Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8117 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8117 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
OGGETTO:
azione ex art. 2932 c.c.
RG. 7144/2020
P.U. 13-3-2025
SENTENZA
sul ricorso n. 7144/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
VETTORI COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n.136/2019 della Corte d’ appello di Trento sezione distaccata di Bolzano, depositata il 6-12-2019, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13-32025 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile o comunque infondato il ricorso, udito l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha citato NOME COGNOME avanti il Tribunale di Bolzano con atto di citazione notificato il 6-2-2014, chiedendo il trasferimento ex art. 2932 cod. civ. a proprio favore della quota della metà indivisa dell’appartamento sito a Bolzano oggetto del contratto preliminare concluso il 30-111995 con il convenuto, all’epoca suo marito, nel quale si era dato atto del già avvenuto pagamento del prezzo di Lire 350.220.000; l’attrice ha dichiarato che il 30 -11-1995 il marito aveva acquistato l’intero immobile da Cassa di Risparmio di Bolzano s.p.a. per il prezzo di Lire 700.440.000 comprensivo di iva al 4%, pari al doppio della somma indicata nel preliminare. In via subordinata alla domanda ex art. 2932 cod. civ., l’attrice ha chiesto l’accertamento della simulazione relativa del contratto di compravendita, in quanto dovevano ritenersi acquirenti pro quota entrambi i coniugi, i quali avevano pagato il prezzo, e non solo il marito.
Il convenuto NOME COGNOME ha chiesto il rigetto della domanda e, tra l’altro, ha eccepito la prescrizione; ha chiesto in via subordinata riconvenzionale il rimborso della metà delle spese sostenute per l’immobile nell’ammontare di Euro 80.000,00, oltre alla condanna al pagamento di Euro 176.237,00 quale corrispettivo della compravendita.
Con sentenza non definitiva n. 1089/2017 depositata il 10-102017 il Tribunale di Bolzano ha dichiarato l’inadempimento del convenuto al contratto preliminare di compravendita concluso il 30-111995 e il diritto dell’attrice al trasferimento della propriet à della metà indivisa, dando atto che il prezzo era già stato pagato; ha rimesso la causa in istruttoria per l’acquisizione della documentazione necessaria all’intavolazione. Con sentenza definitiva n. 55/2018 depositata il 16 -1-2018 il Tribunale ha disposto ex art. 2932 cod. civ., in adempimento del contratto preliminare, il trasferimento della proprietà della metà
indivisa dell’immobile da NOME COGNOME a NOME COGNOME; in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto, ha condannato l’attrice a pagare al convenuto Euro 5.600,00 con interessi, a titolo di rimborso delle spese relative alla cosa comune.
2.Avverso entrambe le sentenze NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello di Trento -sezione distaccata di Bolzano ha integralmente rigettato con sentenza n. 136/2019 pubblicata il 612-2019.
La sentenza ha rigettato la deduzione dell’appellante in ordine alla violazione del contraddittorio in primo grado per il fatto che il giudice aveva deciso sulle istanze istruttorie e sulla fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni in mancanza del fascicolo di parte attrice; ha rigettato la deduzione dell’appellante in ordine alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere ritenuto la domanda ex art. 2932 cod. civ. ‘prevalente’ rispetto a quella di accertamento della simulazione e ha rigettato l’eccezione di nullità della citazione per incertezza dell’oggetto. Ha considerato che il contratto preliminare del 30-11-1995 era composto di un unico foglio, dattiloscritto sulla prima facciata e nella prima parte della seconda facciata, nella quale recava luogo, data e sottoscrizione di entrambi i contraenti; ha considerato che all’udienza del 29 -5-2014, nella quale era stato depositato l’originale del documento , il procuratore del convenuto COGNOME aveva dichiarato che il convenuto non disconosceva la sua firma apposta solo sulla seconda pagina e che il tema della pretesa alterazione materiale del documento era stato svolto in appello e perciò era nuovo e inammissibile; ha altresì richiamato l’indirizzo secondo il quale, in caso di dichiarazione contenuta in più fogli, dei quali soltanto l’ultimo sottoscritto, rimaneva irrilevante la mancata firma dei fogli precedenti fino alla querela di falso. Ha escluso la nullità del preliminare per illiceità della causa per il fatto che nello stesso era stata prevista la
compartecipazione delle parti alle “eventuali sanzioni che dovessero essere irrogate dall’amministrazione finanziaria in conseguenza del fatto che l’acquisto dalla Cassa di Risparmio è avvenuto godendo delle cosiddette agevolazioni ‘prima casa’ e che la rivendita dell’alloggio agevolato è attualmente soggetta a limitazioni temporali ‘ ; ha rilevato che la frode fiscale trovava nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione . Ha rigettato la tesi dell’appellante secondo la quale il contratto simulato difettava della forma richiesta per il contratto dissimulato, in quanto non era in forma notarile, evidenziando che era stata accolta la domanda principale ex art. 2932 cod. civ. Ha rigettato la tesi dell’appellante in ordine alla mancanza di prova di pagamento del prezzo, rilevando che nella scrittura privata NOME COGNOME aveva dichiarato che ‘la metà del prezzo di compravendita e dell’iva è stato anticipato dalla moglie COGNOME NOME e aveva anche rilasciato ‘quietanza a saldo con la firma in calce’; ha dichiarato che la quietanza costituiva tra le parti confessione stragiudiziale che faceva piena prova e poteva essere contestata soltanto per errore di fatto o violenza ex art. 2732 cod. civ. Ha rigettato la tesi secondo la quale l’attrice non aveva valid amente chiesto l’adempimento del contratto preliminare, in quanto non era necessaria diffida stragiudiziale ad adempiere e il fax dell’avv. Lovato contenente la richiesta di adempiere , al quale aveva fatto riferimento la sentenza di primo grado, era rivolt o all’avv. COGNOME la quale poteva essere considerata all’epoca rappresentante di NOME COGNOME in quanto lo assisteva nelle questioni della separazione. Ha rigettato l’eccezione di prescrizione, osservando che il giudice di primo grado aveva ritenuto la sospensione della prescrizione tra i coniugi e, poiché le parti erano state sposate fino all’instaurazione del giudizio di primo grado, non vi era ragione per non applicare l’art. 2941 co. 1 n.1 cod. civ. Ha rigettato altresì le critiche dell’appellante all’ordinanza del 10 -10-2017 con la quale il Tribunale aveva chiesto il
deposito della documentazione necessaria ai fini dell’intavolazione sulla base dell’assunto che si trattava di documenti dei quali l’attrice aveva già la disponibilità e non aveva prodotto; ha rilevato che si trattava di documenti la cui carenza era rilevabile in ogni stato e grado del processo, con l’ulteriore conseguenza che la produzione si sottraeva alle preclusioni, e ciò valeva anche per l’attestazione in merito alla conformità allo stato reale del rilievo catastale prodotto; ha aggiunto che l’appella nte non aveva contestato che la descrizione catastale non fosse conforme allo stato reale, tanto che alla pag. 42 dell’atto di citazione aveva dato atto che i documenti catastali prodotti rendevano evidente la modifica interna; di seguito, rispondendo alla deduzione dell’appellante secondo la quale l’appartamento oggetto di trasferimento era stato ampliato di oltre m.8, ha escluso qualsiasi difformità tra l’oggetto del contratto preliminare e quello della sentenza che aveva disposto il trasferimento. Infine ha esaminato le deduzioni dell’appellante in ordine alle spese relative all’immobile , dichiarando che l’istanza di esibizione era generica e relativa a documentazione che l’appellante poteva acquisire di sua iniziativa, per cui esattamente il Tribunale l’aveva rigettata; ha considerato le ‘ripartizioni bilancio consuntivo’, dichiarando che non davano dimostrazione dell’effettivo pagamento e che la clausola 6 del contratto preliminare si riferiva solo alle spese di manutenzione e di gestione condominiale e invece tutti gli altri importi richiesti dall’appellante non vi rientravano; quindi ha confermato la pronuncia di primo grado in ordine alla debenza da parte dell’appellata dell’importo di Euro 5.600,00, specificando che gli interessi spettavano dalla domanda giudiziale, quale data di costituzione in mora, non risultando prova di precedente richiesta.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione asseritamente affidato a tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 13-3-2025 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. solo il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorso presenta in primo luogo profili di inammissibilità per le modalità con le quali è formulato.
A pag. 20 e 21 del ricorso si dichiara che il primo motivo di ricorso è proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5 cod. proc. civ. ‘ in relazione alla violazione del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. in relazione all’art. 187 c.p.c. e in relazione all’art. 115 c.p.c. nonché in relazione alle norme sul contratto preliminare ex art. 2932 c.c., in materia di simulazione ex art. 1414 c.c., con particolare riguardo agli elementi costitutivi del contratto ex art. 1325 c.c. e conseguenti nullità del contratto, di inadempimento delle obbligazioni ex art. 1176 c.c. di causa illecita ex art. 1343 c.c., di violazione ed erronea applicazione dei poteri di ufficio del giudice istruttore; violazione e falsa applicazione degli artt. 214 cpp ex art. 1350 c.c. 1351 c.c. e falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e artt. 1350 c.c., in tema di prova documentale ed esclusione della prova testimoniale ex art. 2721 cc, in violazione delle norme sul disconoscimento di un documento ex art. 215 c.p.c.’. Di seguito il ricorso indica i capi e le pagine della sentenza impugnati, senza altra specificazione finalizzata a porre in correlazione le violazioni sopraindicate di cui a ll’asserito primo motivo e i capi della sentenza impugnati; quindi nuovamente elenca pressoché i medesimi capi della sentenza e le medesime pagine, dichiarando che il secondo motivo è proposto ‘ in relazione alla nullità della sentenza di cui all’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 5’ ‘per contraddittoria e insufficiente motivazione circa i punti decisivi della controversia, contraddittoria ricostruzione del fatto processuale, omissione e insufficiente pronuncia sulla domanda
riconvenzionale di parte COGNOME, omessa motivazione sulla rinuncia alla domanda riconvenzionale di parte Vettori (sull’asserito prestito di Euro 80.000) per violazione dei principi sulla soccombenza). Infine, dichiara che il terzo motivo è intitolato ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 n. 5 per omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione delle parti in relazione all’omessa pronuncia del giudice di prime cure sui seguenti punti”, relativamente alle domande riconvenzionali di parte Vettori, alle istanze istruttorie di parte Volanti e alle domande riconvenzionali di parte Volanti.
Quindi, da pag. 22, sotto la rubrica ‘esposizione dei motivi’, il ricorso dichiara di svolgere le osservazioni ‘in relazione ai tre motivi esposti’ , in sostanza svolgendo una trattazione dei motivi unitaria e priva di linearità, senza numerazione dei motivi, fino a pag. 66, laddove nuovamente trascrive l’intitolazione del terzo motivo e ripropone quanto già dedotto in ordine a questo motivo.
Con questa impostazione, il ricorso non soddisfa i requisiti minimi di chiarezza necessari a rendere intellegibili non solo le violazioni imputate alla sentenza impugnata, ma anche l ‘articolazione logica delle argomentazioni svolte; quindi, si può procedere a esaminare il contenuto delle singole doglianze nei limiti di quanto è consentito comprendere. Infatti, è acquisito che il ricorso per cassazione debba essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente offra una concisa rappresen tazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 cod. proc. civ.; l’inosservanza di tali doveri può condurre a declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione quando pregiudichi l’intellegibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando
i requisiti di contenutoforma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30-11-2021 n. 37552 Rv. 662971-01, Cass. Sez. 3 13-2-2023 n. 4300 Rv. 666743-01).
2.Poste queste premesse, devono essere dichiarati inammissibili tutti e tre i motivi -secondo la numerazione del ricorrente- e tutte le deduzioni laddove asseritamente proposti ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. anche facendo applicazione dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -92012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, in quanto la Corte d’appello ha integralmente rigettat o l’appello avverso la sentenza di primo grado. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-122016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario il ricorrente al più si limita a lamentarsi del fatto che la Corte d’appello non abbia esaminato le sue deduzioni e quindi presuppone l’ine sistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado.
Inoltre, i motivi asseritamente proposti ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. sono inammissibili anche perché non individuano il fatto o i fatti specifici oggetto di discussione tra le parti e che abbiano avuto carattere decisivo, nei termini richiesti da Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01. Per quanto è dato comprendere, nel ricorso in più punti vi sono lamentele relative alla complessiva valutazione in termini sfavorevoli al ricorrente delle risultanze istruttorie (principalmente in ordine alla prova delle spese di cui era stato chiesto
il pagamento in via riconvenzionale, in ordine alla difformità catastale dell’immobile oggetto di trasferimento ex art. 2932 cod. civ. e in ordine alla valutazione della gravità dell’inadempimento della Vettori ); in tal modo il ricorso si risolve in una richiesta di complessiva rivalutazione dei fatti, in quanto tale inammissibile in sede di legittimità.
3.Devono essere dichiarati inammissibili i motivi anche laddove deducono la contraddittoria e insufficiente motivazione in quanto è acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co .2 n. 4 cod. proc. civ. e il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale; tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., soltanto qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01). Nella fattispecie nessuna delle deduzioni del ricorrente è utile a fare emergere una carenza della motivazione della sentenza impugnata tale da renderla mancante o irrimediabilmente contraddittoria, con vizio risultante dalla sentenza senza fare ricorso alle altre risultanze processuali e, al
contrario, la sentenza risulta pienamente coerente e di contenuto tale da consentire di ripercorrere il ragionamento svolto dal giudicante; per di più, come già esposto, gli argomenti del ricorrente neppure individuano fatti decisivi dei quali la Corte d’appello abbia omesso l’esame sulla base di ragioni diverse rispetto a quelle esposte dal Tribunale.
Specificamente, per quanto è dato comprendere, a pag. 35 del ricorso il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione con riguardo all’accoglimento solo parziale della domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice al pagamento della metà delle spese relative all’immobile ; al contrario, la sentenza da pag. 36 a pag. 38 ha esposto in modo coerente e compiuto le ragioni sulle quali ha fondato la conclusione che il rimborso delle spese spettava limitatamente all’importo di Euro 5.600,00 .
A pag. 39 il ricorso lamenta l’omessa motivazione in ordine all’ammissione della domanda ex art. 2932 c.c. come domanda ‘prevalente’ ; al contrario, secondo quanto sarà di seguito esposto, anche nel caso in cui le domande vengano formulate solo in via alternativa, l’accoglimento dell’una domanda rende superflua la disamina dell’altra, per cui si esclude in radice qualsiasi vizio di motivazione, se non in ordine alle ragioni relative all’ accoglimento dell’una domanda .
Da pag. 59 del ricorso si dichiara di impugnare i capi sub. 3.8, 3.9 e 3.10 della motivazione per contraddittorietà, in quanto era pacifico in atti che era stata immediatamente contestata la difformità tra l’oggetto del contratto preliminare e l’oggetto della sentenza ex art. 2932 cod. civ., perché sussisteva la prova delle spese di cui si chiedeva il pagamento, nonché in quanto la sentenza ha riconosciuto gli interessi sugli importi riferiti alle spese dalla domanda dimostrando di ritenere necessaria la costituzione in mora, che invece la medesima sentenza
aveva escluso per l’azione ex art. 2932 cod. civ. Tutte le deduzioni sono inidonee a fare emergere vizio della motivazione rilevante in sede di legittimità e sono piuttosto finalizzate a indirizzare alla sentenza impugnata critiche in forma libera, e perciò inammissibili prima che prive di fondamento, in quanto con riguardo a tutti gli aspetti oggetto di doglianza la sentenza ha esposto le ragioni della decisione in termini tali da consentire di comprendere il ragionamento svolto: come già evidenziato, la sentenza ha esposto da pag. 36 a pag. 38 le ragioni per le quali le spese relative all’immobile sono state riconosciute solo in parte e, inoltre, alle pagg. 34 e 35 ha preso in esame sia la questione della conformità della descrizione catastale dell’immobile alla situazione reale, sia la questione della sostanziale identità del bene oggetto del contratto preliminare e della sentenza ex art. 2932 cod. civ. e ha spiegato che la costituzione in mora era necessaria al fine della decorrenza degli interessi moratori.
Infine (a pag. 66) il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sul riparto delle spese di lite, in quanto eseguita soltanto invocando il principio di soccombenza, senza motivazione ‘in relazione al rigetto delle doglianze espresse in sede di appello e qui integralmente ripropos te’. E’ evidente che neppure in questo punto il ricorrente riesce a individuare un vizio di motivazione rilevante in sede di legittimità, perché il richiamo all’applicazione del principio della soccombenza è esaustivo al fine di confermare la statuizione sul riparto delle spese di lite eseguita dal giudice di primo grado. Se invece il ricorrente avesse inteso fare riferimento al fatto che aveva proposto motivo di appello con il quale aveva sollevato ulteriori censure sul riparto delle spese di lite di primo grado, si rimane al di fuori dell’ambito del vizio di omessa motivazione; il ricorrente avrebbe dovuto, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366 e 369 cod. proc., dedurre quale specifico contenuto
avesse avuto il suo motivo di appello e proporre motivo di ricorso volto a censurare l’omessa pronuncia su quel motivo.
4.Procedendo quindi alla disamina degli argomenti del ricorrente nei limiti in cui le modalità di redazione del ricorso ne consentono la comprensione e nei limiti in cui le doglianze appaiano sussumibili in vizi di violazione di legge, si considera che in primo luogo (da pag. 23 a pag. 27 del ricorso) il ricorrente rileva che le domande di controparte erano due, l’una ex art. 2932 cod. civ. e l’altra formulata con richiesta di sentenza dichiarativa del già avvenuto trasferimento di proprietà; lamenta che non siano state vagliate le eccezioni preliminari del convenuto in relazione all’impossibilità della coesistenza dell’accertamento di due vol ontà negoziali opposte ed elidenti e sostiene che il giudice di primo grado avrebbe dovuto affrontare d’ufficio la questione della nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto e di seguito avrebbe dovuto motivare la propria scelta di ritenere prevalente la domanda ex art. 2932 cod. civ. Aggiunge che il giudice di primo grado è giunto a conclusione contraddittoria e in violazione del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, in totale assenza di prove nonché richiamando a sostegno del suo convincimento un precedente non afferente al caso; lamenta che dal primo fatale errore, a cascata, il giudice di primo grado sia caduto in errore nell’affrontare le questioni successive.
Di seguito, da pag. 39 a pag.43, il ricorso esamina le medesime questioni sostenendo che la sentenza della Corte d’appello sia erronea laddove ha rigettato il motivo d’appello sul punto, aggiungendo che le due domande erano diverse e fondate su una identica esposizione in fatto e in diritto e che la pronuncia, come quella di primo grado, sia avvenuta in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
4.1.Le deduzioni sono evidentemente inammissibili in quanto rivolte alle sentenze di primo grado, perché il ricorso per cassazione ha a oggetto soltanto la sentenza emessa dalla Corte d’appello.
Invece, le critiche rivolte alla sentenza impugnata sono inammissibili perché si limitano a riproporre gli argomenti che al punto 3.1. della sentenza sono stati analiticamente esaminati e confutati, senza esporre alcun argomento di critica utile a fare emergere un qualche errore nella pronuncia. Infatti, già la sentenza impugnata ha evidenziato che la domanda di accertamento della natura simulata del contratto di compravendita era stata qualificata come subordinata rispetto alla domanda proposta come principale ex art. 2932 cod. civ. e che l’accoglimento della domanda principale escludeva il vizio di omessa pronuncia per non avere esaminato la domanda subordinata, escludendo altresì qualsiasi indeterminatezza della domanda. Nessuna delle deduzioni del ricorrente è utile a fare emergere un errore nell’interpretazione della domanda, attività spettante al giudice di merito; piuttosto gli argomenti appaiono rivolti a sostenere una sorta di incompatibilità tra le due domande, che le rendeva indeterminate. Al contrario, una indeterminatezza della domanda proposta ex art. 2932 cod. civ. non appare neppure in astratto configurabile, in quanto la domanda è stata fondata sul contratto preliminare di data 30-111995 prodotto in giudizio. Né è dubitabile la proponibilità nello stesso processo di domande alternative o subordinate tra loro incompatibili, ponendosi soltanto questioni in ordine alle modalità della devoluzione al giudice dell’impugnazione della domanda incompatibile non accolta (cfr., per tutte, Cass. Sez. 1 14-12-2022 n. 36572 Rv. 666258-01, Cass. Sez. 2 9-10-2017 n. 23531 Rv. 645738-01).
5.Di seguito (da pag. 27 a pag.34 del ricorso e poi pagg.43-44) il ricorrente lamenta che la sentenza della Corte d’appello abbia ritenuto nuova la contestazione della parte Volanti sulla pretesa alterazione
materiale della scrittura, in quanto tale contestazione era stata sollevata immediatamente, all’udienza del 29 -5-2014 nella quale era stato depositato il preteso originale del contratto preliminare datato 30-11-1995; sostiene che la mera precisazione che non era disconosciuta la firma apposta sul documento non aveva fatto venire meno il disconoscimento della scrittura privata, che era stato eseguito ed era stato compreso dalla controparte, tanto che la controparte aveva chiesto la verificazione della scrittura privata. Quindi sostiene che il giudice di primo grado avrebbe dovuto considerare che ai sensi dell’art. 216 cod. proc. civ. il disconoscimento non è vincolato al rispetto di determinati requisiti formali e avrebbe dovuto considerare l’effetto della rinuncia all’ istanza di verificazione; aggiunge che dall’errore commesso sia derivato, a cascata, l’errore della pronuncia laddove ha ritenuto che la scrittura conteneva anche quietanza di pagamento e aveva valore di confessione stragiudiziale, in quanto la scrittura privata disconosciuta non poteva essere prova della quietanza e la pagina alla quale è stato attribuito valore di confessione stragiudiziale non era sottoscritta.
5.1.Gli argomenti sono inammissibili nella parte in cui cercano di sostenere che la scrittura privata era stata disconosciuta. La sentenza impugnata ha espressamente dichiarato (pag.22) che all’udienza in cui era stata depositata la scrittura privata il difensore del convenuto aveva dichiarato che lo stesso contestava il contenuto della prima pagina del contratto e non disconosceva la sua firma apposta solo sulla seconda pagina; a fronte di questa dichiarazione di contenuto inequivocabile, che non risulta n eppure l’appellante avesse cercato di interpretare diversamente, non si vede come il giudice di secondo grado potesse ritenere la scrittura disconosciuta.
Per il resto, le deduzioni del ricorrente non hanno alcun pregio perché, in via assorbente rispetto a ogni ulteriore questione, basta
osservare che la sentenza impugnata ha accertato che, seppure la sottoscrizione era apposta sull a seconda pagina dell’unico foglio della scrittura privata, la scrittura privata era un documento unico, nel senso che conteneva la volontà contrattuale delle parti con riguardo alla questione della promessa di acquisto dell’immobile indicato nella scrittura. A fronte di questo accertamento in fatto, non attinto in modo ammissibile dagli argomenti del ricorrente, deve essere data continuità al principio -già richiamato dalla sentenza impugnata- secondo il quale, in ipotesi di dichiarazione sottoscritta, pur se contenuta in più fogli dei quali solo l’ultimo firmato, poiché la sottoscrizione, ai sensi dell’art. 2702 cod. civ, si riferisce all’intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, la scrittura deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, rimanendo irrilevante la mancata firma dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l’intero contenuto della scrittura faccia sta to nei confronti del sottoscrittore, quest’ultimo ha l’onere di proporre querela di falso (Cass. Sez. 2 19 -3-2019 n. 7681 Rv. 653154-01, Cass. Sez. 2 1-3-2007 n. 4886 Rv. 595387-01, Cass. Sez. L 16-9-1995 n. 9820 Rv. 494054-01, Cass. Sez. 2 15-6-1988 n. 4093 Rv. 459192-01).
6.A pag. 33-34 del ricorso si lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto raggiunta la prova del pagamento, perché la dichiarazione contenuta nella prima parte della scrittura -in quanto disconosciuta- non poteva avere valore di confessione stragiudiziale e in ogni caso la prova testimoniale eccedeva il valore previsto per la sua ammissibilità.
6.1.Dalle ragioni esposte al punto 5.1 consegue l’inammissibilità anche di tali deduzioni, perché la sentenza impugnata, interpretando il contenuto della scrittura privata in termini che rimangono estranei alle deduzioni svolte, ha accertato che la stessa conteneva riconoscimento da parte del promittente venditore dell’avvenuto pagamento della sua
quota di prezzo da parte della promissaria acquirente, avente il valore di confessione stragiudiziale; l’affermazione del ricorrente secondo la quale la confessione stragiudiziale era nella parte della scrittura disconosciuta non si confronta con il principio, già esposto nella sentenza impugnata, secondo il quale la sottoscrizione apposta alla fine della scrittura si riferisce all’intera dichiarazione contenuta in più fogli e quindi avrebbe dovuto essere oggetto di querela di falso. Inoltre, sono inconferenti i riferimenti ai limiti di ammissibilità della testimonianza, in quanto la sentenza impugnata non contiene alcun riferimento alla prova del pagamento data per testimoni.
7.Quindi (da pag. 35 a pag.39) il ricorso lamenta che la Corte d’appello abbia rigettato il suo motivo di appello con il quale aveva eccepito la violazione del contraddittorio e di conseguenza la nullità della sentenza di primo grado per il fatto che l’attrice aveva ritirato il proprio fascicolo di parte in data 11-6-2014 e lo aveva di nuovo depositato il 14-9-2017, per cui il giudice aveva deciso sulle istanze istruttorie e sulla fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni senza il fascicolo di parte, indispensabile per garantire conoscenza degli atti di causa.
7.1.In via assorbente rispetto a ogni altra considerazione, le deduzioni sono manifestamente infondate. E’ già stato enunciato il principio secondo il quale, nel caso in cui una parte abbia ritualmente ritirato il proprio fascicolo, senza che poi il fascicolo stesso risulti depositato o reperibile al momento della decisione, il giudice ha il dovere di decidere la controversia allo stato degli atti (Cass. 6-3 26-12022 n. 2264 Rv. 663863-01, Cass. Sez. 1 25-5-2015 n. 10741 Rv. 635578-01). Nessuno degli argomenti del ricorrente è utile a ritenere che lo stesso principio non possa applicarsi in corso di causa, così da inficiare per nullità le ordinanze su ll’ammissione delle istanze istruttorie e su lla fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni emesse
senza la disponibilità del fascicolo di parte, ritirato in forza di autorizzazione del giudice istruttore. Diversamente, il ricorrente lamenta genericamente una violazione del principio del contraddittorio senza neppure esplicitare in quali termini la violazione si sia risolta a suo danno, nonostante il fascicolo mancante fosse quello della controparte.
8.Da pag. 45 a pag. 47 il ricorso lamenta che sia stata rigettata l’eccezione di nullità del contratto preliminare di compravendita per illiceità della causa; sostiene che l’indirizzo più recente della giurisprudenza di legittimità consenta di ritenere l’illiceità della causa e perciò la nullità del contratto, in quanto caratterizzato dalla consapevole divergenza tra la sua causa tipica e la determinazione causale delle parti, indirizzata all’elusione di norme imperative, con il fine non solo di non pagare l’iva ma anche le imposte di registro.
8.1.Le deduzioni sono manifestamente infondate in quanto, al fine di sostenere la nullità del contratto per la violazione delle disposizioni fiscali il ricorrente richiama un indirizzo formatosi in tema di mutuo fondiario non rispettoso del limite di finanziabilità ex art. 38 co.2 d.lgs. 385/1993. Tale indirizzo, oltre a non attagliarsi alla fattispecie, è stato definitivamente superato da Cass. Sez. U 16-11-2022 n. 33719 (Rv. 666194-01), che ha statuito nel senso che il limite di finanziabilità non è elemento essenziale del contratto, non essendo l a norma dell’ art. 38 co. 2 d.lgs. 385/1993 determinativa del contenuto del contratto, né posta a presidio della validità del negozio, ma solo elemento specificativo o integrativo dell’oggetto contrattuale , la cui violazione è insuscettibile di determinare la nullità del contratto. Nella fattispecie il ricorrente si limita a sostenere che con il contenuto del contratto preliminare le parti tendessero a eludere l’applicazione delle disposizioni fiscali relative al pagament o dell’iva e dell’imposta di registro; a fronte di questa tesi, esattamente la sentenza impugnata
ha escluso la configurabilità della nullità lamentata, in quanto è acquisito il principio che le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette a eludere, in tutto o in parte, la normativa fiscale, non implicano di per sé la nullità del contratto, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni (Cass. Sez. 2 28-2-2007 n. 4785 Rv. 596267-01, Cass. Sez. 3 22-7-2004 n. 13621 Rv. 574784-01, Cass. Sez. 3 5-11-1999 n. 12327 Rv. 530914-01).
9.Di seguito (pagg.47-48) il ricorso lamenta che la sentenza impugnata, sulla scorta dell’errata ritenuta prevalenza della domanda ex art. 2932 cod. civ. rispetto alla domanda di simulazione, abbia rigettato il motivo di appello con il quale l’appellante aveva fatto valere il dato che il contratto simulato di cui al preliminare non era nella forma notarile e quindi difettava della forma richiesta per il contratto dissimulato avente a oggetto un diritto reale, che richiedeva la forma notarile.
9.1.Le deduzioni sono evidentemente inammissibili, in quanto riferite alla domanda -subordinata o alternativa non rileva, per le ragioni già esposte- di simulazione, esattamente non esaminata a fronte dell’accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ.
10.Quindi (da pag. 49 a pag. 51) il ricorso lamenta che la sentenza impugnata non abbia accolto le doglianze dell’appellante in ordine al fatto che non era stato validamente richiesto dall’attrice l’adempimento del contratto preliminare prima dell’instaurazione della causa; a fronte del fatto che la sentenza impugnata ha valorizzato che la richiesta di adempimento era stata rivolta all’avvocato che difendeva il ma rito nelle questioni relative alla separazione dei coniugi e che abbia dichiarato pacifici i relativi fatti, il ricorso sostiene sia avvenuta la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 2729 cod. civ.
10.1.Le deduzioni sono evidentemente inammissibili perché, come già esattamente evidenziato dalla sentenza impugnata, la diffida
stragiudiziale ad adempiere al contratto preliminare non era condizione dell’azione ex art. 2932 cod. civ. e perciò non era necessaria al fine dell’esercizio dell’azione in giudizio. La circostanza che di seguito la sentenza abbia anche esaminato le modalità con le quali era avvenuta la diffida stragiudiziale e il ricorrente censuri tale accertamento non vale a superare la precedente affermazione in ordine al fatto che la diffida stragiudiziale non era necessaria; tale affermazione, corretta (cfr. Cass. Sez. 2 13-5-2011 n. 10687 Rv. 618129-01) e non censurata, risulta sufficiente a costituire il fondamento della decisione sul punto.
11.Di seguito (da pag. 51 a pag. 53) il ricorso lamenta che la sentenza impugnata abbia rigettato l’eccezione di prescrizione dei diritti nascenti dal preliminare di compravendita; sostiene che il ragionamento del giudice d’appello sia stato contraddittorio, perché da un lato ha dimostrato di ritenere che la sospensione della prescrizione tra i coniugi sussista solo nel caso in cui vi sia un motivo di non agire nel corso del rapporto matrimoniale per timore di ripercussioni e dall’altro ha affermato che il convenuto non aveva capitolato nulla in merito alle ragioni che avrebbero impedito di agire in costanza di matrimonio, così escludendo che vi fossero ragioni che giustificassero l’inerzia della moglie e ritenendo fondata la tesi dell’appellante sull’intervenuta prescrizione.
11.1.Il motivo è manifestamente infondato, in quanto la sentenza ha rigettato l’appello sulla prescrizione dell’azione esclusivamente in base al rilievo che la prescrizione tra i coniugi era sospesa ex art. 2941 co.1 n. 1 cod. civ. e i coniugi si erano separati solo in prossimità dell’instaurazione della causa . La pronuncia è corretta, perché l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità si è consolidato nel senso che la prescrizione tra i coniugi non è sospesa durante la separazione personale, e perciò inizia a decorrere da quando il presidente autorizza
i coniugi a vivere separati o dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione personale; ciò, sulla base del rilievo che da quel momento non è configurabile alcuna riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare che costituisce la ratio della causa di sospensione de qua, e ssendo ormai conclamata la crisi della coppia con l’esperimento dell’azione di separazione personale ed essendo cessata la convivenza (Cass. Sez. 1 2-11-2022 n. 32212 Rv. 666444-01, Cass. Sez. 3 4-10-2018 n. 24160 Rv. 651128-02, Cass. Sez. 1 4-4-2014 n. 7981 Rv. 630120-01).
12.Quindi (da pag. 53 a pag. 58) il ricorso lamenta che la sentenza impugnata, pur riconoscendo che la parte COGNOME non aveva mai dichiarato l’anno della concessione edilizia, abbia poi sopperito a tale carenza con la produzione del documento sub d) delle note 28-112017, che non era una dichiarazione di notorietà relativa alla concessione edilizia, ma era una visura planimetrica; aggiunge che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la difesa COGNOME aveva dedotto che i documenti catastali rendevano evidente la modifica interna dell’appartamento.
12.1.Tutte le deduzioni volte in sostanza a sostenere che i documenti prodotti a seguito della rimessione della causa in istruttoria non fossero idonei, per il loro contenuto, a sostenere la pronuncia ex art. 2932 cod. civ. sono inammissibili; ciò in quanto l’accertamento in fatto eseguito sul punto dalla Corte d’appello avrebbe potuto essere censurato esclusivamente attraverso la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. del quale, secondo quanto già sopra esposto, nel ricorso non sono enucleabili i requisiti di ammissibilità.
In ordine alla tesi della tardività della produzione dei documenti, che pure traspare dalle deduzioni del ricorrente, gli argomenti non hanno pregio. Già la sentenza impugnata ha esattamente richiamato l’indirizzo secondo il quale, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo
di concludere un contratto di compravendita di immobile, la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio ex art. 40 legge 47/1985 attestante che l’opera è stata realizzata prima del 2-9-1967, il certificato di destinazione urbanistica e la conformità catastale oggettiva di cui all’art. 29 co.1 -bis legge 52/1985 costituiscono una condizione dell’azione e non un presupposto della domanda, perciò possono intervenire anche in corso di causa, purché prima della decisione e la relativa allegazione e produzione sono sottratte alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione (Cass. Sez. 2 7-3-2019 n. 6684 Rv. 652937-01 relativamente alla dichiarazione ex art. 40 legge 47/1985, Cass. Sez. 2 14-6-2019 n. 16068 Rv. 654230-01 relativamente al certificato di destinazione urbanistica e Cass. Sez. 2 29-9-2020 n. 20526 Rv. 659199-01 relativamente alla conformità catastale oggettiva).
13.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co .1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.600,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione