Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11799 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11799 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17207/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura allegata al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del l’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE ;
-intimata-
per la cassazione della sentenza n. 2950/2021 del di VENEZIA, depositata il 17 gennaio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
la CORTE d’APPELLO l’11
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi ‘HT’) conduceva in locazione un complesso immobiliare (formato da magazzini, uffici, vasca, area traffico intermodale, area di parcheggio) di proprietà di RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi ‘IM’) , società partecipata dall’ente autonomo in liquidazione RAGIONE_SOCIALE, ente pariteticamente controllato dalla Camera di Commercio, dal Comune e dalla Provincia di Verona; la scadenza della locazione era fissata al 31 gennaio 2019 e il contratto attribuiva alla conduttrice il diritto di prelazione in caso di nuova locazione;
In data 5 ottobre 2018, IM pubblicò sulla Gazzetta Ufficiale un avviso pubblico di invito a manifestazione di interesse alla locazione del complesso immobiliare per la durata di 12 anni con le condizioni base della locazione; il Punto 9 di questo bando prevedeva che l’interesse avrebbe dovuto essere manifestato entro il 25 ottobre 2018; l’offerta irrevocabile migliorativa delle condizioni base della locazione avrebbe dovuto essere formulata entro il 15 novembre 2018; la conduttrice attuale aveva diritto di esercitare la prelazione in caso di offerta migliorativa da parte di terzi; non sarebbero stati possibili ulteriori rilanci se la conduttrice attuale avesse esercitato il diritto di prelazione ‘pareggiando’ l’offer ta; tuttavia, la procedura avrebbe potuto essere
sospesa, revocata o annullata da IM senza diritto dei terzi ad eventuali rimborsi o risarcimenti;
il 31 ottobre 2018, HT e IM stipularono un contratto preliminare di nuova locazio a cui apposero una « condizione sospensiva » con clausola (la clausola n.8) del seguente tenore: « le parti prendono reciprocamente atto che, poiché il locatore è soggetto partecipato da pubbliche amministrazioni, il presente accordo preliminare potrà tradursi nel contratto di locazione definitivo solo una volta esperita la procedura ad evidenza pubblica volta a rendere noti ad eventuali terzi soggetti potenzialmente interessati alla locazione del compendio i termini di massima dell’accordo preliminare della locazione »; la clausola prevedeva altresì che « È fatto in ogni caso salvo il diritto di HT ad esercitare la prelazione in caso di offerta migliorativa da parte di soggetti interessati »;
il 5 novembre 2018, dopo la scadenza del termine per la manifestazione di interesse, ma prima della scadenza di quello per la presentazione delle offerte migliorative delle condizioni base della locazione, IM informò via PEC sia coloro che avevano manifestato l’interesse sia l’attuale conduttrice che il Punto 9 del bando era stato modificato nel senso che, ove la conduttrice attuale, esercitando il diritto di prelazione, entro il termine del 27 novembre 2018, avesse ‘pareggiato’ l’offerta migliorativa del terzo, quest’ultimo avrebbe potuto formulare un’ulteriore offerta migliorativa delle s ole condizioni economiche del contratto, entro il giorno 5 dicembre 2018; restava comunque fermo il diritto di prelazione di HT, da esercitarsi ‘pareggiando’ la seconda offerta migliorativa entro il giorno 12 dicembre 2018;
nel termine previsto, la società RAGIONE_SOCIALE formulò l’offerta migliorativa (di 200.000 Euro annui) delle condizioni base della locazione; ricevuta la comunicazione di tale offerta, HT, in data 26 novembre 2018, esercitò il diritto di prelazione, formulando la propria offerta alle medesime condizioni; in pari data formulò l’invito ad IM a stipulare il contratto definitivo, essendosi verificata la condizione sospensiva dell’efficacia del preliminare;
HT, inoltre, impugnò l’atto di modifica del Punto 9 del bando dinanzi al TAR Veneto (il cui Presidente sospese il provvedimento impugnato e il procedimento di gara sino alla camera di consiglio del 9 gennaio 2019) e, con citazione del 30 novembre 2018, convenne in giudizio IM dinanzi al Tribunale di Verona, chiedendo, da un lato, che fosse accertata l’avvenuta conclusione del contratto definitivo alle condizioni di cui al contratto preliminare del 31 ottobre 2018 e, dall’altro, che fosse emessa sentenza ex art.2932 cod. civ. sostitutiva di tale contratto;
con sentenza del 23 gennaio 2019, il TAR Veneto dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nei confronti del giudice ordinario, sul presupposto che IM non poteva « includersi tra i soggetti tenuti al rispetto delle procedure di evidenza pubblica, né tra i soggetti autoritativi o che, comunque, pongono in essere procedimenti amministrativi al fine di locare un proprio immobile »;
ripresa la procedura ad evidenza pubblica dopo la sospensione, entro il termine concesso del 4 febbraio 2019, RAGIONE_SOCIALE formulò l’ulteriore offerta migliorativa, proponendo un canone annuo di oltre 1.000.000 Euro;
invitata da IM ad esercitare la prelazione entro l’11 febbraio 2019, HT dichiarò che tale diritto era già stato validamente ed
efficacemente esercitato ed invitò IM alla stipula del contratto definitivo;
con nota del 21 febbraio 2019, IM, constatato il mancato esercizio della prelazione, intimò a HT il rilascio dell’immobile;
indi, costituendosi nel giudizio dinanzi al Tribunale di Verona, non solo resisté alle domande proposte nei suoi confronti da HT ma domandò altresì, in via riconvenzionale, il rilascio del complesso immobiliare , il pagamento dell’indennità per l’ illegittima occupazione dopo il 31 gennaio 2019 (termine di scadenza del vecchio contratto) e il risarcimento degli ulteriori danni;
Con sentenza del 1° dicembre 2020 il Tribunale rigettò le domande principali di HT e accolse parzialmente quelle riconvenzionali di IM, condannando l’ex conduttrice al rilascio dei beni e a pagare all’ ex locatrice la differenza tra l’ammontare effettivamente corrisposto sino al rilascio e quello dei canoni offerti sino a tale data da RAGIONE_SOCIALE con la proposta del 4 febbraio 2019;
con sentenza 17 gennaio 2022, n. 2950, La Corte d’ appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da HT;
quest’ultima propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi; risponde IM con controricorso;
la trattazione del ricorso , già fissata per l’adunanza camerale del 10 dicembre 2024 (in vista della quale entrambe le parti avevano depositato memoria), è stata, previo rinvio a nuovo ruolo, effettuata all’odierna adunanza ;
il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Considerato che:
1.1. c on il primo motivo viene denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1374 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360
comma 1 n. 3 c.p.c., nonché vizio di motivazione, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. ‘;
1.2. Con il secondo motivo viene denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1353, 1355, 1358 e 1359 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., nonché vizio di motivazione, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. ‘ ;
con questi motivi -che vanno illustrati ed esaminati congiuntamente per ragioni di connessione -la ricorrente censura la sentenza impugnata sotto tre diversi profili:
anzitutto, per aver ritenuto che l’efficacia del contratto preliminare fosse subordinata alla condizione sospensiva dell’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica e non di quella specifica procedura quale prevista dal bando del 5 ottobre 2018, da svolgersi alle condizioni e con le modalità ivi stabilite; sostiene che nel preliminare si sarebbe fatto riferimento alla « gara ad evidenza pubblica in corso » (da svolgersi con le modalità e condizioni stabilite al momento della stipulazione del preliminare) e non « ad un bando genericamente inteso »; soggiunge che l’ erroneo risultato interpretativo della volontà contrattuale avrebbe potuto essere evitato dal giudice del merito facendo applicazione del canone di integrazione del contratto in base alla legge, agli usi e all ‘equità ( di cui la Corte territoriale avrebbe indebitamente escluso l’ applicazione) e del criterio che ne impone l’esecuzione in buona fede ;
in secondo luogo, per aver ritenuto che il diritto riconosciuto a RAGIONE_SOCIALE nel contratto preliminare si esauriva nella facoltà
(pienamente garantita) di esercitare la prelazione in caso di offerta migliorativa; sostiene che nel contratto preliminare si sarebbe parlato di un « solo rilancio », come previsto dalle « condizioni della gara che era in corso al momento del preliminare »;
in terzo luogo, per avere violato le norme codicistiche in tema di condizione del contratto, con particolare riferimento agli artt. 1355 cod. civ. (che vieta le condizioni meramente potestative) e 1358 cod. civ. ( sull’obbligo della parte di comportarsi secondo buona fede in pendenza della condizione);
le censure sono in parte inammissibili, in parte infondate;
2.1. sono infondate quelle dirette a denunciare -tra l’altro, con erroneo riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. , anziché all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. il vizio di motivazione;
la Corte di merito, interpretando il contratto preliminare, ha reputato che la sua efficacia obbligatoria (ovverosia, l’effetto di obbligare le parti alla stipulazione del contratto definitivo) fosse subordinata all’evento futuro ed incerto costituito dall’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica diretta a rendere noti ai terzi potenzialmente interessati alla locazione del complesso immobiliare i temini di massima del preliminare medesimo;
a conforto di tale interpretazione la Corte d’appello ha posto sia argomenti fondati sul dato letterale del testo contrattuale, sia argomenti diretti a ricercare la volontà dei contraenti nell’ambito di una interpretazione sistematica del negozio giuridico, in piena conformità ai canoni di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ.;
sotto il primo profilo ha osservato, in primo luogo, che nel contratto preliminare non vi era « alcun riferimento al bando di gara, né alle modalità della gara stessa, ma soltanto il riconoscimento alla conduttrice del diritto di esercitare la prelazione in caso di offerta migliorativa, diritto pienamente garantito » (pag.9 della sentenza impugnata); in secondo luogo, più analiticamente , che l’art. 8, contenente la clausola appositiva della condizione, « prevedeva soltanto che il preliminare si sarebbe tradotto nel definitivo solo una volta conclusa la procedura ad evidenza pubblica, senza che fosse previsto alcun vincolo in capo ad RAGIONE_SOCIALE circa le modalità di svolgimento della gara » (pag.11); in terzo luogo, che « nel contratto preliminare non era esclusa la possibilità di rilancio da parte dei terzi interessati » e che tale esclusione non poteva desumersi dal fatto che nel negozio « si indicava il termine offerta al singolare in quanto è chiaro che l’offerta migliorativa è singola ma non significa che sia unica »;
sotto il secondo profilo, ha richiamato le finalità della procedura (peraltro, non vincolante per IM, società di diritto privato non soggetta alle regole sull’evidenza pubblica), evidenziando che essa era « finalizzata a rendere noti ai terzi interessati alla locazione del compendio i termini dell’ accordo preliminare, per permettere agli stessi di manifestare l’intenzione e le condizioni offerte …, non a garanzia e tutela di un diritto della conduttrice »;
avuto riguardo alla illustrata motivazione della sentenza impugnata -evidentemente non condivisa nel merito dalla società ricorrente ma, nondimeno, esistente, coerente e perspicua -è agevole rilevare che non sussiste alcuna delle gravi lacune (totale mancanza, mera apparenza, irriducibile contraddittorietà, perplessità ed obiettiva incomprensibilità , tra l’altro, necessariamente emergenti dal testo della
sentenza e non desumibili, aliunde , dal confronto con gli altri atti o documenti processuali) che sole consentono, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., il sindacato di legittimità della motivazione della sentenza di merito (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; tra le successive conformi v., ex multis , Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 03/03/2022, n. 7090);
2.2. le censure articolate con i motivi di ricorso sono, invece, inammissibili nella parte in cui criticano l ‘ interpretazione del contratto preliminare effettuata dalla Corte d’appello, la quale, traducendosi in un ‘ operazione di ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti, costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità sulla base di una mera critica del risultato esegetico e della contrapposizione ad esso di una differente interpretazione, nel quadro delle diverse, plausibili, opzioni ermeneutiche (Cass. 02/05/2006, n. 10131; Cass.20/11/2009, n. 24539; Cass. 15/11/2017, n. 27136; Cass. 28/11/2017, n. 28319);
non può, in proposito, non rilevarsi, del resto, che nel caso in esame, mentre la plausibilità dell’interpretazione del contratto preliminare data dalla Corte d’appello trova fondamento sia nella sua fedeltà al dato letterale del testo contrattuale sia nella sua integrazione con gli altri canoni ermeneutici idonei a dare rilievo alla ‘ ragione pratica ‘ del contratto, in conformità agli interessi che le parti medesime avevano inteso tutelare mediante la stipulazione, invece l’interpretazione alternativa, ad essa più favorevole, inammissibilmente contrapposta dalla società ricorrente a quella fornita dal giudice di merito, nel sostenere che il contratto preliminare avrebbe fatto riferimento alla « gara ad evidenza pubblica in corso » e
ad un « solo rilancio », si pone, ex se , in una dimensione di difficile plausibilità, posto che la clausola n.8 del contratto non conteneva alcun riferimento al bando del 5 ottobre 2018 e alle condizioni e modalità di svolgimento della gara in esso previste, né limitava la facoltà dei terzi offerenti di effettuare più rilanci, prevedendo soltanto che HT avrebbe potuto esercitare la prelazione in caso di offerta migliorativa;
d ‘altra parte, una volta escluso che l’avviso pubblico fosse di per sé vincolante per IM (società di diritto privato non soggetta alle regole sull’evidenza pubblica) , ritenere che dal contratto preliminare discendesse l’obbligo per I M stessa di stipulare il definitivo di locazione non ostante una successiva offerta migliorativa da parte del terzo, postulerebbe che allo stesso le parti non avessero attribuito la mera efficacia obbligatoria, propria di un contratto preliminare, nell’ occasione procrastinata all’esito della procedura pubblica, bensì l’ effetto di trasformare il diritto di prelazione già riconosciuto ad HT dal precedente contratto di locazione in un diritto potestativo di opzione ;
2.3. infondate, infine, sono le censure per violazione delle norme codicistiche sulla condizione del contratto;
non è violato l ‘ art. 1355 cod. civ., perché non si versa in ipotesi di condizione meramente potestativa, dal momento che la condizione sospensiva dell’efficacia del contratto preliminare era individuabile non già dall’evento certo , costituito dall’esperimento della procedura di evidenza pubblica, bensì dall’evento incerto costituito dalla circostanza ‘mista’, integrata dal contegno del terzo diretto ad esercitare o meno la facoltà di proporre offerte migliorative -e da quello di HT, diretto ad esercitare o meno, in base a tale contegno, il diritto di prelazione, previo pareggiamento dell’offerta;
neppure è violato l’art. 135 8 cod. civ., atteso che la modifica del Punto 9 del bando, operato con la comunicazione del 5 novembre 2018, nel prevedere la possibilità di successivi rilanci in capo ai terzi interessati, non incideva sull’ unico diritto (quello di prelazione) spettante a HT prima della nascita delle reciproche obbligazioni che sarebbero sorte dal preliminare all’esito del verificarsi della condizione; al riguardo, giova ricordare che con il patto di prelazione il promittente si obbliga a dare al promissario la preferenza rispetto ad altri, a parità di condizioni, non a rifiutare offerte migliorative di terzi;
pertanto, poiché, nella fattispecie , anche all’esito del secondo rilancio di RAGIONE_SOCIALE IM aveva garantito la tutela del diritto attribuito alla prelazionaria, invitandola a ‘pareggiare’ l’offerta proveniente dal terzo, nessun comportamento contrario a buona fede può essere imputato alla società controricorrente;
in definitiva, il ricorso va complessivamente rigettato;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rimborsare alle amministrazioni controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della società ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione