SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 680 2025 – N. R.G. 00005061 2020 DEL 31 01 2025 PUBBLICATA IL 31 01 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE
Riunita in camera di consiglio e così composta
dr.ssa NOME COGNOME presidente
dr.ssa NOME COGNOME consigliere rel.
dr. NOME COGNOME consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 5061/2020 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2020 a cui è riunito il giudizio iscritto al n. 5081/2020, decisa a seguito di discussione orale, ex art. 281sexies c.p.c, all’udienza del giorno 31/01/2025 e vertente
TRA
(p.Iva ) in persona dell’amministratore legale e del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME in virtù di mandato rilasciato in calce all’atto di appello ed elettivamente domiciliati presso lo studio di detto difensore in Latina, INDIRIZZO P.
APPELLANTE – APPELLATO nel giudizio 5081/2020
(c.f. e P.Iva in persona del legale rappresentante amministratore p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione nel presente grado ed all’atto di appello nel giudizio 5081/2020 ed elettivamente domiciliati presso l’indirizzo pec di detto difensore, P.
APPELLATO-APPELLANTE nel giudizio 5081/2020
OGGETTO: appello contro sentenza n. 1185/2020 del Tribunale di Latina pubblicata in data 30/06/2020
FATTO E DIRITTO
§ 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata: <>
§ 2. – Il Tribunale di Latina con sentenza n. 1185/2020 così statuiva: <>
§ 3. – Il tribunale a sostegno della decisione osservava:<>
§ 4. – Ha proposto appello iscritto al n. 5061/2020 formulando due motivi di gravame, di seguito illustrati; avanzava istanza di inibitoria e rassegnava le seguenti conclusioni:<> § 5. – Ha proposto appello il iscritto al n. 5081/2020. Formulava cinque motivi di gravame di seguito illustrati e rassegnava le seguenti conclusioni: <>.
§ 6. – Nel giudizio iscritto al n. 5061/2020 si costituiva il
formulava istanza di riunione con il giudizio r.g. 5081/2020 ed eccepiva l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza in fatto ed in diritto del gravame. Rassegnava le seguenti conclusioni: <>.
§ 7. – Nel giudizio iscritto al n. 5081/2020 si costituiva e rassegnava le seguenti conclusioni: <>.
§ 7.1 – Con ordinanza del 27 -29 gennaio 2021 la Corte rigettava l’istanza di inibitoria e rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni, poi più volte differita. In data 29 gennaio 2021 veniva riunito al presente il giudizio iscritto al n. 5081/2020.
La causa, da ultimo, veniva rinviata all’udienza del 31 gennaio 2025 per la precisazione delle conclusioni. Con decreto presidenziale del 4 dicembre 2024 veniva disposto il mutamento del rito e la discussione orale ex art. 281sexies c.p.c con assegnazione alle parti del termine di giorni trenta prima dell’udienza per il deposito di note. Hanno depositato note entrambi i difensori che all’odierna udienza precisavano le conclusioni come da verbale e discutevano brevemente la causa che veniva contestualmente decisa. § 8. – i motivi di gravame del giudizio iscritto al n. 5061/2020
§ 8.1 – Con il primo motivo titolato: <> censura la sentenza di primo grado per avere il Tribunale fondato la decisione <> sulla CTU, senza tener conto delle note critiche sollevate dalle parti, contrariamente a quanto avrebbe dovuto fare secondo la giurisprudenza di legittimità. Sostiene, pertanto, che la sentenza sia nulla per violazione dell’art. 132, n.4, c.p.c., <> posto che l’unica parte riferibile al Giudice sarebbe quella relativa alla compensazione giudiziale (cfr. pp. 10 e 11 della sentenza impugnata). Con ulteriore profilo censura la sentenza imputando al primo giudice la violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulle deduzioni contrarie alla CTU di essa appellante, in particolare su quelle sollevate nel verbale di udienza del 4/12/2018. In sintesi, in tale sede, lamentava, con riferimento alle infiltrazioni, che il danno era stato stimato dopo aver premesso che non sussistevano infiltrazioni e si lamentava l’esorbitanza del costo stimato. Con riguardo alla verniciatura delle ringhiere in ferro lamentava che il ctu aveva affermato che le ringhiere di tutto il fabbricato dovessero essere ripristinate, senza tuttavia averle visionate personalmente, posto che l’ausiliare aveva potuto esaminare unicamente quelle di cui ai piani quarto e quinto.
§ 8.2 – Con il secondo motivo titolato: <> censura la decisione del Tribunale nella parte in cui ha condannato essa Impresa al pagamento delle spese di lite, in assenza di idonea e/o sufficiente motivazione. Sostiene che il Giudice, al fine di valutare la soccombenza, avrebbe dovuto tenere conto dell’esito complessivo della lite. A tal riguardo, significa che, nel caso di specie, vi sarebbe stata soccombenza reciproca, posto che: <>.
§ 9 – I motivi di gravame del giudizio iscritto al n. 5081/2020
§ 9.1 – Con il primo motivo titolato: <> il censura la sentenza di primo grado per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi sulla domanda così formulata: <>, chiedendone il riesame in sede di appello. Sostiene risulti acclarata la debenza di tale somma, anche in base alle risultanze della CTU, precisando, tuttavia, di non aver mai richiesto le somme a causa dell’inottemperanza da parte dell’impresa, bensì al fine di recuperare quanto da essa corrisposto e da tanto conseguiva l’irrilevanza – come spiegato dal ctu – del fatto che non fosse stata prodotta la prova che il avesse provveduto al pagamento di tali oneri. Pertanto, in via subordinata, censurava la sentenza anche per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la domanda sia stata implicitamente respinta sulla base delle conclusioni a cui era pervenuto il CTU.
§ 9.2 – Con il secondo motivo titolato: <> censura la decisione di primo grado nella parte in cui il Tribunale afferma: <>. Sostiene che, in tal modo, il primo Giudice ha ritenuto di natura extracontrattuale e spettante all’impresa l’importo di euro 21.796,00, mentre, come emerge dal capitolato dei lavori (voce A2) allegato al contratto, esso prevedeva espressamente la: <>. Inoltre, l’appalto era <> e l’importo complessivo era stato convenuto in euro 100.941,00, oltre IVA nella misura del 10%. In conclusione, afferma che l’importo di euro 21.796,00, relativo alla demolizione, rifacimento e rasatura degli intonaci di facciata era ricompreso nell’importo contrattuale.
§ 9.3 – Con il terzo motivo titolato: <> critica la sentenza per avere il primo giudice aderito alle risultanze della CTU e senza tenere in considerazione le critiche mosse dal consulente di parte di esso e per aver quantificato in soli euro 2.000,00 il costo del ripristino delle infiltrazioni verificatesi nell’interno 12, a fronte dell’importo di euro 5.711,90 stimato dal CTP. Critica, inoltre, la CTU per non aver effettuato alcuna verifica circa l’andamento delle pendenze e l’impermeabilizzazione del terrazzo di copertura che si estende al quinto piano, al di sopra degli interni 11 e 12, e per aver affermato che le infiltrazioni non fossero <>, trattandosi di conclusione illogica in quanto impossibile a verificarsi in assenza di interventi risolutivi e, conseguentemente critica la sentenza per avere il primo giudice aderito a tali conclusioni illogiche. Censura la relazione di CTU anche nella parte in cui ha fornito risposta solo parziale al quesito n.1, relativo all’accertamento dell’errata assegnazione delle pendenze e alla difettosa impermeabilizzazione eseguita e, conseguentemente, la sentenza.
§ 9.4 – Con il quarto motivo titolato: <> censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha respinto la domanda di esso alla condanna dell’impresa al pagamento dei costi necessari per la piattaforma mobile di euro 13.312,00, relativa ai lavori di rispristino delle ringhiere. Evidenzia che, sul punto, il primo Giudice si è limitato a recepire le conclusioni dell’ausiliare secondo il quale non vi era necessità di una piattaforma mobile per eseguire gli interventi; significava che tale conclusione era errata ed ignorava le puntuali osservazioni critiche di parte, secondo cui la piattaforma mobile sarebbe imprescindibile anche al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori, ex art. 122 d.lgs. n. 81/2008 che impone l’uso, nell’esecuzione di lavori in quota, di attrezzature di sicurezza (ponti di servizio) che devono essere previste nell’altrettanto obbligatorio piano operativo di sicurezza ( POS) e il rispetto del Regolamento di polizia urbana del Comune di Latina. Significava che l’inosservanza delle perentorie misure dettate dal D.Lgs n. 81/2008 comportava l’applicazione di sanzioni penali.
§ 9.5 – Con il quinto motivo titolato: <> affermava che, anche con riguardo alla penale da ritardo, il primo Giudice aveva errato per aver recepito acriticamente la CTU. Sosteneva l’erroneità della consulenza nella parte in cui aveva fatto riferimento alla data del 12/11/2015 mentre, a tale data, non era certo che i lavori fossero conclusi e non sarebbero più ripresi. L’unica data certa sarebbe, invece, quella del 4/07/2016, momento in cui veniva notificato il ricorso del decreto ingiuntivo. Traeva da tanto la conclusione che, anche a voler aderire alla tesi dell’impresa che esclude i sabati e le domeniche, i giorni di ritardo sarebbero 276, anziché i 116 calcolati dal consulente e dal primo Giudice che ne aveva fatto proprio il contenuto. Censura, infine, la sentenza per aver recepito la CTU nella parte in cui riconosce l’applicazione del conteggio delle ferie pari a venti giorni nel mese di agosto 2015, mentre esse si sarebbero dovute conteggiare in proporzione alla durata dell’appalto e quindi nella misura di sei giorni o, considerando l’accordo di proroga, di otto giorni. Di conseguenza, la quantificazione della penale da ritardo doveva essere accertata sottraendo i giorni di ferie così come calcolati e ammontava o ad euro 11.700, oppure ad euro 11.600.
§ 10 – le questioni preliminari
La Corte non ravvisa l’inammissibilità dell’appello di eccepita dall’appellato , ai sensi dell’art. 342 c.p.c., in quanto i motivi dedotti dall’appellante a sostegno della impugnazione sono sufficientemente specifici e chiari afferendo al denunciato vizio di motivazione per avere il tribunale aderito alla relazione di CTU senza avvedersi che la stessa era incompleta in quanto il consulente non aveva replicato alle note critiche delle parti (primo motivo) e la violazione del criterio della soccombenza nella liquidazione delle spese di lite ( secondo motivo) ed è così possibile esaminare il merito dell’appello.
Come anche di recente riaffermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, l’art. 342 c.p.c. impone all’appellante «di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum , circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono, e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata; sia pure con un grado di specificità ben più accentuato rispetto al passato, imponendo la norma novellata un ben preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità ora specificamente prevista, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice» (da ultimo, Cass. n. 4541/2017; si tratta di principi affermati, peraltro, anche nel vigore del precedente testo dell’art. 342 c.p.c. dalla nota sentenza delle sezioni unite n. 16/2000).
Va, altresì, precisato che comunque l’appello non deve necessariamente tradursi nella prospettazione di un progetto alternativo di sentenza e non deve rivestire particolari forme sacramentali, purché dal tenore complessivo dello stesso sia possibile evincere i passaggi della sentenza che vengono impugnati e, quanto meno per alcuni di essi, il ragionamento che viene contrapposto, a prescindere poi dalla fondatezza delle doglianze stesse che, in quanto strettamente connesse tra loro, possono essere unitamente delibate.
§ 11 – L’analisi dei motivi dell’appello proposto da iscritto al n. 5061/2020
§ 11.1 – Il primo motivo è infondato
Giova premettere che il Tribunale ha disposto consulenza percipiente, di ausilio nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, essendo il contenzioso afferente alla verifica dei lavori di manutenzione affidati dal ed all’accertamento della tempistica degli stessi, risultando
avanzata domanda per il riconoscimento di penali in ipotesi di ritardo.
Osserva la Corte che il primo giudice ha espressamente dichiarato di aderire alle risultanze della CTU in quanto ne condivideva gli accertamenti e le conclusioni. Si legge a pag. 5 nel preambolo della parte motiva: <>; il Tribunale procedeva poi con tecnica redazionale nella quale, anteposta la trascrizione di ogni singolo quesito (appositamente numerato ed evidenziato in grassetto) trascriveva l’elaborato peritale per la parte di interesse.
La motivazione è quindi puntuale e completa. Va osservato che è manifestamente infondato il rilievo che la ‘CTU non ha minimamente tenuto conto delle note critiche sollevate dalle parti’ e che ‘nel caso in esame, pur in presenza di articolate note critiche delle parti, come detto, non riscontrate e non replicate in ctu ‘. Si osserva, invero, che il consulente ha depositato relazione titolata ‘relazione definitiva’ e separatamente ma in pari data il documento titolato ‘risposta alle osservazioni delle parti’ nel quale l’ausiliare dà atto: <>. Seguono 17 pagine di analisi delle osservazioni dei consulenti di parte e la valutazione del CTU in risposta alle stesse, poi trasfusa nella relazione definitiva.
Si osserva, in sintesi, che il consulente ha trasfuso nella relazione finale di CTU le valutazioni rese alle osservazioni ricevute che, tra l’altro, per migliore comprensione e chiarezza, aveva riportato in un documento dedicato. Sarebbe perciò stato onere di parte appellante specificare sia quale fosse il chiarimento rimasto non esaminato dal CTU (e quindi ignorato dal tribunale che aveva motivato la propria decisione in maniera conforme alla relazione finale del CTU), sia la decisività ai fini della statuizione finale dell’elemento di valutazione mancante o non adeguatamente valutato, attività assertiva che si appalesa del tutto mancante nel motivo in esame.
Deve quindi trovare applicazione il principio di diritto secondo il quale: <>; (così Cass. n. 33742/2022). Nel caso in esame non si pone questione circa le contrarie allegazioni del consulente tecnico di parte della essendo queste state espressamente confutate e disattese nella relazione finale.
§ 11.2 – Il secondo rimane assorbito dalla riforma parziale della sentenza per effetto del parziale accoglimento dell’appello del di cui infra in motivazione.
§ 12 – L’analisi dei motivi dell’appello proposto dal iscritto al n. 5081/2020
§ 12.1 – Il primo motivo è fondato. Il come si evince dalle conclusioni trascritte nella sentenza impugnata (pag. 3) alla lettera c) della domanda riconvenzionale chiedeva che venisse :<> e dichiarato che la era tenuta al pagamento di €
6.192,73 per oneri derivanti dall’occupazione del suolo pubblico. Va osservato che veniva conferito al CTU specifico quesito: <> a cui il consulente risponde a pagina 32 della relazione evidenziando che: <>
Tanto premesso ed essendo indiscusso che l’onere del pagamento di detti importi spettava contrattualmente all’Impresa, va accolta la domanda del Condominio volta ad ottenere una pronuncia dichiarativa che, a mente del disposto di cui all’art. 10 comma 3 del contratto di appalto, ponga gli oneri di occupazione di suolo pubblico a carico della ditta appaltatrice, oneri che risultano accertati dal CTU come dovuti, in ragione dei giorni di occupazione e delle correlate aliquote, nella misura di € 2.139,75.
§ 12.2 – Il secondo motivo non è fondato
Con il motivo in esame il critica la sentenza nella parte in cui ha affermato: <>. Con il motivo in esame il riferisce che dalla verifica condotta in fase esecutiva era emerso che tutti gli intonaci erano risultati fatiscenti e, trattandosi di appalto a corpo e non a misura, nell’importo complessivo andava ricompresa la lavorazione di rifacimento di tutti gli intonaci.
Osserva la Corte che le deduzioni sono infondate avendo il espressamente autorizzato detti lavori come lavori extra-contrattuali. Si osserva che il CTU nello studio della tempistica dei lavori e nella valutazione della buona esecuzione degli stessi rappresentava che:<>
Osserva cha Corte che il contratto di appalto prevedeva, come evidenziato dal giudice di prime cure, il rifacimento degli intonaci fatiscenti; in corso d’opera il direttore dei lavori nominato dal accertava che, con ulteriore spesa, era possibile effettuare il rifacimento di tutte le facciate realizzando, nell’interesse del , un lavoro definitivo e in sintesi migliore in luogo di quello, a macchia di leopardo, ove si fosse intervenuti solo sugli intonaci fatiscenti di ogni singola facciata.
§ 12.3 – Il terzo motivo è infondato
Il lamenta che il consulente ha sottovalutato i danni da infiltrazioni avendo omesso di effettuare verifiche tecniche finalizzate a constatare l’andamento delle pendenze e l’impermeabilizzazione del terrazzo di copertura con conseguente erroneità della sentenza che ne ha recepito le superficiali conclusioni.
Osserva la Corte che l’ausiliare ha allegato alla propria relazione le foto n. 4 e 5 per poi commentare, sulla base di detto dato oggettivo e in esito ai sopralluoghi effettuati, che i danni da infiltrazioni erano limitati a detta zona circoscritta (una porzione di soffitto di una stanza dell’appartamento n.12). All’evidenza il CTU ha riscontato che trattavasi di macchia di umidità vecchia, ormai asciutta per la quale doveva escludersi che vi fossero fenomeni in atto da indagare con lunghe e costose prove tecniche sul solaio sovrastante. Nel documento titolato risposta osservazioni il CTU indica, in dettaglio, l’attività svolta in sede di sopralluogo in esito alla quale riscontrava una: ‘situazione di scarsissimo rilievo’.
Si osserva, conclusivamente, che nel motivo in esame il giudizio del CTU risulta censurato solo in astratto, non essendo stata data evidenza che le infiltrazioni siano o meno ancora presenti e se vi siano o meno fenomeni di rigonfiamenti al soffitto o alle parteti in prossimità della macchia di umidità fotografata dall’ausiliare o in altre zone o in altri appartamenti.
§ 12.4 – Il quarto motivo non è fondato
Il si duole che il tribunale, in spregio alle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di tutela dei lavoratori impegnati nell’esecuzione di lavori in quota, abbia rigettato la domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell’importo di € 13.312,00 quale costo necessario per l’utilizzo di piattaforma mobile nei lavori di rispristino delle ringhiere.
Osserva la Corte che il Tribunale ha recepito le risultanze della CTU, trascrivendo in motivazione numerosi stralci delle considerazioni svolte dall’ausiliare. E’ sufficiente integrare la motivazione suddetta facendo richiamo alle parti omesse che ben chiariscono che il CTU non ha né omesso di esaminare le critiche avanzate dal consulente di parte del alla bozza di relazione, né tantomeno sottovalutato i :<> avendo chiaramente specificato che, nel caso in esame, potessero ritenersi sufficienti a tutelare l’incolumità del lavoratore i sistemi di protezione individuale in luogo di quelli collettivi.
A pagina 6 della sentenza il tribunale richiama, all’ultimo capoverso, il seguente stralcio della relazione di consulenza: <> inserendo quindi un <>. La relazione di consulenza così proseguiva illustrando le ragioni di tale valutazione: <> Il contenuto della relazione nella parte in cui afferma: <> va interpretato come una chiara risposta dell’ausiliare alle osservazioni del CTP alla bozza di relazione, avendo il CTU nella relazione conclusiva scritto di condividere ‘ovviamente’ il concetto che debba essere garantita la sicurezza dei lavoratori che effettuano prestazioni in quota per poi aggiungere che, nel caso concreto, per la specifica tipologia di lavoro, non è necessaria la piattaforma mobile ma è sufficiente una imbracatura per il lavoratore.
Osserva la Corte che a pagina 7 della sentenza dopo la trascrizione del passo: <> il primo giudice inseriva un <> tralasciando la parte in cui il consulente esplicitava le ragioni della soluzione tecnica suggerita: <> Il consulente, con motivazione che questa Corte condivide, ha suggerito per l’incolumità del lavoratore, nel momento in cui, a completamento dell’opera di riverniciatura delle ringhiere, dovesse sporgersi dal parapetto, l’utilizzo di idonea imbracatura ancorata ad un punto fisso. Tanto in ragione delle particolari condizioni di lavoro rappresentate dalla riverniciatura di ringhiere poste sul terrazzino (cfr. fotografie da 5 a 9) in cui la ringhiera stessa, essendo fissa, costituisce il parapetto a protezione del lavoratore. La lavorazione di riverniciatura è effettuabile dall’interno in ragione delle caratteristiche della ringhiera.
§ 12.5 – Il quinto motivo è parzialmente fondato
Giova premettere che il verbale di consegna dei lavori veniva redatto in data 12/1/2015, alla presenza della Ditta e del Direttore dei Lavori; risultano considerati 100 giorni lavorativi, naturali e consecutivi per l’ultimazione e la riconsegna del cantiere libero da persone e cose. Il CTU ha correttamente calcolato che: <>. Invero, il sabato non è compreso nel CCNL per l’edilizia come lavorativo.
La sentenza di prime cure va confermata nella parte in cui ha considerato che il avesse accordato tre proroghe rispettivamente di 30, 4 e 2 giorni.
Il riscontro è documentale.
La prima proroga di 30 giorni risulta concessa dalla Direzione lavori in relazione al conferimento dei lavori extra contratto relativi al ‘ rifacimento di tutte le facciate e non solo parti fatiscenti ‘; la seconda proroga di giorni 4 risulta concessa dalla direzione avori in relazione al conferimento dei lavori extra contratto ‘ per la fornitura e posa in opera di guaina elastomerica ‘ e la terza proroga di giorni 2 per la richiesta avanzata dal Direttore dei Lavori in data 19/6/2015 di lavori extracontrattuali per la impermeabilizzazione del soffitto del salone dell’appartamento del Sig. indicando la superficie su cui intervenire. Il Direttore dei Lavori ha comunicato all’Impresa esecutrice il riconoscimento di alcune proroghe al termine di ultimazione in occasione delle richieste di lavori extracontrattuali ed in particolare: – richiesta in data 20/1/2015 giorni 30; – richiesta in data 20/2/2015 giorni 4; – richiesta in data 19/6/2015 giorni 2, per un totale di n.36 giorni; tutte assentite dal .
Procedendo all’individuazione della data di ultimazione lavori in virtù delle proroghe concesse, dal 12/1/2015 i 100 giorni scadevano il 3/6/2015 e, calcolando i successivi 36 giorni per le tre proroghe autorizzate (sempre escludendo le giornate del sabato, le domeniche e le festività riconosciute), risulta il termine finale del 23 luglio 2015. Va osservato, invero, che il CTU ha rilevato che dall’esame della documentazione di causa:<> e che le parti non hanno contestato detta circostanza. Quanto, invece, ai giorni di ferie che spettano sulla base del CCNL ai lavoratori dell’edilizia, trattasi di quattro settimane, esclusi i giorni festivi ed il sabato che, come detto, non è lavorativo e, quindi, risultano 20 giorni lavorativi. Essendo il contratto in esame pari ad una durata di 136 giorni in virtù delle concesse proroghe, i giorni di ferie maturati dai lavoratori dell’impresa nei confronti del Condominio committente vanno rapportati a detto arco temporale e risultano 8 giorni (365:20=136:X e così 136×20: 365 = 7,45 da arrotondare a 8). Aggiungendo dal 24 luglio gli 8 giorni di ferie risulta come data finale dei lavori il 4 agosto.
Si tratta quindi di verificare quale sia la data finale del ritardo, data che il CTU individua nel 12 novembre 2015 e l’appellante, nel motivo in esame, nel 4 luglio 2016, data di deposito del decreto ingiuntivo, essendo quest’ultima, a suo dire, l’unica data certa in cui l’Impresa ha manifestato al la volontà di non proseguire più i lavori.
Ritiene la Corte di aderire alla prospettazione del CTU che si fonda sulle comunicazioni effettuate dall’Impresa al ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del contratto. Va osservato, infatti che in data 26/8/2015 l’Impresa inviava al Condominio una nota avente ad oggetto: ‘Comunicazione sospensione cantiere sollecito di pagamento’, con la quale comunicava quanto segue: L’ in riferimento all’art. 6 del contratto di appalto, ed essendo trascorsi i termini previsti da tale articolo, comunica che i lavori presso il Condominio in rimarranno sospesi finché non sarà avvenuto il pagamento a saldo dell’ultimo SAL, per il quale è stata emessa la relativa fattura.’
Prevede l’art. 6 che la penale per ritardata ultimazione resta fissata in € 50,00 per ogni giorno di ritardo e in caso di ritardato pagamento da parte del Committente, oltre dieci giorni dall’emissione del la ditta ha diritto (…) nonché può sospendere i lavori fino al momento del pagamento della somma di spettanza e di rescindere il contratto come per legge. Cont
Dall’esame della documentazione in atti emerge, come puntualmente rilevato dal CTU che: <>
Dalla data del 12 novembre 2015 risultava certo che l’Impresa non avrebbe più effettuato lavori ritenendo legittima la sospensione degli stessi a causa della morosità del . L’ultima fattura pagata risulta la n. 137 del 30 settembre 2015 di € 5.500,00 relativa al SAL n. 7; in favore dell’Impresa risulta accertato giudizialmente un credito, a saldo, di € 16.712,81 Iva inclusa.
Procedendo al calcolo ed individuata la data del 4 agosto come data di fine lavori in virtù delle concesse proroghe, risulta che dal 5 agosto al 12.11.2015 (in cui l’impresa ha formalizzato la sospensione dei lavori per morosità del e risulta rimessa dal DL la contabilità finale dei lavori) risultano giorni 72 in luogo di 60 riconosciuti in primo grado e la penale pertanto ammonta ad € 3.600,00 (€50 x72gg =) in luogo di € 3000,00 riconosciuti in primo grado.
Il controcredito accertato del è quindi pari ad € 21.280,43 ed operata la compensazione giudiziale risulta dovuto dall’Impresa al l’importo di € 4.567,62 in luogo di € 3.967,62 liquidato dal primo giudice, con accessori come calcolati in primo grado non risultando impugnata detta statuizione.
Da ultimo si osserva che la domanda trascritta al punto 6 delle conclusioni <> è inammissibile nel presente grado non risultando svolto motivo di gravame avverso l’omessa pronuncia o il rigetto implicito da parte del giudice di prime cure sulla domanda proposta in primo grado nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo del seguente contenuto: <>
§ 13. – le spese di lite
La riforma parziale della sentenza comporta la rimodulazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio. Sussistono i presupposti per la parziale compensazione delle spese di lite nella misura della metà, in ragione del solo parziale accoglimento delle domande spiegate da entrambe le parti ed essendo emersi, all’esito del giudizio, crediti in capo sia all’Impresa che al Condominio. Per la restante metà esse vanno poste a carico dell’Impresa in ragione della soccombenza prevalente e del rigetto del motivo di merito del gravame. Esse vengono liquidate in dispositivo sulla base del valore di causa (fino a € 52.000,00) nei valori medi per tutte le fasi, con distrazione in favore dell’avv.to COGNOME
Gli oneri di CTU vanno posti a definitivo carico di entrambe le parti nella misura della metà essendo l’accertamento tecnico strumentale alla disamina dei quesiti tecnici sulle questioni devolute da entrambe le parti.
§ 14. – Il rigetto dell’appello di iscritto al n. 5081/2020 comporta la declaratoria, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115/2002, dell’obbligo di detto parte appellante di pagare l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, se dovuto, restando demandate in sede amministrativa le verifiche sull’effettiva sussistenza dell’obbligo di pagamento (cfr. Cass. n. 26907/2018, Cass. n. 13055/2018).
PQM
La Corte definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti del e sull’appello proposto da quest’ultimo nei confronti di contro la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Latina n. 1185/2020 pubblicata in data 30/06/2020, ogni altra conclusione disattesa, così provvede: […
rigetta l’appello proposto da iscritto al n. 5061/2020 RGAC, accoglie parzialmente l’appello proposto dal iscritto al n. 5081/2020 RGAC e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, che nel resto conferma: a) accerta e dichiara che gli oneri di occupazione di suolo pubblico nella misura di € 2.139,75 sono a carico della ditta appaltatrice e, b) condanna al pagamento in favore del della
somma di € 4.567,62 in luogo di € 3.967,62 liquidata dal primo giudice;
Compensa tra le parti nella misura di ½ le spese del doppio grado di giudizio e condanna alla rifusione in favore del della restante metà di dette spese che liquida, per l’intero, quanto al primo grado in € 7.616,00 per compensi e quanto al presente grado, per l’intero in € 9.991,00 per compensi, oltre, per entrambi i gradi, rimborso forfetario ed accessori di legge con distrazione a favore dell’avv.to NOME COGNOME dichiaratosi antistatario per il primo e secondo grado;
Pone a definitivo carico di entrambe le parti nella misura di ½ ciascuno gli oneri di CTU come liquidati in primo grado:
dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater , DPR 115/2002 per porre a carico di l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, se dovuto. Così deciso in Roma il giorno 31/01/2025.
Il Consigliere est. Il Presidente
dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME