Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26306 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26306 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8475/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’ avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
nonchè
sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’ avvocato COGNOME NOME -ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente all’incidentale- avverso la SRAGIONE_SOCIALENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7269/2019 depositata il 26/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2011 la società RAGIONE_SOCIALE convenne avanti al Tribunale di Roma la RAGIONE_SOCIALE– al fine di ivi nei suoi confronti sentir accertare e dichiarare l’inadempimento della medesima alle obbligazioni assunte con il contratto preliminare di compravendita e permuta stipulato l’8.4.2009, e
sentirla conseguentemente condannare al risarcimento dei lamentati danni.
Dedusse in particolare che, con il suddetto contratto preliminare, l’RAGIONE_SOCIALE si era obbligata -per sé o per persona da nominare- ad acquistare un compendio immobiliare sito in Roma, di proprietà del RAGIONE_SOCIALE (promesso in vendita a RAGIONE_SOCIALE a seguito di un preliminare di acquisto del 5.8.2008) e a trasferire, alla RAGIONE_SOCIALE, in parziale permuta, la proprietà di tre alberghi termali.
Il residuo corrispettivo, pari a 62,5 milioni di euro, corrispondente alla differenza tra i valori RAGIONE_SOCIALE immobili oggetto di permuta, doveva essere pagato dalla RAGIONE_SOCIALE: quanto a 10 milioni di euro, a titolo di caparra confirmatoria, alla data di comunicazione, da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE, dell’esito positivo di una due diligence tecnica del complesso preliminare prevista nel contratto preliminare, ovvero, nel caso in cui detta due diligence avesse evidenziato taluna delle criticità previste nel preliminare, alla data della comunicazione, da parte della COGNOME, delle modalità che intendeva adottare per rimediare e/o superare le criticità evidenziate (potendo la stessa optare per l’eliminazione delle stesse criticità ovvero concordare con la RAGIONE_SOCIALE una riduzione del prezzo, da scomputare dalla caparra confirmatoria); quanto ai residui 52,5 milioni di euro, a saldo alla stipula del contratto definitivo.
Il contratto preliminare sottoscritto tra la società attrice e la RAGIONE_SOCIALE prevedeva due condizioni risolutive fissate a favore della parte acquirente: la prima prevedeva che ove le criticità emerse nella due diligence non fossero state superate nel termine concordato e buona fede tra le parti, il contratto si sarebbe risolto senza diritto al risarcimento o alcun indennizzo; la seconda prevedeva la risoluzione nell’ipotesi in cui, entro i sette giorni prima della data di esecuzione del contratto, non avesse concluso un
contratto di locazione del compendio immobiliare in oggetto, con data anteriore alla data di esecuzione del preliminare (fissata per il 21.12.2009), avente determinate caratteristiche (durata di sei anni più sei, senza facoltà di recesso per i primi sei anni; canone annuo non inferiore a 6,5 milioni oltre oneri accessori). Era inoltre prevista una clausola risolutiva espressa operante a vantaggio della venditrice RAGIONE_SOCIALE, in base alla quale quest’ultima aveva diritto di risolvere ex art. 1456 c.c. il preliminare, qualora la RAGIONE_SOCIALE avesse ritardato la stipula del contratto definitivo di oltre 15 giorni dalla data di esecuzione del 31.12.2009, con diritto di ritenere la caparra confirmatoria, ovvero, in alternativa, di agire per l’adempimento, salvo il risarcimento del danno.
Secondo la società attrice, la RAGIONE_SOCIALE aveva tardivamente contestato le criticità tecniche del complesso immobiliare emerse dall’attività di due diligence, peraltro non ostative alla stipula del contratto definitivo, non rientrando tra quelle previste nel contratto preliminare. Ciononostante, la COGNOME, in esecuzione RAGIONE_SOCIALE impegni assunti con lo stesso preliminare, aveva formulato un’idonea proposta finalizzata a superare le suddette criticità tecniche. Inoltre, in relazione all’obbligo di stipula di un contratto di locazione, la COGNOME aveva concluso nel settembre del 2009 un contratto con la RAGIONE_SOCIALE, in linea con le specifiche richieste.
Nei mesi successivi, la RAGIONE_SOCIALE aveva continuato a mantenere un comportamento dilatorio, contestando pretesi inadempimenti ed omettendo di versare la caparra confirmatoria, nonostante la promessa venditrice avesse offerto di ridurre il prezzo di 2 milioni. A causa di ciò, la COGNOME era stata costretta ad emendare, quanto alle scadenze convenute, il contratto preliminare concluso con il fondo RAGIONE_SOCIALE proprietario del compendio immobiliare, dietro rinegoziazione in aumento del prezzo.
Pertanto, all’esito negativo di un’ulteriore interlocuzione negoziale, la COGNOME aveva comunicato alla RAGIONE_SOCIALE di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa prevista in suo favore del contratto preliminare.
Si costituì in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, contestando la domanda attorea, chiedendone il rigetto.
Espose in particolare che l’esito negativo della due diligence era stato tempestivamente comunicato in conformità delle previsioni contrattuali, tanto che nessuna contestazione era stata sollevata da parte della COGNOME, che le criticità non erano estranee alle ipotesi previste dal contratto preliminare e che la soluzione della decurtazione del prezzo nella misura unilateralmente determinata non era ipotesi contrattualmente prevista; quanto alla garanzia locativa contrattualmente prevista, osservava che il contraente individuato dalla RAGIONE_SOCIALE, ovvero la RAGIONE_SOCIALE (società la cui sede legale coincideva con quella della RAGIONE_SOCIALE e di cui era amministratore unico uno dei soci della stessa promissaria venditrice) si trovava in una situazione di precaria liquidità aziendale, che il contratto non era stato registrato, che non era stata data prova dell’avvenuta consegna dell’immobile entro il 25 novembre 2008, né dell’avvenuto pagamento anticipato della prima rata trimestrale del canone. Pertanto, essendosi verificate le condizioni risolutive previste dal contratto preliminare in suo favore, non sarebbe stata invocabile l’ulteriore clausola risolutiva espressa prevista in favore della COGNOME.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 21326/2014 accolse la domanda e dichiarò risolto per inadempimento della RAGIONE_SOCIALE il contratto preliminare stipulato con la RAGIONE_SOCIALE l’8.4.2009, condannando la convenuta al risarcimento del danno.
Il primo giudice ritenne che il preteso esito negativo della due diligence fosse stato comunicato entro il termine previsto dal contratto (5 giorni dall’inizio della stessa due diligence) in maniera
del tutto generica, così consentendo alla promissaria acquirente di procrastinare ad libitum la corresponsione della caparra confirmatoria; in ogni caso, le criticità, specificate solo nel mese di luglio, non rilevavano ai fini della commerciabilità dell’immobile.
Tali difformità dovevano comunque ritenersi superate, visto che la RAGIONE_SOCIALE non aveva comunicato alla RAGIONE_SOCIALE la volontà di avvalersi della perdita di efficacia del contratto, avendo invece le parti iniziato ad approfondire gli aspetti riguardanti la futura locazione, condizione la cui discussione doveva ritenersi logicamente successiva rispetto al positivo scioglimento delle riserve sull’acquisizione RAGIONE_SOCIALE immobili.
Pertanto, considerato che il tenore letterale del contratto dimostrava che costituiva obbligo della futura acquirente di corrispondere la caparra nel caso in cui non ritenesse caducato il contratto in forza dell’avveramento della prima condizione, la RAGIONE_SOCIALE era inadempiente per il fatto di non aver corrisposto la caparra.
Quanto alle problematiche inerenti il contratto di locazione, il primo giudice osservò che, dalla documentazione prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE, non risultava alcun serio rilievo circa l’affidabilità commerciale della società conduttrice che lo stesso contratto rispondeva a tutte le prescrizioni previste nel preliminare tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, così da non giustificare il diniego da parte di quest’ultima alla stipula del rogito.
La ricostruzione così fornita era compatibile con quanto emerso dai documenti versati in atti e dalla prova testimoniale, che aveva consentito di accertare l’avvio, su iniziativa della RAGIONE_SOCIALE, di una trattativa per il subentro nel preliminare di un fondo immobiliare chiuso riferibile alla RAGIONE_SOCIALE stessa.
Secondo il Tribunale, quindi, il contratto preliminare di compravendita si era risolto in virtù della clausola risolutiva espressa per prevalente decisivo inadempimento da parte della
RAGIONE_SOCIALE, che non aveva versato la caparra nei termini contrattuali, creando ingiustificatamente un immediato squilibrio tra le rispettive posizioni contrattuali.
Tale decisione è stata riformata dalla Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 8100/2019, depositata il 26 novembre 2019.
L’ iter argomentativo della Corte territoriale, per quel che qui ancora rileva, può essere così ricostruito:
aveva errato il primo giudice a ritenere che la condizione risolutiva legata alla mancata risoluzione delle problematiche emerse nella due diligence fosse stata superata per essere stata rinunciata dalla RAGIONE_SOCIALE e comunque per il comportamento contrario a buona fede di quest’ultima;
infatti, nel contratto preliminare non esisteva alcuna specifica prescrizione in ordine al contenuto che doveva avere la comunicazione dell’esito della due diligence e, inoltre, dagli atti di causa non risultava nessuna immediata contestazione sulla genericità di tale comunicazione da parte della COGNOME (interessata ad evitare l’avveramento della condizione risolutiva);
né poteva essere significativa della volontà di rinunciare alle condizioni risolutive pattuite la missiva con cui il presidente della RAGIONE_SOCIALE era disponibile alla sostituzione di un altro soggetto quale promesso acquirente, non essendo la stessa univocamente significativa di tale volontà, né risultando previsto nel contratto alcun onere di comunicare alla COGNOME la perdita di efficacia del contratto preliminare per effetto dell’avverarsi della condizione risolutiva;
nemmeno rispetto all’ulteriore condizione risolutiva relativa alla stipula del contratto di locazione era ravvisabile alcun comportamento contrario a buona fede tale da ipotizzare l’avveramento della fictio iuris di cui all’art. 1359 c.c., poiché le problematiche inerenti al contratto stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE con la
RAGIONE_SOCIALE erano state sollevate tempestivamente anche in sede stragiudiziale;
accertata la perdurante operatività delle due condizioni risolutive, doveva ritenersi che quella relativa alla stipula del contratto di locazione si fosse avverata in quanto la COGNOME non aveva fornito la prova che il compendio immobiliare fosse stato consegnato alla RAGIONE_SOCIALE (circostanza che, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello, il contratto preliminare tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE prevedeva dovesse avvenire prima della stipula del contratto definitivo) ed anzi risultava agli atti che la stessa RAGIONE_SOCIALE non era mai stata immessa nel possesso del medesimo compendio immobiliare;
inoltre, non essendo contestato il fatto che il contratto di locazione non fosse stato registrato, tale contratto era da ritenersi nullo;
di conseguenza il contratto preliminare tra le parti si era risolto in virtù dell’avveramento della condizione risolutiva relativa alla mancata stipula di contratto di locazione, risultando quindi priva di efficacia la comunicazione della promessa veditrice di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa.
Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi illustrati da memoria, la RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito azionato in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE (incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE).
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, che propone altresì ricorso incidentale condizionato, basato su due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Con ordinanza interlocutoria resa all’udienza del 23 giugno 2023, questa Corte ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE (prima cessionaria del credito azionato in giudizio e dante causa della RAGIONE_SOCIALE).
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo la ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE denuncia ‘violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1352 e seguenti, 1358,1359, 1362 e seguenti, 1218, 2697 e 1351 del codice civile (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’ .
Si duole che la c orte d’appello abbia ritenuto che la condizione risolutiva legata alle problematiche emerse dalla due diligence (di cui all’art. 8 del contratto preliminare) fosse ancora efficace benché la RAGIONE_SOCIALE avesse tardivamente comunicato le criticità tecniche del complesso immobiliare.
Lamenta che abbia altresì erroneamente ritenuto la RAGIONE_SOCIALE onerata di sollevare contestazioni anche a fronte del tenore generico ed indeterminato della comunicazione della RAGIONE_SOCIALE in merito alle criticità tecniche riscontrate, atteso che senza conoscere in maniera analitica le presunte criticità, non era possibile per la RAGIONE_SOCIALE attivare il meccanismo di cui all’art.8 del contratto preliminare, formulando un’eventuale proposta per superare le criticità.
Si duole che l ‘interpretazione fornita dalla c orte d’appello viol i le norme di ermeneutica contrattuale, in quanto dalla lettura delle disposizioni del preliminare e dalla comune intenzione dei contraenti emerge chiaramente la volontà di imporre alla RAGIONE_SOCIALE una comunicazione che desse conto in maniera analitica delle criticità riscontrate.
Lamenta la viola zione dell’ articolo 2697 c.c., per avere la corte di merito ritenuto, in assenza di prova da parte della RAGIONE_SOCIALE, che l’assenza di contestazioni immediate da parte della COGNOME sarebbe stato indice presuntivo del susseguirsi di contatti informali tra le parti, nonostante fosse onere della RAGIONE_SOCIALE provare che la COGNOME avesse avuto in altro modo notizia analitica delle criticità riscontrate.
Lamenta ulteriormente la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1218 e 1351 c.c., per non avere la corte di merito ritenuto che il rifiuto della
RAGIONE_SOCIALE di stipulare il contratto definitivo fosse ingiustificato, in mancanza di prova sul contenuto RAGIONE_SOCIALE incontri tra i tecnici dell’RAGIONE_SOCIALE e i tecnici della RAGIONE_SOCIALE , e in particolare del fatto che in tali incontri fossero state effettivamente a quest’ultima indicate le riscontrate criticità.
5.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame ai sensi dell’art. 360, 1° comma n. 5, c.p.c., del fatto decisivo per il giudizio costituito dal mancato rispetto da parte della RAGIONE_SOCIALE del termine fissato nel contratto preliminare per la comunicazione alla RAGIONE_SOCIALE delle presunte criticità tecniche; nonché del mancato rispetto delle modalità per effettuare tale comunicazione.
Infatti, tale comunicazione scritta analitica venne effettuata da parte dell’ing. COGNOME della RAGIONE_SOCIALE (il quale riconosceva espressamente il proprio ritardo) solo il 24 luglio 2009, quindi ben oltre il termine di cinque giorni dal 20 maggio 2009 previsto dall’articolo 4.2 del contratto preliminare.
5.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1352 e seguenti, 1358,1359, 1362 e seguenti, 2697 e 1351 del codice civile (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’, per avere la Corte d’appello ritenuto che l’avveramento della condizione risolutiva prevista dall’art. 8 del contratto preliminare fosse imputabile alla condotta della COGNOME e non, al contrario, che la RAGIONE_SOCIALE, in pendenza della condizione, avesse tenuto un comportamento contrario a buona fede, tale da non conservare integre le ragioni dell’altra parte.
Nonostante la condotta dilatoria della RAGIONE_SOCIALE che cercava ogni protesto utile per sottrarsi alla stipula del contratto definitivo -sarebbe infatti pacifico, perché accertato dalla sentenza di primo grado e non oggetto di impugnazione in appello, che le criticità riscontrate nell’immobile non erano tali da impedire la commerciabilità del complesso immobiliare – la COGNOME aveva manifestato la disponibilità a concordare una riduzione del prezzo
pattuito per un importo fino 2 milioni di euro (coincidente con la complessiva quantificazione delle presunte criticità tecniche riscontrate).
La c orte d’appello non avrebbe spiegato perché tale proposta non sarebbe stata rispettosa delle previsioni dell’art. 8 del preliminare che prevedeva proprio la possibilità di una riduzione del prezzo da scomputare dalla caparra confirmatoria.
Né detta proposta, inviata a dicembre 2009, sarebbe stata intempestiva, come ritenuto dalla sentenza impugnata, in quanto non era previsto nel contratto alcun termine entro il quale la COGNOME avrebbe dovuto formulare una proposta di superamento delle criticità o di riduzione del prezzo della caparra.
In ogni caso, il comportamento tenuto dalla RAGIONE_SOCIALE, che, senza mai invocare la condizione risolutiva riguardante le criticità, aveva chiesto che la COGNOME entrasse in trattativa con RAGIONE_SOCIALE e aveva imposto di procedere comunque alla stipula della locazione dell’immobile, era palesemente inficiata da mala fede.
5.4. Con il quarto motivo denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame del fatto che l’art. 8.2 del contratto preliminare avrebbe previsto espressamente quale modalità di superamento delle criticità, che la COGNOME proponesse alla RAGIONE_SOCIALE una riduzione del prezzo da scomputare dalla caparra confirmatoria e del fatto che lo stesso preliminare non avrebbe previsto alcun termine entro il quale la COGNOME avrebbe dovuto formulare tale proposta.
5.5. Con il quinto motivo denuncia la ‘violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1362 e seguenti c.c., anche in relazione agli artt. 1218, 1351, 1358, 1359, 1456 e 1575 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’, per avere la Corte d’appello statuito che si era avverata la condizione risolutiva prevista dall’art. 7.4 del preliminare -la mancata stipula di un contratto di locazione con
determinate caratteristiche, entro sette giorni prima della stipula del definitivo -nonostante la RAGIONE_SOCIALE, in pendenza della condizione, avesse tenuto un comportamento contrario a buona fede, tale da non conservare integre le ragioni dell’altra parte.
RAGIONE_SOCIALE, pur avendo avuto disponibilità del contratto di locazione stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE sin dal settembre 2009, avrebbe sollevato pretestuose contestazioni rispetto alla conformità dello stesso a quanto previsto dal preliminare solo il giorno prima della data di stipula del definitivo.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’appello, il preliminare avrebbe subordinato l’avverarsi della condizione sospensiva solo alla mancata stipula del contratto di locazione. Pertanto, nessuna rilevanza poteva avere il fatto che la conduttrice non fosse stata immessa nel possesso dell’immobile, circostanza che comunque sarebbe avvenuta prima del termine previsto, se la RAGIONE_SOCIALE, con il suo comportamento ondivago, non avesse costretto la RAGIONE_SOCIALE a differire la data di acquisizione del complesso immobiliare da RAGIONE_SOCIALE.
5.6. Con il sesto motivo denuncia la ‘nullità della sentenza per violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 111, comma 6, Cost. e 132 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.)’, per avere la Corte d’appello, contraddittoriamente, prima affermato e poi negato la rilevanza del fatto che uno dei presupposti su cui si fondava l’intera operazione era la previa acquisizione del complesso immobiliare da parte della RAGIONE_SOCIALE.
5.7. Con il settimo motivo denuncia la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, anche in relazione agli artt. 1218, 1353 e seguenti e 1418 e seguenti c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’, per avere la Corte d’appello ritenuto che la nullità derivante dalla mancata registrazione del contratto di locazione ad opera della RAGIONE_SOCIALE
potesse essere valutata ai fini dell’accertamento dell’avveramento della condizione risolutiva di cui all’art. 7.4 del preliminare.
Dal momento la nullità derivante dalla mancata registrazione avrebbe potuto essere sanata ex tunc anche fino ad un momento prima della stipula del contratto definitivo, si sarebbe trattato di un dato estrinseco rispetto alla valutazione dell’adempimento negoziale.
6. I primi due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, risultano in primis inammissibili le doglianze con cui si lamenta la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale perché la c orte d’appello non avrebbe interpretato la previsione di cui all’art. 8 indagando la comune volontà delle parti. La c orte d’appello, infatti, dopo aver esaminato il tenore letterale del contratto ed aver riscontrato la mancanza di specifiche prescrizioni circa il contenuto che avrebbe dovuto avere la comunicazione dei rilievi ad esito della due diligence, in conformità con quanto previsto dall’art. 1362, comma 2, c.c., ha valutato il comportamento complessivo delle parti, ricavando dalla condotta della COGNOME (la quale, pur avendone l’interesse, non aveva contestato la genericità della comunicazione ricevuta dalla RAGIONE_SOCIALE) l’insussistenza di un onere di contestazione analitica e, di conseguenza, la permanente efficacia della condizione risolutiva in esame, che poteva essere utilmente invocata dalla RAGIONE_SOCIALE.
Come è evidente, la c orte d’ appello ha offerto una ricostruzione del contesto contrattuale ragionata, plausibile e giuridicamente corretta, che pertanto si sottrae a censura in questa sede.
Risultano poi inammissibili le censure relative alla violazione di ulteriori norme di legge, che vengono soltanto evocate dalla ricorrente, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto che spieghi, per ciascuna delle norme asseritamente violate, in cosa
consisterebbe l’applicazione erronea o falsa di quella specifica norma.
È ben noto che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza per violazione e/o falsa applicazione di legge deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione; risulta pertanto inammissibile la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola indicazione delle norme pretesamente violate, ma non corroborati da una circostanziata critica delle soluzioni concrete adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (tra le tante: Cass. Sez. 2, 28/01/2021 n. 1859; Sez. 2, 09/01/2019 n. 302; Sez. 1, 17/05/2006 n. 11501; Sez. 2, 19.01.2005 n. 1063).
Infine, è inammissibile la censura di omesso esame di cui al secondo motivo, la quale muove da un presupposto di fatto (il mancato rispetto, da parte della RAGIONE_SOCIALE, del termine per la comunicazione delle criticità riscontrate e delle modalità per effettuare tale comunicazione) che è stato espressamente escluso dalla sentenza impugnata.
6.1. Il terzo motivo è inammissibile in quanto la ricorrente si limita ad elencare le norme pretesamente violate senza invero formulare
argomentazioni di diritto che spieghino in che modo il giudice del merito si sia dalle stesse discostato.
In definitiva, il motivo si traduce nell ‘apodittica confutazione del giudizio di fatto operato dai giudici del merito -i quali hanno escluso la sussistenza di una condotta della RAGIONE_SOCIALE che facesse ritenere rinunziata la condizione di cui all’art. 8 del preliminare o superata per effetto dell’applicazione del principio della fictio iuris -, e nella mera contrapposizione a tale giudizio di una ricostruzione alternativa dei fatti.
6.2. Il quarto motivo è inammissibile in quanto i fatti ivi dedotti, che si sostiene essere stati tralasciati dalla Corte d’appello (la mancata previsione, nel contratto, di un termine entro il quale la COGNOME avrebbe potuto formulare una proposta per il superamento delle criticità riscontrate e il fatto che lo stesso contratto prevedesse quale modalità di superamento di tali criticità la possibilità di proporre una riduzione del prezzo), non sono decisivi per il giudizio, non emergendo da essi alcuna condotta in mala fede della RAGIONE_SOCIALE, che consenta di ipotizzare l’avveramento della fictio iuris .
6.3 . Il quinto motivo è inammissibile.
Per quanto riguarda le censure con cui si sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato le regole legali di interpretazione dei contratti per aver ritenuto che il preliminare stipulato tra le parti subordinasse l’avverarsi della condizione sospensiva all’efficacia del contratto di locazione, la ricorrente si limita a riproporre le argomentazioni già svolte nei precedenti gradi del giudizio, senza chiarire in che cosa consisterebbero le denunciate violazioni dei criteri di ermeneutica contrattuale, richiedendo così un inammissibile sindacato sull’attività interpretativa svolta dalla Corte d’appello.
Quanto alle ulteriori norme che, secondo la ricorrente, sarebbero state violate dalla sentenza impugnata, nel motivo non viene
formulata alcuna argomentazione in diritto che spieghi in che cosa consisterebbe la pretesa violazione.
6.4. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile, non rinvenendosi alcun vizio logico giuridico nella motivazione della sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che si fosse verificata la condizione risolutiva prevista dall’art. 7.5 del contratto preliminare stipulato tra le parti (mancata conclusione di un contratto di locazione valido ed efficace), valorizzando a tal riguardo la circostanza che, alla data limite prevista per addivenire alla stipula del definitivo, l’immobile non era ancora stato acquisito in proprietà dalla RAGIONE_SOCIALE e quindi consegnato alla conduttrice.
Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, infatti, la Corte d’appello non ha mai negato la rilevanza di tale circostanza, limitandosi a dare atto, nelle premesse, che il complesso immobiliare oggetto dell’operazione era di proprietà del RAGIONE_SOCIALE e che uno dei presupposti su cui si fondava l’esecuzione dell’operazione era proprio la previa acquisizione del medesimo complesso preliminare da parte della RAGIONE_SOCIALE.
6.5. Il settimo motivo di ricorso è inammissibile, perché il ricorrente che denuncia il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., deve non solo indicare le norme di legge asseritamente violate, ma anche esaminarne il contenuto precettivo e confrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, richiamandole in modo specifico (cfr. ex multis, Cass. civ. SS.UU. n. 23745/2020; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18/08/2023, n. 24819; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21798; Cass. civ., Sez. II, 13/07/2023, n. 20059; Cass. civ., Sez. II, Ord., 19/06/2023, n. 17430; Cass. civ., Sez. III, Ord., 11/05/2023, n. 12954; Cass. civ., Sez. V, 24/03/2023, n. 8472; Cass. civ., Sez. I, Ord., 20/12/2022, n. 37257; Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 11/03/2022, n. 8003).
Inoltre, il motivo lungi dal prospettare un’effettiva violazione e falsa applicazione di legge, consistendo in realtà in una doglianza della
valutazione delle risultanze processuali compiuta dalla Corte territoriale. Peraltro, spetta al solo giudice di merito individuare le fonti del suo convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi. Né detto giudice è tenuto ad un’esplicita confutazione RAGIONE_SOCIALE altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr. ex plurimis, v., tra le più recenti, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/08/2023, n. 23351; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26/07/2023, n. 22540; Cass. civ., Sez. V, 3/07/2023, n. 18758; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15/06/2023, n. 17154; Cass. civ., Sez. III, Ord., 10/02/2023, n. 4247; Cass. civ., Sez. I, Ord. 4/04/2023, n. 9293; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22/02/2023, n. 5490; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16/01/2023, n. 1015; Cass. civ. Sez. V, Ord., 5/09/2022, n. 26018 Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 9/03/2022, n. 7724; Cass. civ., SS. UU., 16/11/2020, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Nel caso di specie, il giudice del merito ha ritenuto accertato Cfr. pag. 30 sentenza impugnata) che, al 30 dicembre 2009, data prevista per la stipula del definitivo, il contratto di locazione concluso dalla RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE non era stato registrato e, pertanto, era da ritenersi nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della L. 311/2004.
All’inammissibilità del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente e ricorrente in via incidentale, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente in via principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 30.200,00, di cui euro 30.000,00
per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente e ricorrente in via incidentale.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza