Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21380 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21380 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1978/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME -domicilio PEC: EMAIL–
-controricorrente-
nonchè contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1018/2020 depositata il 29/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
La società RAGIONE_SOCIALE aveva adito il Tribunale di Bergamo e aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE chiedendo il pagamento, per € 90.000,00, di opere di manutenzione straordinaria su un immobile di proprietà
di RAGIONE_SOCIALE, appaltate da quest’ultima, del pagamento delle quali si era assunta l’obbligo anche RAGIONE_SOCIALE con accollo non liberatorio. RAGIONE_SOCIALE aveva contestato la pretesa, osservando di aver appaltato l’intervento a RAGIONE_SOCIALE, che lo aveva subappaltato a RAGIONE_SOCIALE; la società cooperativa non si era costituita.
Il Tribunale di Bergamo aveva accolto la domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE mentre l’aveva respinta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
La società attrice aveva proposto appello chiedendo la riforma parziale della sentenza di primo grado, con riconoscimento dell’esistenza del contratto di appalto intervenuto tra essa e RAGIONE_SOCIALE e con condanna anche di questa a pagare il dovuto.
Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, il giudizio di appello era stato interrotto per l’intervenuto fallimento di RAGIONE_SOCIALE Riassunto il giudizio, la Corte d’Appello di Brescia aveva accolto l’impugnazione sulla base delle seguenti considerazioni: -la sentenza di primo grado è divenuta definitiva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, essendo scaduto il termine per la proposizione di appello incidentale ad opera della cooperativa prima che la stessa fosse dichiarata fallita; quanto ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, una pluralità di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti è nel senso dell’affidamento informale dell’incarico da parte della società proprietaria dell’immobile, che non ha assolutamente negato l’esecuzione dell’intervento; il contratto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che è una scrittura privata priva di data certa opponibile all’appellante, soggetto terzo, non è dirimente per escludere radicalmente il conferimento di appalto a RAGIONE_SOCIALE, perché se la clausola 11 dell’accordo prevede la possibilità di subappalto, la clausola 10 prevede la possibilità per il committente di rivolgersi ad altra società specializzata opportunamente selezionata (in concreto, RAGIONE_SOCIALE); inoltre nei documenti relativi alla pratica edilizia RAGIONE_SOCIALE è indicata come proprietaria e RAGIONE_SOCIALE come appaltatrice, senza alcun riferimento ad un contratto di subappalto, nemmeno confermato in sede di assunzione delle prove testimoniali (legittimamente assunte e valutabili, non essendo state coltivate dall’interessata contestazioni in relazione ad esse dopo l’assunzione e in sede di precisazione delle conclusioni); in particolare, è emerso dalle prove orali che nessuno dei tecnici intervenuti a vario titolo sul cantiere era a conoscenza che l’appaltatrice sarebbe stata RAGIONE_SOCIALE e che RAGIONE_SOCIALE indicata da tutti come esecutrice delle opere, sarebbe stata solo subappaltatrice; -neppure la richiesta di emissione di nota di credito relativa alla fattura n.21/2013 emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE è stata effettuata con modalità denotanti in modo inequivoco che essa fosse frutto della contestazione della esistenza di un rapporto contrattuale tra le parti.
Propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
Vi è controricorso di RAGIONE_SOCIALE, mentre il fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa reiterando le difese svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
il primo motivo di ricorso proposto RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art.360 n.4 c.p.c., in relazione alla violazione dell’art.112 c.p.c.’
Rileva la ricorrente che RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la condanna in solido delle convenute RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE mentre la Corte di merito, dopo aver rilevato il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, si sarebbe ‘limitata’ ad accertare la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE condannandola al pagamento per l’intero, violando così il disposto dell’art.112 c.p.c.
Il motivo di ricorso in esame non è fondato.
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la condanna di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE a pagare l’unico importo di € 90.000,00 oltre accessori, assumendolo dovuto dalla prima società quale corrispettivo delle prestazioni ricevute in relazione ad un rapporto negoziale di appalto intercorso tra le parti e dalla seconda per l’accollo -non liberatorio- dello stesso debito; il Tribunale di Bergamo aveva accertato, senza proposizione di appello sul punto, l’obbligo di pagare in capo a RAGIONE_SOCIALE coop., che si era ‘accollata il debito a favore di RAGIONE_SOCIALE per la complessiva somma di € 90.000,00′; la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento dello stesso importo, pronunciata dalla Corte d’Appello di Brescia all’esito dell’accertamento dell’esistenza di un contratto di appalto intervenuto con RAGIONE_SOCIALE, quale prestazione dovuta dalla committente all’appaltatrice, si lega alla precedente pronuncia perché rappresenta il credito di RAGIONE_SOCIALE in relazione al quale è intervenuto il già accertato accollo di RAGIONE_SOCIALE; è ben chiaro quindi che l’importo dovuto a RAGIONE_SOCIALE da entrambe le società è unico ed è di € 90.000,00, oltre accessori, per le prestazioni rese dalla controricorrente nell’ambito del contratto di appalto intervenuto con RAGIONE_SOCIALE con accollo non liberatorio del relativo importo in capo a RAGIONE_SOCIALE Inoltre né quest’ultima, né RAGIONE_SOCIALE ha chiesto in questo giudizio la regolamentazione dei rapporti interni tra le società debitrici.
La solidarietà passiva tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE -e per essa il Fallimentonei confronti di RAGIONE_SOCIALE si presume, a prescindere dall’esistenza di una specifica pronuncia in tal senso, in applicazione dei principi generali in materia di obbligazione plurisoggettive anche originate da titoli diversi, emergenti dagli art.1292 e s. c.c., in particolare dall’art.1294 c.c.
La pronuncia di condanna al pagamento di una somma di denaro in solido comporta che ogni parte debitrice -coobbligata appunto solidale- è tenuta verso la parte creditrice per l’intero importo, che può essere percepito una sola volta. Ne consegue che le due condanne intervenute, in primo grado a carico di RAGIONE_SOCIALE (e per essa del Fallimento intervenuto dopo la pronuncia del Tribunale di di Bergamo) e in grado di appello a carico di RAGIONE_SOCIALE, comportano che entrambe le società sono tenute per l’intero nei confronti della società creditrice, la quale ha titolo nei confronti di ognuna sulla base della sentenza contenente il capo di condanna che le è riferito; anche in assenza di specifico riferimento alla sussistenza di solidarietà passiva tra le debitrici, la società creditrice potrà percepire complessivamente dalle stesse solo il credito riconosciuto, senza alcuna duplicazione.
Non è pertanto prospettabile alcuna violazione del disposto dell’art.112 c.p.c., non costituendo omessa pronuncia la mancata specificazione della solidarietà passiva tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, le quali non hanno chiesto altresì la regolamentazione dei rapporti interni tra loro in questo giudizio.
il secondo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta ‘violazione degli art.17 co 6 lett. A) DPR n.633/72 e dell’art.115 c.p.c. in relazione all’art.1656 c.c., ai sensi dell’art.360 n.3 e n.4 c.p.c.: nullità della sentenza o del procedimento’.
Non sarebbero state correttamente valutate dalla Corte di merito la nota di credito n.3/2013 e le fatture emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, in regime di ‘reverse change’ (inversione contabile), disattendendo il dettato normativo in materia di subappalto. Dopo aver illustrato le disposizioni normative ritenute rilevanti in materia di IVA, con particolare riferimento all’art.17 co 6 lett. A) DPR n.633/72 e al meccanismo del ‘reverse change’, esenzione affermata applicabile per il solo subappalto che sarebbe il fondamento giustificativo sia della nota di credito che delle fatture sopra indicate, la ricorrente prospetta che l’applicazione in concreto dell’esenzione richiamata non permetterebbe di considerare se non che come subappalto il rapporto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Nella sostanza, la ricorrente lamenta che la Corte di merito sarebbe incorsa in violazione di legge non considerando l’emergenza espressa di un contratto di subappalto tra RAGIONE_SOCIALE come conseguenza diretta del regime fiscale di reverse change sottinteso nella nota di credito e nelle fatture: non considerando l’emissione di fatture senza addebito IVA la Corte avrebbe errato su un elemento oggettivo emergente dalla produzione documentale idoneo a fondare in termini di assoluta certezza la qualificazione del rapporto negoziale tra la società cooperativa poi fallita e la controricorrente in termini di subappalto.
Anche questo motivo è infondato.
Il regime fiscale applicato dalle parti al rapporto negoziale sulla cui base RAGIONE_SOCIALE ha agito non è dirimente al fine della qualificazione giuridica dello stesso come subappalto, intervenuto tra la controricorrente e la società cooperativa fallita, invece che come appalto intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE e la ricorrente, con accollo non liberatorio da parte della società cooperativa: esso potrebbe fornire elementi di valutazione, da considerare in un contesto probatorio più ampio, ma non può avere rilievo determinante.
Ne consegue che non è prospettabile, nell’ambito del presente giudizio civile, la commissione da parte della Corte d’Appello di Brescia di una violazione di legge solo per non aver inquadrato e qualificato la fattispecie negoziale tenendo conto del disposto degli art.17 co 6 lett. A) DPR n.633/72 -e 1656 c.c., pure richiamato-, sulle sole- emergenze delle fatture e della nota di credito richiamate.
Si deve pure sottolineare che, affinché sia prospettabile una violazione dell’art.115 c.p.c., rilevante ai sensi dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c., ‘ occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.’ -così Cass. SSUU n.20867/2020, alla quale le pronunce successive si sono uniformate-.
Il motivo di ricorso in esame valorizza degli elementi probatori, quali la nota di credito n.3/2013 e le fatture emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, in modo diverso rispetto a quanto effettuato dalla Corte di merito -esplicitamente, quanto alla nota di credito, implicitamente quanto alla significatività da attribuire all’intervento nel rapporto di RAGIONE_SOCIALE, sulla cui base sono state emesse le fatture: cfr. a pag.23 e s. della sentenza impugnata- e vorrebbe attribuire ad essi una pregnanza tale da superare tutti gli altri indizi invece specificamente esaminati e valorizzati dalla Corte d’Appello, anche sulla base dell’esito delle prove testimoniali assunte, per operare il ragionamento presuntivo posto a fondamento del riconoscimento come appalto del contratto intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ribaltandone l’esito.
La ricorrente propone quindi semplicemente una valorizzazione degli elementi istruttori diversa rispetto a quella effettuata nella sentenza impugnata per giungere alla costruzione di un ragionamento presuntivo alternativo vantaggioso alla propria tesi, secondo una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità.
Si deve altresì escludere qualsivoglia violazione riconducibile nel contesto di operatività dell’art.360 co 1 n.4 c.p.c. o, previa eventuale riqualificazione del motivo,
nell’ambito di applicazione dell’art.360 co 1 n.5 c.p.c. -, non emergendo profili di nullità della sentenza che, quanto all’impianto motivazionale, non presenta incongruenze e giunge alla decisione attraverso un percorso argomentativo logico esplicitato nel pieno rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art.111 Cost. -cfr., per tutte, Cass. a SSUU n.8053/2014, rispetto alla quale sono adesive le pronunce successive-.
il terzo motivo di critica RAGIONE_SOCIALE prospetta la ‘violazione e falsa applicazione degli art.2729, 1273 c.c. e 116 c.p.c., ai sensi dell’art.360 n.3 c.p.c.
La ricorrente si duole del ‘cattivo uso’ del potere di valutazione della prova libera che sarebbe stato posto in essere dalla Corte di merito, che avrebbe effettuato una ricostruzione dell’occorso errata e censurabile come falsa applicazione di legge, con particolare riferimento alla asserita mancata menzione dell’esistenza di un contratto di subappalto. La ricostruzione dei rapporti operata dalla Corte d’Appello di Brescia non terrebbe conto, secondo RAGIONE_SOCIALE, degli elementi documentali (fatture, nota di credito) esaminati nel motivo di ricorso precedente, che sarebbero tali da escludere la ricostruzione dei rapporti negoziali tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in termini di accollo di debito per privilegiare invece la loro qualificazione in termini di subappalto: data, infatti, l’esenzione IVA per l’ipotesi di subappalto di cui poteva beneficiare RAGIONE_SOCIALE e non RAGIONE_SOCIALE, non vi sarebbe potuto essere accollo da parte della prima del debito in capo alla seconda, che avrebbe dovuto versare l’IVA e quindi, prima, riceverla.
Anche il motivo di ricorso in esame è da respingere perché meritale.
Pure in questo caso la ricorrente si duole dell’attività di interpretazione e valutazione del materiale probatorio, comprensivo di quello documentale, svolta dalla Corte d’Appello nel rispetto delle disposizioni normative richiamate. Per quanto riguarda, in particolare, il disposto dell’art.2729 c.c. -alla cui pretesa violazione è correlata pure la pretesa violazione dell’art.1273 c.c. -, RAGIONE_SOCIALE lamenta in sostanza che nell’ambito della valutazione di gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari richiesta dall’articolo richiamato, la Corte non abbia dato il rilievo ritenuto adeguato secondo la valutazione della parte agli elementi documentali esaminati nell’ambito del motivo di ricorso precedente, valorizzando altri profili: non di violazione di legge si tratta, quindi, ma di contestazione dell’iter ricostruttivo -argomentativo operato dal Giudice di merito nella piena e legittima esplicitazione dei poteri di valutazione della prova che gli sono propri.
Quanto all’ipotizzabilità di violazione di legge pure lamentata dalla ricorrente in relazione all’art.116 c.p.c., si richiama ancora Cass. a SSUU n.20867/2020, secondo la quale ‘ In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in
assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ‘ -cfr. anche Cass. n.34786/2021 che, in motivazione, sottolinea come ‘… la violazione del “prudente apprezzamento ” coincide con la falsa applicazione di siffatta regola, e cioè con il non avere liberamente valutato le prove, in un’ipotesi in cui mancava la deroga normativa all’esercizio di tale potere, o con l’avere liberamente valutato le prove, laddove invece era previsto un altro regime legale. La violazione del “prudente apprezzamento ” non è invece denunciabile quale apprezzamento non prudente della prova da parte del giudice, e cioè quale cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (come espressamente afferma la citata Cass. n. 11892 del 2016, negando sul piano del principio di diritto la possibilità di sollevare sul punto la violazione dell’art. 116), posto che le prove devono essere dal giudice valutate secondo il «suo» – precisa l’art. 116 – prudente apprezzamento. Emerge qui, in base ad un dato testuale della legge, la sfera di autonoma, e non sindacabile in sede di legittimità, valutazione del giudice di merito’ -.
Anche il motivo in esame è quindi totalmente meritale.
conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto.
spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, sostenute da RAGIONE_SOCIALE, si pongono a carico della ricorrente.
Nulla per le spese quanto alla posizione del Fallimento RAGIONE_SOCIALE che è rimasto intimato.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione respinge il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità a favore di RAGIONE_SOCIALE liquidandole in € 7.500,00 oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati;
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 5