Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20614 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20614 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4038/2024) proposto da:
R.G.N. 4038/24
R.G.N. 7959/24
C.C. 10/07/2025
Vendita -Preliminare -Successione di preliminari -Risoluzione -Accertamento trasferimento -Usucapione
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrenti principali –
contro
COGNOME Cosimo (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
nonché
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7959/2024) proposto da:
COGNOME Cosimo (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv.
NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente incidentale –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto n. 438/2023, pubblicata il 23 ottobre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse dei ricorrenti principali, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione del 16 febbraio 2006, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Taranto, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al fine di sentire accertare l’inadempimento dei convenuti promissari acquirenti al contratto preliminare di vendita concluso tra le parti con scrittura privata del 2 gennaio 2003, per non essersi questi presentati dinanzi al notaio per la stipula del definitivo nel termine assegnato con la diffida ad adempiere inviata e, per l’effetto, dichiarare la risoluzione del preliminare, con l’accertamento del diritto del
promittente alienante a trattenere la caparra confirmatoria ricevuta e con la condanna dei promissari acquirenti alla restituzione dell’immobile a questi anticipatamente consegnato.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali contestavano la fondatezza delle domande avversarie, deducendo la nullità e inopponibilità del preliminare del 2 gennaio 2003. In via riconvenzionale, chiedevano che fosse accertato che la proprietà dell’immobile si era loro trasferita in ragione del contratto -che doveva essere qualificato come definitivo e non già come preliminare -concluso tra le parti con scrittura privata del 2 luglio 1983 ovvero che ne fosse disposta l’esecuzione specifica -ove fosse stato qualificato come preliminare -e, in subordine, che fosse accertato l’avvenuto acquisto della proprietà immobiliare in loro favore a titolo originario per usucapione ultraventennale.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio grafologica, volta a verificare se le sottoscrizioni dei promissari acquirenti, di cui alla scrittura del 2 gennaio 2003, fossero state apposte su foglio in bianco successivamente compilato in modo indebito ovvero se il testo negoziale fosse stato già predisposto al momento delle sottoscrizioni.
Successivamente il giudizio era sospeso in attesa che venisse definito il procedimento penale avviato contro COGNOME per il contestato indebito riempimento del testo negoziale di cui alla scrittura privata del 2 gennaio 2003.
Passata in giudicato la sentenza di assoluzione in sede penale, il procedimento civile era riassunto.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2140/2020, depositata il 23 novembre 2020, rigettava sia le domande principali sia le domande riconvenzionali.
2. -Con atto di citazione del 5 febbraio 2021, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erroneo rigetto della domanda di recesso/risoluzione del preliminare del 2 gennaio 2003, con il diritto al trattenimento della caparra confirmatoria ricevuta e alla restituzione del bene, alla stregua della validità di tale preliminare e non già della sua nullità per difetto di causa, come ritenuto dal Tribunale; 2) la mancata considerazione dell’avvenuto scioglimento del pr eliminare del 2 luglio 1983, in esito all’iniziativa giudiziaria assunta dal curatore del fallimento di COGNOME NOME (e COGNOME NOME) ai sensi dell’art. 72 legge fall., cui seguiva il rientro in bonis del fallito con la chiusura del fallimento il 15 luglio 2002 per l’avvenuto pagamento di tutti i creditori, e comunque il mancato rilievo dell’avvenuta novazione/estinzione del preliminare del 2 luglio 1983 in esito alla conclusione di un nuovo preliminare il 2 gennaio 2003; 3) l’avvenuto rilascio de lla concessione edilizia in sanatoria il 21 marzo 2003, con la conseguente regolarità edilizia dell’immobile e la possibilità di concludere il definitivo; 4) l’accertamento, in sede di verifica peritale, che l’apposizione delle sottoscrizioni dei promissari compratori sulla scrittura privata del 2 gennaio 2003 era quasi certamente avvenuta al di sotto del testo del preliminare già interamente compilato; 5) la conferma della regolare sottoscrizione del preliminare del 2 gennaio 2003 in esito alle deposizioni testimoniali rese nel procedimento penale dal teste
COGNOME quale direttore di banca, cui si erano rivolti i promissari acquirenti, esibendo il suddetto preliminare, allo scopo di chiedere un mutuo.
Proponevano separato appello anche COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali rilevavano: A) che non si era tenuto conto degli effetti della scrittura privata del 2 luglio 1983, contratto pienamente valido ed efficace, anche all’esito della presentazione della domanda di sanatoria a cura della COGNOME il 5 febbraio 1986 e al pagamento della relativa oblazione, con il già perfezionato pagamento del prezzo, in parte avvenuto attraverso il versamento di pagherò cambiari, con la conseguente possibilità di disporre l’effetto traslativo; B) che, in subordine, era comunque maturato l’acquisto per usucapione, in ragione del loro possesso ultraventennale.
Riuniti i giudizi, decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Lecce, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale e l’appello incidentale.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il giudizio intrapreso dal curatore fallimentare con citazione notificata il 7 febbraio 1991 -con il quale era stata manifestata la volontà di sciogliersi dal preliminare del 2 luglio 1983 -si era estinto, con l’effetto che tale contratto preliminare aveva conservato efficacia, considerato altresì che il 21 marzo 2003 era stata rilasciata, in favore di COGNOME Cosimo, concessione edilizia in sanatoria, in esito all’istanza presentata da COGNOME NOME il 5 dicembre 1986; b ) che al contratto preliminare di compravendita non era applicabile la sanzione di nullità, che doveva ritenersi limitata ai trasferimenti
aventi effetto reale, sicché era sufficiente la regolarizzazione edilizia dell’immobile prima dell’atto notarile di trasferimento, tanto più che la stessa promissaria compratrice COGNOME NOME aveva dichiarato, nel corpo del preliminare, di essere consapevole della natura abusiva dell’immobile compromesso in vendita, convenendo che l’atto pubblico sarebbe stato stipulato solo una volta ottenuta la sanatoria; c ) che, quanto al preliminare del 2 gennaio 2003, la diffida a presentarsi dal notaio per la stipula del definitivo per la data del 30 gennaio 2006, come inviata dal promittente venditore, era inidonea, in quanto notificata a COGNOME NOME il 16 gennaio 2006 e a COGNOME NOME il 17 gennaio 2006, con il conseguente invito ad adempiere entro un termine inferiore al termine prescritto di 15 giorni, posto che detto termine decorreva dalla ricezione della diffida e non dalla sua spedizione, con l’effetto che non poteva trovare accoglimento neanche la domanda collegata di ritenzione della caparra; d ) che non era stata acquisita la prova circa l’intero versamento del prezzo a cura dei promissari acquirenti, in considerazione della produzione della documentazione relativa in fotocopia, contestata dalla controparte, solo su parte della quale era presente il timbro della banca, senza che nella parte retrostante vi fosse la girata per l’incasso, con la conseguente infondatezza della domanda ex art. 2932 c.c.
3. -Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME
Ha resistito, con controricorso, l’intimato COGNOME NOME.
Quindi, quest’ultimo ha proposto ulteriore ricorso avverso la stessa pronuncia, articolato in due motivi, verso cui hanno resistito, con controricorso, gli intimati COGNOME Ferdinando e COGNOME NOME.
4. -I ricorrenti principali hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente deve disporsi la riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., dei due ricorsi autonomamente proposti contro la stessa sentenza, con l’avvertenza che il ricorso notificato (il 12 febbraio 2024) e iscritto al ruolo generale in via prioritaria assume la veste di ricorso principale mentre il ricorso notificato (il 22 marzo 2024) e iscritto successivamente si converte e assume la veste di ricorso incidentale.
2. -Tanto premesso, con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito rigettato l’appello incidentale, sostenendo che non fosse stata acquisita la prova del versamento del prezzo pattuito, senza mai pronunciarsi sull’ulteriore domanda proposta di intervenuta usucapione ex artt. 1158 e 1159 c.c. dell’immobile di causa.
2.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché, a fronte delle osservazioni della sentenza del Tribunale circa la riconduzione della disponibilità della cosa anticipatamente consegnata dal promittente alienante alla mera detenzione, non idonea a fini dell’usucapione, nessun argomento
contro
-deduttivo è stato svolto nei motivi di gravame, cosicché la doglianza deve ritenersi implicitamente disattesa.
E questo in applicazione del principio secondo cui nel contratto preliminare ad effetti anticipati -in base al quale le parti, nell’assumere l’obbligo della prestazione del consenso a contratto definitivo, convengono l’anticipata esecuzione di alcune delle obbligazioni nascenti da questo, quale la consegna immediata della cosa al promissario acquirente, con o senza corrispettivo -la disponibilità del bene conseguita dal promissario acquirente ha luogo con la piena consapevolezza dei contraenti che l’effetto traslativo non si è ancora verificato, risultando piuttosto dal titolo l’altruità della cosa. Ne consegue che deve ritenersi inesistente nel promissario acquirente l’ animus possidendi , sicché la sua relazione con la cosa va qualificata come semplice detenzione e non costituisce possesso utile ai fini dell’usucapione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5211 del 16/03/2016; Sez. 2, Sentenza n. 9896 del 26/04/2010; Sez. 2, Sentenza n. 1296 del 25/01/2010; Sez. U, Sentenza n. 7930 del 27/03/2008; Sez. 2, Sentenza n. 7521 del 27/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 24290 del 14/11/2006; Sez. 2, Sentenza n. 8796 del 28/06/2000).
3. -Con il secondo motivo i ricorrenti principali prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale disatteso l’appello incidentale, deducendo che non vi era stata la prova del pagamento del prezzo pattuito, mentre, al contrario, sarebbero stati prodotti in giudizio tutti i titoli di pagamento comprovanti l’avvenuto
pagamento del prezzo, senza che peraltro lo stesso promittente venditore avesse mai rivendicato detto pagamento, nemmeno nella diffida ad adempiere dinanzi al notaio, sicché avrebbe dovuto ritenersi per facta concludentia che il corrispettivo fosse stato versato, anche in ragione della dichiarazione confessoria del venditore.
Obiettano, ancora, gli istanti che la sentenza impugnata sarebbe stata viziata per errata valutazione ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
3.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, la sentenza impugnata ha esaminato la questione attinente al mancato pagamento del prezzo, sostenendo che, pur considerando la documentazione in fotocopia prodotta dai promissari acquirenti -sebbene contestata dal promittente alienante -, solo su una parte di tali documenti (pagherò cambiari) era presente il timbro della banca, senza che nella parte retrostante vi fosse la girata per l’incasso.
Dal che correttamente è stato desunto che non vi fosse la dimostrazione del pagamento del prezzo secondo le scadenze pattuite nel preliminare (scadenze antecedenti alla stipulazione del definitivo), ai fini della pronuncia costitutiva di esecuzione specifica del preliminare.
Al riguardo, si rileva che il mero rilascio di cambiali non costituisce un’ipotesi di adempimento né di datio in solutum , ma una datio pro solvendo e cioè un negozio il cui effetto solutorio è differito alla riscossione delle somme portate dai titoli, con l’effetto che incombe sull’emittente le cambiali provarne il pagamento; sicché i promissari acquirenti avrebbero dovuto
provare che le cambiali erano andate a buon fine e non limitarsi a dedurre di aver rilasciato le cambiali a pagamento integrale del debito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19119 del 11/07/2025; Sez. 2, Sentenza n. 11821 del 08/06/2015).
D’altronde, il fatto che il promittente venditore non avesse rivendicato nella diffida il pagamento del prezzo non è significativo della sua ammissione dell’avvenuto pagamento.
4. -Con il terzo motivo i ricorrenti principali lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1337 e 1460 c.c., per avere la Corte distrettuale respinto sia la domanda atta ad ottenere la declaratoria di trasferimento dell’immobile, sia la domanda di accertamento dell’usucapione, benché i promissari acquirenti avessero avuto il possesso ininterrotto dell’immobile, perfezionando -a propria cura e spese -la pratica di condono, e il promittente venditore avesse tentato di rivendere l’immobile con altra scrittura privata di dubbia genuinità.
4.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, come già esposto, la sentenza impugnata ha dato debita contezza delle ragioni del rigetto delle domande proposte dai promissari acquirenti, qualificando la scrittura del 2 luglio 1983 come preliminare ed escludendo che vi fosse la possibilità di ottenere l’esecuzione specifica di tale contratto, in ragione del mancato pagamento del prezzo alle scadenze concordate (scadenze antecedenti alla stipulazione del definitivo).
Quanto all’usucapione si è implicitamente richiamata l’argomentazione del Tribunale in ordine alla qualificazione della
relazione di fatto con il bene quale mera detenzione, non passibile di evolvere nell’acquisto per usucapione.
5. -Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo il ricorrente incidentale contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1385 e 1454 c.c. nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte del gravame disatteso la domanda di risoluzione facendo riferimento al termine inferiore a quello minimo di legge concesso con la inviata diffida ad adempiere, senza cogliere che il promittente venditore aveva richiesto l’accertamento dell’avvenuto recesso dal contratto preliminare ai sensi dell’art. 1385 c.c., con il diritto a trattenere la caparra confirmatoria ricevuta e a vedersi restituito il bene detenuto dai promissari acquirenti, sicché non sarebbe stata formulata alcuna domanda di accertamento della risoluzione di diritto ai sensi dell’art. 1454 c.c., sulla quale la Corte di secondo grado si era pronunciata.
Osserva, inoltre, l’istante che la diffida stragiudiziale sarebbe valsa come messa in mora del debitore e che l’inadempimento dei promissari acquirenti sarebbe stato accertato dal giudice, il quale aveva verificato l’insussistenza dei presupposti per il trasferimento coattivo del bene, in mancanza della prova del pagamento del corrispettivo.
Né sarebbe stata adottata una motivazione chiara sulla valenza della scrittura preliminare del 2 gennaio 2003, all’esito della consulenza tecnica grafologica esperita.
5.1. -Il motivo è infondato.
Questo perché il promittente venditore ha posto a fondamento della domanda di risoluzione del preliminare del 2 gennaio 2003 proprio la diffida stragiudiziale inviata, con la quale si intimava ai promissari acquirenti la stipulazione del definitivo per la data del 30 gennaio 2006, pena la risoluzione del preliminare.
La causa petendi dell’invocata risoluzione era espressamente circoscritta al rilievo secondo cui i promissari acquirenti non si erano presentati dinanzi al notaio per la stipula del definitivo nel termine assegnato con la diffida ad adempiere inviata.
Sicché la relativa decisione correttamente è stata assunta tenendo conto degli effetti prodotti dalla richiamata diffida e non già dell’esercizio di un diritto potestativo di recesso (in realtà mai fatto valere).
In conseguenza, siffatta domanda è stata disattesa poiché la diffida ad adempiere aveva concesso ai promissari acquirenti un termine di adempimento (per la stipulazione del definitivo) inferiore al termine di quindici giorni ex art. 1454, secondo comma, c.c.
E ciò sull’implicito presupposto che il preliminare del 2 gennaio 2003 fosse valido ed efficace, con la conseguenza che le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio grafologica non sono state affatto disattese.
Ora, in tema di diffida ad adempiere, la fissazione al debitore di un termine per l’adempimento inferiore ai quindici giorni trova fondamento solo in presenza delle condizioni di cui all’art. 1454, secondo comma, c.c., ovvero allorché ricorra una specifica
previsione derogatoria o quando il termine abbreviato sia congruo rispetto alla natura del contratto o agli usi (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8943 del 14/05/2020; Sez. 2, Sentenza n. 19105 del 06/11/2012; Sez. 2, Sentenza n. 5979 del 22/06/1994; Sez. 2, Sentenza n. 9085 del 01/09/1990; Sez. 2, Sentenza n. 542 del 30/01/1985; Sez. 2, Sentenza n. 2089 del 05/04/1982), condizioni escluse nella fattispecie in base ad un giudizio di fatto di competenza del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se esente da errori logici e giuridici.
Il che rendeva impossibile utilizzare la diffida (quale unico fatto costitutivo dedotto) ai fini della risoluzione di diritto del contratto.
6. -Con il secondo motivo il ricorrente incidentale si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dell’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte salentina mancato di esaminare le risultanze del coevo procedimento penale che conteneva l’accertamento di fatti favorevoli al ricorrente e, in particolare, la deposizione del bancario COGNOME in merito all’esibizione in banca -a cura dei promissari acquirenti -del preliminare del 2 luglio 2003 allo scopo di ottenere un mutuo, il che avrebbe dimostrato l’esistenza del documento contrattuale, ma anche l’indisponibilità del denaro necessario per stipulare il definitivo.
6.1. -Il motivo è inammissibile.
E ciò perché, a fronte di una ‘doppia conforme’, è precluso far valere il vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 348ter , ultimo comma, c.p.c., oggi sostituito dall’art. 360, quarto
comma, c.p.c., a fronte di un giudizio d’appello instaurato dopo l’11 settembre 2012.
Ebbene nei due gradi di merito le ‘questioni di fatto’ sono state decise in base alle ‘stesse ragioni’ e ripercorrendo il medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 2506 del 27/01/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 33483 del 11/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 29222 del 12/11/2019; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
D’altronde, è onere del ricorrente indicare, allo scopo di escludere la declaratoria di inammissibilità, le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro eterogenee (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8320 del 15/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016), specificazione di cui, nel corpo dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, non vi è traccia.
7. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere respinti.
Le spese e compensi di lite devono essere interamente compensati tra le parti, alla stregua della loro soccombenza reciproca ex art. 92, secondo comma, c.p.c.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente
incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa interamente tra le parti le spese e compensi di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda