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Contratto di finanziamento: onere della prova e usura

Un consumatore ha citato in giudizio una banca e una società finanziaria, sostenendo che il contratto di finanziamento sottoscritto fosse viziato da usura e dolo. Inizialmente, aveva richiesto un piccolo prestito, ma si era ritrovato a firmare un accordo per un importo e una durata notevolmente superiori. I tribunali di primo e secondo grado hanno respinto le sue richieste, negando anche l’ammissione di una consulenza tecnica (CTU). La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, rigettando il ricorso. La Corte ha sottolineato che il ricorrente non ha fornito prove sufficienti per dimostrare l’usura soggettiva o il raggiro, e che la semplice discrepanza tra l’accordo preliminare e quello definitivo non è di per sé una prova di illecito. Inoltre, ha ribadito che la commissione di estinzione anticipata non rileva ai fini del calcolo del tasso di usura e che il giudice ha un potere discrezionale nel decidere sull’ammissione delle prove.

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Contratto di Finanziamento Sospetto? La Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

Quando un piccolo prestito si trasforma in un impegno finanziario decennale e sproporzionato, è naturale chiedersi se il contratto di finanziamento sia valido. Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione illustra le difficoltà che un consumatore può incontrare nel dimostrare la nullità di un accordo, anche quando le circostanze appaiono sospette. La vicenda mette in luce i principi fondamentali sull’onere della prova in materia di usura, dolo e tutela del consumatore.

I Fatti: Dal Piccolo Prestito all’Impegno Decennale

Un pensionato si era recato presso la sua banca di fiducia per richiedere un finanziamento di circa 5.000 euro. L’istituto di credito lo ha indirizzato al personale di una società finanziaria che operava direttamente all’interno della filiale.
Inizialmente, il consumatore ha sottoscritto un “impegno a contrarre” per un prestito di 5.500 euro, da rimborsare in 60 rate mensili. Pochi giorni dopo, tuttavia, gli è stato sottoposto per la firma un contratto definitivo radicalmente diverso: l’importo erogato saliva a quasi 13.000 euro, con un piano di restituzione che superava i 25.000 euro in 10 anni.
Accortosi dello squilibrio e della sconvenienza dell’operazione, il pensionato ha avviato un’azione legale, chiedendo di dichiarare la natura usuraria del mutuo o, in subordine, di annullare il contratto per vizi del consenso e violazione delle norme a tutela del consumatore.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le domande del consumatore. I giudici hanno ritenuto che non fossero state fornite prove sufficienti a sostegno delle accuse. In particolare, è stata negata la richiesta di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per accertare l’usurarietà dei tassi e di un interrogatorio formale del legale rappresentante della finanziaria. Secondo le corti, le prove richieste non erano decisive e le contestazioni erano formulate in modo troppo generico.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul contratto di finanziamento

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando il ricorso inammissibile e infondato. L’analisi della Suprema Corte si è concentrata su tre punti principali.

Sulla Violazione delle Norme a Tutela del Consumatore

Il ricorrente lamentava la violazione di numerose norme del Codice del Consumo, sostenendo che le clausole vessatorie avrebbero dovuto portare alla nullità dell’intero contratto. La Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile, spiegando che anche qualora le clausole fossero state abusive, la conseguenza sarebbe stata la nullità delle singole clausole e non dell’intero accordo. Il ricorrente non aveva, inoltre, adeguatamente contestato la ratio decidendi della corte d’appello su questo punto.

Sulla Mancata Ammissione delle Prove (CTU e Interrogatorio)

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito ha un potere discrezionale nell’ammettere o meno i mezzi di prova. La CTU non è uno strumento per sopperire alla carenza probatoria della parte, ma un ausilio per il giudice su questioni tecniche. Poiché il ricorrente non aveva fornito elementi concreti e specifici a sostegno della sua tesi di usura, il giudice poteva legittimamente ritenere la perizia superflua o dilatoria. Lo stesso vale per l’interrogatorio formale, che non era stato articolato in capitoli di prova decisivi.

Sulla Questione dell’Usura nel contratto di finanziamento

La Cassazione ha confermato la valutazione della Corte d’Appello. Per quanto riguarda l’usura oggettiva, il tasso applicato (16,73%) era inferiore al tasso soglia legale dell’epoca (17,82%). Per l’usura soggettiva, che richiede la prova dell’approfittamento dello stato di difficoltà del debitore, il ricorrente non aveva fornito alcuna dimostrazione concreta. Inoltre, la Corte ha chiarito che la commissione di estinzione anticipata non è una remunerazione del capitale e, pertanto, non può essere sommata agli interessi per il calcolo del superamento della soglia di usura.

Le Motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda sul principio cardine dell’onere della prova: chi agisce in giudizio per far valere un proprio diritto deve fornire le prove dei fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel caso di specie, la semplice discrepanza tra un accordo preliminare e un contratto di finanziamento definitivo, per quanto notevole, non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un raggiro o di una condizione di usura. Il consumatore avrebbe dovuto fornire elementi specifici per provare l’approfittamento del suo stato di bisogno (per l’usura soggettiva) o articolare in modo preciso e decisivo le richieste istruttorie. L’assenza di tali elementi ha legittimato il rigetto delle domande e la mancata ammissione di prove come la CTU, la cui funzione non è quella di ricercare le prove al posto della parte processuale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Per i consumatori, emerge la necessità di una vigilanza estrema prima di firmare qualsiasi documento finanziario e di raccogliere ogni elemento utile a documentare le trattative. Per gli avvocati, sottolinea l’importanza di articolare le difese in modo rigoroso, supportando ogni affermazione con prove concrete e formulando le richieste istruttorie in maniera specifica e decisiva. La decisione ribadisce che, nel processo civile, le affermazioni, anche se plausibili, devono essere solidamente provate per poter trovare accoglimento.

La commissione di estinzione anticipata va calcolata per verificare il superamento del tasso soglia di usura?
No, secondo la Corte di Cassazione la commissione per l’estinzione anticipata del mutuo non rappresenta un costo collegato all’erogazione del credito, ma un corrispettivo per lo scioglimento anticipato degli impegni. Pertanto, non è rilevante ai fini del calcolo del superamento della soglia di usura.

È sufficiente dimostrare una grande differenza tra l’importo del prestito inizialmente discusso e quello del contratto di finanziamento finale per provarne la nullità?
No, la sola constatazione della differenza di importi e condizioni tra un impegno a contrarre e il contratto di finanziamento definitivo non è di per sé prova sufficiente di un raggiro, di dolo o di usura soggettiva. Il ricorrente deve fornire prove concrete dell’approfittamento del suo stato di difficoltà economica.

Un giudice può rifiutarsi di ammettere una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) richiesta per accertare l’usura?
Sì, il giudice di merito ha un potere discrezionale nella valutazione della necessità e utilità della CTU. Può ritenerla superflua o dilatoria se la parte che la richiede non ha già fornito elementi di prova sufficienti a rendere plausibile la sua richiesta. La CTU è un mezzo di ausilio per il giudice, non uno strumento per sopperire all’inerzia probatoria della parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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