Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13463 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13463 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 726/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME & C , elettivamente domiciliata in ROMA, in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1302/2019 depositata il 29/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto ingiuntivo n. 189/08 il Tribunale di Arezzo condannò RAGIONE_SOCIALE a pagare in favore di RAGIONE_SOCIALE euro 41.234,98, oltre interessi legali, spese e competenze, per il saldo della fornitura di un capannone prefabbricato.
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione al predetto decreto dinanzi al Tribunale di Arezzo che – in parziale accoglimento -lo revocò e condannò la società opponente al pagamento della minor somma pari ad euro 34.647,98 (invece che 41.234,98), ritenendo che: 1) si trattasse di un contratto di appalto e non di compravendita; 2) l’eccezione di decadenza dalla garanzia per vizi formulata dall’opposta fosse infondata con riferimento ai vizi afferenti la presenza di fessurazioni nei pannelli laterali perché riconosciuti dalla stessa opposta che aveva inviato sul posto personale per eliminarli nonché la diversa consistenza degli stessi, perché tempestivamente denunciati dalla Vita; si ritenne invece fondata l’eccezione di decadenza in relazione alla asserita instabilità dei pannelli di copertura del capannone poiché il vizio era stato denunciato tardivamente; 3) l’opposizione, sulla base delle risultanze della ctu svolta (da cui era emerso che le fessurazioni dei pannelli erano superficiali e non passanti e che il capannone era idoneo all’uso), era da accogliere solo in relazione al minor valore della fornitura dei pannelli laterali perché di diversa composizione (in ghiaietto lavato invece che precompressi), importo pari ad euro 6.590,00, che doveva quindi essere sottratto dal quantum la Vita doveva pagare in favore della FIM.
Avverso la prefata decisione propose appello RAGIONE_SOCIALE di NOME, Loriano RAGIONE_SOCIALE che venne disatteso.
Per quel che rileva in questa sede, circa la contestata natura del contratto intercorso tra le parti, il giudice di merito affermò nella specie non venisse in rilievo ‘ex se, la vendita di una struttura già esistente, sia pure prefabbricata, bensì la progettazione e costruzione, tramite il montaggio dei pezzi prefabbricati, di un particolare edificio, destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale del committente.’ Considerò preminente ‘ la natura di tutta l’attività richiesta per l’approntamento definitivo della struttura, articolata nella progettazione prima e nella esecuzione e montaggio dopo, nonché la specifica organizzazione di persone e di mezzi (personale esperto nel montaggio ed attrezzatura idonea allo scopo), che rappresenta l’organizzazione imprenditoriale di lavoro propria del contratto di appalto’.
Fu respinta la doglianza in punto di erronea valutazione della gravità dell’inadempimento alla luce delle condivise valutazioni del CTU ‘(così come recepite dal Tribunale) il quale, dopo un’ampia disamina del materiale a disposizione, confutando altresì le obiezioni del consulente dell’odierna appellante, ha chiarito: – che i pannelli in questione sono stati utilizzati non per realizzare strutture portanti bensì per le pareti laterali di tamponamento dell’immobile industriale con la conseguenza che il vantaggio di utilizzare una struttura in c.a. precompresso era divenuto, nel caso concreto, molto modesto atteso che, in tale caso, i pannelli vengono disposti orizzontalmente, di taglio, uno sopra l’altro, con la conseguenza che non sono sottoposti a sforzi di flessione né di trazione ma solamente a sforzi di compressione in direzione parallela alla dimensione minore, dovuti al peso proprio ed a quello dei pannelli sovrastanti’. Il giudice di merito osservò, inoltre, che ‘le fessurazioni dei pannelli erano “superficiali e
non passanti”, non pregiudicando quindi la funzione che il pannello doveva svolgere, non sottraendo altresì capacità portante all’elemento in c.a. sottoposto a sola compressione’.
Circa la ritenuta erronea dichiarazione di decadenza dalla garanzia per i vizi, la Corte d’appello fece proprio, condividendolo, il ragionamento del giudice di prime cure, così ritenendo pacifico che l’esistenza del vizio fosse stata denunciata dal legale rappresentante con missiva in data 2.7.2003 ed escludendo al contempo la rilevanza della deposizione del teste COGNOME stante la sua genericità.
Si respinse altresì la doglianza in punto di adesione acritica alla CTU.
Avverso la prefata decisione ricorre RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE con sette motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 .Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1470, 1655 c.c., nonché degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione alla qualificazione del contratto di cui è causa, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per averlo erroneamente qualificato come appalto anziché compravendita.
2 .La Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del tenore letterale del contratto stipulato dalle parti, della reale intenzione delle stesse né del fatto che l’ordine era stato convenuto per un capannone costruito con pannelli precompressi e non per un capannone costruito con pannelli di ghiaietto lavato ad armatura lenta (poi fornito). Verrebbe in considerazione al riguardo il contenuto della conferma d’ordine, contenente le specifiche attività da compiersi a cura dall’acquirente che avrebbe dovuto ‘ approntare il cantiere ‘ ed ‘ eseguire le fondazioni su cui andava collocato il manufatto prefabbricato’.
3 .La Corte di Appello, qualificando il contratto come appalto anziché compravendita avrebbe violato, oltre che l’art. 1470 c.c. e l’art. 1655 c.c., relativi, rispettivamente, alla nozione di compravendita e di appalto, anche l’art. 1362 c.c. in base al quale ‘nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti’ e ‘per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto’. Secondo la società ricorrente i lavori di installazione e montaggio, in quest’ottica, avrebbero dovuto essere considerati meramente accessori e strumentali alla compravendita.
4 .Il motivo è infondato.
In materia di interpretazione dei contratti, non si può affermare che vi sia una violazione delle regole legali di ermeneutica solo perché il testo dell’accordo potrebbe teoricamente consentire interpretazioni diverse da quella adottata dalla sentenza impugnata. L’interpretazione del negozio giuridico scelta dal giudice di merito può portare alla cassazione della sentenza solo quando sia palesemente scorretta dal punto di vista grammaticale, sistematico o logico. Tuttavia, se l’interpretazione adottata è plausibile, anche in presenza di altre interpretazioni ugualmente plausibili, non vi sono motivi per cassare la sentenza. La Corte di Cassazione non può intervenire per sostituire un’interpretazione plausibile con un’altra altrettanto plausibile, ma solo per correggere interpretazioni manifestamente errate” (vedi Cass. 27.9.2024 n. 25836; Cass. 28.11.2017 n. 28319; Cass. ord. 15.11.2017 n. 27136; Cass. 17.3.2014 n. 6125).
Nel caso di specie, peraltro, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui fini della differenziazione tra vendita ed appalto, quando alla prestazione di fare, caratterizzante l’appalto, si affianchi quella di dare, tipica
della vendita, deve aversi riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, con riguardo alla volontà dei contraenti oltre che al senso oggettivo del negozio, al fine di accertare se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro lo scopo del contratto (appalto), oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l’effettiva finalità del contratto.(Cass. n. 5935/2018). Sono stati, infatti, valorizzati gli elementi idonei a dimostrare che l’oggetto della prestazione non era una mera consegna di un prefabbricato ma era la progettazione e costruzione, tramite il montaggio dei pezzi prefabbricati di un particolare edificio destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale del committente. 5 .Con la seconda doglianza si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per non aver ritenuto integrata, nella specie, la fornitura di aliud pro alio nonostante fosse emerso che Fim avesse consegnato un capannone con pannelli in ghiaietto lavato con armatura lenta anziché pannelli precompressi come pattuito. Il motivo è infondato poiché il differente materiale e prodotto utilizzato, come evidenziato dal giudice di merito che al riguardo ha richiamato e fatto propri gli esiti della CTU, non ha in alcun modo inciso sull’uso e la funzionalità del capannone, non era completamente eterogeneo rispetto a quello pattuito, per natura, individualità, consistenza e destinazione, né funzionalmente inidoneo ad assolvere allo scopo economico-sociale del bene promesso. 6 .Con la terza doglianza si censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1667 e/o 1669 c.c. ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. in relazione ai vizi alla copertura del capannone ed alla conseguente diversa disciplina della decadenza dalla relativa garanzia. La Corte di Appello di Firenze, dopo aver qualificato il contratto di cui è causa come contratto di appalto e non
come contratto di compravendita, avrebbe in modo del tutto ingiustificato applicato (sia pure implicitamente) la disciplina della decadenza di cui all’art. 1667 c.c. anziché quella di cui all’art. 1669 c.c. ai vizi relativi alla copertura del capannone. Il giudice avrebbe erroneamente affermato che i vizi sarebbero stati scoperti a marzo 2003 ma denunciati, tardivamente, il 2.7.2003 e quindi oltre il termine di 60 giorni di cui all’art. 1667 c.c. (a marzo vennero pacificamente scoperchiati i pannelli di copertura). Secondo il ricorrente sarebbe indubbio che i difetti di copertura del capannone, lo scoperchiamento dello stesso, lo spostamento delle lastre di copertura, rappresentino difetti gravi e tali da essere ricondotti alla disciplina di cui all’art. 1669 c.c. (e non a quella di cui all’art. 1667 c.c., come implicitamente ritenuto dalla sentenza della Corte di Appello di Firenze riportandosi all’espressa indicazione in tal senso compiuta dal Tribunale di Arezzo). La censura è inammissibile per novità della questione. Dall’esame della sentenza emerge, chiaramente, che il ricorrente avesse censurato la decisione di prime cure per aver qualificato il contratto intercorso tra le parti quale appalto in luogo della vendita e che avesse altresì contestato la dichiarata decadenza dalla garanzia per i vizi poiché questi erano stati immediatamente denunciati nel rispetto dell’art. 1667 c.c. Né il ricorrente ai fini dell’autosufficienza ha riprodotto parte dell’atto di appello ove era stata formulata la doglianza proposta. Deve, comunque, aggiungersi che nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda del merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo tenere conto piuttosto del contenuto sostanziale della pretesa desumibile dalla situazione dedotta in causa e delle eventuali precisazioni nel corso del giudizio nonché del provvedimento chiesto in concreto, senza altri limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia
alla richiesta e di non sostituire d’ufficio una diversa azione a quella formalmente proposta. Tanto è avvenuto nella specie poiché il giudice di merito a fronte della domanda formulata dal ricorrente tesa a far valere la garanzia per i vizi del capannone l’ha correttamente considerata quale azione ex art. 1667 c.c. in assenza di prova di gravi difetti di cui all’art. 1669 c.c. 7 .Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione alla prova dell’immediatezza delle contestazioni compiute dalla RAGIONE_SOCIALE circa i vizi di copertura del capannone. Nella sostanza si ritiene che dalle prove testimoniali (in particolare dalla deposizione del teste COGNOME), ove correttamente interpretate, sarebbe emerso chiaramente che la denuncia sarebbe stata immediata, quindi tempestiva, e non coinciderebbe con la lettera inviata nel luglio 2003. 8 .Con il quinto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione alla prova dell’avvenuto riconoscimento, da parte di Fim, dei vizi concernenti la copertura del capannone. La Corte di Appello di Firenze avrebbe commesso un errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova testimoniale raccolta e che più volte è stata oggetto di discussione tra le parti nel corso del giudizio. Il giudice di merito (appiattendosi sulla soluzione offerta dal Giudice di primo grado) ha ritenuto che non sia stato dimostrato il riconoscimento, da parte di Fim, dello specifico vizio concernente la copertura del capannone. 9. Con il sesto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1667 c.c. e/o dell’art. 1669 c.c. ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. in relazione all’avvenuto riconoscimento, da parte di Fim, dei vizi concernenti la copertura del capannone. La Corte di Appello nella sentenza impugnata non avrebbe dato rilievo all’avvenuto riconoscimento effettuato dalla Fim e confermato dal
teste COGNOME nella sua deposizione. L’avvenuto riconoscimento dei vizi, secondo quanto espressamente disposto dall’art. 1667, comma 2, ult. inciso, rende non necessaria la denuncia degli stessi. Tale principio è pacificamente applicabile anche in caso di gravi vizi di cui all’art. 1669 c.c. 10 . I motivi di cui innanzi possono essere trattati insieme, stante l’evidente connessione, e sono infondati. Deve premettersi che l’errore percettivo sul contenuto oggettivo della prova è censurabile in sede di legittimità in caso di avvenuta utilizzazione, da parte del giudice di merito, di prove che non esistono nel processo (ovvero che abbiano un contenuto oggettivamente ed inequivocabilmente diverso da quello loro attribuito) e che, tuttavia, sostengono illegittimamente la decisione assunta (non già in base a una motivazione viziata, bensì) in violazione di un parametro di fonte legislativa, qualora le stesse abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti. Tutti i motivi di censura si risolvono, infatti, nella critica della valutazione delle risultanze istruttorie prescelta dalla Corte territoriale ( il demostrandum e non il demostratum ), e, dunque, non si confrontano con il principio secondo cui il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. civ., Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25 ottobre 2013, Rv. 627790-01; Cass. n. 9507 del 2023). Né, del resto, è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui « L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24 maggio 2006, Rv. 589595-01; conf. Cass. civ., Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23 maggio 2014, Rv. 631448-01; Cass. civ., Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13 giugno 2014, Rv. 631330-01). Quanto poi alla pretesa violazione dell’art. 116 c.p.c. va ribadito che tale doglianza è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova. Nella specie, il giudice di merito si è conformato ai principi innanzi espressi ed ha valutato le emergenze probatorie secondo il suo prudente apprezzamento, valorizzando le prove poste a conforto della decisione . 11 . Con il settimo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1667 e/o 1669 c.c. ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per aver dichiarato la decadenza di RAGIONE_SOCIALE dalla garanzia per i vizi relativi alla copertura nonostante l’impossibilità, da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE, di conoscere la reale consistenza dei vizi
in questione a causa delle carenze dell’indagine svolta dal consulente tecnico. La sentenza della Corte di Appello di Firenze, confermando la sentenza di primo grado che ha ritenuta decaduta la RAGIONE_SOCIALE dalla garanzia per i vizi relativi alla copertura del capannone, non ha tenuto conto del fatto che la committente, in ragione delle carenze dell’indagine svolta in occasione della consulenza tecnica d’ufficio, non è mai stata messa in grado di avere una sicura conoscenza dei difetti in questione. Con la conseguenza che, i termini di decadenza, non hanno mai iniziato a decorrere. Il motivo è infondato atteso che esso, così come formulato, si palesa quale aspecifico e generico a fronte della ricostruzione operata dal giudice di merito che ha ben chiarito come, e da quanto, la società ricorrente avesse conoscenza dei vizi e come li avesse tardivamente denunciati, escludendo peraltro, con motivazione logica ed esaustiva che potesse rilevare la deposizione del teste COGNOME attesa la sua genericità. 12 .In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese sono liquidate come da dispositivo. Da atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in E 4500,00 di cui E 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Da atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione