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Contratto preliminare multiproprietà: requisiti validità

Una società acquirente impugnava un contratto preliminare di multiproprietà sostenendone la nullità per indeterminatezza dell’oggetto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18878/2024, ha rigettato il ricorso, chiarendo che per un contratto preliminare multiproprietà tra imprese non si applicano le tutele del consumatore. La validità dell’oggetto è garantita se, pur non essendo esplicitata la quota millesimale, essa è chiaramente determinabile dagli elementi presenti nel contratto, come l’indicazione delle suite e dei periodi di godimento.

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Contratto preliminare multiproprietà: i requisiti di validità tra società

La stipula di un contratto preliminare multiproprietà tra soggetti non consumatori, come due società, segue regole diverse da quelle previste a tutela dei privati. Con la recente sentenza n. 18878 del 10 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito importanti aspetti sulla determinatezza dell’oggetto e sull’inapplicabilità della normativa consumeristica in contesti puramente commerciali. Questa decisione offre spunti fondamentali per le imprese che operano nel settore immobiliare e turistico.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata citava in giudizio una società per azioni, chiedendo di dichiarare la nullità di un contratto preliminare stipulato nel 2004. L’accordo aveva per oggetto l’acquisto di una quota di comproprietà alberghiera, legata a tre suite specifiche, con una formula di ‘affitto garantito’. La società acquirente lamentava principalmente la nullità del contratto per indeterminatezza del suo oggetto, non essendo specificata la quota millesimale, e altre violazioni normative.

La società venditrice si opponeva, chiedendo invece l’esecuzione in forma specifica del contratto ai sensi dell’art. 2932 c.c. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello davano ragione alla società venditrice, confermando la validità del preliminare e ordinandone l’esecuzione. La società acquirente decideva quindi di ricorrere in Cassazione, basando il proprio appello su cinque motivi di diritto.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione della Corte di Appello. Vediamo i punti salienti.

Validità del contratto preliminare multiproprietà: l’oggetto del contratto

Il motivo principale del ricorso riguardava la presunta nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto (art. 1346 c.c.). La ricorrente sosteneva che mancasse l’indicazione della quota millesimale legata alle tre suite. La Corte ha ritenuto questa censura infondata. Ha specificato che l’oggetto del contratto era, in realtà, non indeterminato, ma perfettamente determinabile. Nel testo contrattuale, nella scheda dati e nel regolamento (che la società acquirente aveva dichiarato di aver ricevuto), si faceva esplicito riferimento alle suite dell’hotel, ai periodi di godimento e, soprattutto, a una quota di proprietà pari a 1,04 millesimi. Questi elementi erano sufficienti a identificare con certezza l’oggetto della compravendita, rispettando i requisiti del codice civile.

L’inapplicabilità della disciplina a tutela del consumatore

Il secondo e il terzo motivo di ricorso si basavano sulla violazione del D. Lgs. n. 427 del 1998, normativa specifica sulla multiproprietà che impone obblighi informativi e di documentazione a tutela dell’acquirente. La ricorrente lamentava di non aver ricevuto la documentazione informativa prevista dalla legge.

La Cassazione ha respinto anche questi motivi, sottolineando un punto cruciale: tale disciplina è applicabile solo all’acquirente ‘consumatore’, definito come la persona fisica che non agisce nell’ambito della sua attività professionale. Poiché in questo caso l’acquirente era una società di capitali, le tutele speciali non erano invocabili. Il rapporto contrattuale, pertanto, doveva essere regolato esclusivamente dalle norme generali del codice civile.

La forma del contratto e la prova dell’accettazione

La ricorrente contestava anche la validità del contratto per difetto di forma scritta, sostenendo che mancasse la firma del legale rappresentante della società venditrice e di non aver mai ricevuto il telegramma di accettazione della proposta. La Corte ha rigettato anche questa doglianza, basandosi su due principi: in primis, il contratto aveva avuto esecuzione, e in secondo luogo, la produzione in giudizio di un telegramma costituisce prova della spedizione. In base all’art. 1335 c.c., l’atto si presume conosciuto dal destinatario. Spettava quindi alla società acquirente dimostrare di essersi trovata, senza colpa, nell’impossibilità di riceverlo, prova che non è stata fornita.

L’insussistenza del collegamento negoziale

Con l’ultimo motivo, la società acquirente lamentava il mancato riconoscimento di un ‘collegamento negoziale’ tra il contratto preliminare di acquisto e un accordo separato che garantiva una rendita dall’affitto delle suite. La Corte di Appello aveva escluso tale collegamento, e la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. L’accertamento dell’esistenza di un collegamento funzionale tra contratti è una valutazione di merito, che spetta al giudice di grado inferiore e non è sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata, come nel caso di specie.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su principi consolidati del diritto contrattuale. La Corte ribadisce che, per la validità di un contratto, non è necessaria la determinazione assoluta dell’oggetto, ma è sufficiente la sua determinabilità sulla base di elementi preesistenti e oggettivi indicati dalle parti. Nel caso di un contratto preliminare multiproprietà tra professionisti, le disposizioni generali del codice civile prevalgono sulla normativa speciale pensata per i consumatori. Viene inoltre riaffermato il principio della presunzione di conoscenza degli atti recettizi (art. 1335 c.c.), ponendo a carico del destinatario l’onere di provare l’impossibilità incolpevole della ricezione. Infine, la Corte conferma che l’interpretazione della volontà delle parti riguardo a un eventuale collegamento negoziale è un’indagine di fatto insindacabile in Cassazione se non viziata da errori logici o giuridici.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, chiarisce che le società che acquistano quote di multiproprietà non possono beneficiare delle tutele rafforzate (come il diritto di recesso o gli obblighi informativi specifici) previste per i consumatori. Devono quindi prestare maggiore attenzione in fase di negoziazione e stipula, poiché il loro rapporto sarà disciplinato dalle norme ordinarie. In secondo luogo, la sentenza conferma che la validità di un contratto immobiliare dipende dalla possibilità di identificare con certezza il bene, anche tramite documenti esterni richiamati nel contratto stesso. Per le imprese del settore, ciò significa che la precisione nella redazione della documentazione contrattuale è essenziale per evitare future contestazioni.

Quando è valido l’oggetto di un contratto preliminare di multiproprietà tra società?
L’oggetto è considerato valido quando è ‘determinato o determinabile’. Secondo la sentenza, non è necessario che la quota millesimale sia esplicitata nel corpo del contratto principale, a condizione che possa essere inequivocabilmente ricavata da altri elementi contrattuali allegati o richiamati, come schede dati, regolamenti, o l’indicazione precisa delle unità immobiliari e dei periodi di godimento.

Le tutele previste per i consumatori nei contratti di multiproprietà si applicano anche alle società?
No. La Corte ha stabilito che la disciplina speciale di protezione (D. Lgs. n. 427/1998), che prevede specifici obblighi informativi e il diritto di recesso, si applica esclusivamente alle persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività professionale. Una società di capitali non rientra in questa definizione e, pertanto, il contratto è regolato unicamente dalle norme generali del codice civile.

Come si prova l’accettazione di un contratto se una parte nega di aver ricevuto il telegramma?
La legge (art. 1335 c.c.) stabilisce una presunzione di conoscenza: un atto si considera conosciuto nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario. La produzione in giudizio della ricevuta di spedizione del telegramma è sufficiente a provare l’invio e a far scattare tale presunzione. Spetta al destinatario, che nega la ricezione, dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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