Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35052 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35052 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17258/2019 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avv. NOME COGNOME COGNOME che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 583/2019 della Corte d’Appello di Torino, depositata il 3.4.2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
appalto di opera pubblica i ndetta dall’ANAS, stipulò con RAGIONE_SOCIALE Torremaggiore un contratto per potersi avvalere della SOA OG3, classifica III -bis , di cui era titolare la società consortile e che era richiesta dal bando come requisito soggettivo necessario per aggiudicarsi i lavori.
Aggiudicatasi l’appalto e portate a termine le opere previste, NOME COGNOME convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE imputandole l’inadempimento del l’obbligo di fornirle i mezzi necessari per dare esecuzione a ll’appalto e chiedendo la risoluzione del contratto di avvalimento, nonché la condanna della società consortile alla restituzione dell’acconto percepito sul corrispettivo pattuito del 3% dell’importo dei lavori appaltati , oltre al risarcimento dei danni.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di Torino respinse la domanda e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannò NOME COGNOME al pagamento del saldo del corrispettivo pattuito nel contratto di avvalimento.
La sentenza venne impugnata davanti alla Corte d’Appello di Torino, la quale rigettò il gravame e confermò la decisione di primo grado.
Contro la sentenza d’appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è rubricato, testualmente: « error in iudicando -manifesta illogicità della pronuncia -violazione dell’art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 -violazione e falsa applicazione dell’art. 89 del d.lgs. 50 del 2016 -violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del contratto di avvalimento -violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. -difetto di motivazione -omessa considerazione punti decisivi della controversia -violazione dell’art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 -violazione e falsa applicazione dell’art. 89 del d.lgs. 50 del 2016 -violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del contratto di avvalimento».
Nella lunga illustrazione del motivo la ricorrente ripete più volte -e con ingravescente enfasi grafica -che la Corte d’Appello avrebbe compiuto «una ricostruzione normativa sull’avvalimento errata», che in forza del contratto «il consorzio avrebbe dovuto, in concreto, conceder tutte le risorse necessarie all’esecuzione » e che , altrimenti, non si spiegherebbe l’obbligo di pagare a RAGIONE_SOCIALE: «50 mila euro per non aver NULLA IN CAMBIO».
Il secondo motivo di ricorso è rubricato « error in iudicando -error in procedendo -violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del contratto di avvalimento violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1362 a 1371 c.c. -violazione e falsa applicazione dell’art. 1378 c.c. manifesta illogicità della pronuncia -difetto di motivazione -omessa considerazione punti decisivi della controversia».
L’illustrazione procede sostanzialmente sulla stessa linea di quella del motivo precedente, sostenendosi che l’impresa
individuale di NOME COGNOME era «pacificamente non dotata di mezzi, uomini e risorse per poter eseguire i lavori nella categoria OG3, tanto che ha dovuto stipulare l’avvalimento», da qualificare come «avvalimento operativo» e non meramente «di garanzia».
La rubrica del terzo motivo, non dissimile dalle precedenti, denuncia « error in iudicando -error in procedendo -violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del contratto di avvalimento -violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 a 1371 c.c. -manifesta illogicità della pronuncia -difetto di motivazione -omessa considerazione punti decisivi della controversia».
Nell’illustrazione del motivo si prende in esame «l’istituto dell’avvalimento» per ribadire che «l’ausiliata è un operatore che per definizione è sprovvisto delle risorse economiche finanziarie e tecnico organizzative» necessarie per eseguire l’appalto e che, pertanto, è «lampante» che tali risorse devono essere fornite dall’ausiliaria .
Il ricorso, per come formulato, è vistosamente inammissibile perché vengono prospettati indistintamente e in modo generico vizi diversi (violazione di norme di diritto, omessa motivazione, omesso esame di fatti decisivi), senza che si riesca a dipanare una censura dall’altra , per individuarne un oggetto specifico che possa essere separatamente esaminato (v. Cass. nn. 28541/2024; 18021/2016; 21611/2013).
Persino superfluo aggiungere che non è sindacabile in sede di legittimità la pretesa violazione «dell’art. 2 del contratto di avvalimento», non trattandosi di «norme di diritto», mentre la ricorrente non specifica quali canoni legali di interpretazione
del contratto sarebbero stati violati, e come, dalla Corte d’Appello (v. Cass. nn. 11254/2018; 16987/2018; 21576/2019; 22318/2023; 18214/2024).
Il «difetto di motivazione» è enunciato senza alcuna descrizione dello stesso, che -per essere censurabile con il ricorso per cassazione -dovrebbe essere, non una semplice insufficienza, bensì una totale assenza di motivazione, con la conseguente violazione del «minimo costituzionale» che determina la nullità della sentenza (Cass. S.U. n. 8053/2014).
Quanto poi ai «punti decisivi» di cui sarebbe stata omessa la considerazione, l’illustrazione dei motivi non aiuta a definire di cosa si tratti e, in particolare, quale sarebbe il «fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e di cui la Corte territoriale abbia omesso l’esame.
In definitiva, la ricorrente non fa altro che ribadire più volte la propria ferma opinione secondo cui: a) se un’impresa partecipa a una gara d’appalto pubblico avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto, ai sensi -all’epoca dell’art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006, è evidente che essa non ha i mezzi per eseguire l’opera e che quei mezzi le devono essere forniti dall’impresa titolare dei requisiti; b) se così non fosse, la semplice messa a disposizione delle SOA richieste dal bando di gara non sarebbe una valida causa per il pagamento di un corrispettivo.
Si tratta di un’opinione di cui però non si spiega in che modo e in che termini troverebbe fondamento nelle disposizioni di legge che si assumono violate e che, per quanto difesa con energia, non vale a dare fondamento al l’ attribuzione alla sentenza qui impugnata del coacervo indistinto di vizi menzionati nelle rubriche dei motivi di ricorso.
Del resto, scendendo sul piano delle considerazioni di carattere sostanziale , è chiaro che l’impresa che fa un’offerta per partecipare a una gara d’appalto si impegna ad adempiere il contratto in conformità a quel l’offerta e deve essere in grado di farlo con i mezzi a sua disposizione, mentre l’avvalimento serve alla stazione appaltante per poter contare su un garante, avente determinate caratteristiche, soltanto per il caso in cui l’aggiudicataria nonostante l’impegno assunto risultasse inadempiente. Naturalmente il contratto di avvalimento è fonte di obblighi anche per l’ impresa ausiliaria, ma non certo dell’obbligo di eseguire il contratto d’appalto come se fosse essa stessa l’aggiudicataria.
Infine, la messa a disposizione delle SOA rappresenta di per sé una « prestazione … suscettibile di valutazione economica», che corrisponde « a un interesse … del creditore» (art. 1174 c.c.), come dimostra il fatto che proprio quella prestazione ha permesso alla ricorrente di partecipare alla gara d’appalto , di risultare aggiudicataria e di portare a termine l’opera percependo il corrispettivo di oltre un milione e mezzo di euro. In quanto «prestazione … suscettibile di valutazione economica» la messa a disposizione delle SOA può essere fatta oggetto di un contratto che preveda lo scambio sinallagmatico di quella prestazione con un corrispettivo in denaro. Risulta, pertanto, francamente incomprensibile la doglianza gridata dalla ricorrente secondo cui essa avrebbe pagato € 50.000 «per non aver NULLA IN CAMBIO».
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese legali per il presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
6. Si dà atto che, in base all’esito del ricorso, sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, liquidate in € 3.500 per compensi, oltre a spese generali al 15%, € 200 per esborsi e accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima