Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30284 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30284 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24233/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché sul controricorso incidentale proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
CAVOUR, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 346/2020 depositata il 27/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Palermo ha riformato la sentenza resa dal Tribunale di Termini Imerese che aveva respinto la domanda di NOME e NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere la restituzione della somma di 4.147,13 euro corrispondente alle rate pagate in adempimento di un contratto di finanziamento (relativo all’acquisto di un motociclo) asseritamente nullo per falsità delle firme, la cancellazione della loro segnalazione dalla Centrale Rischi e il risarcimento del danno derivante dalla perdita di finanziamento e del danno esistenziale. La convenuta RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto il rigetto delle domande e di chiamare in giudizio il venditore convenzionato NOME COGNOME -cui aveva direttamente erogato la somma finanziata per delega dei predetti clienti -per essere, in subordine, da questa manlevata da qualsiasi conseguenza pregiudizievole le fosse derivata dal giudizio e per vederla condannata al pagamento della somma residua. Nel contempo aveva formulato domanda riconvenzionale nei confronti RAGIONE_SOCIALE attori per il pagamento dell’importo della somma residua di euro 9.953,94, oltre interessi di mora e risarcimento del danno da lite temeraria. Il terzo chiamato si era costituito ed aveva chiesto il rigetto della domanda attorea, in subordine, il rigetto della domanda della convenuta RAGIONE_SOCIALE e, in via ulteriormente
subordinata, che venisse posto a suo carico solo il danno differenziale.
2.Il Tribunale, all’esito di CTU grafologica, che aveva escluso la dedotta falsità delle firme del contratto di finanziamento, aveva respinto le domande dei signori COGNOME ed accolto la domanda riconvenzionale svolta da RAGIONE_SOCIALE nei loro confronti (ritenendo assorbita, quindi, quella subordinata svolta dalla stessa verso il terzo chiamato, ed aveva condannato gli attori al pagamento delle spese di lite.
3.La Corte d’Appello, rinnovata la CTU grafologica, che concludeva in senso opposto circa la falsità delle firme apposte al contratto di finanziamento, ha accolto i motivi d’appello in punto nullità del contratto, ma ha ritenuto infondata la domanda RAGIONE_SOCIALE appellanti di ripetizione di quanto pagato in restituzione del finanziamento ricevuto per l’acquisto del motociclo, poiché detta somma era stata ricevuta dai medesimi senza titolo stante la nullità del contratto e doveva, quindi, essere comunque restituita come richiesto da RAGIONE_SOCIALE in via riconvenzionale; tuttavia -ha precisato la Corte territoriale -detta riconvenzionale poteva essere accolta solo con riguardo alla somma capitale erogata, escluse le spese di istruttoria e gli interessi corrispettivi del finanziamento per i quali la nullità del contratto faceva venir meno il titolo, somma differenziale (pari ad euro 2864,80), in relazione alla quale ha accolto la domanda di RAGIONE_SOCIALE verso la terza chiamata in ragione della clausola n. 3 della convenzione inter partes, che prevedeva che il convenzionato era tenuto al pagamento dell’ammontare delle rate non pagate in ipotesi di irregolarità del finanziamento.
Pertanto in riforma della sentenza di primo grado ha: (a) condannato gli appellanti al pagamento in favore di NOME della somma di 5.352,87 euro quale differenza tra l’importo di euro 4.147,13 da essi già restituito e l’importo capitale finanziato; (b) condannato il terzo chiamato NOME COGNOME al pagamento in
favore della chiamante RAGIONE_SOCIALE della somma di 2864,80 euro, quale differenza tra la somma erogata per il finanziamento e quella da restituire comprensiva RAGIONE_SOCIALE interessi ovvero di quanto inizialmente pattuito a titolo di costo del finanziamento; (c) respinto le domande di risarcimento del danno RAGIONE_SOCIALE appellanti in quanto infondate; (d) regolato di conseguenza le spese di causa di entrambi i giudizi sulla base della soccombenza e quindi, considerata la soccombenza parziale RAGIONE_SOCIALE appellanti e di COGNOME NOME, li ha condannati a rifondere per metà ciascuno il pagamento delle spese del giudizio in favore di NOME, compensando tra gli appellanti e NOME le spese di lite, e posto integralmente a carico di quest’ultima le spese di entrambe le CTU svolte in giudizio.
3.- Avverso detta sentenza i sig.ri COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi e diretto solo verso RAGIONE_SOCIALE, che ha resistito con controricorso; anche la sig.ra NOME COGNOME ha depositato un controricorso proponendo, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi di cassazione. La resistente COGNOME e la ricorrente incidentale hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale per nullità della relativa notifica in quanto avvenuta a mezzo PEC all’indirizzo EMAIL non risultante nel sito dell’RAGIONE_SOCIALE né nei pubblici registri INI-PEC, ove invece risulta come indirizzo per le notificazioni quello EMAIL., in quanto dalla relata di notifica e dalle ricevute di consegna allegate si evince che il ricorso è stato notificato alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO del Foro di Palermo mediante spedizione all’indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL. Pertanto la notifica risulta
regolarmente effettuata al domicilio eletto dalla parte all’indirizzo PEC del domiciliatario risultante dai pubblici registri. Né la resistente ha dedotto e documentato che tale non fosse il domicilio eletto nella fase di merito o che lo stesso fosse stato modificato e comunicato alla controparte.
Pertanto ai sensi del combinato disposto de ll’ art. 141 c.p.c e dell’ art, 3-bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53 (come novellato a partire dalla legge 183/2011), che consente la notificazione a mezzo posta elettronica RAGIONE_SOCIALE atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali e per cui « la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici », la notificazione risulta validamente effettuata.
Del resto la stessa legge n. 53 del 1994, all’art. 11 prevede che la nullità delle notificazioni telematiche ricorre qualora siano violate le relative norme (contenute negli articoli precedenti) « e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica », in aderenza al principio di cui all’art. 156 , comma 3, c.p.c. per cui la nullità non può essere dichiarata quando l’atto raggiunge il suo scopo (v. Cass., Sez. U., 28 settembre 2018, n. 23620; Cass., 18 giugno 2014, n. 13857). Ed invero, il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna dello stesso nel luogo espressamente a tale fine indicato dalla parte nell’atto, determina il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione del ricorso alla PEC, come questa Corte afferma con orientamento consolidato anche con riguardo alle notifiche per via digitale: orientamento inteso a privilegiare la funzione della notifica -vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata -che priva di significativo rilievo la presenza
di meri vizi di natura procedimentale ove l’erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione (Cass., Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665; Cass., 31 agosto 2017, n. 20625; Cass., 5 ottobre 2018, n. 24568; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2677); e ciò poiché -secondo un principio parimenti consolidato -la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, con la conseguenza che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte (Cass., Sez. U., 18 aprile 2016, n. 7665, citata; Cass., 18 dicembre 2014, n. 26831).
2.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., poiché la Corte d’Appello, nonostante la dichiarazione di nullità del contratto di finanziamento, ha condannato i ricorrenti al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE delle somme ancora dovute in forza del contratto stesso; reputano i ricorrenti che la Corte di merito avrebbe potuto statuire in tal senso solo a fronte di una domanda riconvenzionale di ingiustificato arricchimento ai sensi dell’articolo 2041 c.c.
Il motivo è inammissibile. Come è noto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, i motivi di ricorso, a pena di inammissibilità, devono avere i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. Nel caso di specie detti principi avrebbero imposto una illustrazione del vizio di violazione di legge dedotto che consentisse di inquadrarlo nelle categoria
logica di censura enunciata, con l’illustrazione RAGIONE_SOCIALE argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, ne giustificavano la cassazione (v. Cass. n. 17224/2020). Invece i ricorrenti nell’invocare la violazione dell’art. 2041 c.c. non ne illustrano le ragioni confrontandosi con i passaggi argomentativi della decisione e non si confrontano, perciò, con il fatto che il giudice di secondo grado -a fronte dell’accoglimento della domanda di nullità del contratto dedotta dagli stessi attori (odierni ricorrenti) -ha ritenuto di accogliere in via riconvenzionale la domanda della società finanziaria in ragione -evidentemente -della sussistenza dei presupposti per la ripetizione di indebito: ratio che i ricorrenti non considerano dal momento che, senza neppure illustrare quali fossero state le domande riconvenzionali svolte da controparte, si sono limitati ad invocare il fatto che non era stata formulata una domanda di indebito arricchimento; domanda, peraltro, non necessaria ove la restituzione si basi sull’accertamento della nullità -e quindi sul venire meno radicale -del titolo che giustificava la dazione della somma.
3.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano -con una rubrica imprecisa che completano solo nell’illustrazione del motivo stesso, richiamando il vizio tipico di cui all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c -la violazione dell’art. 91 c.p.c. perché, la Corte d’appello, condannandoli al pagamento in favore della resistente RAGIONE_SOCIALE della metà delle spese di lite del doppio grado di giudizio, avrebbe violato il principio di soccombenza dato che i sig.ri COGNOME non erano soccombenti avendo la Corte di merito « accolto la domanda di dichiarazione di nullità del contratto di finanziamento ».
Il motivo è inammissibile. I ricorrenti, invero, non hanno formulato una domanda di accertamento della nullità del contratto, bensì una domanda di ripetizione dell’indebito pagamento delle rate di finanziamento deducendo la nullità del contratto, e rispetto a
detta domanda sono risultati soccombenti perché -ha argomentato la Corte di merito -essendo nullo il contratto essi avevano ricevuto la somma senza alcun titolo e non avevano, quindi, alcuna ragione per pretendere di ripetere quanto frattanto versato in restituzione della stessa, trovando piuttosto fondamento la riconvenzionale svolta dalla società finanziaria quanto meno per la sorte capitale.
Pertanto il ricorso principale va respinto.
Venendo all’esame del ricorso incidentale -proposto tempestivamente ai sensi dell’art. 371 c.p.c. si osserva che, con il primo motivo COGNOME denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. In particolare parte ricorrente incidentale si duole del fatto che la Corte d’Appello l ‘ abbia condannata al pagamento a favore di NOME della somma di euro 2.864,80 quale differenza tra la somma capitale erogata per il finanziamento e quella che sarebbe stata restituita alla società finanziaria con il pagamento delle rate convenute se il contratto fosse stato valido ovvero di quanto inizialmente pattuito a titolo di costo del finanziamento.
Sostiene che, avendo RAGIONE_SOCIALE chiesto in via riconvenzionale la condanna al pagamento della somma finanziata ed in via subordinata, per il caso di riconosciuta falsità delle firme sul contratto di finanziamento, di « essere tenuta indenne» dal venditore convenzionato cui aveva erogato la somma « per ogni conseguenza pregiudizievole conseguente al giudizio », la Corte avrebbe errato nel riconoscere a RAGIONE_SOCIALE tanto il diritto ad ottenere dai sig.ri COGNOME la somma pretesa in riconvenzionale quanto il diritto di ottenere dal sig.ra COGNOME la differenza predetta, violando così il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato sotto due diversi profili:
perché la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE verso il sig.ra COGNOME era di «manleva» e non di risarcimento del danno, dunque
non avrebbe contemplato la rifusione del corrispettivo differenziale del finanziamento;
perché, una volta riconosciuto il diritto della finanziaria ad ottenere quanto preteso in via principale dai beneficiari del finanziamento, non ci sarebbe stato alcun titolo per accogliere anche la domanda da quella svolta in via solo subordinata verso il venditore convenzionato.
5.1- Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia che, quanto alla domanda subordinata di RAGIONE_SOCIALE di « essere tenuta indenne» dal venditore convenzionato « per ogni conseguenza pregiudizievole conseguente al giudizio», ha fatto espresso riferimento alla clausola 3 del contratto di convenzionamento, che prevedeva l’obbligo del convenzionato di pagare l’ammontare delle rate non pagate in ipotesi di irregolarità del finanziamento; sicché, avendo la Corte d’Appello accolto la domanda riconvenzionale della società finanziaria verso i beneficiari solo quanto alla sorte capitale del finanziamento erogato, ha accolto la subordinata verso il terzo chiamato per le residue conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’irregolarità dell’esecuzione del contratto in ragione dello specifico titolo contrattuale inter partes con una motivazione che l’odiern a ricorrente incidentale ignora del tutto.
6.- Il secondo motivo di ricorso incidentale denuncia, con la rubrica « violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. (art. 112 c.p.c.) con riferimento all’articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c.», la illegittimità della decisione gravata nella parte in cui la Corte d’Appello ha condannato il sig. COGNOME a rifondere a RAGIONE_SOCIALE la metà delle spese di lite del doppio grado di giudizio, nonché al pagamento delle spese di entrambe le consulenze tecniche d’ufficio, e ciò in quanto detta condanna sarebbe «evidentemente illegittima» stanti le ragioni di cui al primo motivo il ricorso incidentale; così, invero, illustra il motivo il ricorrente: « se è vero
che nessuna conseguenza pregiudizievole per COGNOME derivava dalla sentenza e se è vero che veniva accolta la riconvenzionale da essa spiegata nei confronti dei COGNOME, non poteva contestualmente accogliersi la domanda subordinata e rilevarsi la soccombenza della COGNOME, dunque non doveva conseguire alcuna statuizione di condanna alle spese ex art. 91 c.p.c. né quella ulteriore del pagamento delle due consulenze tecniche d’ufficio»; sotto altro profilo lamenta la violazione dell’articolo 91 c.p.c. per « l’evidente sproporzione tra il grado di accertata soccombenza (quasi totale in capo ai COGNOME) rispetto alla posizione della COGNOME »
6.1- Il motivo è evidentemente inammissibile in quanto la denuncia di illegittimità sotto il primo profilo è subordinata all’accoglimento delle ragioni del ricorso e, quindi, non attiene alle ragioni della statuizione impugnata che ignora del tutto; quanto al secondo profilo, perché il ricorrente non illustra le ragioni per cui la norma invocata sarebbe stata violata, limitandosi a muovere una censura alla valutazione compiuta nel merito dal giudice di secondo grado agli effetti di ripartire le spese tra le parti risultate soccombenti, non sindacabile in questa sede di legittimità.
8.- Pertanto il ricorso principale va respinto e va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.
Le spese seguono la soccombenza, che si ravvisa solo in capo ai ricorrenti principali rispetto alla resistente COGNOME, poiché: (a) il ricorso principale è stato diretto solo nei confronti COGNOME (b) quest’ultima ha resistito solo a detto ricorso, restando intimata rispetto a quello incidentale, (c) rispetto a quest’ultimo ricorso della terza chiamata sono rimasti intimati anche i ricorrenti principali sig.ri COGNOME, sicché con riguardo ad esso non v’è luogo a statuizione sulle spese; le spese si liquidano come nel dispositivo ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, nei
confronti tanto dei ricorrenti principali quanto della ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido al pagamento delle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, liquidate nell’importo di euro 5.700,00, cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I sezione