Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8176 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8176 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17299/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t. rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa d all’avv.to NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 4396/2019 de lla Corte d’appello di Venezia , pubblicata il 15.10.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con citazione notificata il 23.7.2012 la RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale di Venezia la Banca Nazionale del Lavoro (B.N.L.) s.p.a., e premettendo di aver concluso con la convenuta, in data 8.5.306, un contratto di mutuo per la somma di euro 1.000.000,00 destinata all’acquisto di un immobile ad uso alberghiero sito in Jesolo Lido, con durata di 25 anni- rimborsabile mediante pagamento di 49 rate semestrali posticipate comprensive di capitale ed interessi a tasso variabile- esponeva che successivamente, su proposta dei funzionari della stessa banca, aveva sottoscritto un contratto d’acquisto di prodotti finanziari del tipo IRS che avrebbe dovuto coprire il rischio di rialzo dei tassi d’interesse del mutuo, mentre in realtà aveva avuto natura esclusivamente speculativa, contenendo commissioni implicite in danno del cliente.
Pertanto, l’attr ice assumeva che: tale contratto IRS fosse nullo per mancanza della causa e per indeterminatezza dell’oggetto per non aver la banca specificato l’eventuale valore negativo del derivato, ex art. 32 Reg. Consob 11522/1998, o fosse annullabile ex art. 1419, n.2, cc, per errore essenziale; la RAGIONE_SOCIALE era dunque obbligata alla restituzione in suo favore delle somme impiegate per gli ordini d’acquisto, oltre interessi e rivalutazione.
La banca si costituiva chiedendo il rigetto delle domande.
Con sentenza emessa nel 2015 il Tribunale di Venezia dichiarava risolto per inadempimento della convenuta il contratto-quadro ed inefficaci gli atti conseguenziali, condannando la banca a restituire all’attrice la somma di euro 78.868,82 oltre interessi legali, osservando che la convenuta, in violazione dei suoi obblighi, aveva collocato un prodotto
che presentava notevole sproporzione tra i benefici offerti al cliente e quelli attribuiti alla banca.
Con sentenza del 15.10.2019, la Corte territoriale accoglieva l’appello della RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e in riforma della sentenza impugnata, rigettava le domande della RAGIONE_SOCIALE.r.lRAGIONE_SOCIALE (condannando quest’ultima a restituire alla RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 99.740,41 oltre interessi legali) osservando che: il contratto IRS era valido e lecito, in quanto rispondeva alle esigenze e alle finalità previste nel contratto-quadro, avendo scopo di copertura riguardo ai possibili rialzi del tasso variabile d’interesse di cui al finanziamento erogato per l’acquisto dell’immobile ed era, dunque, finalizzato a predeterminare il limite-massimo del costo di detto mutuo; la correlazione tra il prodotto collocato (cd. purple Collar) ed il finanziamento sottostante era supportata dalla coincidenza degli importi nei due contratti, della loro durata e dai piani d’ammortamento; era stato dimostrato che il contratto in derivati presentava all’origine le caratteristiche di un derivato di copertura, come si era espresso il c.t.u.; a tal fine, era irrilevante l’originaria sproporzione tra i benefici per il cliente e quelli per la banca, quali segnalati dallo stesso c.t.u.; pertanto, il contratto IRS era da qualificare come aleatorio, con esclusione di ogni inadempimento da parte della banca; né l’attrice aveva prospettato quali fossero all’epoca della stipula del contratto le conoscenze che aveva o avrebbe potuto avere la banca in merito al futuro andamento dei tassi; il sopravvenuto venir meno della funzione di copertura del contratto IRS- dovuta alla grave crisi economica innescata dal fallimento della Lehman Brothers- non poteva comunque fondare la domanda di nullità contrattuale per difetto della causa concreta, dal momento che tale vaglio deve avvenire con riferimento all’ atto della stipula del contratto; la banca aveva fornito completa informativa, come anche confermato dalla stessa COGNOME nella
dichiarazione sottoscritta (relativa alla consultazione dei tecnici della banca in ordine ai parametri economico-finanziari e di mercato).
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello, con due motivi , illustrati da memoria. Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denuncia vio lazione dell’articolo 111 Cost., dell’articolo 115 c.p.c., degli articoli 1322, 1418 e 1421 c.c. nonché degli articoli 21 e 23 del testo unico della finanza in relazione all’articolo 360, numeri 3 e 5 c.p.c., non avendo la Corte d’appello sanzionato con la nullità il contratto di interest rate swap stipulato in data 12 giugno 2006.
Il secondo motivo denuncia vi olazione dell’articolo 111 Cost. , dell’articolo 115 c.p.c., degli articoli 21 e 23 del testo unico della finanza e dell’articolo 26 del Regolamento Consob numero 11.522 del 1998, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nume ri 3 e 5, per non aver la Corte territoriale ritenuto l’inadempimento della banca in relazione alle obbligazioni sorte con la sottoscrizione del contratto quadro ed in sua esecuzione del contratto del 12 giugno 2006.
Al riguardo, la ricorrente lamenta che il giudice di secondo grado avrebbe deciso in difformità dalle conclusioni del c.t.u., il quale aveva ritenuto che il contratto IRS in questione non svolgeva di fatto una funzione di copertura del rischio-cambio, generando per il cliente una perdita certa in qualunque situazione di mercato.
I due motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili.
Innanzitutto, essi prospettano genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per
cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014).
In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (cfr. Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018; Cass. nn. 27458, 23265, 16657, 15651, 8335, 8333, 4934 e 3554 del 2017; Cass. nn. 21016 e 19133 del 2016; Cass. n. 3248 del 2012; Cass. n. 19443 del 2011).
Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze della parte ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, finisce con il sovvertire i ruoli dei diversi soggetti del processo e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria.
È sicuramente vero, peraltro, che, in tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (cfr. Cass. n. 39169 del 2021; in senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018).
Tanto, però, non è ravvisabile nei due motivi di ricorso in esame, i quali, per come concretamente argomentati, non consentono di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
D’altro canto l’inammissibilità discende dalla finalità cui palesemente il ricorso tende in entrambe le sue censure, e cioè quella del ribaltamento dell’accertamento di merito operato dalla corte territoriale, la quale ha per un verso ritenuto che il contratto di interest rate swap non avesse carattere speculativo, ma una indubitabile funzione di copertura, accertata attraver so consulenza tecnica d’ufficio (sebbene in parte disattesa motivatamente), e per altro verso escluso la nullità del contratto, sul piano della meritevolezza, sul rilievo che esso non era caratterizzato da alea unilaterale, bensì bilaterale.
Inoltre, va osservato che la ricorrente si duole anche della violazione degli obblighi informativi connessi alla stipula dell’IRS, senza però
esplicitare con chiarezza il contenuto della critica, sicché a questo riguardo il ricorso non è neppure autosufficiente. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 6.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 26 febbraio 2025.