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Contratto d’appalto verbale: prova e pagamento

Una società di costruzioni cita in giudizio il committente per il mancato pagamento di lavori di ristrutturazione. Nonostante la mancanza di un accordo scritto, il Tribunale riconosce la validità del contratto d’appalto verbale basandosi sulla condotta delle parti. La quantificazione del dovuto avviene tramite CTU, condannando il committente al pagamento del saldo per le opere effettivamente eseguite.

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Contratto d’Appalto Verbale: Quando i Fatti Contano Più delle Parole

Un contratto d’appalto verbale può essere fonte di notevoli incertezze, specialmente quando sorgono contestazioni sul pagamento dei lavori. Una recente sentenza del Tribunale di Roma offre un’analisi dettagliata su come la legge valuta questi accordi non scritti, dimostrando che il comportamento delle parti può avere lo stesso peso di una firma su un documento. Il caso riguarda una società di costruzioni che ha richiesto il pagamento di lavori di ristrutturazione eseguiti in un locale commerciale, a fronte del rifiuto del committente che contestava l’assenza di un contratto formale e l’ammontare del dovuto.

I Fatti di Causa: Una Ristrutturazione Contesa

Una società appaltatrice veniva incaricata di eseguire importanti lavori di ristrutturazione in un locale commerciale. L’accordo iniziale, basato su due preventivi accettati telefonicamente, prevedeva una serie di opere, tra cui demolizioni, ricostruzioni e realizzazione di solai. Durante l’esecuzione, venivano richieste ulteriori lavorazioni non previste inizialmente.

Dopo aver ricevuto due pagamenti parziali, l’impresa emetteva ulteriori fatture per un totale di circa 47.000 euro, che il committente si rifiutava di saldare. Le contestazioni del committente vertevano sulla genericità dei preventivi, sull’assenza di un contratto scritto con termini di pagamento definiti e sull’incompletezza di alcune opere al momento dell’interruzione del rapporto. L’impresa, di contro, sosteneva di aver eseguito lavori per un valore complessivo superiore a 64.000 euro e chiedeva il saldo.

La Prova del Contratto d’Appalto Verbale

Il cuore della controversia risiedeva nella validità dell’accordo. Il Tribunale ha ribadito un principio fondamentale: il contratto d’appalto non richiede la forma scritta per essere valido. La prova della sua esistenza può essere fornita con ogni mezzo, inclusi i comportamenti concludenti delle parti.

Nel caso specifico, il giudice ha ritenuto che l’accordo fosse stato perfezionato attraverso una serie di azioni inequivocabili da parte del committente:
1. Richiesta e ricezione dei preventivi.
2. Richiesta verbale di iniziare immediatamente i lavori.
3. Messa a disposizione del cantiere all’impresa appaltatrice.
4. Pagamento di due acconti.

Questi elementi, nel loro insieme, costituivano un’accettazione tacita dei preventivi, dando vita a un contratto d’appalto verbale pienamente valido ed efficace tra le parti.

La Quantificazione del Credito e il Ruolo Decisivo del CTU

Stabilita l’esistenza del contratto, restava da definire il corretto ammontare del corrispettivo dovuto per le opere effettivamente eseguite. Data l’impossibilità di una verifica diretta a causa del completamento dei lavori da parte di un’altra impresa, il Tribunale ha nominato un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU).

Il CTU ha ricostruito lo stato dei lavori al momento dell’interruzione basandosi sulla documentazione disponibile, tra cui la relazione del direttore dei lavori, fotografie, e-mail e i preventivi stessi. L’esperto ha concluso che il valore delle opere completate dall’impresa attrice ammontava a circa 33.500 euro oltre IVA. Il Tribunale ha pienamente accolto le conclusioni del CTU, ritenendole logiche, ben motivate e basate su un esame tecnico approfondito degli atti.

Le Motivazioni della Decisione

Il Tribunale ha parzialmente accolto la domanda dell’impresa appaltatrice. Ha condannato la società committente al pagamento della differenza tra il valore dei lavori accertato dal CTU (circa 40.800 euro IVA inclusa) e gli acconti già versati (circa 19.300 euro), per un importo residuo di oltre 21.500 euro, oltre agli interessi legali.

La sentenza ha inoltre chiarito la posizione della società proprietaria dell’immobile, anch’essa citata in giudizio. Il giudice ha respinto ogni domanda nei suoi confronti, sottolineando l’assenza di qualsiasi rapporto contrattuale tra questa e l’impresa appaltatrice. La responsabilità del pagamento ricade esclusivamente sul soggetto che ha commissionato i lavori, ovvero la società conduttrice del locale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione offre importanti spunti pratici. Anzitutto, conferma che un contratto d’appalto verbale è legalmente vincolante, ma espone le parti a rischi significativi in caso di controversia. L’assenza di un documento scritto rende più complessa la prova dei termini dell’accordo, del prezzo e delle opere pattuite. In secondo luogo, evidenzia l’importanza cruciale della documentazione tecnica (relazioni del direttore lavori, stati di avanzamento, fotografie) per determinare il valore delle opere in caso di contestazione. Infine, la sentenza riafferma che, salvo diversi accordi, a rispondere delle obbligazioni derivanti da un appalto è il committente, non necessariamente il proprietario dell’immobile oggetto dei lavori.

Un contratto d’appalto per lavori edili è valido anche se non è scritto?
Sì, la sentenza conferma che il contratto d’appalto non necessita della forma scritta per la sua validità. La sua esistenza può essere provata attraverso il comportamento concludente delle parti, come l’accettazione dei preventivi, la consegna del cantiere e il pagamento di acconti.

Come si calcola il giusto compenso per l’appaltatore se l’importo è contestato e non c’è un contratto scritto?
In assenza di un accordo chiaro sul prezzo e in caso di contestazione, il giudice può nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). L’esperto valuta le opere effettivamente eseguite basandosi sulla documentazione disponibile (preventivi, e-mail, foto, relazioni tecniche) per determinare il corretto corrispettivo dovuto.

Il proprietario di un immobile è responsabile per i debiti dell’inquilino che ha commissionato i lavori di ristrutturazione?
No, secondo la decisione, il proprietario dell’immobile non è responsabile per il pagamento dei lavori se non è parte del contratto d’appalto. L’obbligazione di pagare il corrispettivo ricade esclusivamente sul soggetto che ha commissionato le opere, in questo caso l’inquilino (committente).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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