Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25367 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25367 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7260-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 703/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 31/12/2020 R.G.N. 717/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del giudice di prime cure, ha respinto la domanda di NOME COGNOME di pagamento dell’indennità di risoluzione del rapporto di agenzia nei
R.G.N.
7260/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 03/07/2025
cc
confronti della società RAGIONE_SOCIALE confermando la condanna, da una parte, della società al pagamento del bonus su fatturato venditori e, dall’altra, dell’agente al pagamento dell’indennità di preavviso e del rimborso di provvigioni pagate in eccedenza.
La Corte territoriale ha sottolineato che la pacifica applicazione delle previsioni provvigionali contenuta nel contratto del maggio 2004 (non sottoscritto dalle parti) protratta per dieci anni (e dimostrata dalle fatture che rappresentavano la tacita accettazione della Tabella sconti e provvigioni allegata al contratto del 2004), rappresentava prova inequivoca della conoscenza ed accettazione di entrambe le parti della nuova regolazione del rapporto di agenzia (rispetto al contratto originario del 1996), essendo irrilevante la mancanza della sottoscrizione delle parti (non essendo richiesta, per il contratto di agenzia, la forma scritta ad substantiam ; di conseguenza, risultavano immotivate le dimissioni rassegnate dall’agente pera mancata applicazione delle previsioni del contratto del 1996 e non spettante l’indennità suppletiva di clientela (né l’indennità di risoluzione, che non era oggetto della domanda giudiziale); del pari, dovendosi ritenere accettata per facta concludentia la nuova regolazione del contratto del 2004, non spettavano né l’indennità di incasso né la trattenuta sulle provvigioni sull’ extra sconto applicato al cliente.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’agente con quattro motivi, illustrati da memoria; la società ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1742 c.c. (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4,
c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, omesso ogni decisione sul motivo di appello concernente la violazione dell’art. 421 c.p.c. da parte del giudice di primo grado ove aveva ammesso prove testimoniali dirette ad accertare la stipulazione del c.d. secondo contratto di agenzia, contrariamente al divieto ordinamentale di ammettere prove testimoniali su fatti che la parte deve dedurre e, in specie, su modifiche pattizie di un precedente contratto.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 1321, 1352, 1742, 1751 bis nonché d.l. n. 303 del 1991 e degli Accordi economici collettivi-AEC (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, affermato che il contratto di agenzia può risultare anche per facta concludentia con specifico riferimento alle modifiche apportate all’originario contratto di agenzia che, invece, hanno integrato un vero e proprio nuovo contratto, viste le sostanziali modifiche introdotte; la carenza di sottoscrizione di questo nuovo contratto da parte dell’agente dimostra il rifiuto di accettazione di questo secondo contratto. Inoltre, l’inserimento dell’art. 15 nell’originario contratto del 1996 (che rinvia alle disposizioni dettate dal codice civile) comporta la nullità di modifiche contrattuale non rispettose della forma scritta, forma richiesta altresì dall’art. 3 dell’AEC del 1988.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce omesso esame di fatti decisivi e conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, attribuito rilevanza -ai fini di desumere la riduzione della percentuale di provvigione a decorrere dal 2004 -alle fatture emesse dalla società, non avvedendosi che da tali fatture non è possibile risalire alla provvigione; la base di calcolo delle provvigioni doveva, invece, essere la ‘tabella sconti e provvigioni’ che la società ha sempre dichiarato di non aver mai visto prima della causa.
I primi tre motivi di ricorso sono inammissibili e, per la parte residua, infondati
4.1. Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 7653/2012; Cass. n. 28308/2017). Poiché, dunque, il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronunzia e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (Cass. n. 1397/1976), non ricorre la violazione di tale disposizione allorché si lamenti che il giudice del merito, chiama to a decidere sull’accertamento del diritto al pagamento di differenze provvigionali nell’ambito di un contratto di agenzia, non abbia considerato che il giudice del lavoro non può ammettere prove testimoniali sia su fatti che è onere della parte dedurre s ia ai fini dell’accertamento della stipulazione di un contratto di agenzia. La Corte territoriale ha esaminato la domanda di accertamento di differenze provvigionali ritenendo che l’esecuzione, per dieci anni, di modalità diverse dimostrasse la volontà delle parti, espressa per facta concludentia, di modificare l’originario contratto stipulato nel 1996.
4.2. Presentano profili di inammissibilità altresì tutte le censure che sollecitano, ad onta dei richiami normativi in esso contenuti, una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinché se ne fornisca un diverso
apprezzamento. Deve rimarcarsi che in tema di ricorso per Cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa (riguardante, nella specie, la valutazione della portata delle modifiche del 2004, se integrassero un nuovo contratto o mere modifiche, nonchè delle fatture emesse dal 2004 in poi, e l’accertamento dei comportamenti tenuti dalle parti) è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito.
4.3. La parte residua dei motivi deve ritenersi infondata.
4.4. Questa Corte (sentenza n. 9048/2016) ha affermato che la forma scritta è requisito per la prova e non per la validità del contratto di agenzia; a tal fine, peraltro, il requisito formale è integrato non soltanto dal documento contrattuale ma da qualunque atto dal quale sia desumibile il rapporto esistente tra preponente ed agente; sicchè la prova scritta ben può essere costituita dalle fatture emesse dall’agente per le provvigioni maturate. La previsione della forma scritta ” ad probationem ” determina l’inammissibilità della prova testimoniale che abbia ad oggetto, implicitamente od esplicitamente, l’esistenza del contratto, mentre, a fronte della documentazione per iscritto di quest’ultimo, è consentito il ricorso tanto ad una prova orale che – ai sensi dell’art. 2729 cod. civ. – ad una prova basata su presunzioni gravi, precise e concordanti, che consenta di accertare quale sia stata la comune intenzione delle parti (Cass. n. 1824/2013).
4.5. Giudicando manifestamente infondata l’eccezione d’incostituzionalità dell’art. 1742 cod. civ., nella parte in cui
impone la forma scritta per la prova, questa Corte ha, poi, precisato che la prova dell’accordo negoziale è suscettibile d’essere fornita anche a mezzo di documenti diversi dalla scrittura contrattuale, purché essi abbiano ad oggetto direttamente le intese contrattuali ed il loro contenuto, non essendo sufficiente investano semplicemente circostanze fattuali dalle quali possa, se del caso, risalirsi, per via di inferenza logica, alla stipulazione del contratto (Cass. n. 29422/2023; nello stesso senso, Cass. n. 18561/2024).
4.4. Ebbene, nel caso di specie, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità e conforme ai principi di diritto innanzi richiamati, i giudici di merito -oltre ad accertare la sussistenza di un documento contrattuale del maggio 2004 (seppur non sottoscritto) – hanno rilevato che le fatture emesse successivamente al maggio 2004 e tutte quelle successive (fino al termine del rapporto, nel dicembre 2014) vedevano l’applicazione delle provvigioni previste dal contratto del 2004 e nuovi prodotti aggiunti (rispetto al contratto di agenzia del 1996), .
Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1751 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, riformato la sentenza di primo grado in ordine alla indennità suppletiva di clientela, indubitabilmente dovuta una volta riconosciuta la giustificatezza del recesso dal rapporto a causa del perdurante e grave inadempimento della società.
Il motivo è assorbito, in quanto presuppone l’accoglimento delle censure concernenti l’invalidità del rinnovo del contratto di agenzia nel 2004, censure ritenute infondate.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;
8. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, d ell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’udienza del 3 luglio 2025
Il Presidente dott. NOME COGNOME