Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9376 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9376 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1296-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 3935/2022 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 7/12/2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 14/3/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE ha richiesto l ‘ ammissione al passivo della RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, dichiarata insolvente con sentenza del 10/4/2015, in prededuzione, per la somma di €. 594.062,66, a titolo di imposta
di registro pagata dalla stessa in luogo della M. Business, in relazione a tutti i contratti di locazione, dal 2017 al 2021, e per la somma di €. 90.811,63, oltre IVA, per un totale di €. 110.790,19, a titolo di canoni di locazione non versati tra l ‘ 1/2/2021 al 31/8/2021, relativamente ad un immobile a Roma.
1.2. I commissari straordinari, nel progetto di stato passivo, hanno proposto l ‘ esclusione del credito sul rilievo che ‘ l ‘ istante risulta cessionaria di immobili già di proprietà delle società del gruppo in RAGIONE_SOCIALE e che la ‘ Procedura di RAGIONE_SOCIALE ha promosso azione di annullamento dei predetti atti di cessione degli immobili a RAGIONE_SOCIALE e di responsabilità avverso gli organi amministrativi delle società oggi in Amministrazione Straordinaria, con giudizio radicato innanzi al Tribunale di Genova, Sezione Imprese, R.G. nr. 14249/2017 ‘.
1.3. Il giudice delegato ha escluso il credito insinuato aderendo alla proposta dei commissari straordinari.
1.4. La C.RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo.
1.5. I commissari straordinari si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto dell ‘ opposizione.
1.6. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha accolto l ‘ opposizione ed ha, quindi, ammesso l ‘ opponente allo stato passivo di RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, in prededuzione, in prededuzione, per la somma di €. 594.062,66, a titolo di imposta di registro pagata dalla stessa in luogo della RAGIONE_SOCIALE, in relazione a tutti i contratti di locazione, dal 2017 al 2021, e per la somma di €. 90.811,63, oltre IVA, per un totale di €. 110.790,19, a titolo di canoni di locazione non versati tra l’1/2/2021 al 31/8/2021, relativamente ad un immobile a Roma.
1.7. Il tribunale, in particolare, per quanto ancora importa, ha esaminato l ‘ eccezione con la quale la procedura ha
dedotto la nullità del contratto di locazione dal quale deriva il credito azionato dall ‘ opponente, nonché di quelli concatenati e funzionali alle finalità distrattive per violazione degli artt. 1344, 2423, 2426, 2433, 2445, 2626 c.c., sul rilievo che: – il patrimonio immobiliare del gruppo RAGIONE_SOCIALE era stato attribuito alla capogruppo RAGIONE_SOCIALE; – gli immobili era stati dati in locazione alle società operative; – a partire dal 2005, con una complessa serie di operazioni societarie, il patrimonio immobiliare era stato trasferito prima a un fondo immobiliare chiuso (RAGIONE_SOCIALE) e poi alla RAGIONE_SOCIALE, costituita nel giugno del 2012, le cui quote erano detenute da persone o società riconducibili alle famiglie COGNOME e COGNOME (fondatrici del RAGIONE_SOCIALE; ‘ i contratti di locazione erano stati stipulati nuovamente a condizioni manifestamente deteriori per i conduttori, con notevolissimi aumenti dei canoni e clausole palesemente vessatorie ‘ ; -il complesso delle operazioni societarie e contrattuali, negozialmente collegate, aveva in particolare consentito, tra l ‘ altro, di conferire alla società RAGIONE_SOCIALE l ‘ intero patrimonio immobiliare del gruppo, senza pagamento del relativo prezzo, in violazione dell ‘ art. 1344 c.c.; – il tribunale di Bologna, infatti, con la sentenza n. 144/2020, pur avendo assolto (tra gli altri) i soci dell ‘ opponente RAGIONE_SOCIALE, ha affermato che ‘ le ultime tre delibere di distribuzione delle riserve del 2010, 2011, 2012 per un ammontare totale di € 40.330.797,64 e il trasferimento di ricchezza determinatosi in ragione dell ‘ operazione denominata C2 pari ad € 2,9 milioni, per un totale complessivo di € 44.230.794,64 ‘ , ‘ sono da ritenersi astrattamente distrattive ‘; -‘ tutti gli atti in cui si era articolata l ‘ operazione, compresi i contratti di locazione oggetto di causa, sono, pertanto, nulli per violazione di norme imperative ‘ poste
a tutela dell ‘ integrità del capitale sociale e, comunque, per violazione degli artt. 1343 e 1344 c.c., avendo perseguito ‘ l ‘ illecito comune scop o ‘ di distrarre il patrimonio immobiliare del Gruppo in favore di RAGIONE_SOCIALE e consentire alla stessa l ‘ ingiusta locupletazione sui contratti di locazione sottoscritti con clausole ingiustificatamente gravose.
1.8. Il tribunale ha respinto l ‘ eccezione sul rilievo che il tribunale di Bologna, con il decreto n. 829/2018, reso in una ‘ vicenda di contenuto analogo alla presente ‘, in cui la procedura opposta aveva impugnato lo stato passivo di altra società del gruppo, ha ‘ affermato ‘, con motivazione dichiaratamente condivisa, ‘ la validità dei trasferimenti immobiliari e dei contrati di locazione, da cui trae origine il credito azionato ‘ ritenendo che: -‘ le contestazioni mosse dai Commissari al gruppo dirigente di Mercatone (errata imputazione a riserva, invece che a capitale sociale, del valore delle immobilizzazioni, ed errata distribuzione di tali riserve, finalizzata a erogare ai soci la liquidità necessaria ad acquisire le quote del Fondo al quale erano stati trasferiti gli immobili), erano infondate ‘; -‘ in ogni caso gli illeciti contestati dai Commissari non potevano dar luogo alla nullità di tutti gli atti correlati all ‘ operazione di spin off per nullità della causa e per frode alla legge, ma piuttosto a nullità per diretta violazione delle norme imperative alle quali erano soggette le singole deliberazioni assembleari o a nullità per illiceità dell ‘ oggetto delle delibere stesse (ipotesi soggette a termini di decadenza ormai decorsi) ‘; -‘ inoltre l ‘ eventuale finalità distrattiva non poteva comportare la nullità degli atti per frode alla legge, ma solo la loro revocabilità, anche questa soggetta a termini di prescrizione ormai decorsi ‘ .
1.9. Il tribunale ha, pertanto, escluso che i contratti di locazione avessero violato ‘ le norme a tutela dell ‘ integrità del
capitale sociale, la cui lesione, se vi è stata, si è compiutamente realizzata per effetto delle delibere, ormai definitive, che hanno fatto uscire i beni dal patrimonio del Gruppo ‘ ed, ha, quindi, ritenuto che i contratti di locazione non fossero ‘ di per sé in frode alla legge ‘, non avendo concorso ‘ alla eventuale distrazione del patrimonio in favore di CVE ‘, ‘ derivando interamente dalle operazioni societarie ‘, ‘ indipendente dalla loro stipulazione ‘.
1.10. In ogni caso, ha aggiunto il tribunale, la ‘ CVE allo stato attuale vanta un diritto di proprietà sugli immobili di cui si discute, come risulta in maniera inequivoca dai registri di pubblicità immobiliare ‘ ed ‘ è dunque la proprietaria dell ‘ immobile che è stato condotto in locazione da NOME COGNOME alcuni fino alla data della risoluzione consensuale intervenuta tra le parti e/o cessione a terzi ‘.
1.11. Il tribunale ha, quindi, esaminato l ‘ eccezione con la quale la procedura opposta ha dedotto ‘ la nullità dei contratti di locazione ai sensi dell ‘ art. 9 l. 192/1998 ‘ sul rilievo che i contratti ‘ contengono clausole, che comportano un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi a danno di RAGIONE_SOCIALE e sono, pertanto, nulli ai sensi dell ‘ art. 9 della l. n. 192/1998.
1.12. Il tribunale ha respinto l ‘eccezione ‘ difettando la prova dello stato di dipendenza economica dell ‘ originario conduttore … rispetto a RAGIONE_SOCIALE ‘ nonché ‘ la prova dell ‘ impossibilità per il conduttore di reperire valide alternative sul mercato, che è un elemento essenziale della fattispecie, costituendo la causa dell ‘ eccessivo squilibrio negoziale ‘.
1.13. Il tribunale, infine, ha esaminato l ‘ eccezione con la quale ha procedura ha dedotto il mancato subentro della stessa nei contratti di locazione, non avendo i commissari in alcun modo dichiarato di voler subentrare nei menzionati contratti, né la C.V.E. ha intimato gli stessi ‘ di far conoscere le proprie
determinazioni ‘ ai sensi dell’ art. 50, comma 2°, del d.lgs. n. 270/1999.
1.14. Il tribunale ha ritenuto che l ‘ eccezione fosse infondata sul rilievo che: – nell ‘ amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, i contratti in corso continuano ad avere esecuzione, sino a quando il commissario non eserciti la facoltà di sciogliersi; – il protrarsi dell ‘ esecuzione non preclude la facoltà di scioglimento ma obbliga al pagamento delle prestazioni ricevute fino alla decisione di scioglimento.
1.15. Il tribunale, quindi, ha accolto l ‘ opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE e, a fronte della mancata contestazione dell ‘ ammontare e della collocazione del credito azionato, ha ritenuto che lo stesso doveva essere ammesso al passivo ‘ come richiesto ‘.
1.16. La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, con ricorso notificato il 29/12/2022, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione del decreto.
1.17. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
1.18. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la procedura ricorrente, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto di aderire alle risultanze della sentenza penale n. 144/2020 con cui il tribunale di Bologna, in relazione alle condotte distrattive in danno delle società del Gruppo da parte degli amministratori, aveva ritenuto legittima, sotto il pro filo della rilevanza penale, l’operazione c.d. di spin off immobiliare censurata dalla procedura, omettendo, tuttavia, di ‘ valutare le risultanze emerse nel corso del giudizio di
opposizione allo stato passivo ‘, come il fatto che: – la sentenza penale pronunciata dallo stesso tribunale di Bologna nel 2020 aveva espressamente affermato che ‘l’operazione di spin -off ha oggettivamente favorito il ‘drenaggio’ di un patrimonio dal Gruppo ai Soci, per il tramite dei contratti di locazione ‘; – tale sentenza era stata, in seguito, limitatamente al punto della ‘bancarotta riparata ‘, cassata con rinvio al giudice del merito sul rilievo che la pronuncia non consentiva ‘ di comprendere … quale sarebbe la portata riparatoria dell’operazione, dal momento che non si confronta né con il tema della fonte dei crediti utilizzati per la compensazione né con il fatto che la sottoscrizione degli strumenti dimostra ch (e) l’apporto di ricchezza, sia pure attraverso la rinuncia a far valere un credito, è correlato a prestazioni sinallagmatiche del cui contenuto la sentenza si disinteressa ‘; – la complessa operazione di spin off immobiliare, ‘ che ha condotto la CVE ad essere proprietaria degli immobili per i quali chiede la corresponsione dei canoni di locazione e degli oneri condominiali ‘, ha, dunque, ‘ comportato la distrazione di tali asset e dei canoni di locazione successivamente corrisposti dalla MB ‘.
2.2. Con il secondo motivo, la procedura ricorrente, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso la nullità del contratto di locazione eccepita in giudizio sul rilievo che l’esame della stessa sarebbe stato impedito dalla mancata impugnazione degli atti presupposti, ossia le delibere assembleari (di distribuzione delle riserve oper ate in esecuzione dell’operazione di spin off immobiliare tra il 2010 e il 2012), e che i contratti di locazione non avevano concorso alla distrazione del patrimonio sociale in
favore della C.V.E. in quanto derivata interamente dalle indicate operazioni societarie, senza, tuttavia, considerare che: – la delibera societaria ‘ rappresenta l’esito del percorso attraverso cui si è formata la volontà della società ‘ e ‘ può avere un’intrinseca portata pregiudizievole ‘, sicché, ‘ ove ne ricorrano i presupposti ‘, ‘ può essere impugnata anche per farne valere la nullità ‘; -tuttavia, nel caso in cui ‘ la società sottoscriva un contratto (anticipato o meno da una delibera assembleare che lo autorizzi e a prescindere dalla validità della stessa) affetto da vizi che ne importano la nullità – e che arreca un grave pregiudizio alla stessa ‘, come la ‘ distrazione di una parte importante del suo patrimonio ‘ ‘ attraverso la corresponsione dei canoni di locazione ‘, ‘ non vi è dubbio alcuno che la nullità del contratto possa essere impugnata autonomamente dalla delibera assembleare ‘.
2.3. Il tribunale, quindi, ha osservato la ricorrente, lì dove ha ritenuto che l’eventuale finalità distrattiva non poteva comportare la nullità degli atti per frode alla legge ma solo la loro revocabilità, ha omesso di decidere sulla dedotta nullità del contratto di locazione, che è stato, invece, lo strumento attraverso cui si è compiuta la causa illecita che è alla base dell’intera operazione di spin off , consistita ‘nell’aggirare la funzione vincolistica del capitale sociale e distribuire un valore che altrimenti sarebbe stato destinato alla società … nonché nell’aggirare i vincoli sulla distribuzione di dividendi e nel depauperare, infine, il patrimonio della MB’, ‘attraverso la corresponsione dei canoni di locazione ‘, ‘ in favore della CVE che è una società estranea al Gruppo ma riconducibile ai suoi ex amministratori e soci ‘.
2.4. Con il terzo motivo, la procedura ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1344,
1418, 2423, 2426, 2433, 2445 e 2626 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che ‘ i contratti di locazione non siano di per sé in frode alla legge, posto che non concorrono alle eventuale distrazione del patrimonio in favore di CVE, come detto, indipendente dalla loro stipulazione, derivando interamente dalle partecipazioni societarie ‘, senza, tuttavia, considerare che: le operazioni societarie compiute ‘ hanno perseguito i comuni, ed illeciti scopi di: (i) distrarre il patrimonio Immobiliare della Gruppo in favore della CVE; (ii) consentire alla società in ultimo menzionata l’ingiusta locupletazione sui contratti di locazione sottoscritti, con clausole ingiustificatamente gravose, a far data dal 17 gennaio 2006 ‘; -i contratti di locazione sono, dunque, affetti ‘da nullità per illiceità della causa (1418 c.c.) perché caratterizzati dalla consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzata all’elusione di una norma imperativa ‘; -‘ l’illiceità della causa del contratto di locazione si evince anche dall’evidente (non contestato e finanche accertato) collegamento funzionale tra le operazioni societarie sopra enucleate ‘, con la conseguente necessità di procedere alla ‘ considerazione unitaria della fattispecie, ricorrendo nel caso di specie sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore (illecito come nel caso di specie), che ne trascende gli effetti
tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale ‘; -‘ l’acquisizione dell’immobile oggetto del contratto di locazione da parte della CVE, nonché la stipula del contratto medesimo, è inserita ‘, infatti, ‘ all’interno della complessa operazione negoziale (spin off) posta in essere dagli amministratori della Procedura e di tutte le società facenti parte del Gruppo RAGIONE_SOCIALE, la cui unica finalità era quella di attribuire a titolo gratuito tutti gli asset immobiliari del Gruppo alla odierna ricorrente e, in ultima analisi, di consentire il continuo drenaggio dei canoni di locazione in favore della CVE e, dunque, dei soci dell’una e dell’altra società, così aggirando le norme in materia di distribuzione dei dividendi (art. 2433 c.c.) che la MB non avrebbe potuto distribuire, ma che i soci hanno in questo modo incassato attraverso i canoni di locazione, nonché quelle in materia di indebita riduzione del capitale e restituzione dei conferimenti (artt. 2445 e 2626 c.c.) di sicura portata imperativa ‘.
3.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati : ma la motivazione dev’essere corretta .
3.2. Il decreto impugnato, infatti, ha, come detto, respinto l’eccezione di nullità del contratto di locazione dedotto dalla società opponente a sostegno della domanda di ammissione al passivo del credito ai relativi canoni sul rilievo che ‘ gli illeciti contestati ‘ dalla procedura opposta agli amministratori della società insolvente ‘non potevano dar luogo alla nullità di tutti gli atti correlati all’operazione di spin off’ ma, al più, alla ‘nullità ‘ delle ‘singole deliberazioni assembleari ‘ a tal fine assunte ( ‘per diretta violazione delle norme imperative alle quali erano soggette’ o ‘per illiceità dell’oggetto delle delibere stesse ‘) ed, in ogni caso, che ‘l’eventuale finalità
distrattiva non poteva comportare la nullità degli atti per frode alla legge, ma solo la loro revocabilità ‘.
3.3. Gli argomenti illustrati dal tribunale sono, tuttavia, giuridicamente errati.
3.4. N on v’è dubbio, invero, che: – in linea di principio, in assenza di una norma che vieti in via generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il contratto lesivo dei diritti dei creditori non è, di per sé, illecito e che, pertanto, sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia (cfr. Cass. n. 23159 del 2014; Cass. n. 19196 del 2016; Cass. n. 15844 del 2022); – il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullità del contratto, si identifica, del resto, con una finalità vietata dall’ordinamento perché contraria a norma imperativa, ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa, sicché l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri (come quello di attuare una frode ai creditori, vanificandone le aspettative satisfattorie sul patrimonio del debitore) non è illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non rinvenen dosi nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l’invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziale (cfr. Cass. n. 19196 del 2016, in motiv.; Cass. n. 20576 del 2010; Cass. SU n. 10603 del 1993).
3.5. Resta, nondimeno, il fatto che se il contratto è stato stipulato dalle parti, oltre che in pregiudizio dei creditori (dell’aliena nte), anche in violazione di una norma imperativa, come quella penale, l’atto negoziale così compiuto è sanzionato, a norma dell’art. 1418, comma 1°, c.c., con la sua nullità (Cass. n. 18016 del 2018; Cass. n. 14234 del 2003), come accade, in particolare, nel caso in cui sia proprio la sua stipulazione a realizzare, in ragione dell’assetto degli interessi ivi contenuto, il risultato vietato dalla legge penale (Cass. n. 21434 del 2023, in motiv.).
3.6. Si parla, in siffatte ipotesi, di reato-contratto, come la vendita di sostanze stupefacenti, la ricettazione prevista dall’art. 648 c.p., il commercio di prodotti con segni falsi di cui all’art. 474 c.p., il trasferimento di un bene in pagamento di un debito usuraio (cfr. Cass. n. 17568 del 2022; Cass. n. 1221 del 2022; Cass. n. 17959 del 2020, in motiv.; Cass. n. 16706 del 2020, in motiv.; Cass. n. 18016 del 2018; Cass. n. 14234 del 2003), poiché il contratto collide così gravemente con interessi di indole generale da assurgere di per sé alla qualificazione di reato ed è, di conseguenza, nullo, per violazione di una norma imperativa, come quella penale, che, appunto, ne vieta la stipulazione (Cass. n. 21434 del 2023, in motiv.).
3.7. Si pensi, in particolare, al caso del contratto di finanziamento che l’imprenditore insolvente abbia stipulato in violazione del dovere, previsto e punito dall’art. 217, comma 1°, n. 4, l.fall., di richiedere senza indugio il fallimento o comunque di non a ggravare il dissesto dell’impresa con operazioni dilatorie, trattandosi di contratto contrario a norme imperative, in particolare di natura penale e di ordine pubblico economico, come il divieto di aggravare il dissesto, integrando la relativa stipula una fattispecie di reato, di cui è chiamato a rispondere,
a titolo di concorso, anche il finanziatore (Cass. n. 16706 del 2020).
3.8. Nello stesso modo, gli atti attraverso i quali la società poi assoggettata a procedura concorsuale abbia determinato (in qualunque modo e in qualsiasi forma) il trasferimento in favore di terzi dei propri beni, così distraendoli alla soddisfazione dei relativi creditori, sono compiuti in violazione di norme incriminatrici (come gli artt. 216, comma 1°, e 223, comma 1°, l.fall., nel testo in vigore ratione temporis , in relazione a quanto previsto dall’art. 110 c.p. , applicabili anche nell’amministrazione straordinaria di una società dichiarata insolvente a norma dell’art. 95, comma 1, d.lgs. n. 270 del 1999) le quali (punendo con una pena gli amministratori che ne siano stati gli autori nonché i terzi, come i beneficiari, che vi abbiano consapevolmente concorso in accordo con gli stessi: cfr. Cass. pen. n. 40023 del 2022; Cass. pen. n. 16062 del 2012; Cass. pen. n. 12824 del 2005) ne vietano (evidentemente) la stipulazione.
3.9. Tali atti (a prescindere dalla validità formale di ciascuno di essi, a partire dalle delibere assembleari che ne hanno giuridicamente consentito o programmato il compimento) sono, di conseguenza, assoggettati, ai sensi dell’art. 1418 c.c., alla sanzione della nullità per effetto della contrarietà, in ragione delle disposizioni penali violate, alle norme imperative ivi contenute (Cass. n. 21434 del 2023, in motiv., che arg. da Cass. n. 2860 del 2008; Cass. n. 14234 del 2003; Cass. n. 7998 del 1990).
3.10. L’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418, comma 1°, c.c., è, in effetti, ‘più ampia di quanto parrebbe a prima vista suggerire il riferimento al solo contenuto
del contratto medesimo ‘, essendovi ‘ ricomprese sicuramente anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto ‘, come, appunto, le norme che incriminano la sua stessa stipulazione, con la conseguenza che, ‘ se il legislatore vieta, in determinate circostanze, di stipulare il contratto e, nondimeno, il contratto (come nel caso in esame) viene stipulato, è la sua stessa esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa; e non par dubbio che ne discenda la nullità dell’atto per ragioni se così può dirsi – ancor più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto medesimo ‘ (Cass. SU n. 26724 del 2007, in motiv.).
3.11. Se, dunque, è configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione nella condotta di chi abbia assunto, in una situazione di grave e non fronteggiabile sofferenza debitoria, ulteriori obbligazioni prive di apprezzabile collegamento con l’atti vità imprenditoriale (Cass. pen. n. 141 del 2020), tale delitto è, a maggior ragione, ravvisabile nel caso in cui gli amministratori della società, anche a mezzo dell’esercizio di atti di per sé validi, abbiano determinato ‘ la stabile fuoriuscita di un bene dal patrimonio ‘ della società, ‘ impedendone l’apprensione da parte degli organi del fallimento ‘ (Cass. pen. n. 37109 del 2022): a prescindere, peraltro, per ciò che riguarda l’elemento oggettivo e l’elemento soggettivo del reato, tanto dal fatto che in quel momento l’impresa versa sse in stato di insolvenza (Cass. pen. n. 7437 del 2020), quanto dal fatto che l’atto non abbia arrecato un danno per i creditori (Cass. pen. n. 11382 del 2020), essendo a tal fine sufficiente che il distacco del bene dal patrimonio sociale e l’assegnazione allo stesso di una
destinazione diversa da quella di garanzia dei creditori, determinino l’insorgenza de l mero pericolo che ciò accada.
3.12. Il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è, infatti, un reato di pericolo concreto, in quanto l’atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo reale per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l’apertura della procedura fallimentare, sicché, ai fini della prova del reato, il giudice, oltre alla constatazione dell’esistenza dell’atto distrattivo, deve valutare la qualità del distacco patrimoniale che ad esso consegue, ossia il suo reale valore economico concretamente idoneo a recare danno ai creditori (Cass. pen. n. 28941 del 2024).
3.13. Tale distacco, peraltro, può ben realizzarsi anche attraverso l’esercizio di facoltà legittime, comprese nel contenuto di diritti riconosciuti dall’ordinamento, posto che ‘ la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell’imprenditore dichiarato fallito può essere affermata solo all’esito di un accertamento in concreto in relazione alle conseguenze prodotte sulle ragioni del ceto creditorio ‘ (Cass. pen. n. 15803 del 2019): in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, invero, anche l’esercizio di facoltà legittime che determini la stabile fuoriuscita di un bene dal patrimonio del fallito, impedendone l’apprensione da parte degli organi del fallimento, può costituire strumento di frode in danno dei creditori (Cass. pen. n. 37109 del 2022).
3.14. Resta, peraltro, il fatto che, se al momento della dichiarazione giudiziale d’insolvenza non sussiste più alcun pericolo concreto per le ragioni dei creditori, essendosi posto rimedio agli atti distrattivi precedentemente compiuti, non
sussiste più l’elemento oggettivo del reato, con la conseguenza che la responsabilità penale degli autori degli atti predetti dev’essere esclusa tutte le volte in cui, prima dell’apertura della procedura concorsuale, il patrimonio della società sia stato sia stato reintegrato (cd. bancarotta ‘ riparata ‘): fermo restando, però, che tale reintegrazione, onde rimuovere il pregiudizio per i creditori e, per tale via, determinare l’insussistenza dell’elemento materiale del reato , presuppone la prova in giudizio dell’ esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli atti distrattivi precedentemente perpetrati (Cass. pen. n. 57759 del 2017; Cass. pen. 14932 del 2023), senza, peraltro, che sia a tal fine sufficiente che la re stituzione dell’importo ricevuto o sottratto avvenga attraverso mere operazioni contabili (cd. ‘ giri ‘ di denaro) tra società del medesimo gruppo, senza nuovi apporti finanziari esterni, trattandosi di un ‘ adempimento apparente ‘, inidoneo a reintegrare, nella sua effettività ed integralità, il patrimonio dell’impresa prima della dichiarazione dello stato di insolvenza (Cass. pen. n. 13382 del 2020), a meno che non siano, in concreto, ravvisabili gli estremi dei vantaggi compensativi (Cass. pen. n. 18333 del 2022), che abbiano, però, i requisiti di certezza, congruità e proporzionalità e siano di valore almeno equivalente al sacrificio economico inizialmente sopportato dalla società poi fallita (Cass. pen. n. 42570 del 2024).
3.15. Il decreto impugnato, lì dove ha ritenuto che ‘ gli illeciti contestati dai Commissari non potevano dar luogo alla nullità di tutti gli atti correlati all’operazione di spin off per nullità della causa e per frode alla legge, ma piuttosto a nullità per diretta violazione delle norme imperative alle quali erano soggette le singole deliberazioni assembleari o a nullità per illiceità dell’oggetto delle delibere stesse (ipotesi soggette a
termini di decadenza ormai decorsi) ‘ e che ‘ l’eventuale finalità distrattiva non poteva comportare la nullità degli atti per frode alla legge, ma solo la loro revocabilità, anche questa soggetta a termini di prescrizione ormai decorsi ‘, si è posto in contrasto con gli indicati principi e dev’essere, dunque, corretto nei termini in precedenza esposti.
3.16. La decisione assunta è, tuttavia, corretta: il tribunale, invero, ha escluso la nullità dei contratti di locazione (dedotti a sostegno della domanda di ammissione al passivo del credito ai canoni maturati e non corrisposti) sul rilievo che ‘ la lesione ‘ dell’integrità del patrimonio sociale, ‘se vi è stata ‘, ‘ si è compiutamente realizzata per effetto delle delibere, ormai definitive, che hanno fatto uscire i beni dal patrimonio del Gruppo ‘, e che ‘ i contratti di locazione ‘ non hanno concorso ‘alla eventuale distrazione del patrimonio in favore di CVE ‘, ‘ interamente ‘ derivata ‘dalle operazioni societarie ‘ in precedenza compiute, ‘indipendente ‘, cioè, ‘ dalla … stipulazione ‘ di tali contratti.
3.17. Si tratta, com’è evidente, di un apprezzamento in fatto che, come tale, è suscettibile di essere sindacato in cassazione esclusivamente per il vizio consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere il giudice di merito, in sede di accertamento della fattispecie concreta: – a) omesso del tutto l’ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla
stessa proposta; b) supposto l’esistenza di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui verità risulti per contro incontrastabilmente esclusa dal testo della stessa sentenza o dagli atti processuali, sempre che siano stati controversi tra le parti ed abbiano avuto, nei termini esposti, carattere decisivo (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.14), nel senso che, ove esclusi, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta.
3.18. Resta, pertanto, fermo che: l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (e cioè, nel caso in esame, l’effettiva sussistenza di un collegamento teleologico tra le operazioni di cessione degli immobili in favore della società istante e il contratto di locazione stipulato tra quest’ultima e la società in amministrazione straordinaria), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; – è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che (come nei casi nella ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘, nella ” motivazione apparente ‘, nel ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e nella ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘) si sia tramutata in una violazione di legge costituzionalmente rilevante, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
3.19. Il giudice di legittimità ha, per contro, soltanto la facoltà del controllare, sotto il profilo della coerenza logicoformale, le argomentazioni svolte in ordine alla ricognizione della
fattispecie concreta dal giudice di merito, così come esposte nella pronuncia impugnata, cui spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. n. 40872 del 2021, in motiv.; Cass. n. 21098 del 2016; Cass. n. 27197 del 2011).
3.20. Il compito di questa Corte, in effetti, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionat o, si sia mantenuto, com’è accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
3.21. Il decreto impugnato, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dalla procedura opposta, ha, infatti, ritenuto (motivando il proprio convincimento sul punto in un modo del quale la ricorrente non ha espressamente contestato né la mera apparenza, né la perplessità o la contraddittorietà) che ‘ la lesione ‘ dell’integrità del patrimonio sociale, ‘se vi è stata ‘, ‘ si è compiutamente realizzata per effetto delle delibere, ormai definitive, che hanno fatto uscire i beni dal patrimonio del Gruppo ‘, ed ha, di conseguenza, escluso che ‘ i contratti di locazione ‘ (dedotti a sostegno della domanda di ammissione del credito ai canoni maturati) avessero concorso ‘alla eventuale distrazione del patrimonio in favore di CVE’, derivata ‘interamente dalle operazioni societarie ‘ in precedenza compiute, e cioè ‘indipendente dalla loro stipulazione ‘.
3.22. Tale apprezzamento non è stato efficacemente censurato dalla ricorrente (nell’unico modo a tal fine possibile, e cioè), a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per aver il tribunale supposto l’inesistenza (o, per converso, l’esistenza) di uno o più fatti storici controversi tra le parti, la cui esistenza (o, rispettivamente, inesistenza) sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso ed emergente dagli atti allo stesso allegati, nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.) dal testo della stessa pronuncia impugnata o (più probabilmente) dagli atti del relativo processo ed aventi carattere decisivo ai fini della soluzione della controversia (nel senso che, ove percepiti o, rispettivamente, esclusi, avrebbero senz’altro impos to al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da integrare il fondamento materiale della domanda proposta o dell’eccezione invocata nel giudizio di merito dalla parte poi ricorrente).
3.23. Ed una volta che il giudice di merito ha ritenuto, in fatto (non importa se a torto o a ragione), che ‘ i contratti di locazione ‘ (dedotti a fondamento della domanda di ammissione) non avevano concorso ‘alla … distrazione del patrimonio in favore di CVE’, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che lo stesso ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto dell’eccezione di nullità del contratto di locazione e l’accoglimento della domanda proposta dall’istante in quanto volta, appunto, all’ammissione al passivo del credito al pagamento dei canoni maturati e non versati.
3.24. Premesso, invero, che la sussistenza del dedotto collegamento cd. funzionale fra più atti negoziali postula un accertamento in fatto riservato al giudice di merito e che tale apprezzamento è, come tale, censurabile in sede di legittimità solo per vizio (nella specie, neppure dedotto con la dovuta specificità) di motivazione, risulta, in effetti, evidente che, se il contratto di locazione stipulato tra la concedente e la società poi assoggettata ad amministrazione straordinaria non è risultato, in fatto, funzionalmente collegato alle operazioni societarie che, in precedenza, avevano determinato la cessione degli immobili sociali all’opponente, depauperando il patrimonio della società alienante (nella misura corrispondente al loro valore ed al netto dei vantaggi eventualmente conseguiti), non può, di conseguenza, ritenersi, in diritto, che tale contratto (il quale, in effetti, in difetto della sicura emergenza di circostanze diverse, come la misura abnorme dei canoni pattuiti, neppure illustrate in ricorso con la necessaria specificità, non ha prodotto altro effetto che non sia stato quello di attribuire alla società poi dichiarata insolvente il godimento del bene in precedenza ceduto) sia stato parte della invocata operazione distrattiva e
sia, come tale, nullo per violazione delle corrispondenti norme incriminatrici.
3.25. Con il quarto motivo, la procedura ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 9 della l. n. 192/1998, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato l’eccezione di nullità del contratto per violazione dell’art. 9 della l. n. 192 cit. sul rilievo che non vi è prova dello stato di dipendenza economica dell’originario conduttore RAGIONE_SOCIALE ed, in particolare, dell’impossibilità per il conduttore di reperire valide alternative sul mercato, che è un elemento essenziale della fattispecie, costituendo la causa dell’eccessivo squilibrio negoziale, omettendo, tuttavia, di considerare che: – le condizioni imposte nei contratti di locazione in esame hanno comportato un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi ai danni della RAGIONE_SOCIALE, come la previsione di canoni di locazione annui del tutto abnormi rispetto ai canoni mediamente praticati nelle medesime zone e la previsione di un deposito cauzionale infruttifero a carico del conduttore; – tali condizioni contrattuali sono economicamente ingiustificate, rispetto a quanto stabilito dalla legge e dagli usi commerciali; – i contratti in questione hanno comportato un notevolissimo ed ingiustificato aumento rispetto alle locazioni precedentemente pattuite, con ogni conseguente violazione del precetto di cui all’art. 9 della legge n. 192 cit..
3.26. Il motivo è inammissibile. L’abuso di dipendenza economica, di cui all’art. 9 della l. n. 192 cit., è, infatti, nozione indeterminata il cui accertamento postula l’enucleazione della causa concreta della singola operazione che il complessivo regolamento negoziale realizza, secondo un criterio teleologico di valutazione, in via di fatto, della liceità dell’interesse in vista
del quale il comportamento è stato tenuto, sicché, nell’applicazione della norma, è necessario: – quanto alla sussistenza della situazione di ‘ dipendenza economica ‘, indagare se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia ‘ eccessivo ‘, essendo il contraente che lo subisce privo di reali alternative economiche sul mercato (p. es., perché impossibilitato a differenziare agevolmente la propria attività o per avere adeguato l’organizzazione e gli investimenti in vista di quel rapporto); quanto all” abuso ‘, indagare la condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero l’intenzionalità di una vessazione perpetrata sull’altra impresa, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell’impresa dominante (qua le, p. es., modificare le proprie strategie di espansione, adattare il tipo o la quantità di prodotto, o anche spuntare migliori condizioni), mirando la condotta soltanto ad appropriarsi del margine di profitto altrui (Cass. n. 1184 del 2020). Il divieto di abuso di dipendenza economica, previsto dall’art. 9 della l. n. 192/1998, avendo il duplice scopo di riequilibrare la posizione di forza nel singolo contratto e di tutelare i meccanismi concorrenziali del mercato, presuppone, in definitiva, la sussistenza di una disparità di potere contrattuale tale da determinare un eccessivo squilibrio nelle rispettive prestazioni, di cui costituisce elemento sintomatico la mancanza di reali possibilità di reperire nel mercato alternative soddisfacenti, nonché l’abuso d i tale situazione, che ricorre allorché la condotta arbitraria sia contraria a buona fede, ovvero sia volta, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell’impresa dominante, ad appropriarsi del margin e di profitto altrui (Cass. n. 27435 del 2024).
3.27. Il decreto impugnato, lì dove ha ritenuto l’infondatezza dell’eccezione di nullità sull’incensurato rilievo, in fatto, che difettava tanto ‘ la prova dello stato di dipendenza economica dell’originario conduttore RAGIONE_SOCIALE rispetto a RAGIONE_SOCIALE ‘, quanto, in particolare, ‘ la prova dell’impossibilità per il conduttore di reperire valide alternative sul mercato ‘, si è, dunque, attenuto ai principi esposti e si sottrae, come tale, ai rilievi critici sollevati in iure dalla ricorrente.
3.28. Con il quinto motivo, la procedura ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 50, comma 2°, del d.lgs. n. 270/1999 e dell’art. 1 bis della l. n. 166/2008, che ha convertito in legge, con modificazioni, il d.l. n. 134/2008, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che nell’amministrazione straordinaria delle gra ndi imprese in stato di insolvenza i contratti in corso continuano ad avere esecuzione, sino a quando il commissario non eserciti la facoltà di sciogliersi, e che il protrarsi dell’esecuzione non preclude la facoltà di scioglimento, ma obbliga al pagamento delle prestazioni ricevute fino alla decisione di scioglimento, omettendo, tuttavia, di considerare che, al contrario, ai sensi dell’art. 50 del d.lgs. n. 270/1999, la stabilizzazione dei rapporti contrattuali in corso al momento d ell’apertura dell’amministrazione straordinaria consegue non al mancato esercizio tout court della facoltà di scioglimento da parte del commissario straordinario, ma alla sua positiva determinazione di subentrare nei rapporti in questione, e che, di conseguenza, la prosecuzione di quei contratti, ove non sia stata accompagnata da un’espressa dich iarazione di subentro da parte del commissario, non comporta il
trasferimento del rapporto in capo alla procedura anche per le prestazioni pregresse e la prededucibilità del relativo credito.
3.29. Il motivo è infondato. L’art. 50 del d.lgs. n. 270/1999 dispone, infatti, che: ‘1. Salvo quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario può sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell’amministrazione straordi naria. 2. Fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione. 3. Dopo che è stata autorizzata l’esecuzione del programma, l’altro contraente può intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell’intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto. Le disposizioni del presente articolo non si applicano: a) ai contratti di lavoro subordinato, in rapporto ai quali restano ferme le disposizioni vigenti; b) se sottoposto ad amministrazione straordinaria è il locatore, ai contratti di locazione di immobili, nei quali il commissario straordinario subentra, salvo patto contrario ‘.
3.30. L’art. 1 -bis del d.l. n. 134/2008, conv. con la l. n. 166/2008, ha, peraltro, sancito che la disposizione di cui all’art. 50, comma 2, del d.lgs. n. 270/1999 ‘va interpretata nel senso che l’esecuzione del contratto, o la richiesta di esecuzione del contratto da parte del commissario straordinario, non fanno venir meno la facoltà di scioglimento dai contratti di cui al medesimo articolo, che rimane impregiudicata, né comportano, fino all’espressa dichiarazione di subentro del commissario straordinario, l’attribuzione all’altro contraente dei diritti previsti in caso di subentro del commissario straordinario dall’articolo 51, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 270 del 1999’ .
3.31. Si afferma, quindi, la regola per cui il contratto ineseguito o parzialmente eseguito prosegue ope legis e continua ad avere esecuzione sia dopo la dichiarazione d’insolvenza, sia a seguito dell’apertura dell’amministrazione straordinaria: al commissario viene, tuttavia, attribuito il potere di sciogliersi in ogni momento dal contratto, ma, finché una simile facoltà non viene esercitata, quest’ultimo continua ad avere esecuzione: un subingresso della procedura nel contratto può configurarsi, pertanto, soltanto in presenza di un’espressa manifestazione resa in tal senso dall’organo della procedura .
3.32. Risulta di tutta evidenza come una simile disciplina si diversifichi in maniera sensibile da quella contenuta nella legge fallimentare, la quale, piuttosto, all’art. 72 prevede la sospensione ex lege del rapporto contrattuale pendente al momento della sentenza dichiarativa fino a che il curatore non decida di subentravi o di sciogliersene.
3.33. Le ragioni di tale diversità di trattamento risiedono nella difforme natura del fallimento e dell’amministrazione straordinaria: strettamente liquidatoria e satisfattiva, nel primo caso; recuperatoria e comunque conservativa, nel secondo, da attuarsi attra verso la continuazione dell’attività d’impresa sub specie di prosecuzione finalizzata alla cessione (art. 27, comma 2, lett. a) e/o di ristrutturazione volta al risanamento (art. 27, comma 2, lett. b).
3.34. Ora, ciò premesso, la sorte dei diritti del contraente in bonis che ha continuato ad eseguire le prestazioni dedotte in contratto prima dello scioglimento del rapporto è disciplinata dall’art. 51 d.lgs. n. 270/1999, il quale, in particolare, stabilisce che ‘ i diritti dell’altro contraente ‘, sorti anteriormente allo scioglimento, sono regolamentati dalle disposizioni di cui agli artt. 72 ss. l. fall..
3.35. L’art. 72, comma 4°, l. fall, a sua volta, stabilisce che ‘ in caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno ‘.
3.36. In caso di fallimento, quindi, nei contratti a esecuzione continuata o periodica, determinandosi con l’apertura della procedura la sospensione degli effetti del contratto, lo scioglimento ha effetto a partire dalla dichiarazione di fallimento e questo anche se la volontà di sciogliersi viene espressa dal curatore in un momento successivo.
3.37. Nella procedura di amministrazione straordinaria, al contrario, operando per le ragioni suesposte il principio opposto delle continuità di esecuzione dei contratti, i crediti per i corrispettivi delle prestazioni effettuati maturati nel periodo compreso tr a l’apertura della procedura e la decisione del commissario di scioglimento del contratto vanno pagati in prededuzione ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 270/1999, a tenore del quale ‘ i crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono soddisfatti in prededuzione a norma dell’articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare, anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria ‘ (Cass. n. 19146 del 2022, in motiv.).
3.38. Nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in definitiva, l’art. 50, comma 2, del d.lgs. n. 270/1999, come interpretato dall’art. 1 bis del d.l. n. 134/2008, conv. con modif. dalla l. n. 166/2008, dispone la prosecuzione ope legis dei contratti in corso in funzione della conservazione dell’impresa ammessa alla procedura, sicché, da un lato, i predetti contratti continuano ad avere esecuzione fino a quando il commissario non eserciti la facoltà di sciogliersi e,
dall’altro, i crediti maturati dal contraente in bonis dopo l’apertura della procedura devono essere ammessi al passivo in prededuzione, essendo le relative prestazioni finalizzate alla continuazione dell’attività d’impresa ex art. 52 del d.lgs. n. 270 cit. (Cass. n. 28797 del 2018, la quale, in applicazione dell’esposto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva ammesso in prededuzione il credito per la rata del premio relativo ad un contratto di assicurazione sulla responsabilità civile pendente all’apertura della procedura, maturato tra quest’ ultima data e la dichiarazione del commissario di scioglimento dal detto contratto), anche nel successivo fallimento, in forza dell’art. 52 dello stesso d.lgs. e dell’art. 111, comma 1°, n. 1, l.fall. (Cass. n. 19146 del 2022).
3.39. Il credito del contraente in bonis alla remunerazione delle prestazioni effettivamente rese in favore dell’amministrazione straordinaria dopo l’apertura della procedura ha, pertanto, carattere prededucibile, pur in mancanza di subentro da parte del commissario nel contratto: e ciò in quant o, continuando il rapporto anche dopo l’apertura della procedura, gli effetti della manifestazione della volontà di scioglimento del contratto non possono riverberarsi, per il principio ricavabile dagli artt. 1378, 1373 e 1460 c.c., sulle prestazioni già eseguite di un contratto ad esecuzione periodica o continuata.
3.40. Il tribunale ha prestato osservanza ai principi esposti: lì dove, in particolare, ha ritenuto che, nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, i contratti in corso continuano ad avere esecuzione fino a quando il commissario non eserciti la facoltà di sciogliersi, e che la protrazione dell’esecuzione anche oltre l’apertura della procedura (come, nel caso in esame, è rimasto incontestato, a
fronte della detenzione degli immobili da parte della locataria fino alla risoluzione consensuale del contratto: cfr. il controricorso, p. 25) non preclude la facoltà di scioglimento, ma obbliga al pagamento delle prestazioni ricevute fino alla decisione di scioglimento; ed ha, di conseguenza, ammesso la società opponente al passivo della procedura di amministrazione straordinaria della locataria per il credito ai canoni maturati e non pagati, in prededuzione, senza dare, per contro, alcun rilievo al mancato subentro della stessa nei contratti di locazione pendenti.
Il ricorso per cassazione dev ‘ essere, di conseguenza, rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di giudizio, che liquida in €. 7.300,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima