Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17659 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17659 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3294-2018 proposto da:
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso il DECRETO del TRIBUNALE di SIRACUSA depositato il 21/12/2017;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 13/5/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. La TRAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza del 2013, chiedendo di essere ammessa per il credito dalla stessa vantato nei confronti della società fallita a titolo di ‘ canoni di locazione di attrezzature mediche ‘ per la somma di €. 141.944,50, in collocazione chirografaria, per
il periodo tra gennaio 2010 e settembre 2010, e di €. 100.270,21, in prededuzione, per il periodo tra agosto 2013 e novembre 2013.
1.2. Il Fallimento ha resistito all ‘ opposizione.
1.3. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha accolto l ‘ opposizione ed ha, quindi, ammesso l ‘ istante al passivo del Fallimento per la somma di €. 141.944,50, in collocazione chirografaria, e per la somma di €. 100.270,21, in prededuzione.
1.4. Il Fallimento, con ricorso notificato il 19/1/2018, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto.
1.5. La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
1.6. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, respingendo le eccezioni sollevate dal Fallimento di nullità dei contratti di locazione per motivo illecito e di annullabilità degli stessi per conflitto d ‘ interessi, ha ammesso l ‘opponente al passivo per la somma di €. 100.270,21, in prededuzione, in ragione dei canoni di locazione maturati in forza dei contratti stipulati negli anni 2011 e 2012, senza, tuttavia, considerare i fatti decisivi emergenti dagli atti del giudizio e controversi tra le parti, e cioè che: – nel periodo di stipula dei contratti di locazione tra la società opponente e la RAGIONE_SOCIALE, e cioè negli anni 2011 e 2012, le due contraenti avevano lo stesso socio di maggioranza, il quale, peraltro, era anche l ‘ amministratore unico della società poi fallita, ed erano, pertanto, legate da un oggettivo collegamento amministrativo e finanziario tale da far presumere l ‘ esistenza di
un ‘ unico soggetto direttivo ‘, ‘ idoneo a far confluire le diverse attività d ‘ impresa verso un unico scopo comune ‘ , e cioè arrecare un esclusivo vantaggio per la RAGIONE_SOCIALE in pregiudizio della società poi fallita e dei relativi creditori; – i canoni di locazione pattuiti nei contratti stipulati negli anni 2011 e 2012, come accertato dal consulente tecnico d ‘ ufficio, erano stati, inoltre, convenuti dalle società contraenti in misura ‘ di gran lunga superiore ai prezzi di mercato ‘ .
2.2. Il motivo è inammissibile. Il tribunale, infatti, dopo aver escluso, in fatto, la sussistenza tanto del l’affermato ‘ collegamento amministrativofinanziario tra le … società ‘ , quanto dell ‘ eccepita ‘ incongruità ‘ dei canoni di locazione rispetto ai prezzi di mercato, ha correttamente ritenuto, in iure , che non era configurabile il motivo illecito comune così come eccepito in giudizio dal Fallimento opposto, non potendo, neppure in via indiziaria, affermarsi l ” intento comune delle due società contraenti di frodare i terzi creditori … mediante i reiterati esborsi finanziari a titolo di onerosi canoni di locazione in favore della … società ‘ opponente.
2.3. Il tribunale, nello stesso modo, dopo aver ritenuto, in fatto, che il Fallimento non aveva dimostrato in giudizio che, nell ‘ anno 2006, quando i contratti di locazione sono stati stipulati (per essere solo rinnovati nel 2011 e 2012), l ‘ amministratore unico della società poi fallita era effettivamente anche il socio di maggioranza della RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, altrettanto correttamente escluso, in diritto, la sussistenza dell ‘ eccepito conflitto d ‘ interessi di cui all ‘ art. 2475 ter c.c., il quale, com ‘ è noto, prevede che può essere annullato il contratto che l ‘ amministratore abbia stipulato in rappresentanza della società (a responsabilità limitata) solo se in conflitto d ‘ interessi
con la stessa ‘ per conto proprio o ‘, come eccepito nella specie, ‘ di terzi ‘.
2.4. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 167 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la violazione all ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ammesso l ‘ opponente al passivo del Fallimento per i canoni di locazione maturati in forza dei contratti stipulati con la società poi fallita, senza, tuttavia, pronunciarsi sull ‘ eccezione di inefficacia che il Fallimento opposto aveva sollevato in ragione della mancata autorizzazione da parte del giudice delegato non solo alla modifica contrattuale intervenuta nell ‘ anno 2013, come ha ritenuto il tribunale, ma anche, come in realtà dedotto dal Fallimento, alle rinnovazioni dei contratti di locazione intervenute negli anni 2011 e 2012, quando cioè la società poi fallita era già stata ammessa alla procedura del concordato preventivo, non potendosi gli stessi configurare, in ragione della loro idoneità ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, come meri atti di ordinaria amministrazione.
2.5. Il motivo (a fronte dell ‘ inequivoca pronuncia sull ‘ eccezione proposta in relazione alla modifica intervenuta nel 2013: cfr. il terzo motivo) è inammissibile. È vero che, ove il ricorso per cassazione deduca la violazione nel giudizio di merito dell ‘ art. 112 c.p.c., si tratta di un error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale ed accerta la sussistenza o meno della violazione denunciata prescindendo dalla motivazione resa dal giudice del merito (Cass. n. 18932 del 2016). È anche vero, però, che: – tale vizio, non essendo rilevabile d ‘ ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare
direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena d ‘ inammissibilità, all ‘ adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l ‘ altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell ‘ onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi; – per poter utilmente dedurre, in sede di legittimità, un vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell ‘ art. 112 c.p.c., è, pertanto, necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un ‘ eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronuncia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall ‘ altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l ‘ indicazione specifica, altresì, dell ‘ atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l ‘ una o l ‘ altra erano state proposte (Cass. n. 25299 del 2014); – è, quindi, inammissibile, per violazione del criterio della specificità del motivo, il ricorso per cassazione con il quale il ricorrente lamenti la mancata pronuncia da parte del giudice di merito su di un ‘ eccezione ove la stessa non risulti essere stata formulata inequivocabilmente, in modo da rendere necessaria una pronuncia su di essa, e (come nel caso in esame) non sia stata riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini con l ‘ indicazione specifica dell ‘ atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta (cfr. Cass. n. 3845 del 2018).
2.6. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 167 l.fall. nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1596 e 1957 ( rectius , 1597) c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il
decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ammesso l ‘ opponente al passivo del Fallimento per i canoni di locazione maturati in forza dei contratti stipulati con la società poi fallita sul rilievo che la modifica intervenuta nel 2013 non costituiva un atto di straordinaria amministrazione e che, in ogni caso, la mancanza dell ‘ autorizzazione prevista dall ‘ art. 167 l.fall. avrebbe comportato solo l ‘ inopponibilità della modifica ma non anche delle pattuizioni originarie, senza, tuttavia, considerare che anche i contratti del 2011 e 2012, costituendo atti di straordinaria amministrazione, avrebbero dovuto essere autorizzati dal giudice delegato, e che, una volta che pure tali contratti fossero venuti meno, non sarebbe residuato alcun titolo contrattuale da porre a fondamento dell ‘ ammissione perché i contratti del 2006 erano nel frattempo cessati per decorso del termine di durata.
2.7. Il motivo (per la parte che ancora rileva a seguito del rigetto del secondo: e cioè con riferimento alla modifica intervenuta nel 2013 ) è inammissibile. Il ricorrente, infatti, non si confronta con la pronuncia che ha impugnato: la quale, infatti, con statuizione rimasta incensurata, ha ritenuto, in fatto, che ‘ la modifica del prezzo della locazione ‘, se, per un verso, non è stata autorizzata ai sensi dell ‘art. 167 l.fall. ‘ pur essendo intervenuta in pendenza della procedura di concordato preventivo ‘, ha, per altro verso, riguardato ‘ solo il quantum e non in termini peggiorativi per la locataria ‘: e ciò esclude, evidentemente, che la stessa possa essere qualificata, ai fini previsti dall ‘ art. 167 l.fall., come un atto di straordinaria amministrazione in quanto (in ipotesi) idonea ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore.
2.8. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nonché la mancata applicazione dell ‘ art. 2697 e la violazione dell ‘ art. 132, comma 42°, n. 4, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, dopo aver escluso la prova della proprietà in capo alla società opponente dei beni e delle attrezzature che avrebbe concesso in locazione alla società poi fallita e, dunque, rigettato la domanda di restituzione degli stessi, ha, poi, contraddittoriamente ammesso l ‘ opponente al passivo del Fallimento per i canoni di locazione maturati in forza di tali contratti.
2.9. Il motivo è inammissibile. Non è, infatti, insanabilmente contraddittoria sul piano logico-giuridico la pronuncia con la quale il giudice di merito, da un lato, riconosce ad un contraente il diritto al pagamento dei canoni di locazione maturati in ragione dei contratti con i quali lo stesso, avendone la disponibilità materiale (come, nel caso in esame, è rimasto incontestato), abbia concesso beni mobili in locazione ad un terzo e, dall ‘ altro, nega allo stesso contraente la restituzione di tali beni in difetto di prova della sua proprietà sugli stessi, posto che, com’è noto, l a stipula di un valido ed efficace contratto di locazione presuppone unicamente la disponibilità materiale dei beni in capo al concedente e non anche la proprietà degli stessi.
2.10. Questa Corte, invero, ha ripetutamente affermato che il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale e che, di conseguenza, chiunque abbia la disponibilità del bene in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico può validamente concederlo in locazione a terzi, onde la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, a meno che (ma non emerge nel caso in esame) la detenzione non sia stata
acquistata illecitamente (Cass. n. 22346 del 2014; Cass. n. 27021 del 2016).
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile.
Nulla per le spese di giudizio, in difetto di costituzione dell’intimata.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima