Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6822 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32609/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 794/2018, depositata il 5/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha citato in giudizio RAGIONE_SOCIALE, chiedendo di dichiarare la risoluzione del contratto concluso tra le parti in data 19 luglio 1999 e avente ad oggetto la vendita di un appartamento in Grosseto e di condannare la convenuta al risarcimento dei danni, deducendo che la società convenuta aveva consapevolmente taciuto che il terreno su cui sarebbe stato costruito l’appartamento non era di sua proprietà e a distanza di anni non si era attivata per adempiere all’obbligo assunto. La convenuta si è costituita, chiedendo di rigettare le domande dell’attrice e deducendo che il documento sottoscritto nel 1999 era una semplice e generica intesa a contrarre, sottoposta alla condizione sospensiva del rilascio della concessione edilizia. Il Tribunale di Grossetto, con sentenza n. 698/2010, ha dichiarato la risoluzione del contratto, ma ha respinto la domanda di risarcimento dei danni, avendo ravvisato nel comportamento dell’attrice una violazione sia dell’obbligo di diligenza che di buona fede e correttezza, risultando che COGNOME fosse a conoscenza dell’ineseguibilità del contratto preliminare sin dal 2002/2003 e avesse anzi trattato l’acquisto di un altro immobile dalla medesima società.
La sentenza è stata impugnata in via principale da COGNOME. Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, che ha proposto appello incidentale, anzitutto sottolineando come alla scrittura del 1999 non potesse riconoscersi valore di contratto preliminare, ma solo di puntuazione non vincolante. La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 794/2018, ha ritenuto superati i motivi dell’appello principale in ragione dell’accoglimento del prioritario argomento di cui all’appello incidentale. Ad avviso della Corte d’appello la scrittura del 1999, con la quale COGNOME proponeva unilateralmente alla società
RAGIONE_SOCIALE l’acquisto dell’appartamento, proposta accettata da RAGIONE_SOCIALE, non integra un contratto preliminare di vendita; dall’analisi della scrittura prodotta si evince, secondo la Corte, che le parti avevano inteso tracciare un accordo di massima circa la vendita dell’appartamento, da realizzarsi da parte di RAGIONE_SOCIALE, stabilendo alcuni punti, e che la parte che aveva proposto l’acquisto si obbligava a mantenere ferma la proposta fino alla stipula del contratto preliminare, che doveva concludersi una volta avvenuto il ritiro della concessione edilizia; tale accordo non contempla, ha concluso la Corte, ‘neanche lontanamente un obbligo reciproco delle parti a concludere un contrato definitivo e neppure esso si configura come un preliminare di preliminare’.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1326, 1418 e 1470 c.c.: nella scrittura privata del 1999 la ricorrente si era espressamente obbligata ad acquistare un’unità immobiliare ben definita e descritta per il prezzo di lire 145 milioni, parimenti RAGIONE_SOCIALE con l’espressa accettazione della proposta si era obbligata a vendere il suddetto bene; l’accordo negoziale concluso presentava quindi una causa tipica e riconducibile a un contratto vero e proprio avente natura di preliminare e suscettibile di essere eseguito ai sensi dell’art. 2932 c.c. e non a una semplice minuta o puntuazione.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1326 e 1470 c.c.: secondo la Corte d’appello si sarebbe trattato di trattative precontrattuali, seppure nell’avanzata fase della puntuazione, con l’esclusione di qualsiasi effetto già
vincolante, ma le parti che stendono minute o puntuazioni non si vincolano l’una verso l’altra, come avvenuto nel caso in esame.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1326, 1351, 1362 e segg., 1418 c.c.: anche a volere ritenere, ‘per puro esercizio logico’, che la scrittura del 1999 non contenesse un preliminare di compravendita, le parti hanno comunque concluso un contratto vincolante per entrambe secondo lo schema della formazione progressiva dello stesso, così come è stato illustrato dalla pronuncia delle sezioni unite n. 4628 del 2015; le parti hanno quindi in ogni caso concluso un contratto preliminare del preliminare, con il quale si sono impegnate a concludere un contratto con effetti obbligatori che le vincolava a stipulare successivamente la vendita definitiva.
Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1326, 1351 e 1385 c.c., nonché degli artt. 1478 e 1479 c.c.: la Corte d’appello ha escluso la natura contrattuale dell’accordo contenuto nella scrittura privata del 1999 sulla base del mancato versamento della caparra confirmatoria, profilo invece non rilevante data la natura di elemento contrattuale meramente accidentale della caparra, non incidente in quanto tale sulla validità della scrittura; quanto al lasso temporale trascorso tra la scrittura privata e l’iniziativa giudiziaria va sottolineato che la ricorrente ha agito in giudizio dopo neppure un anno dall’acquisizione della conoscenza che l’immobile oggetto del preliminare non era ubicato nel lotto di proprietà della RAGIONE_SOCIALE; del tutto irrilevante è poi che la ricorrente abbia trattato l’acquisto di un diverso appartamento.
Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., omesso esame delle gravi ed eccezionali ragioni di cui all’art. 92, comma 2 c.p.c., quali l’oggettiva opinabilità delle questioni affrontate e l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza, la difficoltà interpretativa della scrittura del 1999: la Corte d’appello ha applicato il criterio della soccombenza con
condanna della ricorrente alla refusione delle spese processuali, quando invece avrebbe dovuto compensarle.
I motivi sono infondati.
I primi due motivi, tra loro strettamente connessi, contestano alla Corte d’appello la mancata qualificazione come contratto preliminare della scrittura privata del 1999. Le censure non possono essere accolte in quanto, come sottolinea la Corte d’appello, la lettura testuale della scrittura privata esclude che le parti si siano impegnate a concludere un contratto definitivo di compravendita, essendo richiamata la stipulazione futura di un contratto preliminare di compravendita, evidentemente non concluso con la sottoscrizione della ‘proposta unilaterale di acquisto’. La Corte d’appello non si è poi limitata a considerare la lettera della scrittura privata, ma ha considerato il comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto.
Il terzo motivo lamenta invece che la Corte d’appello, esclusa la conclusione di un contratto preliminare, non abbia considerato la conclusione di un c.d. preliminare di preliminare. Il motivo non può essere accolto. Anzitutto la Corte d’appello ha esaminato la possibile configurazione della scrittura privata come preliminare di preliminare, ma l’ha esclusa sulla base dell’interpretazione dell’atto, in quanto ‘le parti si erano semplicemente accordate e non obbligate a scansionare la tempistica e il contenuto dei futuri atti vincolanti da porre in essere’, ossia il preliminare e il definitivo, limitandosi pertanto a una puntuazione destinata a fissare senza effetti vincolanti il contenuto del successivo negozio. Si tratta di una interpretazione plausibile dell’atto, in quanto tale non censurabile di fronte a questa Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 14006/2017, secondo cui ‘costituisce accertamento riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, valutare se l’intesa raggiunta dai contraenti
abbia ad oggetto un regolamento definitivo del rapporto ovvero un documento con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, e, nel compiere tale verifica, il giudice può fare ricorso ai criteri dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c.’). In ogni caso la ricorrente ha chiesto, instaurando il processo, di pronunciare la risoluzione del contratto e di condannare controparte al relativo risarcimento e non ha invece chiesto di condannare controparte per responsabilità precontrattuale. Come hanno precisato le sezioni unite nella pronuncia richiamata dalla ricorrente (Cass. n. 4628/2015), la violazione di un accordo contenuto in un contratto preliminare di preliminare, in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale che è diversa dalla responsabilità da inadempimento di un contratto.
Il quarto motivo contesta la valutazione del comportamento complessivo delle parti operata dalla Corte d’appello, ma si tratta anche in questo caso di una valutazione riservata al giudice di merito, che nel caso in esame è stata sufficientemente argomentata e non è sindacabile da questa Corte di legittimità.
Il quinto motivo, che lamenta la mancata compensazione delle spese del processo, è infondato in quanto a fronte della soccombenza della parte l’esercizio del potere di compensare le spese è lasciato alla discrezionalità del giudice di merito (v., per tutte, Cass. n. 26912/2020).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 7.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione