Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8106 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8106 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15866 – 2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale è rappresentata e difes a con l’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 170/2019 del TRIBUNALE di LECCO, pubblicata il 13/3/2019, notificata in data 16/3/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/5/2024 dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria della controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione dell’8/5/2017, RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinnanzi al Giudice di pace di LeccoRAGIONE_SOCIALE proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 293/2017, ottenuto nei suoi confronti per la somma di Euro 4.407,00 oltre accessori, a titolo di corrispettivo della fornitura di un manuale per la qualità, al prezzo convenuto di Euro 3.500,00, in adempimento del contratto asseritamente concluso con l’accettazione di una proposta formulata con mail. L’oppon ente propose altresì, in riconvenzionale subordinata, domanda di condanna per violazione della buona fede precontrattuale ex art. 1337 cod. civ..
Con sentenza n. 396/2018, il Giudice di Pace di Lecco rigettò l’opposizione, ritenendo non ritualmente disconosciuta la documentazione prodotta a prova dell’avvenuta conclusione del contratto; rigettò altresì la domanda riconvenzionale.
Con sentenza n.170/2019, il Tribunale di Lecco rigettò l’appello di RAGIONE_SOCIALE ritenendo che il contratto risultasse comunque concluso per facta concludentia , atteso che risultava accertato che il manuale fosse stato accettato dall’appellante opponente e trattenuto e dovendosi escludere che, come invece asserito in opposizione, che la consegna costituisse soltanto un « adempimento di un’obbligazione naturale».
Ribadì, in ogni caso, che -come ritenuto dal primo Giudice – la documentazione offerta a sostegno del decreto non era stata
efficacemente disconosciuta e confermò l’infondatezza della domanda ex 1227 cod. civ..
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e depositato successive memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione dell’art. 132 c. II n. 4 cod. proc. civ. per avere il Tribunale reso una motivazione inesistente sul rigetto del secondo e terzo motivo di appello, relativi al disconoscimento della documentazione posta a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo; in particolare avrebbe immotivatamente ritenuto generico e, pertanto, inefficace il disconoscimento della produzione documentale che sarebbe stato effettuato, invece, in modo «chiaro, circostanziato ed esplicito».
1.2. Il primo motivo è infondato. Questa Corte ha costantemente puntualizzato, quanto alla denunciata nullità ex art. 132 n. 4 cod. proc. civ., che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, nel senso della «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, restando così esclusa qualunque rilevanza del semplice «difetto di sufficienza» della motivazione. Ricorre, allora, il vizio denunciato con il secondo motivo quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento
della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, in ultimo, Sez. U, n. 2767 del 30/01/2023, in motivazione, con numerosi richiami; Cass. Sez. 1, n. 7090 del 03/03/2022).
Nella specie, invero, non ricorre alcuna delle ipotesi appena descritte: il Tribunale, dedicando alla questione la pag. 6 della motivazione, ha rimarcato che la società ha ammesso lo scambio di mail e contestato che il contenuto di quelle prodotte da controparte corrispondesse a quello reale, ma non ha «nemmeno accennato a tale diverso contenuto così che il disconoscimento è risultato privo dei minimi contenuti di precisione necessaria».
Così decidendo, allora, il Tribunale ha correttamente applicato il principio consolidato secondo cui la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata a pena di inefficacia in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass. Sez. 2, n. 27633 del 30/10/2018; Sez. 5, n. 16557 del 20/06/2019; Sez. 3, n. 40750 del 20/12/2021).
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha lamentato la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma II, n. 4 cod. proc. civ., per inesistenza, sotto il profilo della mera apparenza, della motivazione di rigetto del quarto motivo di appello, relativo alla mancata conclusione del contratto: il Tribunale non avrebbe adeguatamente motivato in merito alla in sussistenza di un’obbligazione
naturale sul presupposto che l’obbligazione in questione sia sorta nell’ambito di un rapporto tra società commerciali potenzialmente concorrenti, senza considerare le ulteriori circostanze che hanno caratterizzato il rapporto e, in particolare, non avrebbe considerato l’impossibilità materiale di provvedere alla restituzione di un manuale trasmesso in formato digitale, né il rapporto di colleganza sussistente con la società controparte.
2.1 Il secondo motivo è infondato.
Il Tribunale ha escluso che l’invio della copia del manuale potesse essere ricondotto all’adempimento di un’obbligazione «naturale» che troverebbe la sua fonte nel rapporto di colleganza, rimarcando che i soggetti in causa sono società commerciali per giunta in concorrenza in quanto esercenti attività riconducibili allo stesso settore; ha, quindi, esplicitamente qualificato la mancata restituzione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, della copia del contratto inviata da RAGIONE_SOCIALE quale comportamento concludente di accettazione delle condizioni proposte dalla mittente che contemplavano l’invio del manuale, in formato «editabile», per il prezzo di Euro 3.500,00.
Per le considerazioni già svolte al precedente punto 1.1., deve escludersi, di là della incerta formulazione della censura in riferimento al n. 3 e non al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., che sia stata resa sul punto della sussistenza dell’obbligazione naturale e della conclusione del contratto una motivazione apparente.
Ciò precisato, deve ulteriormente considerarsi che, come puntualizzato da questa Corte, l’art 2034 cod. civ. ha distinto le obbligazioni naturali in due categorie, prevedendo, al secondo comma, fattispecie tipiche di obbligazioni naturali cioè casi esplicitamente contemplati dalla legge quali atti socialmente e moralmente leciti, che non assurgono però a vincoli giuridici e sono quindi sforniti di azione, quali l’adempimento della disposizione fiduciaria e il pagamento del
debito prescritto e del debito di gioco; al primo comma, quindi, con disposizione molto più ampia, la norma ha indicato quale fattispecie generale l’esecuzione spontanea di un dovere morale o di coscienza o sociale.
Con riferimento a tale disposizione di carattere generico, allora, l’indagine demandata al Giudice del merito sulla sussistenza di un’obbligazione naturale è duplice, dovendo accertarsi, da un lato, se nel caso dedotto sussista un dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente nella società e, dall’altro, se tale dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità e adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso (Cass. Sez. 2, n. 1007 del 12/02/1980; successive conformi).
Evidentemente, questa duplice indagine implica valutazioni e apprezzamenti di fatto che si sottraggono a censura in questa sede di legittimità, se correttamente motivate (Cass. Sez. 2, n. 1218 del 05/04/1975): in tal senso, come riferito, il Tribunale ha valorizzato, nella specie, il rapporto di concorrenza esistente tra le due società commerciali in considerazione delle corrispondenze tra le attività da loro rispettivamente svolte e ha escluso, in conseguenza, la sussistenza di un dovere morale o sociale di condivisione del manuale in quanto incompatibile con la necessità di competere sul mercato.
Questo giudizio, in sé coerente e adeguato, non è sindacabile, in fatto, in questa sede di legittimità.
Con il terzo motivo, la ricorrente ha, infine, ancora una volta prospettato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma II, n. 4 cod. proc. civ., per inesistenza della motivazione di rigetto del quinto motivo di appello, concernente la domanda riconvenzionale di accertamento della responsabilità precontrattuale di RAGIONE_SOCIALE
3.1. Il motivo è inammissibile. Anche rispetto a questa censura deve qui rilevarsi che il Tribunale ha motivato l’insussistenza del diritto al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale per non avere l’appellante provato alcun danno, né allegato circostanze pregiudizievoli ragionevolmente suscettibili di risarcimento.
Ribadite, pertanto, le precisazioni del punto 1.1. che escludono la configurabilità di una motivazione apparente, deve ancora considerarsi in diritto che, come riportato pure in ricorso, secondo principio consolidato di questa Corte, la responsabilità precontrattuale è configurabile anche in caso di avvenuta conclusione di un contratto valido ed efficace qualora sia prospettato un danno derivante da un minore vantaggio o da un maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, restando irrilevante che la violazione del dovere di buona fede sia intervenuto cronologicamente a valle e non a monte della conclusione del contratto, salva la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto (Cass. Sez. 2, n. 4715 del 14/02/2022): con la sua censura, invero, la società si è limitata ad allegare che la controparte fosse consapevole della sua volontà di includere nel perfezionamento dell’accordo anche l’attività di consulenza e assistenza per l’accreditamento presso la Regione Lombardia, ma sul punto non ha in alcun modo indicato quale minore vantaggio o maggiore aggravio economico ne sia conseguito, ancor più se si considera che nella stessa sentenza impugnata il Tribunale ha pure rimarcato come non sia stato eccepito alcun inadempimento di altre prestazioni relative a questa pretesa attività di consulenza (pag. 6 della sentenza).
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della ricorrente RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali in
favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda