Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8902 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2   Num. 8902  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
R.G.N. 5870/2020
P.U. 13/03/2025
CONTRATTO PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso da se stesso ai sensi dell’art.  86  c.p.c.,  nonché  dall’AVV_NOTAIO,  in  virtù  di  procura speciale  materialmente  allegata  al  ricorso,  ed  elettivamente  domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, alla INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata  e  difesa,  giusta  procura  speciale  rilasciata  in  calce  al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL;
– controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ‘ex lege’ dall’Avvocatura  Generale  dello  Stato  e domiciliata  presso  i  suoi  Uffici  in Roma, INDIRIZZO;
-altra controricorrente –
nonché
AVV_NOTAIO,  rappresentato  e  difeso,  giusta  procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: ;
–
ulteriore controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  p.t., rappresentata  e  difesa,  in  virtù  di  procura  speciale  apposta  in  calce  al controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, alla INDIRIZZO;
-altra controricorrente – nonché
COGNOME NOME;                                    intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3879/2019, pubblicata il 12 luglio 2019;
udita la  relazione  della  causa  svolta  nella  pubblica  udienza  del  13 marzo 2025 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
udito il  P.G.,  in  persona  del  AVV_NOTAIO  procuratore  generale  NOME COGNOME,  il  quale  ha  chiesto  dichiarare  l’inammissibilità  del  ricorso  o, comunque, di rigettarlo;
uditi l’AVV_NOTAIO, in proprio, l’AVV_NOTAIO,  per  il  controricorrente  COGNOME  NOME,  e  l’AVV_NOTAIO (per delega), nell’interesse della controricorrente RAGIONE_SOCIALE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 2011 NOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, la RAGIONE_SOCIALE deducendo:
-che  aveva  stipulato,  in  data  12  aprile  2011,  con  detta  società  un contratto  preliminare  di  compravendita  avente  ad  oggetto  un  immobile, con annesso box pertinenziale, sito in San Sebastiano al Vesuvio alla INDIRIZZO per il prezzo complessivo di euro 390.000,00;
-che  all’art.  3  di  detto  contratto  la  citata  società  promittente  venditrice aveva garantito la titolarità da parte della stessa della indicata consistenza immobiliare nonché l’assenza di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli su di essa gravanti, come anche della pendenza di giudizi riferiti allo stesso cespite;
-che,  in  data  18  maggio  2011,  era  stata  trascritta,  in  relazione  agli immobili oggetto del preliminare, una domanda giudiziale proposta il 12 novembre  2008  da  parte  di  tale  COGNOME  NOME  nei  confronti  della stessa  società  RAGIONE_SOCIALE,  diretta  ad  ottenere  l’esecuzione  in forma specifica di un contratto attinente ai medesimi beni.
Tanto premesso, il COGNOME, prospettando la sussistenza della responsabilità della società convenuta per aver taciuto l’esistenza di un giudizio sui beni immobili in questione già pendente da tre anni tra la stessa e il citato COGNOME, chiedeva dichiararsi la legittimità del proprio recesso dal contratto preliminare oggetto di causa e, in considerazione del grave inadempimento della promittente venditrice, invocava la condanna di quest’ultima al pagamento, in suo favore, della somma di euro 120.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria corrisposta contestualmente alla sottoscrizione del preliminare, oltre all’importo di euro 14.400,00 versata alla società RAGIONE_SOCIALE a titolo di compenso per la mediazione correlata all’acquisto degli immobili controversi.
Si  costituiva  in  giudizio  la  convenuta  RAGIONE_SOCIALE, la quale instava per il rigetto della domanda attrice, deducendo:
-che  il  COGNOME  aveva  richiesto  la  trascrizione  della  sua  domanda giudiziale  (impropriamente  qualificata  come  domanda  di  esecuzione  in
forma specifica) solo il 18 maggio 2011 e, quindi, in data successiva a quella della stipula del contratto preliminare concluso con il COGNOME; -che essa convenuta aveva, a sua volta, esperito un’azione giudiziale per sentir dichiarare la nullità ed inesistenza della trascrizione in questione e, comunque, al fine di ottenere l’ordine di cancellazione della formalità pregiudizievole, convenendo in giudizio anche l’RAGIONE_SOCIALE. Pertanto, sul presupposto che la responsabilità di quanto verificatosi fosse da ascriversi alla condotta illecita del COGNOME, del suo procuratore COGNOME NOME e dell’RAGIONE_SOCIALE, chiedeva la loro chiamata in causa a titolo di garanzia.
Inoltre,  la  società  convenuta  proponeva  domanda  riconvenzionale  nei confronti dell’attore al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto a recedere  dal  contratto  preliminare  ed  a  trattenere  definitivamente  la somma ricevuta quale caparra.
Autorizzata la invocata chiamata in causa, i suddetti terzi si costituivano in giudizio  e  il  COGNOME  chiedeva,  a  sua  volta,  la  chiamata  in  garanzia, ritualmente  autorizzata,  della  RAGIONE_SOCIALE,  che  si  costituiva  in giudizio.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 3264/2015, rigettava la domanda principale ed accoglieva, invece, quella riconvenzionale formulata dalla RAGIONE_SOCIALE, dichiarando, di conseguenza, il diritto di quest’ultima società a recedere dal contratto preliminare dedotto in controversia ed a ritenere la caparra versata dal promissario acquirente. Per effetto della rilevata fondatezza della suddetta domanda riconvenzionale e della reiezione di quella principale, lo stesso Tribunale riteneva venute meno le condizioni per pronunciare sulle avanzate domande di garanzia.
 Decidendo  sull’appello  formulato  dall’attore  soccombente  COGNOME NOME, cui resistevano -quali  parti  appellate  –  la  RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE (nel mentre le altre parti rimanevano  contumaci),  la  Corte  di  appello  di  Napoli,  con  sentenza  n. 3879/2019,  rigettava  il  gravame,  compensando  tra  le  parti  costituite  le spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte partenopea, premessa la ricostruzione in fatto della vicenda sostanziale e ritenendo -nel caso di specie – l’insussistenza di alcuna RAGIONE_SOCIALE ipotesi dedotte dal AVV_NOTAIO, con riferimento al precedente contratto (da intendersi, invero, come contratto ad effetti obbligatori) stipulato tra il RAGIONE_SOCIALE e la società convenuta in primo grado, previste dall’art. 2652 c.c. in relazione all’art. 2643 c.c. (e, quindi, di formalità effettivamente pregiudizievoli), confermava l’impianto motivazionale della pronuncia di primo grado.
Di conseguenza, veniva condivisa la rilevata inesistenza di un inadempimento (nell’esecuzione del contratto preliminare) imputabile alla società  RAGIONE_SOCIALE  (non  potendosi,  in  ogni  caso,  ove  anche potenzialmente configurabile, considerare rilevante ai sensi dell’art. 1455 c.c.) e, di contro, la sussistenza del mancato adempimento da parte del AVV_NOTAIO,  donde  la  legittimità  in  punto  di  diritto  RAGIONE_SOCIALE  statuizioni adottate con la sentenza di prime cure.
Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, il NOME.
Hanno  resistito,  con  distinti  controricorsi,  la  RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE,  COGNOME  NOME  e  la  RAGIONE_SOCIALE, mentre  l’intimato  COGNOME  NOME  non  ha  svolto  attività  difensiva  in questa sede.
Il  P .G.,  il  ricorrente  nonché  le  parti  controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE  hanno  anche  depositato  memoria  ai  sensi  dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione degli artt. 1351, 1385 e 1455 c.c., avuto riguardo al valore degli immobili assunti dalle parti con il contratto di compravendita immobiliare dedotto in giudizio, prospettando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la parte promittente venditrice avesse garantito che l’immobile dovesse considerarsi libero da trascrizioni pregiudizievoli esclusivamente con riguardo alla data del preliminare, nel mentre – alla stregua dell’art. 3 dello stesso contratto preliminare – tale garanzia si sarebbe dovuta ritenere permanente quantomeno fino alla data fissata per la stipula del contratto definitivo di compravendita.
Con la seconda doglianza il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1385, commi 1 e 2, 1455 e 1476 c.c., in ordine alla questione della gravità dell’inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE e alla non ravvisata fondatezza della domanda di recesso di esso AVV_NOTAIO, avuto riguardo alla mancata considerazione della circostanza rilevante e determinante che, successivamente alla stipula del preliminare, era intervenuta la trascrizione sul bene promesso in vendita di una domanda giudiziale di esecuzione specifica di un contratto preliminare stipulato antecedentemente dalla citata società con tale COGNOME NOME avente ad oggetto lo stesso immobile, onde, al momento della data in cui si sarebbe dovuto concludere il contratto definitivo, detto immobile non poteva considerarsi libero da iscrizioni pregiudizievoli per i diritti di esso ricorrente.
Con la terza censura il ricorrente ha prospettato – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. – il vizio di nullità della sentenza impugnata per violazione dei principi generali del procedimento in ordine agli artt. 99 e  101  c.p.c.,  per  avere  la  Corte  di  appello  posto  a  fondamento  della
decisione  adottata  una  questione  di  diritto  e  di  fatto  rispetto  alla  quale esso ricorrente, quale attore, era del tutto estraneo, siccome relativa alla legittimità della trascrizione effettuata  dal  terzo,  anziché  fondare  la pronuncia sulla esistenza e sulla permanenza della trascrizione pregiudizievole della sua domanda  giudiziale gravante sull’immobile oggetto del preliminare eseguita dal citato COGNOME.
Con il quarto mezzo il ricorrente ha lamentato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. avuto  riguardo  alla  ritenuta  rilevanza  dell’efficacia  della  sentenza  n. 13232/2014  del  Tribunale  di  Napoli  emessa  ‘inter  alios’  ai  fini  della valutazione dei reciproci inadempimenti lamentati dalle parti.
 Con  il  quinto  motivo  il  ricorrente  ha  dedotto  –  ancora  in  relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt.  2652,  2653,  2668,  2674 -bis  c.c.,  con  riferimento  agli  artt.  1385  e 1455  c.c.,  nella  parte  in  cui  la  Corte  di  appello  aveva  onerato  esso COGNOME  di  verificare  la  correttezza  della  trascrizione  del  18  maggio 2011 come domanda di esecuzione in forma specifica.
Con la sesta doglianza il ricorrente ha denunciato – in ordine all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 1351, 1385, commi 1 e 2, 1453, 1455 e 1460 c.c., avuto riguardo all’accoglimento -da considerarsi illegittimo -della domanda riconvenzionale formulata dalla società RAGIONE_SOCIALE, omettendo l’esame e la valutazione del comportamento tenuto da esso ricorrente, riconoscendo alla suddetta società il diritto alla ritenzione della ricevuta caparra confirmatoria.
Con il settimo mezzo il ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c., con riferimento all’errata interpretazione del contratto preliminare  di  compravendita,  per  non  aver  la  Corte  di  appello  –  in
violazione dei richiamati criteri ermeneutici – ritenuto che l’erogazione del mutuo dovesse considerarsi un presupposto essenziale per la conclusione del  contratto  definitivo  di  compravendita,  anziché  una  mera  modalità  di regolazione del prezzo ancora da corrispondere.
Con l’ottavo motivo il ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia concretizzatosi nella mancata ammissione della prova testimoniale richiesta da esso AVV_NOTAIO con la memoria ex art. 186, comma 6, II termine, c.p.c., da cui sarebbe stato possibile accertare che la Banca aveva correttamente appreso della trascrizione del 18 maggio 2011 sugli immobili promessi in vendita e, valutate la sua consistenza e la comunicazione ricevuta da esso ricorrente da parte dell’anzidetta società, lo stesso istituto di credito aveva inteso, in ogni caso, non dare seguito al contratto di mutuo ipotecario, pur avendo effettuato gli opportuni accertamenti.
 Con  la  nona  ed  ultima  censura  il  ricorrente  ha  lamentato  –  con riferimento  all’art.  360,  comma  1,  n.  3,  c.p.c.  –  la  violazione  o  falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., avuto riguardo alla mancata compensazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di primo grado.
In primo  luogo,  vanno  respinte  le  eccezioni di inammissibilità formulate  dalla  controricorrente  società  RAGIONE_SOCIALE,  poiché  il ricorso  risponde  adeguatamente  alle  prescrizioni  di  cui  all’art.  366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. e non si risolve affatto nella sola sollecitazione di  apprezzamenti  di  merito,  ma  prospetta  anche  specifiche  questioni  di diritto.
Il primo motivo si profila inammissibile e, comunque,  risulta infondato.
Invero, con tale doglianza, il ricorrente tende a confutare la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto sussistente l’inadempimento della società promittente venditrice in base alle condizioni stabilite nel contratto preliminare avuto riguardo allo sviluppo della complessiva vicenda negoziale e alla negata rilevanza della sussistenza di iscrizioni pregiudizievoli sull’immobile che ne costituiva l’oggetto fin dalla data di stipula del preliminare e sino a quella fissata per la conclusione del definitivo.
Più  in  particolare,  il  ricorrente  contesta  –  in  effetti  –  l’interpretazione compiuta  dalla  Corte  di  appello  (conforme,  peraltro,  a  quella  della decisione  di  primo  grado)  in  ordine  alla  compiuta  attività  ermeneutica svolta con riguardo alla portata del contenuto della clausola n. 3 pattuita nel testo del contratto preliminare.
Ad  avviso  del  collegio  va,  invece,  ritenuto  che  la  Corte  territoriale  ha offerto  sicuramente  una  plausibile  interpretazione  di  detta  clausola, laddove  ha  considerato  che,  in  effetti,  essa  dovesse  riferirsi  allo  stato dell’immobile (e, quindi, all’insussistenza di iscrizioni pregiudizievoli sullo stesso,  anche  con  garanzie  ipotecarie)  al  momento  della  stipula  del preliminare.
E’,  quindi,  evidente  che  la  Corte  di  appello  ha  offerto  una  soluzione ermeneutica  della  portata  contenutistica  di  tale  clausola  in  un’ottica  di logica  plausibilità  (anche  con  riferimento  al  contesto  complessivo  del contratto preliminare) circa l’individuazione del momento temporale a cui era stato riferito l’impegno assunto dalla società promittente venditrice in ordine alla suddetta assenza di iscrizioni pregiudizievoli.
E’ appena il caso di evidenziare che la giurisprudenza di questa Corte è granitica nell’affermare il principio secondo cui, p er sottrarsi al sindacato
di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una RAGIONE_SOCIALE possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (cfr., tra le tante, Cass. n. 24539/2009 e Cass. n. 27136/2017).
12. Il secondo motivo è destituito di fondamento.
Infatti, la Corte di appello – proprio in conseguenza di quanto evidenziato in risposta al primo motivo (e della incensurabilità dell’offerta interpretazione) – ha, con motivazione logica ed adeguata, escluso che la posteriorità della trascrizione sull’immobile oggetto del contratto preliminare rispetto alla data di conclusione di quest’ultimo potesse configurare un inadempimento colpevole della società promittente venditrice. Né si profila conferente a tal proposito la giurisprudenza richiamata dal ricorrente (con specifico riferimento a Cass. n. 14424/2008), la quale riguarda la fattispecie in cui, a carico di una RAGIONE_SOCIALE parti, sia contrattualmente convenuto uno specifico obbligo di cancellazione di una iscrizione ipotecaria entro la data di stipula del contratto definitivo: ciò per la semplice ragione che, nel caso di specie, un siffatto obbligo non era stato previsto.
Il  terzo  e  quarto,  esaminabili unitariamente siccome connessi, sono infondati.
Essi – esclusa all’evidenza ogni possibile nullità della sentenza impugnata – attengono, piuttosto, alla critica di detta sentenza per aver proceduto all’utilizzazione,  ai  fini  del  raggiungimento  del  suo  convincimento,  di  un
accertamento -oltretutto  riconducibile  ad  una  sentenza  passata  in giudicato antecedentemente a quella oggetto di appello -riguardante la validità e l’efficacia della trascrizione della pregressa domanda giudiziale, intervenuta  –  come  è  pacifico -successivamente  alla  conclusione  del contratto preliminare tra le parti.
Orbene, in primo luogo, non può affermarsi che – in relazione alla valutazione della sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli pronunciata tra il terzo COGNOME e la società promittente venditrice (con la quale è stata ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale proposta dal primo, in quanto illegittima perché eseguita al di fuori RAGIONE_SOCIALE ipotesi contemplate dalla legge) – si sia venuta a configurare una violazione del contraddittorio, dal momento che il riferimento alla citata sentenza prodotta agli atti di causa non ha implicato l’introduzione di una questione nuova in giudizio (che, pertanto, non poteva comportare l’obbligo di sollecitare le parti al contraddittorio ai sensi dell’art. 101 c.p.c.), essendo la stessa stata utilizzata dalla Corte di appello al fine dell’interpretazione giuridica della rilevanza o meno della trascrizione rispetto a fatti già univocamente accertati e non mutati in seguito.
Pertanto,  il  riferimento  –  in  funzione  ermeneutica  –  alla  menzionata decisione  (intervenuta  tra  la  società  RAGIONE_SOCIALE  e  il  RAGIONE_SOCIALE) non ha determinato alcuna nullità della sentenza qui impugnata.
Di  contro,  deve  ritenersi  che  la  relativa  valutazione  è  stata  operata legittimamente dalla Corte territoriale – unitamente alle altre circostanze (tra cui, in primo luogo, proprio quelle emergenti dal testo del contratto preliminare) -quale ulteriore elemento per la conseguente considerazione RAGIONE_SOCIALE reciproche domande di recesso, rispetto al concluso
preliminare,  formulate  da  entrambe  le  parti  al  fine  di  rafforzare  il convincimento della sussistenza dell’inadempimento del AVV_NOTAIO.
A tal proposito, è importante evidenziare come sia rimasto acclarato che l’azione giudiziaria esperita dal COGNOME NOME con citazione del novembre 2008 non conteneva alcuna domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare dallo stesso stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE, essendo, invero, diretta ad ottenere la mera dichiarazione dell’efficacia obbligatoria del contratto in questione. Da ciò la richiamata sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli, in virtù del carattere chiuso e tassativo dei casi di trascrizione (in funzione della produzione degli effetti propri alla stessa riconducibili) RAGIONE_SOCIALE domande giudiziali, ha fatto correttamente derivare la dichiarazione di illegittimità della trascrizione di detta domanda, ordinandone, perciò, la cancellazione ed escludendo, altresì, la responsabilità del Conservatore (e, quindi, dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE).
Orbene, in relazione al complessivo quadro della vicenda venutosi a delineare, è corretto aver ritenuto che, nella specifica fattispecie, ciò che rilevava non era tanto la legittimità o meno della trascrizione, bensì l’accertamento sul se la suddetta azione giudiziale che era stata proposta dal COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e che era pendente al momento della stipulazione del contratto preliminare tra quest’ultima ed il COGNOME costituisse o meno un giudizio ‘avente ad oggetto la proprietà od altro diritto reale sugli immobili promessi in vendita’.
Infatti,  con  la  clausola  n.  3  di  detto  contratto  (della  cui  legittima interpretazione si è dato conto nell’esaminare il primo motivo di ricorso) concluso il 12 aprile 2011 tra la RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE, la prima aveva dichiarato e garantito l’inesistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli,  nonché  la  mancata  pendenza  (a  tale  data)  di  ‘alcun
giudizio avente ad oggetto la proprietà o altro diritto reale sugli immobili promessi in vendita’.
Orbene, per quanto rimarcato, alla data del 12 aprile 2011 di stipula del preliminare, non esistevano trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli (poiché la citata trascrizione era stata oltretutto dichiarata poi illegittima con la menzionata sentenza n. 13232/2014 del Tribunale di Napoli, con il conseguente ordine della sua cancellazione), essendo quella in discorso intervenuta successivamente (il 18 maggio 2011), ragion per cui la RAGIONE_SOCIALE aveva attestato veridicamente la relativa circostanza all’atto della conclusione del citato preliminare.
Poi, il fatto che la società promittente venditrice avesse garantito la inesistenza della pendenza di un giudizio del tipo prima indicato (riportato nella richiamata clausola 3 del contratto) non poteva sortire un’efficacia rilevante sul piano della valutazione del possibile inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, poiché – come già più volte posto in risalto – la domanda giudiziale del COGNOME non aveva ad oggetto l’ottenimento o l’accertamento della proprietà o di altri diritti reali sugli immobili promessi in vendita, bensì l’accertamento dei soli effetti obbligatori derivanti dal contratto. Pertanto, non contenendo tale domanda la formulazione di pretese in ordine alla proprietà degli immobili, essa non avrebbe potuto impedire il trasferimento della proprietà secondo quanto promesso al COGNOME attraverso il contratto dal medesimo stipulato con la citata società, così come – per quanto in precedenza sottolineato – detta domanda non poteva essere trascritta, appunto in quanto inidonea a produrre effetti prenotativi nei confronti dei terzi con riferimento alla proprietà degli immobili oggetto di causa.
14. Anche il quinto e sesto motivo – esaminabili congiuntamente, stante la loro stretta connessione – non meritano accoglimento.
Occorre, infatti, rilevare che la Corte di appello – con motivazione adeguata e corretta in punto di diritto – ha spiegato come il AVV_NOTAIO, nel contesto dello sviluppo della complessiva vicenda contrattuale, si fosse venuto a trovare nella condizione, in base ad un criterio di ordinaria diligenza, (anche nella fase anteriore all’instaurazione della controversia cui inerisce il presente ricorso per come desumibile da apposita documentazione prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE già in primo grado) di conoscere l’esatto contenuto della domanda giudiziale (del COGNOME) sottesa alla formalità pubblicitaria richiesta con la nota del 18 maggio 2011, posto che, ai sensi dell’art. 2665 c.c., eventuali omissioni od inesattezze relative alla nota stessa ben avrebbero potuto nuocere alla validità della stessa formalità nell’ipotesi in cui – come verificatosi nel caso di specie – potessero indurre una situazione di incertezza sulla stessa domanda giudiziale (che non avrebbe potuto qualificarsi come di esecuzione in forma specifica).
Oltretutto, la Corte territoriale, ad ulteriore conforto, ha opportunamente messo in risalto come -in relazione alla valorizzazione del comportamento RAGIONE_SOCIALE parti – la società RAGIONE_SOCIALE aveva, con apposita missiva ricevuta dal COGNOME in data 10 giugno 2011, comunicato che la controversa trascrizione fosse del tutto illegittima ed inopponibile alle parti stipulanti il contratto preliminare in data 12 aprile 2011 e che, in ogni caso, per far fronte ad eventuali effetti pregiudizievoli derivanti da detta trascrizione, la stessa società promittente venditrice si era dichiarata ‘personalmente mallevadrice, impegnandosi a confermare tale dichiarazione innanzi agli istituti bancari eventualmente compulsati dalla S.V. (ovvero dal AVV_NOTAIO) per la contrazione del mutuo ipotecario che Ella vorrà contrarre ai fini dell’acquisto dell’immobile del quo’.
Pertanto, anche in dipendenza della corretta valorizzazione di tutti questi ulteriori elementi, la Corte di appello ha legittimamente escluso che potesse essere imputabile alla società RAGIONE_SOCIALE un possibile inadempimento (che, in ogni caso, non avrebbe potuto essere considerato di ‘rilevante importanza’ in relazione al disposto dell’art. 1455 c.c.) rispetto all’esecuzione del citato contratto preliminare del 12 aprile 2011, con la conseguente esclusione della legittimità del recesso contrattuale invocato dal COGNOME (e, per converso, della sussistenza della legittimità del recesso esercitato dalla società costruttrice promittente venditrice).
Quindi, deve ritenersi come – essendo correttamente rimasta accertata l’assenza di ogni nesso causale fra la trascrizione e la mancata accensione del mutuo -non poteva che conseguire la possibilità per la parte promissaria acquirente di procedere alla stipula del definitivo e al pagamento della provvista cui era connesso l’obbligo di verificare la reale portata della cennata trascrizione pregiudizievole e la sua incoerenza rispetto al reale contenuto della domanda proposta dal sig. COGNOME in applicazione degli obblighi di diligenza e di buona fede gravanti su ciascuna parte contrattuale.
15.  Il  settimo  motivo  è  inammissibile  o,  comunque,  infondato,  dal momento  che  –  diversamente  da  quanto  con  esso  dedotto  –  non  può ritenersi  che  l’interpretazione  della  clausola  di  cui  al  n.  2  del  contratto preliminare  fosse  unicamente  quella  prospettata  con  la  doglianza  in questione.
La  Corte  di  appello  ha,  invece,  spiegato  –  offrendo  una  plausibile, alternativa  e perciò ammissibile interpretazione di detta clausola -come – fermo restando, peraltro, il richiamato accollo del ruolo di mallevadrice della società RAGIONE_SOCIALE – l’erogazione del mutuo non avrebbe
dovuto  (necessariamente)  considerarsi  come  un  presupposto  essenziale per  la  conclusione  del  contratto  definitivo,  quanto,  piuttosto,  una  mera modalità  di  erogazione  del  prezzo  da  corrispondersi  (senza  potersi conferire alcuna decisiva rilevanza all’entità della somma  che ne costituiva l’oggetto).
16. L’ottavo motivo è inammissibile.
Al di là della preclusione da ‘doppia conforme’ ex art. 348 -ter, ultimo comma, c.p.c. (‘ratione temporis’ applicabile), la censura difetta di specificità nella parte in cui pone riferimento ai capitoli di prova orale che erano stati richiesti con la memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. nel giudizio di primo grado, senza, però, riportare i precisi termini in cui tale richiesta istruttoria era stata riproposta (con relativa trascrizione dei capitoli) in sede di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni di tale grado, né richiamando pedissequamente il contenuto del correlato motivo di appello attraverso il quale la stessa istanza era stata riformulata.
Infatti, nel ricorso, si asserisce solo che ‘l’appellante riproponeva e insisteva anche per l’ammissione della prova testimoniale articolata nella memoria ex art. 183, comma 6, II termine, con i testimoni ivi indicati, che era stata illegittimamente rigettata dal Tribunale’, deducendosene, genericamente, la rilevanza ‘ai fini del decidere’. Tuttavia, i relativi capitoli (con l’indicazione dei testi) non risultano riprodotti e, del resto, dalla stessa sentenza della Corte di appello non emerge che detta riproposizione sia stata formulata con l’atto di gravame, né il ricorrente riporta – per dimostrare il contrario -le conclusioni precisate in secondo grado (cfr. Cass. n. 5741/2019 e Cass. n. 22883/2019).
Oltretutto, il vizio di ‘asserita incongruità o incompletezza della valutazione  probatoria’  deducibile  in  cassazione  deve  consistere  in  un
errore intrinseco al ragionamento del giudice che va verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuto pervenire: in sostanza la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli intendendo sollecitare una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità di questa Corte.
17. Il nono ed ultimo motivo è inammissibile perché il ricorrente -sulla premessa che il suo appello è stato integralmente rigettato -avrebbe dovuto, al fine di dolersi della (eventuale) illegittimità della mancata compensazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di primo grado con riferimento al rapporto processuale instauratosi tra lui e la società RAGIONE_SOCIALE, puntualmente indicare se aveva provveduto ad impugnare lo specifico capo della sentenza di primo grado contenente la sua condanna, onere che, invece, non ha assolto.
Pertanto, non dovendo la Corte di appello regolare le spese di entrambi i gradi di giudizio essendo stata confermata la sentenza di primo grado, è evidente  che,  in  difetto  di  uno  specifico  motivo  di  impugnazione  del COGNOME,  non  avrebbe  potuto  d’ufficio  pronunciarsi  sulle  spese  così come regolate con la sentenza di prime cure, dovendosi, perciò, limitare a disciplinare solo quelle di secondo grado, come ha fatto (cfr. Cass. n. 14916/2020 e Cass. n. 16526/2024).
Oltretutto, con la sentenza di appello è stata disposta (per la complessità della  ricostruzione  fattuale  e  della  motivazione)  la  compensazione  RAGIONE_SOCIALE
spese  dello  stesso  secondo  grado  di  giudizio,  con  pronuncia,  quindi, favorevole  allo  stesso  odierno  ricorrente,  malgrado  la  sua  pur  totale soccombenza.
In definitiva, alla stregua RAGIONE_SOCIALE complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Alla luce della peculiarità e complessità della fattispecie e della obiettiva controvertibilità di alcune RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche affrontate, si ritiene -in relazione alla versione dell’art. 92 c.p.c. temporalmente applicabile, avuto riguardo al momento di introduzione del giudizio di primo grado (successivo al 4 luglio 2009 ma antecedente alla sua novellazione intervenuta con la legge n. 162/2014, di conversione del d.l. n. 132/2014) -che sussistono gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, con riferimento a tutti i rapporti processuali instauratisi per effetto del proposto ricorso.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre  dare  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento,  da  parte  del  ricorrente,  in  un  ulteriore  importo  a  titolo  di contributo  unificato  pari  a  quello  previsto  per  il  ricorso,  a  norma  del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra tutte le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello  previsto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1bis dello  stesso articolo 13, se dovuto.
Così  deciso  nella  camera  di  consiglio  della  Seconda  Sezione  civile  della