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Contratto di accoglienza: quando è valido e va pagato

Un figlio si opponeva al pagamento delle rette per la degenza della madre in una struttura, sostenendo la nullità del contratto di accoglienza. Il Tribunale di Verona ha respinto l’opposizione, chiarendo che i contratti per prestazioni puramente assistenziali, non a carico del Servizio Sanitario Nazionale, sono pienamente validi. Di conseguenza, ha confermato l’obbligo del figlio di saldare il debito.

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Contratto di accoglienza: quando il figlio è tenuto a pagare la retta della madre

Il mantenimento di un familiare anziano in una struttura protetta è una questione delicata, che spesso intreccia aspetti emotivi ed economici. Una recente sentenza del Tribunale di Verona ha affrontato un caso emblematico, chiarendo la validità del contratto di accoglienza e gli obblighi che ne derivano. La vicenda riguarda un figlio che, dopo aver sottoscritto un accordo per l’assistenza della madre, si è opposto al pagamento delle rette, sollevando dubbi sulla legittimità dell’accordo stesso. Analizziamo la decisione per capire i principi applicati dal giudice.

I fatti di causa: l’opposizione al pagamento della retta

Una struttura di accoglienza otteneva un decreto ingiuntivo per un importo di oltre 28.000 euro nei confronti del figlio di un’anziana ospite, a causa del mancato pagamento delle rette. Il figlio decideva di opporsi al decreto, avviando una causa civile e sostenendo diverse ragioni per cui, a suo avviso, nulla era dovuto.

Le ragioni dell’opponente: perché il contratto di accoglienza sarebbe nullo?

La difesa del figlio si basava principalmente su cinque punti:

1. Nullità del contratto: Si sosteneva che l’accordo fosse nullo perché la contrattazione privata non può regolare l’erogazione di prestazioni socio-sanitarie.
2. Inverificabilità dei conteggi: L’importo richiesto non era, a suo dire, verificabile.
3. Prescrizione del credito: Il diritto della struttura a richiedere il pagamento era considerato estinto per il decorso del tempo.
4. Risoluzione e accollo implicito: Si affermava che il contratto si fosse risolto e che la struttura, tramite comportamenti concludenti (facta concludentia), si fosse accollata le spese.
5. Mancanza di legittimazione passiva: Il figlio riteneva di non essere più il soggetto obbligato a seguito di comunicazioni di recesso.

L’analisi del Tribunale sul contratto di accoglienza

Il Tribunale ha rigettato tutte le argomentazioni dell’opponente, confermando la piena validità ed efficacia del contratto di accoglienza. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra prestazioni socio-sanitarie e prestazioni meramente assistenziali.

Il giudice ha accertato che l’anziana madre era stata accolta nella struttura senza alcuna impegnativa di residenzialità da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Le prestazioni fornite, quindi, non erano a carico del sistema pubblico, ma di natura puramente assistenziale, come il vitto, l’alloggio e l’aiuto nelle attività quotidiane. In questi casi, la legge non pone alcun divieto alla stipulazione di contratti tra privati. Citando una pronuncia della Corte di Cassazione (n. 17234/2017), il Tribunale ha ribadito che “nessuna disposizione di legge stabilisce la nullità di contratti tra privati per il mantenimento di un familiare bisognoso di prestazioni assistenziali presso una struttura recettiva”.

Prescrizione e accollo: le altre difese respinte

Anche le altre eccezioni sono state respinte. Il Tribunale ha chiarito che al pagamento delle rette si applica la prescrizione quinquennale e non quella presuntiva, più breve. Tale termine, nel caso di specie, era stato validamente interrotto da una lettera raccomandata e dal successivo deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

L’ipotesi di un accollo delle spese da parte della struttura è stata definita “fantasiosa”, poiché l’accollo è un negozio giuridico specifico che richiede un accordo esplicito tra le parti, del tutto assente in questo caso. Infine, le comunicazioni di recesso inviate dal figlio sono state giudicate irrilevanti, dato che la madre aveva continuato a beneficiare ininterrottamente dei servizi della struttura fino al suo decesso.

Le motivazioni della decisione

La decisione del Tribunale si fonda sulla netta distinzione tra l’assistenza sanitaria, di competenza pubblica, e quella meramente assistenziale, che può essere regolata da accordi privati. Poiché nel caso esaminato si trattava di servizi sostitutivi dell’assistenza familiare (come stabilito dal d.p.c.m. 8.8.1985), il contratto di accoglienza sottoscritto dal figlio era pienamente legittimo. L’obbligo di pagamento sorge direttamente da tale accordo volontario. Il rigetto delle altre eccezioni è conseguenziale: la prescrizione non era maturata, l’accollo non è mai esistito e il recesso non poteva avere effetto a fronte della continua erogazione del servizio. Le argomentazioni tardive sulla natura sanitaria delle prestazioni sono state dichiarate inammissibili per motivi procedurali.

Le conclusioni

La sentenza conferma un principio fondamentale: chi sottoscrive un contratto per l’assistenza di un familiare in una struttura privata è tenuto a onorare gli impegni economici assunti. Non è possibile invocare la natura pubblica dell’assistenza sanitaria per sottrarsi a obbligazioni derivanti da un accordo privato per servizi di tipo alberghiero e assistenziale. Il Tribunale, pertanto, ha rigettato l’opposizione, confermato il decreto ingiuntivo e condannato il figlio al pagamento non solo del debito, ma anche delle spese legali del giudizio.

Un contratto di accoglienza per servizi assistenziali in una struttura privata è valido?
Sì, è valido. La sentenza chiarisce che se le prestazioni sono meramente assistenziali (e non sanitarie a carico del Servizio Sanitario Nazionale), il contratto tra privati è pienamente legittimo e non nullo.

Quale prescrizione si applica al pagamento delle rette di una casa di riposo?
Si applica la prescrizione ordinaria quinquennale prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c., e non quella presuntiva più breve.

Inviare una lettera di recesso dal contratto di accoglienza è sufficiente a interrompere l’obbligo di pagamento?
No. Secondo la decisione, il recesso non è efficace se la persona assistita continua a usufruire dei servizi della struttura. L’obbligo di pagare la retta permane fino a quando la prestazione viene effettivamente erogata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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