. 1 1-3-2010 n. 4863 Rv. 612335-01) e neppure posto in discussione dagli argomenti della ricorrente, la quale in sostanza valorizza che fosse decorso il termine per l’usucapione dalla data della scrittura privata e che NOME COGNOME avesse avuto la disponibilità dell’immobile ; però, è evidente che, se la ricorrente intende indicare la data di inizio della disponibilità materiale del bene nella data di sottoscrizione della scrittura, vale il principio secondo il quale quella scrittura con effetti obbligatori non era idonea a comportare la trasmissione del possesso e quindi sarebbe stato necessario dimostrare l’interversione del possesso . L’ulteriore affermazione della ricorrente, secondo cui l’interversione del possesso potesse consistere nell’utilizzazione del bene non ha fondamento, in
quanto ai fini dell’interversione del possesso è necessario una manifestazione esteriore rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi possa rendersi conto del fatto che il detentore abbia iniziato a esercitare il potere sulla cosa in nome proprio; non rilevano i meri atti di esercizio del possesso, che si traducono in ipotesi di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene (Cass. Sez. 1 20-12-2016 n. 26327 Rv. 642763-01, Cass. Sez. 2 29-1-2009 n. 2392 Rv. 606397-01).
4.Con il quarto motivo ‘ violazione ed errata applicazione degli artt. 1140, 1141 e 1158 c.c. (estensione del possesso ‘uti dominus’) art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ il ricorrente censura quanto ritenuto dal la sentenza impugnata determinante ai fini della decisione, in ordine al fatto che NOME COGNOME era già proprietario della quota indivisa di tre quarti del fondo e che la coltivazione dell’intero fondo, l’abitazione nel fabbricato e la raccolta dei frutti, di cui avevano riferito i testimoni, non erano significativi del possesso uti dominus e non più uti condominus, non avendo l’attrice neppure allegato che tutto ciò non avvenisse già prima della stipulazione della scrittura privata, così facendo erroneamente riferimento a una interversione nel possesso; aggiunge che l’attrice non era coerede di NOME COGNOME ma solo sua cognata, per cui le condotte attribuite dalla sentenza a suo marito non erano rilevanti ai fini della domanda da lei proposta.
4.1.Il motivo è infondato.
La sentenza, dopo avere rilevato l’infondatezza degli argomenti svolti dall’appellante per criticare la sentenza di primo grado sulla questione dell’interversione del possesso, ha evidenziato come nella fattispecie non si ponesse neppure quella questione, richiamando il principio secondo il quale il coerede può usucapire la quota altrui senza necessità di interversione nel possesso, ma solo allorché abbia goduto del bene in modo esclusivo e con modalità incompatibili con il
godimento altrui, sussistendo la presunzione iuris tantum che egli abbia agito nella qualità di coerede e operato anche nell’interesse degli altri. Il principio, posto da Cass. Sez. 2 4-5-2018 n. 10734 Rv. 64843901 richiamata anche dalla sentenza impugnata e confermato da Cass. Sez. 2 29-11-2022 n. 35067 Rv. 666319-011, per tutte, sicuramente si applica con riguardo alle attività svolte da NOME COGNOME in quanto coerede con la sorella dell’immobile, dal momento dell’apertura della successione. La circostanza che la sentenza impugnata abbia fatto riferimento al dato che non era stato neppure allegato che il rapporto con la cosa si fosse svolto in termini diversi prima della scrittura privata 9-8-1987 non indica, come sostiene il ricorrente, che la sentenza abbia fatto riferimento ad una interversione del possesso non necessaria tra coeredi, ma si giustifica per il fatto che era la stessa attrice ad avere fatto decorrere l’inizio del possesso dal 9 -8-1987 e perciò dalla data di stipulazione della scrittura: a fronte di questo dato la Corte territoriale, con la valutazione in fatto a essa spettante, ha ritenuto che, in base alle allegazioni e agli elementi acquisiti in causa, anche nel periodo precedente a quella data il rapporto si era svolto con modalità analoghe e che le attività svolte da NOME COGNOME non fossero tali da ritenere che avesse posseduto uti dominus anziché uti condominus . Per altro verso, non sono significativi neppure gli argomenti con i quali la ricorrente sostiene che tale principio non si applichi a lei, che non era coerede: la ricorrente ha agito in qualità di erede del marito e perciò quale successore nel suo possesso ex art. 1146 co.1 cod. civ. e, comunque, i principi sull’usucapibilità della quota degli altri comunisti non sono posti con limitato riferimento ai casi di comunione ereditaria, ma anche con riguardo alla comunione ordinaria (Cass. Sez. 6-2 1910-2017 n. 24781, Rv. 646754-01, Cass. Sez. 2 10-11-2011 n. 23539 Rv. 619952-01).
5.L’integrale rigetto del ricorso principale comporta che non debba essere esaminato il ricorso incidentale, espressamente proposto dalla controricorrente in via condizionata, riproponendo l’eccezione di nullità della scrittura privata 9-81987 ai sensi dell’art. 18 legge 23 -2-1985 n. 47.
6.In applicazione del principio della soccombenza la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione