Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22240 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22240 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19110/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 1361/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME, quale procuratore generale di NOME COGNOME, convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Cassino, NOME, NOME, NOME ed NOME
COGNOME il primo coniuge della defunta NOME COGNOME e gli altri figli della coppia, perché fosse risolto per inadempimento di parte convenuta il ‘ contratto di vitalizio ‘ stipulato in data 8/10/2002, che vedeva come vitaliziato il COGNOME e come vitalizianti i coniugi COGNOME/COGNOME con condanna alla restituzione dei beni ivi considerati e dei ratei mensili della pensione erogata dall’INPS al Di Pastena dall’ottobre 2002 al gennaio 2006 .
1.1. I convenuti chiesero il rigetto della domanda attorea, negando l’inadempimento loro ascritto per essere stata la controparte a impedire loro di adempiere.
1.2. Il Tribunale rigettò la domanda.
La Corte d’appello di Roma rigettò l’appello proposto da COGNOME.
2.1. Questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza, per quel che rileva:
come era emerso dalla prova testimoniale espletata in primo grado, il beneficiario della prestazione, in particolare nei tre giorni successivi al decesso della figlia, NOME COGNOME era stato comunque assistito da terzi non restando del tutto privo di quella assistenza che costituiva il risultato perseguito con la stipulazione del ‘ vitalizio ‘; l’adempimento da parte del terzo , avente carattere specifico e conforme all’obbligazione che doveva adempiere il debitore, per quanto spontaneo, escludeva, pertanto, l’inadempimento di quest’ultimo , ex art. 1180 cod. civ.;
-a tutto voler concedere, l’interruzione dell’assistenza da parte degli obbligati, oltre ad essere stata surrogata terzi, era stata tale <> ;
in merito alla richiesta di restituzione dei ratei riscossi, la Corte di Roma riporta, condividendola, la motivazione del primo Giudice, il quale aveva evidenziato che il beneficiario nel passato non aveva mosso rilievo alcuno alla figlia, anche in considerazione del fatto che la modestia dei ratei (€ 577,00) faceva apparire inverosimile che quest’ultima e il di lei marito non avessero impiegato gli s tessi per far fronte alle minime esigenze di vita del beneficiario; di talché per opinare diversamente sarebbe occorsa un’esplicita domanda di rendiconto; inoltre, soggiunge la sentenza d’appello, <>.
NOME COGNOME nella qualità, propone ricorso fondato su sette motivi. Resistono con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria, NOME, NOME, NOME COGNOME.
Con il primo motivo il ricorrente impugna la sentenza di secondo grado per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., rappresentato dalla circostanza, emersa nel corso del giudizio di primo grado, che gli odierni resistenti avrebbero subordinato l’offerta della loro prestazione al fatto che il Di COGNOME si trasferisse in quel di Pico presso l’abitazione della famiglia COGNOME.
4.1. Il motivo è inammissibile.
In presenza di ‘doppia conforme’, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc.
civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Peraltro, a volere prescindere da ogni altra considerazione, l’omesso esame non sarebbe stato, in ogni caso, qui supponibile, non vertendosi in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di decisività, bensì di rivendicazione di un diverso apprezzamento del complesso delle emergenze di causa (cfr., ex multis, Cass. n. 18886/2023).
Piuttosto, la doglianza avrebbe dovuto essere indirizzata alla mancata corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato per non avere, secondo quel che si ha modo di trarre dal motivo, pronunciato su uno dei motivi o su parte di esso.
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 1453 e segg. e 1455 cod. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n 3 cod. proc. civ.
Secondo il ricorrente, e contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di secondo grado, il contratto avrebbe dovuto essere risolto per inadempimento, non potendosi considerare esatto adempimento la proposta fatta dai COGNOME di trasferire il beneficiario in Pico, ove essi risiedevano, ovvero in Pontecorvo incaricando del servizio persona diversa dagli obbligati – la nipote NOME COGNOME -, in spregio alla natura di ‘intuitu personae’ del contratto.
5.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, va osservato, in correlazione con quanto esposto a riguardo del primo motivo, che la circostanza non risulta
essere stata affrontata dalla sentenza di secondo grado e, per contro, il ricorrente non riporta il contenuto della specifica censura d’appello che l’avrebbe contemplata.
In definitiva, per un verso si narrano fatti nuovi e, per altro verso, non viene colta la ratio decidendi della statuizione, facente perno sulla brevità della mancata assistenza (3 giorni), ampiamente giustificata dalla morte della vitaliziante, figlia del vitaliziato e sul fatto che a quest’ultimo, per mezzo della nuora NOME COGNOME in quel brevissimo periodo non venne fatto mancare nulla di quanto necessario.
Con la terza censura si denuncia violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., non avendo la Corte d’appello fatto buon governo del principio dell’onere della prova. In particolare gli odierni controricorrenti non avrebbero assolto all’onere di provare l’esatto adempimento della prestazione su essi gravante.
6.1. Il motivo è in parte infondato e per altra parte inammissibile.
Infondato, nella parte in cui sostiene il grave inadempimento colpevole della parte vitaliziante, laddove la sospensione dell’assistenza, come si è detto, di durata minimale, non privò l’assistito di quanto necessario e trova piena giustificazione nel sopravvenuto decesso di NOME COGNOME
Inammissibile, laddove, ancora una volta, prospetta condotta inadempiente della controparte, che avrebbe voluto imporre altra dimora al vitaliziato, che non trova riscontro nella sentenza impugnata.
Con il quarto motivo si denuncia falsa applicazione dell’art. 1180 cod. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 2, cod. proc. civ., affermandosi che la pronuncia gravata si porrebbe in contrasto
<>.
Attesa l’infungibilità della prestazione, l’adempimento della stessa non avrebbe potuto essere assolto da terzi, come invece ritenuto dalla Corte d’appello.
7.1. Il motivo è inammissibile poiché non contrasta la ‘ratio decidendi’, secondo la quale, la sospensione dell’assistenza ebbe durata brevissima e risultò imposta dall’eccezionalità dell’evento.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione degli artt. 1322 e 1872 e segg. cod. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ.
I Giudici di secondo grado, secondo il ricorrente, non avrebbero considerato che la morte di NOME COGNOME, vitaliziante e figlia del vitaliziato, avrebbe comportato l’estinzione dell’obbligazione stante l’infungibilità della prestazione.
La sentenza impugnata, lungi pertanto dal ritenere che il rapporto potesse proseguire secondo quello che gli obbligati si erano dichiarati pronti a fare, avrebbe dovuto, di contro, dichiarare l’estinzione del ‘ rapporto di vitalizio ‘ e la intrasmissibilità dello stesso agli eredi della Di COGNOME NOME.
La conseguenza di tale declaratoria non poteva che essere la restituzione dei beni al Di COGNOME.
8.1. Il motivo è inammissibile in quanto nuovo, non constando che il ricorrente abbia sottoposto la questione alla Corte di merito. Né risulta utile al fine l’argomento speso dal ricorrente (pag. 14) per sostenere che il motivo qui esposto <>. Anzi, esso conferma
che una tale doglianza non era stata avanzata con l’appello (e, ancor prima, non aveva costituito punto di domanda in primo grado), tanto da essere prospettata solo con il ricorso per cassazione.
Con il sesto motivo si denuncia violazione degli artt. 1322 e 1872 e segg. cod. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., dovendosi ritenere che, anche laddove non si dovesse considerare estinta l’obbligazione, era diritto di NOME COGNOME recedere dal contratto, stante la morte della vitaliziante e lo spiccato ‘ intuitu pers onae’ che caratterizza il ‘ vitalizio improprio ‘ .
Anche tale motivo, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto considerarsi aver la natura di mera ‘ emendatio libelli’ .
9.1. Il motivo è inammissibile in quanto nuovo, per le medesime ragioni svolte a riguardo del quinto motivo, non constando che il ricorrente abbia sottoposto la questione alla Corte di merito.
Con l’ultimo motivo il ricorrente si duole del mancato accoglimento del secondo motivo di appello, e lamentando la violazione dell’art. 1713 cod. civ. , in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., afferma di non condividere quanto ritenuto dalla Corte d’appello in merito alla mancata rendicontazione, nonostante fosse pacifico che NOME COGNOME avesse riscosso le mensilità della pensione del padre quale mandataria di costui. Anche a volere ammettere, prosegue il ricorrente, che le somme riscosse fossero state impiegate nell’interesse del mandante, la sentenza non aveva tenuto conto del fatto che la parte vitaliziante era tenuta per contratto al mantenimento del vitaliziato. Inoltre, andava esclusa approvazione tacita fondata sul mero silenzio.
10.1. Il motivo è infondato.
Per vero, questa Corte ha avuto modo di chiarire che nel mandato il rendiconto del mandatario può considerarsi tacitamente approvato dal mandante solo quando questi abbia tenuto, dopo la presentazione, secondo un apprezzamento di fatto anche riferito al rispetto degli obblighi di buona fede che compete esclusivamente al giudice del merito, un comportamento incompatibile con la volontà di contestarlo, non ravvisabile nel solo silenzio (Sez. 2, n. 20042, 24/7/2019, Rv. 654977).
La conclusione cui è giunta la Corte locale, sulla base di quanto accertato insindacabilmente in punto di fatto, non contrasta con il riportato principio evocato dal ricorrente, che anzi trova corretta applicazione.
L’approvazione tacita, infatti, non è stata fatta dipendere da un mero anodino silenzio del mandante, bensì dal complessivo comportamento di esso, incompatibile con la volontà di contestare l’impiego delle somme, protrattosi per anni, nel corso dei quali non consta essersi mai incrinata la fiducia nel mandatario. Accertamento, questo, implicante il vaglio del rispetto degli obblighi di buona fede, svolto dal Giudice del merito e in questa sede non sindacabile.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno