Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27746 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 27746  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
OGGETTO:
domanda ex art.
2932 cod. civ.
RG. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 24-9-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 31254/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
ricorrente
contro
NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO controricorrente avverso  la  sentenza  n.  1690/2019 della  Corte  d’ appello  di  Bari, depositata il 26-7-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-9-
2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha convenuto NOME COGNOME avanti il Tribunale di Bari sezione distaccata di Altamura, chiedendo l’accertamento  dell’avvenuto  trasferimento  in  suo  favore  di  fondo rustico  con  fabbricato  rurale  in  agro  di  Genzano  di  Lucania  e  in subordine, nel caso in cui il contratto concluso dalle parti fosse stato
ritenuto a effetti obbligatori, chiedendo l’emissione di sentenza ex art. 2932 cod. civ. e il risarcimento dei danni.
Con sentenza n. 283/2013 depositata il 21-8-2013 il Tribunale di Bari sezione distaccata di Altamura ha rigettato la domanda.
NOME COGNOME ha proposto appello, che con sentenza n. 1690/2019 depositata il 26-72019 la Corte d’appello di Bari ha accolto e, in accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ., ha trasferito da NOME COGNOME a NOME COGNOME la proprietà dell’immobile, per il prezzo complessivo di Euro 46.481,12 di cui Euro 20.658,28 già pagati ed Euro 25.822,84 da imputarsi a compensazione del maggiore importo dovuto al promissario acquirente a titolo di risarcimento dei danni per il ritardato trasferimento dell’immobile; ha quantificato tali danni complessivamente in Euro 41.316,55 e, operata la compensazione, ha condannato NOME COGNOME al pagamento della differenza e alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza ha accertato che, in forza di un primo atto del 12-1-1993, di un secondo atto del 31-8-1994 e di un terzo atto del 5-4-1997 tra le parti  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  era stato assunto da NOME l’obbligo di trasferimento della proprietà dell’immobile  a  favore  di  NOME  per  il  prezzo  complessivo  di  Lire 90.000.000, di cui residuava il saldo di Lire 50.000.000 da pagare al rogito.
2.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, al quale ha resistito NOME COGNOME con controricorso.
Il 2-7-2024 il consigliere delegato ex art. 380-bis cod. proc. civ. ha depositato proposta di definizione accelerata del giudizio, nel senso della dichiarazione della sua inammissibilità per tardività in quanto, a fronte della notificazione della sentenza di appello dichiarata nel ricorso
come avvenuta il 26-7-2019, il ricorso era stato notificato solo il 2611-2020;  il  4-9-2024  il  difensore  del  ricorrente  munito  di  nuova procura speciale ha depositato istanza di decisione.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa e nella propria memoria il ricorrente ha rilevato che il ricorso non poteva essere ritenuto tardivo, per il fatto che era stato notificato entro il termine lungo ex art. 327 cod. proc. civ., a fronte del dato che erroneamente nel ricorso si era dichiarato che la sentenza era stata notificata, volendosi invece dichiarare che la sentenza era stata comunicata dalla cancelleria lo stesso giorno della sua pubblicazione.
All’esito  della  camera  di  consiglio  del 24-9-2025  la  Corte  ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che non sussiste l’incompatibilità del consigliere relatore per il fatto di essere stato anche l’estensore della proposta  di  definizione  ex  art.  380-bis  cod.  proc.  civ.,  in  forza  dei principi enunciati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10-4-2024 (Rv. 670667-01), alla quale è sufficiente in questa sede rimandare.
2.Non condivide il Collegio la proposta di definizione accelerata, in quanto nella fattispecie si applica ai fini della proposizione del ricorso per cassazione il termine lungo ex art. 327 cod. proc. civ., di un anno, essendo il giudizio iniziato prima del 4-7-2009; ciò, per il fatto che la sentenza di secondo grado non era stata notificata al fine del decorso del termine breve ex art. 326 cod. proc. civ., ma era stata soltanto comunicata dalla cancelleria nel giorno dell’avvenuto deposito .
Si  esclude  altresì  che  ricorrano  le  condizioni  per  dichiarare l’improcedibilità del ricorso ex  art.  369 co. 2 n. 2 cod. proc. civ., in quanto  è  stato  acquisito  che la  dichiarazione  in  ordine  all’avvenuta
notificazione della sentenza era stata eseguita nel ricorso per cassazione per mero errore materiale.
Non intende la Corte discostarsi dal principio secondo il quale la dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata contenuta nel ricorso per cassazione, quale atto processuale formale, indipendente dall’intenzione del dichiarante, non può essere successivamente corretta con la memoria, perché l’ordinamento processuale non prevede un tale istituto e la dichiarazione, espressione dell’autoresponsabilità della parte, deve ritenersi inemendabile, rimettendosi altrimenti nella disponibilità della parte stessa l’applicabilità della sanzione dell’improcedibilità del ricorso (Cass. Sez. 6 7-6-2021 n. 15832 Rv. 661874-03, Cass. Sez. U 6-7-2022 n. 21349 Rv. 665188-01-02). Però, la stessa Cass. 15832/2021 (in motivazione, pag.9) ammette che possa ricor rere l’ipotesi dell’errore materiale, a condizione che l’errore sia chiaramente percepibile come tale, rilevabile ictu oculi dal testo del ricorso e dal confronto con gli atti processuali.
Nella fattispecie, ritiene il Collegio che la commissione dell’errore materiale risulti dallo stesso contenuto della pag. 2 del ricorso, laddove è eseguito in termini particolarmente analitici il conteggio del termine annuale per la proposizione del ricorso valevole in mancanza di notificazione della sentenza; in questo modo, il ricorrente ha evidentemente presupposto che quello fosse il termine da applicare alla fattispecie in mancanza di notificazione della sentenza e così ha fatto anche emergere la svista commessa nell’affermare che la sentenza era stata notificata, anziché comunicata dalla cancelleria lo stesso giorno della pubblicazione.
3. Procedendo perciò all’esame dei motivi di ricorso, con il primo motivo  il  ricorrente  deduce  ‘ nullità  della  sentenza  per  violazione dell’art.  158  c.p.c.  per  vizio  di  costituzione  del  giudice  in  relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n.4’, in relazione al fatto che componente
del  collegio  che  ha  deciso  la  causa  in  Corte  d’appello,  relatore  ed estensore della sentenza, è stato giudice ausiliario.
3.1.Il motivo è infondato in quanto, a seguito della sentenza n. 41/2021 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni contenute nel d.l. 21-6-2013 n. 69 conv. con mod. nella legge 9-8-2013 n.98 che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi nelle sezioni delle corti d’appello, le medesime corti potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino alla data del 31-102025 fissata per la riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a tale data, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta a evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili (Cass. Sez. 6-2 5-11-2021 n. 32065 Rv. 662813-01, Cass. Sez. 1 28-5-2021 n. 15045 Rv. 661401-01, per tutte).
4.Con il secondo motivo il ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1351 c.c. in relazione all’art. 1470 c.c. e all’art. 2932 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n.3’ e lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto la cosiddetta ‘dichiarazione’ del 5-4-1997 alla stregua di un preliminare di vendita con natura meramente obbligatoria, abbia ritenuto che il prezzo convenuto fosse stato di Lire 90.000.000, a fronte del quale residuava un saldo di Lire 50.000.000 da versare al rogito perché era già stata versata la somma di Lire 40.000.000, mentre quella somma era stata versata nelle mani di NOME; sostiene che la sentenza sia giunta a questo risultato sulla base di un ‘inconfutabile travisamento dei fatti ed erronea valutazione delle prove’, perché l’unico dato certo era che la somma di Lire 40.000.000 era stata pagata a NOME e non a NOME, se la ricostruzione fosse stata corretta NOME
avrebbe dovuto ricavare dalla vendita dell’immobile solo l’importo d i assegno di Lire 10.000.000; lamenta altresì che la sentenza non abbia considerato che NOME si era impegnato a provvedere alla cancellazione dell’ipoteca, per la quale servivano Lire 80.000.000, per cui NOME avrebbe registrato un passivo dalla vendita dell’immobile. Evidenzia altresì che l’importo di Lire 90.000.000, che se condo la Corte era il prezzo pattuito dell’immobile, era stato indicato solamente nella scrittura del 31-8-1994, sottoscritta da NOME promittente alienante che non aveva titolo di proprietà, e da NOME, mentre non vi era riferimento al prezzo di vendita nelle scritture sottoscritte da NOME, nonostante il prezzo dovesse risultare per iscritto.
4.1.Il motivo è infondato nella parte in cui il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto concluso contratto preliminare nonostante non vi fosse prezzo concordato dalle parti risultante per iscritto, perché la sentenza impugnata in sostanza ha accertato in fatto che l’accordo avente a oggetto tutti gli elementi essenziali del contratto preliminare, compreso il prezzo della promessa vendita dell’immobile , è stato stipulato per iscritto, attraverso le tre scritture collegate sottoscritte in momenti successivi. La pronuncia si sottrae alle critiche svolte in quanto, in linea generale, ai fini della conclusione del contratto, non occorre che l’incontro delle volontà sia contestuale, ben potendo risultare da documenti diversi, anche cronologicamente distinti (Cass. Sez. 3 23-12-2004 n. 23966 Rv. 579137-01, Cass. Sez. 2 1-12-1992 n. 12819 Rv. 479824-01). Inoltre e specificamente, in tema di stipulazione di contratto preliminare, il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto anche mediante scritti non contestuali, essendo sufficiente che dal contesto documentale complessivo sia desumibile l’incontro della volontà delle parti, costituito da proposta e dalla relativa accettazione, diretto a
contrarre il vincolo giuridico che si sostanzia nell’assunzione dell’impegno alla futura stipula in un contesto che consenta l’individuazione degli elementi essenziali del contratto definitivo (Cass. Sez. 2 25-10-2005 n. 20653 Rv. 585247-01).
Per il resto, il motivo è inammissibile, in quanto intende ottenere una ricostruzione dei fatti diversa da quella eseguita dalla Corte d’appello attraverso motivo formulato ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. Nella fattispecie gli argomenti del ricorrente si pongono completamente al di fuori della deduzione di una erronea ricognizione della fattispecie astratta nella quale si concreta il vizio di violazione di legge (Cass. Sez. 1 5-2-2019 n. 3340 Rv. 652549-02, Cass. Sez. 1 1310-2017 n. 24155 Rv. 645538-03, Cass. Sez. L 11-1-2016 n. 195 Rv. 638425-01): il ricorrente, dietro lo schermo della violazione di legge, sostiene in sostanza che la Corte d’appello abbia interpretato erroneamente le scritture intercorse tra le parti per giungere alla conclusione che fosse stato concluso contratto preliminare di compravendita immobiliare, e cioè per giungere alla conclusione che vi fosse stato l’incontro della volontà delle parti sugli elementi essenziali del contratto nella forma prescritta. A fronte d ell’accertamento eseguito dalla Corte d’appello , certo il ricorrente avrebbe potuto dedurre l’erronea applica zione dei canoni di ermeneutica negoziale, ma nessuno degli argomenti è svolto in tal senso: l’interpretazione del contenuto delle scritture, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico, si concreta in una indagine di fatto affidata al giudice di merito e quindi il ricorrente, al fine di fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è tenuto altresì a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni
legali assunti come violati (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 66126501, Cass. Sez. 3 28-11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-01). Del resto, si esclude anche che il motivo, in quanto fa riferimento al travisamento dei fatti, da censurare ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 5-3-2024 n. 5792 Rv. 670391-01), possa essere riqualificato in tal senso: gli argomenti esposti dal ricorrente sono finalizzati a svolgere una complessiva critica delle scritture intercorse tra le parti e delle risultanze istruttorie in generale, senza individuare il fatto o i fatti decisivi dei quali sarebbe stato omesso l’esame secondo il paradigma della disposizione; invece, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366 co.1 n. 6 e 369 co.2 n.4 cod. proc. civ., al fine di proporre motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. in modo ammissibile, il ricorrente deve indicare il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01, Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 65102801).
5. Con il terzo motivo il ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., I e II comma, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3’ e sostiene che NOME non abbia mai offerto  a  NOME la propria prestazione, sia perché riteneva di non essere obbligato al pagamento del prezzo, sia perché il prezzo non era  stabilito;  aggiunge  che  nessun  inadempimento  poteva  essere imputato a NOME, il quale era consapevole che la sottoscrizione
della ‘dichiarazione’ aveva la sola finalità di ‘fermare l’affare’; lamenta altresì  che  la  sentenza  impugnata  abbia  dato  esecuzione  in  forma specifica a contratto preliminare sottoposto a condizione sospensiva, perché secondo la volontà delle parti la stipula del contratto definitivo era sospesa fino all’avveramento della condizione sospensiva costituita dalla cancellazione delle ipoteche e non può essere data esecuzione in forma specifica a preliminare sottoposto a condizione sospensiva.
5.1.Il motivo è inammissibile, per le ragioni già esposte nella disamina del secondo motivo, nella parte in cui tende, attraverso la deduzione della violazione di legge, a ottenere una ricostruzione dei fatti diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata. Ciò vale anche per l ‘affermazione secondo la quale il contratto preliminare era sottoposto a condizione sospensiva, perché tale tesi presuppone l’interpretazione del contratto in tal senso, che la Corte d’appello non ha eseguito e perciò avrebbe potuto essere sostenuta soltanto deducendo, in termini consentiti nel giudizio di legittimità, la violazione dei canoni di interpretazione contrattuale.
Per il resto, nessuno degli argomenti svolti riesce a intercettare nella sentenza impugnata una qualche violazione di legge, perché risulta dal contenuto delle conclusioni dell’attore appellante, anche come riportate nella sentenza impugnata, che lo stesso si era sempre dichiarato disponibile a pagare l’eventuale residuo prezzo ancora dovuto. Deve essere data continuità al principio secondo il quale l’accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. non è subordinato all ‘esecuzione di una offerta formale della controprestazione, essendo a tal fine idonea anche la sola manifestazione di volontà di adempiere del promissario acquirente (Cass. Sez. 2 17-5-2024 n. 13789 Rv. 671355-01, Cass. Sez. 2 11-4-2017 n. 9314 Rv. 643741-01, Cass. Sez. 3 8-8-1991 n. 8623 Rv. 473425-01). Neppure la presenza dell’ipoteca era di ostacolo alla pronuncia ex art. 2932 cod. civ., in quanto il
promissario acquirente può chiedere l’esecuzione in forma specifica del preliminare di compravendita immobiliare nonostante l’inadempimento del  promittente  alienante  all’obbligo  di  cancellazione  delle  ipoteche gravanti sul bene promesso in vendita (Cass. Sez. 2 28-3-2024 n. 8442 Rv. 670577-01).
6.In conclusione  il ricorso è integralmente  rigettato  e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente è condannato alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate con la distrazione richiesta.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege, con distrazione a favore dell’AVV_NOTAIO dichiaratasi antistataria.
Sussistono  ex  art.13  co.1-quater  d.P.R.  30  maggio  2002  n.115  i presupposti processuali per il  versamento da  parte  del  ricorrente  di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 24-9-2025
Il Presidente NOME COGNOME