Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24129 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24129 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23952-2020 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 254/2019 della CORTE D’APPELLO di
COGNOME, depositata il 07/01/2020 R.G.N. 106/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
Contratto di subagenzia
R.G.N. 23952/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Cagliari rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale di Oristano n. 250/2016 che pure aveva rigettato le sue domande, volte ad ottenere la condanna del convenuto COGNOME NOME al pagamento di provvigioni, quantificate in € 265.975,89, dell’indennità suppletiva di clientela, pari ad € 11.777,19, dell’indennità di risoluzione del rapporto, per € 72.322,00, per un totale di € 350.075,08, oltre accessori, sull’ assunto di aver svolto attività di subagente per il convenuto da gennaio 2007 al giugno 2011.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, andando sul punto in contrario avviso rispetto al primo giudice, riteneva che vi fosse ‘prova documentale’ del dedotto rapporto di subagenzia tra le parti, ma che rimanesse del tutto non dimostrato quale fosse la specifica regolamentazione del rapporto posta in essere, sicché il contratto trovava la sua regolamentazione unicamente a livello legale, senza che fosse applicabile la contrattazione collettiva.
2.1. La Corte territoriale, quindi, riconsiderate le risultanze processuali, giudicava che non era possibile individuare quali affari l’allora appellante aveva direttamente procurato, né il loro buon fine, né una percentuale di provvigione diversa da quella, di volta in volta, riconosciuta ed applicata tra le parti, in misura variabile in relazione ai singoli affari, così confermando l’infondatezza della domanda del subagente relativa alle provvigioni.
2.2. Quanto, poi, all’indennità suppletiva di clientela, all’indennità di risoluzione del rapporto ed all’indennità
sostitutiva del preavviso, oltre alla carenza assoluta di allegazione e prova in relazione alla base di calcolo da tener presente, rilevava la Corte che nessuna prova era stata fornita dell’applicabilità al rapporto dell’AEC di cui si chiedeva l’applicazio ne nel ricorso, senza peraltro precisare da quale fonte deriverebbe la vincolatività dell’accordo stesso. In ordine all’indennità di preavviso, considerando che il rapporto era da qualificare a tempo indeterminato, richiamava Cass. n. 16940/2018.
2.3. Circa, infine, l’indennità ex art. 1751 c.c., riteneva mancanti i presupposti ‘strutturali e tipici’ per il suo riconoscimento, il che rendeva superflua la verifica dell’esistenza anche di quello ‘funzionale e non tipizzato’, costituito dalla corrispo ndenza ad equità dell’attribuzione.
Avverso tale decisione NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione (art. 360, comma 1 n. 3 cpc) di norme di diritto: art. 1748 Cod. Civ. e Accordi Economici Collettivi per la disciplina del rapporto di Agenzia del 26.02.2002 e del 16.02.2009; nonché artt. 115 e 116 e 432 cpc. Vizio di motivazione (art. 360 comma 1 n. 5 cpc)’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione (art. 360, comma 1 n. 3 cpc) di norme di diritto:
artt. 1751 c.c. 2697 c.c. 115 e 116 cpc. Vizio di motivazione (art. 360 comma 1 n. 5 cpc)’.
I motivi così rubricati, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.
Giova anzitutto ricordare che, secondo le Sezioni unite di questa Corte, il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’a rt. 360, comma 1, c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (così Cass., sez. un., 8.11.2021, n. 32415).
Ebbene, il primo ed il secondo motivo di ricorso in rubrica si riferiscono anche al mezzo di cui all’art. ‘360, comma 1, n. 5, cpc’, ma non vi è dedotto, anche nello sviluppo di ambedue le censure, l’ ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizi o che è stato oggetto di discussione tra le parti’, previsto dal n. 5 di tale comma primo.
Sempre secondo le Sezioni unite di questa Corte, inoltre, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (così Cass., sez. un., 27.12.2019, n. 34476).
Ebbene, con precipuo riferimento al primo motivo, il ricorrente dopo aver individuato le parti di motivazione che
censura (v. pagg. 20-23 del ricorso), muove una sua critica alle stesse che si fonda su quanto assume di aver dedotto sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e sul valore probatorio attribuito a determinate risultanze processuali (cfr. pagg. 24-27 dello stesso atto).
7.1. Inoltre, il ‘vizio di motivazione’ ex art. 360, comma primo, n. 5), genericamente indicato in rubrica, è poi esposto in termini di motivazione ‘del tutto contradditoria ed illogica’ rispetto a quanto considerato a pag. 5 dell’impugnata sentenza (v. pagg. 27-28 del ricorso).
Ma anche a riguardo il ricorrente, in realtà, propone una propria diversa lettura delle emergenze probatorie (cfr. pagg. 29-31 del ricorso).
7.2. Quanto, poi, alla pur dedotta violazione dell’art. 432 c.p.c., il ricorrente non considera che la Corte territoriale ha escluso per l’appunto l’ an del diritto del subagente a maggiori provvigioni, perché come già riferito in narrativa, ha concluso che, in base alle risultanze considerate, non era possibile ‘individuare né quali affari abbia direttamente procurato, né il loro buon fine, né una percentuale di provvigione diversa da quella, di volta in volta, riconosciuta ed applicata tra le parti, in mis ura variabile in relazione ai singoli affari’.
Analoghe considerazioni valgono per la seconda censura, che attinge la parte di motivazione relativa alla confermata reiezione delle richieste del subagente circa l’indennità suppletiva di clientela, l’indennità di risoluzione del contratto e l’indennit à sostitutiva del preavviso.
8.1. Anche in questo motivo, difatti, la critica formulata s’impernia su quanto il ricorrente assume di aver dedotto
nell’atto introduttivo e di aver provato (cfr. pagg. 34 -38 del ricorso per cassazione), senza peraltro che il ‘vizio di motivazione’ pure cumulativamente e genericamente denunciato in rubrica sia stato minimamente illustrato.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 8.500,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 12.6.2024.