Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8902 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8902 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
R.G.N. 5870/2020
P.U. 13/03/2025
CONTRATTO PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 5870/2020) proposto da:
AVV. COGNOME rappresentato e difeso da se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c., nonché dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale materialmente allegata al ricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, alla INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pecEMAIL
– controricorrente –
e
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ‘ex lege’ dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso i suoi Uffici in Roma, INDIRIZZO
-altra controricorrente –
nonché
AVV. COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: ;
–
ulteriore controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, alla INDIRIZZO;
-altra controricorrente – nonché
COGNOME NOME intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3879/2019, pubblicata il 12 luglio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
udito il P.G., in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiarare l’inammissibilità del ricorso o, comunque, di rigettarlo;
uditi l’Avv. NOME COGNOME in proprio, l’Avv. NOME COGNOME per il controricorrente COGNOME NOMECOGNOME e l’Avv. NOME (per delega), nell’interesse della controricorrente RAGIONE_SOCIALEp.a.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 2011 COGNOME NOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, la RAGIONE_SOCIALE deducendo:
-che aveva stipulato, in data 12 aprile 2011, con detta società un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un immobile, con annesso box pertinenziale, sito in San Sebastiano al Vesuvio alla INDIRIZZO per il prezzo complessivo di euro 390.000,00;
-che all’art. 3 di detto contratto la citata società promittente venditrice aveva garantito la titolarità da parte della stessa della indicata consistenza immobiliare nonché l’assenza di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli su di essa gravanti, come anche della pendenza di giudizi riferiti allo stesso cespite;
-che, in data 18 maggio 2011, era stata trascritta, in relazione agli immobili oggetto del preliminare, una domanda giudiziale proposta il 12 novembre 2008 da parte di tale RAGIONE_SOCIALE nei confronti della stessa società RAGIONE_SOCIALE diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica di un contratto attinente ai medesimi beni.
Tanto premesso, il COGNOME, prospettando la sussistenza della responsabilità della società convenuta per aver taciuto l’esistenza di un giudizio sui beni immobili in questione già pendente da tre anni tra la stessa e il citato COGNOME, chiedeva dichiararsi la legittimità del proprio recesso dal contratto preliminare oggetto di causa e, in considerazione del grave inadempimento della promittente venditrice, invocava la condanna di quest’ultima al pagamento, in suo favore, della somma di euro 120.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria corrisposta contestualmente alla sottoscrizione del preliminare, oltre all’importo di euro 14.400,00 versata alla società RAGIONE_SOCIALE a titolo di compenso per la mediazione correlata all’acquisto degli immobili controversi.
Si costituiva in giudizio la convenuta RAGIONE_SOCIALE, la quale instava per il rigetto della domanda attrice, deducendo:
-che il COGNOME aveva richiesto la trascrizione della sua domanda giudiziale (impropriamente qualificata come domanda di esecuzione in
forma specifica) solo il 18 maggio 2011 e, quindi, in data successiva a quella della stipula del contratto preliminare concluso con il COGNOME; -che essa convenuta aveva, a sua volta, esperito un’azione giudiziale per sentir dichiarare la nullità ed inesistenza della trascrizione in questione e, comunque, al fine di ottenere l’ordine di cancellazione della formalità pregiudizievole, convenendo in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate. Pertanto, sul presupposto che la responsabilità di quanto verificatosi fosse da ascriversi alla condotta illecita del COGNOME, del suo procuratore COGNOME NOME e dell’Agenzia del Territorio, chiedeva la loro chiamata in causa a titolo di garanzia.
Inoltre, la società convenuta proponeva domanda riconvenzionale nei confronti dell’attore al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto a recedere dal contratto preliminare ed a trattenere definitivamente la somma ricevuta quale caparra.
Autorizzata la invocata chiamata in causa, i suddetti terzi si costituivano in giudizio e il COGNOME chiedeva, a sua volta, la chiamata in garanzia, ritualmente autorizzata, della Generali Italia s.p.a., che si costituiva in giudizio.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 3264/2015, rigettava la domanda principale ed accoglieva, invece, quella riconvenzionale formulata dalla RAGIONE_SOCIALE dichiarando, di conseguenza, il diritto di quest’ultima società a recedere dal contratto preliminare dedotto in controversia ed a ritenere la caparra versata dal promissario acquirente. Per effetto della rilevata fondatezza della suddetta domanda riconvenzionale e della reiezione di quella principale, lo stesso Tribunale riteneva venute meno le condizioni per pronunciare sulle avanzate domande di garanzia.
Decidendo sull’appello formulato dall’attore soccombente COGNOME COGNOME cui resistevano -quali parti appellate – la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e l’Agenzia del Territorio (nel mentre le altre parti rimanevano contumaci), la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 3879/2019, rigettava il gravame, compensando tra le parti costituite le spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte partenopea, premessa la ricostruzione in fatto della vicenda sostanziale e ritenendo -nel caso di specie – l’insussistenza di alcuna delle ipotesi dedotte dal COGNOME, con riferimento al precedente contratto (da intendersi, invero, come contratto ad effetti obbligatori) stipulato tra il RAGIONE_SOCIALE e la società convenuta in primo grado, previste dall’art. 2652 c.c. in relazione all’art. 2643 c.c. (e, quindi, di formalità effettivamente pregiudizievoli), confermava l’impianto motivazionale della pronuncia di primo grado.
Di conseguenza, veniva condivisa la rilevata inesistenza di un inadempimento (nell’esecuzione del contratto preliminare) imputabile alla società RAGIONE_SOCIALE (non potendosi, in ogni caso, ove anche potenzialmente configurabile, considerare rilevante ai sensi dell’art. 1455 c.c.) e, di contro, la sussistenza del mancato adempimento da parte del COGNOME, donde la legittimità in punto di diritto delle statuizioni adottate con la sentenza di prime cure.
Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, il COGNOME DanieleCOGNOME
Hanno resistito, con distinti controricorsi, la RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia delle Entrate, COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE, mentre l’intimato COGNOME NOME non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il P .G., il ricorrente nonché le parti controricorrenti COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE hanno anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione degli artt. 1351, 1385 e 1455 c.c., avuto riguardo al valore degli immobili assunti dalle parti con il contratto di compravendita immobiliare dedotto in giudizio, prospettando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la parte promittente venditrice avesse garantito che l’immobile dovesse considerarsi libero da trascrizioni pregiudizievoli esclusivamente con riguardo alla data del preliminare, nel mentre – alla stregua dell’art. 3 dello stesso contratto preliminare – tale garanzia si sarebbe dovuta ritenere permanente quantomeno fino alla data fissata per la stipula del contratto definitivo di compravendita.
Con la seconda doglianza il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1385, commi 1 e 2, 1455 e 1476 c.c., in ordine alla questione della gravità dell’inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE e alla non ravvisata fondatezza della domanda di recesso di esso COGNOME, avuto riguardo alla mancata considerazione della circostanza rilevante e determinante che, successivamente alla stipula del preliminare, era intervenuta la trascrizione sul bene promesso in vendita di una domanda giudiziale di esecuzione specifica di un contratto preliminare stipulato antecedentemente dalla citata società con tale COGNOME Giuseppe avente ad oggetto lo stesso immobile, onde, al momento della data in cui si sarebbe dovuto concludere il contratto definitivo, detto immobile non poteva considerarsi libero da iscrizioni pregiudizievoli per i diritti di esso ricorrente.
Con la terza censura il ricorrente ha prospettato – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. – il vizio di nullità della sentenza impugnata per violazione dei principi generali del procedimento in ordine agli artt. 99 e 101 c.p.c., per avere la Corte di appello posto a fondamento della
decisione adottata una questione di diritto e di fatto rispetto alla quale esso ricorrente, quale attore, era del tutto estraneo, siccome relativa alla legittimità della trascrizione effettuata dal terzo, anziché fondare la pronuncia sulla esistenza e sulla permanenza della trascrizione pregiudizievole della sua domanda giudiziale gravante sull’immobile oggetto del preliminare eseguita dal citato COGNOME.
Con il quarto mezzo il ricorrente ha lamentato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. avuto riguardo alla ritenuta rilevanza dell’efficacia della sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli emessa ‘inter alios’ ai fini della valutazione dei reciproci inadempimenti lamentati dalle parti.
Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto – ancora in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 2652, 2653, 2668, 2674 -bis c.c., con riferimento agli artt. 1385 e 1455 c.c., nella parte in cui la Corte di appello aveva onerato esso COGNOME di verificare la correttezza della trascrizione del 18 maggio 2011 come domanda di esecuzione in forma specifica.
Con la sesta doglianza il ricorrente ha denunciato – in ordine all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 1351, 1385, commi 1 e 2, 1453, 1455 e 1460 c.c., avuto riguardo all’accoglimento -da considerarsi illegittimo -della domanda riconvenzionale formulata dalla società RAGIONE_SOCIALE omettendo l’esame e la valutazione del comportamento tenuto da esso ricorrente, riconoscendo alla suddetta società il diritto alla ritenzione della ricevuta caparra confirmatoria.
Con il settimo mezzo il ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c., con riferimento all’errata interpretazione del contratto preliminare di compravendita, per non aver la Corte di appello – in
violazione dei richiamati criteri ermeneutici – ritenuto che l’erogazione del mutuo dovesse considerarsi un presupposto essenziale per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, anziché una mera modalità di regolazione del prezzo ancora da corrispondere.
Con l’ottavo motivo il ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia concretizzatosi nella mancata ammissione della prova testimoniale richiesta da esso Ramondino con la memoria ex art. 186, comma 6, II termine, c.p.c., da cui sarebbe stato possibile accertare che la Banca aveva correttamente appreso della trascrizione del 18 maggio 2011 sugli immobili promessi in vendita e, valutate la sua consistenza e la comunicazione ricevuta da esso ricorrente da parte dell’anzidetta società, lo stesso istituto di credito aveva inteso, in ogni caso, non dare seguito al contratto di mutuo ipotecario, pur avendo effettuato gli opportuni accertamenti.
Con la nona ed ultima censura il ricorrente ha lamentato – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., avuto riguardo alla mancata compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
In primo luogo, vanno respinte le eccezioni di inammissibilità formulate dalla controricorrente società RAGIONE_SOCIALE poiché il ricorso risponde adeguatamente alle prescrizioni di cui all’art. 366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. e non si risolve affatto nella sola sollecitazione di apprezzamenti di merito, ma prospetta anche specifiche questioni di diritto.
Il primo motivo si profila inammissibile e, comunque, risulta infondato.
Invero, con tale doglianza, il ricorrente tende a confutare la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto sussistente l’inadempimento della società promittente venditrice in base alle condizioni stabilite nel contratto preliminare avuto riguardo allo sviluppo della complessiva vicenda negoziale e alla negata rilevanza della sussistenza di iscrizioni pregiudizievoli sull’immobile che ne costituiva l’oggetto fin dalla data di stipula del preliminare e sino a quella fissata per la conclusione del definitivo.
Più in particolare, il ricorrente contesta – in effetti – l’interpretazione compiuta dalla Corte di appello (conforme, peraltro, a quella della decisione di primo grado) in ordine alla compiuta attività ermeneutica svolta con riguardo alla portata del contenuto della clausola n. 3 pattuita nel testo del contratto preliminare.
Ad avviso del collegio va, invece, ritenuto che la Corte territoriale ha offerto sicuramente una plausibile interpretazione di detta clausola, laddove ha considerato che, in effetti, essa dovesse riferirsi allo stato dell’immobile (e, quindi, all’insussistenza di iscrizioni pregiudizievoli sullo stesso, anche con garanzie ipotecarie) al momento della stipula del preliminare.
E’, quindi, evidente che la Corte di appello ha offerto una soluzione ermeneutica della portata contenutistica di tale clausola in un’ottica di logica plausibilità (anche con riferimento al contesto complessivo del contratto preliminare) circa l’individuazione del momento temporale a cui era stato riferito l’impegno assunto dalla società promittente venditrice in ordine alla suddetta assenza di iscrizioni pregiudizievoli.
E’ appena il caso di evidenziare che la giurisprudenza di questa Corte è granitica nell’affermare il principio secondo cui, p er sottrarsi al sindacato
di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (cfr., tra le tante, Cass. n. 24539/2009 e Cass. n. 27136/2017).
12. Il secondo motivo è destituito di fondamento.
Infatti, la Corte di appello – proprio in conseguenza di quanto evidenziato in risposta al primo motivo (e della incensurabilità dell’offerta interpretazione) – ha, con motivazione logica ed adeguata, escluso che la posteriorità della trascrizione sull’immobile oggetto del contratto preliminare rispetto alla data di conclusione di quest’ultimo potesse configurare un inadempimento colpevole della società promittente venditrice. Né si profila conferente a tal proposito la giurisprudenza richiamata dal ricorrente (con specifico riferimento a Cass. n. 14424/2008), la quale riguarda la fattispecie in cui, a carico di una delle parti, sia contrattualmente convenuto uno specifico obbligo di cancellazione di una iscrizione ipotecaria entro la data di stipula del contratto definitivo: ciò per la semplice ragione che, nel caso di specie, un siffatto obbligo non era stato previsto.
Il terzo e quarto, esaminabili unitariamente siccome connessi, sono infondati.
Essi – esclusa all’evidenza ogni possibile nullità della sentenza impugnata – attengono, piuttosto, alla critica di detta sentenza per aver proceduto all’utilizzazione, ai fini del raggiungimento del suo convincimento, di un
accertamento -oltretutto riconducibile ad una sentenza passata in giudicato antecedentemente a quella oggetto di appello -riguardante la validità e l’efficacia della trascrizione della pregressa domanda giudiziale, intervenuta – come è pacifico -successivamente alla conclusione del contratto preliminare tra le parti.
Orbene, in primo luogo, non può affermarsi che – in relazione alla valutazione della sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli pronunciata tra il terzo RAGIONE_SOCIALE e la società promittente venditrice (con la quale è stata ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale proposta dal primo, in quanto illegittima perché eseguita al di fuori delle ipotesi contemplate dalla legge) – si sia venuta a configurare una violazione del contraddittorio, dal momento che il riferimento alla citata sentenza prodotta agli atti di causa non ha implicato l’introduzione di una questione nuova in giudizio (che, pertanto, non poteva comportare l’obbligo di sollecitare le parti al contraddittorio ai sensi dell’art. 101 c.p.c.), essendo la stessa stata utilizzata dalla Corte di appello al fine dell’interpretazione giuridica della rilevanza o meno della trascrizione rispetto a fatti già univocamente accertati e non mutati in seguito.
Pertanto, il riferimento – in funzione ermeneutica – alla menzionata decisione (intervenuta tra la società RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE) non ha determinato alcuna nullità della sentenza qui impugnata.
Di contro, deve ritenersi che la relativa valutazione è stata operata legittimamente dalla Corte territoriale – unitamente alle altre circostanze (tra cui, in primo luogo, proprio quelle emergenti dal testo del contratto preliminare) -quale ulteriore elemento per la conseguente considerazione delle reciproche domande di recesso, rispetto al concluso
preliminare, formulate da entrambe le parti al fine di rafforzare il convincimento della sussistenza dell’inadempimento del COGNOME.
A tal proposito, è importante evidenziare come sia rimasto acclarato che l’azione giudiziaria esperita dal COGNOME NOME con citazione del novembre 2008 non conteneva alcuna domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare dallo stesso stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE essendo, invero, diretta ad ottenere la mera dichiarazione dell’efficacia obbligatoria del contratto in questione. Da ciò la richiamata sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli, in virtù del carattere chiuso e tassativo dei casi di trascrizione (in funzione della produzione degli effetti propri alla stessa riconducibili) delle domande giudiziali, ha fatto correttamente derivare la dichiarazione di illegittimità della trascrizione di detta domanda, ordinandone, perciò, la cancellazione ed escludendo, altresì, la responsabilità del Conservatore (e, quindi, dell’Agenzia del Territorio).
Orbene, in relazione al complessivo quadro della vicenda venutosi a delineare, è corretto aver ritenuto che, nella specifica fattispecie, ciò che rilevava non era tanto la legittimità o meno della trascrizione, bensì l’accertamento sul se la suddetta azione giudiziale che era stata proposta dal COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME e che era pendente al momento della stipulazione del contratto preliminare tra quest’ultima ed il COGNOME costituisse o meno un giudizio ‘avente ad oggetto la proprietà od altro diritto reale sugli immobili promessi in vendita’.
Infatti, con la clausola n. 3 di detto contratto (della cui legittima interpretazione si è dato conto nell’esaminare il primo motivo di ricorso) concluso il 12 aprile 2011 tra la RAGIONE_SOCIALE ed il Ramondino, la prima aveva dichiarato e garantito l’inesistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, nonché la mancata pendenza (a tale data) di ‘alcun
giudizio avente ad oggetto la proprietà o altro diritto reale sugli immobili promessi in vendita’.
Orbene, per quanto rimarcato, alla data del 12 aprile 2011 di stipula del preliminare, non esistevano trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli (poiché la citata trascrizione era stata oltretutto dichiarata poi illegittima con la menzionata sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli, con il conseguente ordine della sua cancellazione), essendo quella in discorso intervenuta successivamente (il 18 maggio 2011), ragion per cui la RAGIONE_SOCIALE aveva attestato veridicamente la relativa circostanza all’atto della conclusione del citato preliminare.
Poi, il fatto che la società promittente venditrice avesse garantito la inesistenza della pendenza di un giudizio del tipo prima indicato (riportato nella richiamata clausola 3 del contratto) non poteva sortire un’efficacia rilevante sul piano della valutazione del possibile inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, poiché – come già più volte posto in risalto – la domanda giudiziale del Landolfi non aveva ad oggetto l’ottenimento o l’accertamento della proprietà o di altri diritti reali sugli immobili promessi in vendita, bensì l’accertamento dei soli effetti obbligatori derivanti dal contratto. Pertanto, non contenendo tale domanda la formulazione di pretese in ordine alla proprietà degli immobili, essa non avrebbe potuto impedire il trasferimento della proprietà secondo quanto promesso al COGNOME attraverso il contratto dal medesimo stipulato con la citata società, così come – per quanto in precedenza sottolineato – detta domanda non poteva essere trascritta, appunto in quanto inidonea a produrre effetti prenotativi nei confronti dei terzi con riferimento alla proprietà degli immobili oggetto di causa.
14. Anche il quinto e sesto motivo – esaminabili congiuntamente, stante la loro stretta connessione – non meritano accoglimento.
Occorre, infatti, rilevare che la Corte di appello – con motivazione adeguata e corretta in punto di diritto – ha spiegato come il COGNOME, nel contesto dello sviluppo della complessiva vicenda contrattuale, si fosse venuto a trovare nella condizione, in base ad un criterio di ordinaria diligenza, (anche nella fase anteriore all’instaurazione della controversia cui inerisce il presente ricorso per come desumibile da apposita documentazione prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE già in primo grado) di conoscere l’esatto contenuto della domanda giudiziale (del Landolfi) sottesa alla formalità pubblicitaria richiesta con la nota del 18 maggio 2011, posto che, ai sensi dell’art. 2665 c.c., eventuali omissioni od inesattezze relative alla nota stessa ben avrebbero potuto nuocere alla validità della stessa formalità nell’ipotesi in cui – come verificatosi nel caso di specie – potessero indurre una situazione di incertezza sulla stessa domanda giudiziale (che non avrebbe potuto qualificarsi come di esecuzione in forma specifica).
Oltretutto, la Corte territoriale, ad ulteriore conforto, ha opportunamente messo in risalto come -in relazione alla valorizzazione del comportamento delle parti – la società RAGIONE_SOCIALE aveva, con apposita missiva ricevuta dal Ramondino in data 10 giugno 2011, comunicato che la controversa trascrizione fosse del tutto illegittima ed inopponibile alle parti stipulanti il contratto preliminare in data 12 aprile 2011 e che, in ogni caso, per far fronte ad eventuali effetti pregiudizievoli derivanti da detta trascrizione, la stessa società promittente venditrice si era dichiarata ‘personalmente mallevadrice, impegnandosi a confermare tale dichiarazione innanzi agli istituti bancari eventualmente compulsati dalla S.V. (ovvero dal Ramondino) per la contrazione del mutuo ipotecario che Ella vorrà contrarre ai fini dell’acquisto dell’immobile del quo’.
Pertanto, anche in dipendenza della corretta valorizzazione di tutti questi ulteriori elementi, la Corte di appello ha legittimamente escluso che potesse essere imputabile alla società RAGIONE_SOCIALE un possibile inadempimento (che, in ogni caso, non avrebbe potuto essere considerato di ‘rilevante importanza’ in relazione al disposto dell’art. 1455 c.c.) rispetto all’esecuzione del citato contratto preliminare del 12 aprile 2011, con la conseguente esclusione della legittimità del recesso contrattuale invocato dal COGNOME (e, per converso, della sussistenza della legittimità del recesso esercitato dalla società costruttrice promittente venditrice).
Quindi, deve ritenersi come – essendo correttamente rimasta accertata l’assenza di ogni nesso causale fra la trascrizione e la mancata accensione del mutuo -non poteva che conseguire la possibilità per la parte promissaria acquirente di procedere alla stipula del definitivo e al pagamento della provvista cui era connesso l’obbligo di verificare la reale portata della cennata trascrizione pregiudizievole e la sua incoerenza rispetto al reale contenuto della domanda proposta dal sig. COGNOME in applicazione degli obblighi di diligenza e di buona fede gravanti su ciascuna parte contrattuale.
15. Il settimo motivo è inammissibile o, comunque, infondato, dal momento che – diversamente da quanto con esso dedotto – non può ritenersi che l’interpretazione della clausola di cui al n. 2 del contratto preliminare fosse unicamente quella prospettata con la doglianza in questione.
La Corte di appello ha, invece, spiegato – offrendo una plausibile, alternativa e perciò ammissibile interpretazione di detta clausola -come – fermo restando, peraltro, il richiamato accollo del ruolo di mallevadrice della società RAGIONE_SOCIALE – l’erogazione del mutuo non avrebbe
dovuto (necessariamente) considerarsi come un presupposto essenziale per la conclusione del contratto definitivo, quanto, piuttosto, una mera modalità di erogazione del prezzo da corrispondersi (senza potersi conferire alcuna decisiva rilevanza all’entità della somma che ne costituiva l’oggetto).
16. L’ottavo motivo è inammissibile.
Al di là della preclusione da ‘doppia conforme’ ex art. 348 -ter, ultimo comma, c.p.c. (‘ratione temporis’ applicabile), la censura difetta di specificità nella parte in cui pone riferimento ai capitoli di prova orale che erano stati richiesti con la memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. nel giudizio di primo grado, senza, però, riportare i precisi termini in cui tale richiesta istruttoria era stata riproposta (con relativa trascrizione dei capitoli) in sede di precisazione delle conclusioni di tale grado, né richiamando pedissequamente il contenuto del correlato motivo di appello attraverso il quale la stessa istanza era stata riformulata.
Infatti, nel ricorso, si asserisce solo che ‘l’appellante riproponeva e insisteva anche per l’ammissione della prova testimoniale articolata nella memoria ex art. 183, comma 6, II termine, con i testimoni ivi indicati, che era stata illegittimamente rigettata dal Tribunale’, deducendosene, genericamente, la rilevanza ‘ai fini del decidere’. Tuttavia, i relativi capitoli (con l’indicazione dei testi) non risultano riprodotti e, del resto, dalla stessa sentenza della Corte di appello non emerge che detta riproposizione sia stata formulata con l’atto di gravame, né il ricorrente riporta – per dimostrare il contrario -le conclusioni precisate in secondo grado (cfr. Cass. n. 5741/2019 e Cass. n. 22883/2019).
Oltretutto, il vizio di ‘asserita incongruità o incompletezza della valutazione probatoria’ deducibile in cassazione deve consistere in un
errore intrinseco al ragionamento del giudice che va verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuto pervenire: in sostanza la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli intendendo sollecitare una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità di questa Corte.
17. Il nono ed ultimo motivo è inammissibile perché il ricorrente -sulla premessa che il suo appello è stato integralmente rigettato -avrebbe dovuto, al fine di dolersi della (eventuale) illegittimità della mancata compensazione delle spese del giudizio di primo grado con riferimento al rapporto processuale instauratosi tra lui e la società RAGIONE_SOCIALE puntualmente indicare se aveva provveduto ad impugnare lo specifico capo della sentenza di primo grado contenente la sua condanna, onere che, invece, non ha assolto.
Pertanto, non dovendo la Corte di appello regolare le spese di entrambi i gradi di giudizio essendo stata confermata la sentenza di primo grado, è evidente che, in difetto di uno specifico motivo di impugnazione del COGNOME, non avrebbe potuto d’ufficio pronunciarsi sulle spese così come regolate con la sentenza di prime cure, dovendosi, perciò, limitare a disciplinare solo quelle di secondo grado, come ha fatto (cfr. Cass. n. 14916/2020 e Cass. n. 16526/2024).
Oltretutto, con la sentenza di appello è stata disposta (per la complessità della ricostruzione fattuale e della motivazione) la compensazione delle
spese dello stesso secondo grado di giudizio, con pronuncia, quindi, favorevole allo stesso odierno ricorrente, malgrado la sua pur totale soccombenza.
In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Alla luce della peculiarità e complessità della fattispecie e della obiettiva controvertibilità di alcune delle questioni giuridiche affrontate, si ritiene -in relazione alla versione dell’art. 92 c.p.c. temporalmente applicabile, avuto riguardo al momento di introduzione del giudizio di primo grado (successivo al 4 luglio 2009 ma antecedente alla sua novellazione intervenuta con la legge n. 162/2014, di conversione del d.l. n. 132/2014) -che sussistono gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione integrale delle spese del presente giudizio di legittimità, con riferimento a tutti i rapporti processuali instauratisi per effetto del proposto ricorso.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, in un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra tutte le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della