Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10365 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10365 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
OGGETTO:
contratto preliminare di compravendita di immobile
RG. 23888/2020
C.C. 4-4-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23888/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE p.i. 06706461008, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
NOME COGNOME c.f. PTRFNC64L25G942B, COGNOME c.f. VGGNNL64C69G942G, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
avverso la sentenza n. 7753/2019 della Corte d’ appello di Roma, depositata il 12-12-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4-42025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 18181/2012 il Tribunale di Roma ha dichiarato la legittimità del recesso esercitato dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME dal contratto preliminare di compravendita di immobile concluso il 13-9-2002, quali promissari acquirenti, con RAGIONE_SOCIALE quale promittente venditrice, e ha condannato la società
al pagamento in loro favore di Euro 65.000,00 pari al doppio della caparra che avevano versato, con gli interessi legali; ha rigettato la domanda riconvenzionale della società volta a ottenere la condanna dei promissari acquirenti al pagamento di una somma per l’utilizzo dell’immobile dalla data del contratto al rilascio avvenuto il 4 -2-2010.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, lamentando di essere stata giudicata inadempiente per fatti non imputabili ma riconducibili a evento eccezionale, straordinario e imprevedibile, costituito dalla revoca del decreto di trasferimento dell’immobile emesso il 2-9-2002 dal giudice delegato del Fallimento RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario NOME COGNOME costituente il titolo in forza del quale aveva acquistato la proprietà dell’immobile poi pro messo in vendita; ha altresì censurato la statuizione relativa al difetto di legittimazione attiva in relazione alla domanda di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione.
Con sentenza n. 7753/2019 pubblicata il 12-12-2019 la Corte d’appello di Roma ha integralmente rigettato l’appello, condannando RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese del grado.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 4-4-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 295 cod. proc. civ., la
ricorrente dichiara che in data 18-5-2019 aveva formulato istanza di sospensione della causa, in ragione della pendenza avanti alla Corte d’appello di Roma del la causa R.G. 7171/2018 avente a oggetto il giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 18152/2018 della Suprema Corte, in quanto causa pregiudiziale; trascrivendo il contenuto della sua istanza, la ricorrente evidenzia che, se in quel giudizio R.G. 717 1/2018 la Corte d’appello avesse accertato la validità del decreto di trasferimento -che ha costituito il titolo in forza del quale aveva concluso in contratto preliminare-, sarebbe cessata la materia del contendere, in quanto il contratto preliminare con i coniugi COGNOME sarebbe stato valido ed efficace. Quindi sostiene che erroneamente la sentenza impugnata , deducendo l’autonomia delle due cause, abbia rigettato l’eccezione di sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ., già respinta con ordinanza 8-10-2019 e reiterata in sede di discussione.
1.1.Il motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non dimostra che la causa che assume essere pregiudiziale sia pendente, né nel momento in cui ha proposto il ricorso per cassazione, né nel momento in cui il ricorso è stato avviato alla decisione camerale.
Deve essere data continuità al principio secondo il quale la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto e attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione . Quindi, quando una sentenza è impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale fino all’accoglimento del ricorso; in mancanza di tale prova, manca la prova dell’interesse concreto e attuale
all’impugnazione, perché nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (Cass. Sez. 3 21-10-2019 n. 26716 Rv. 655509-01, Cass. Sez. 3 10-11-2015 n. 22878 Rv. 63803701, Cass. Sez. L 19-10-2012 n. 18026 Rv. 623875-01).
2.Secondo un ordine di priorità logica, deve essere esaminato a questo punto il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e deducendosi, altresì, violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 cod. proc. civ.; con esso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non sia motivata nel passaggio in cui ha ritenuto che la revoca del decreto di trasferimento del 2-9-2002 era stato evento prevedibile; sostiene che non sia comprensibile il percorso logicogiuridico eseguito per respingere l’appello, in quanto il vizio di omessa o apparente motivazione sussiste non solo quando il giudice abbia omesso di indicare gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento, ma anche quando li abbia indicati senza approfondimento o senza ricondurre il ragionamento alla fattispecie concreta.
2.1.Il motivo è infondato.
E’ acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale; tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e
incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01).
In particolare, la motivazione è apparente quando, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento eseguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (Cass. Sez. 6-1 13-2022 n. 6758 Rv. 664061-01, Cass. Sez. U. 30-1-2023 n. 2767, in motivazione e precedenti ivi richiamati).
Nella fattispecie, la sentenza ha considerato che in forza del contratto preliminare di compravendita RAGIONE_SOCIALE aveva assunto l’obbligo di trasferire ai consorti Pietrafesa la proprietà piena dell’immobile, pur essendo consapevole di non esserne ancora proprietaria; ciò risultava dagli artt. 5 e 6 del contratto, secondo i quali erano considerate indispensabili, ai fini del perfezionamento dell’acquisto della proprietà dell’immobile dal Fallimento, la trascrizione e la registrazione del decreto di trasferimento del giudice delegato, cui doveva seguire la stipula del contratto definitivo, e la promittente venditrice si era impegnata a fare quanto in suo potere per ottenere definitivo acquisto della proprietà. Ha considerato che l’impegno era rimasto inadempiuto e ha dichiarato che non poteva essere definito come eccezionale, straordinario e imprevedibile un evento che poteva e doveva essere considerato come possibile al momento del
preliminare di vendita, anche tenuto conto che il preliminare era stato stipulato dopo la comunicazione del decreto di trasferimento e senza attendere la relativa registrazione e trascrizione, necessarie per la vicenda traslativa; ha aggiunto che non potevano influire su tale conclusione i motivi personali per i quali successivamente RAGIONE_SOCIALE si era determinata a non procedere alla stipula del rogito notarile con il Fallimento, collegati essenzialmente a una valutazione sopravvenuta in ordine alla convenienza dell’affare, piuttosto che a un impedimento oggettivo e insuperabile. Con questo contenuto, la motivazione della sentenza risulta pienamente rispettosa del minimo costituzionale, in quanto consente di controllare il ragionamento svolto dal giudicante, che risulta coerente e concretamente riferito alla fattispecie oggetto di giudizio, oltre che immune da qualsiasi vizio logico e giuridico. Infatti, la sentenza ha preso in esame la condotta della società promittente venditrice e ha valutato l’inadempimento a d essa imputabile; ciò, sia per la sua scelta di concludere il contratto preliminare prima che il titolo di acquisto a suo favore fosse trascritto -così assumendosi il rischio che per qualche ragione il decreto di trasferimento non potesse essere trascritto-, ma anche per la sua scelta di non concludere successivamente il rogito con il Fallimento, che la sentenza ha collegato a una decisione personale della società e non a ragioni a essa estranee.
3.Con il secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 1176, 1218 e 1256 cod. civ., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la revoca del decreto di trasferimento dell’immobile a favore della società fosse un evento prevedibile; sostiene che RAGIONE_SOCIALE versava nell’impossibilità oggettiva e assoluta di prevedere la revoca del decreto di trasferimento, in quanto aveva pagato integralmente il prezzo dell’immobile e aveva sottoscritto un accordo transattivo autorizzato dal giudice delegato; quindi dichiara che la
sentenza impugnata, facendo buon governo dei principi posti dagli artt. 1176 e 1218 cod. civ., avrebbe dovuto ritenere la revoca del decreto un evento imprevedibile e non prevenibile dalla società.
3.1.Il motivo è inammissibile in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione da parte della sentenza impugnata della fattispecie astratta recata da una disposizione di legge e implica necessariamente un pro blema interpretativo della stessa; l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile in sede di legittimità solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. Sez. 1 13-10-2017 n. 24155 Rv. 645538-01, Cass. Sez. L 11-1-2016 n. 195 Rv. 638425-01). Nessuno degli argomenti della ricorrente è volto a fare emergere nella sentenza impugnata una erronea ricognizione della fattispecie astratta relativa alla responsabilità del debitore per inadempimento, e cioè una violazione o falsa applicazione delle disposizioni che disciplinano l’inadempimento; tutte le deduzioni sono finalizzate a sostenere che la sentenza impugnata avrebbe dovuto ritenere, nella fattispecie concreta, e perciò in fatto, incolpevole l’inadempimento della società promittente venditrice, in quanto determinato da causa a essa non imputabile. In questo modo la ricorrente propone una diversa ricostruzione della fattispecie concreta che rimane esterna al perimetro del vizio dedotto.
4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione