Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15800 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15800 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35492/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 955/2018 depositata il 17/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il giudizio trae origine dalla domanda che la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto innanzi al Tribunale di Torino nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per chiedere l’accertamento negativo dell’esistenza di un contratto di consulenza per la ristrutturazione del debito, che alcune società facenti capo al ‘RAGIONE_SOCIALE aveva nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, operazione che aveva portato RAGIONE_SOCIALE ad acquistare la maggioranza di RAGIONE_SOCIALE
1.1.Si è costituita la RAGIONE_SOCIALE per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale, ha chiesto il pagamento dei compensi nella misura € 1.000.000,00 oltre Iva ed accessori.
Ha esposto che alcune società del gruppo RAGIONE_SOCIALE erano indebitate con il RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva deliberato di procedere all’escussione dei pegni costituiti su azioni della RAGIONE_SOCIALE a garanzia dei crediti della stessa verso la RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva lanciato un’OPA, con termine di adesione entro il 9 giugno 2009.
Anche il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ stava valutando di proporre un’OPA concorrente sul titolo IPI, ma nel maggio 2009 l’Agenzia delle Entrate aveva informato i vertici del RAGIONE_SOCIALE dell’esistenza di ingenti debiti fiscali a carico delle società del gruppo.
In questa fase, RAGIONE_SOCIALE, società finanziaria della famiglia COGNOME, aveva coinvolto nelle trattative la RAGIONE_SOCIALE, al fine di articolare l’operazione di acquisto della quota di controllo di IPI.
L’operazione finanziaria prevedeva:
-la sottoscrizione, in data 5.6.2009, di un contratto di finanziamento tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
-la presentazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, sempre in data 5.6.2009 di un’offerta alla RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto della partecipazione di controllo di IPI;
-una volta perfezionato l’acquisto, RAGIONE_SOCIALE avrebbe promosso un’OPA obbligatoria ex artt.102 e 106, comma 1 del TUF su tutte le residue azioni di IPI.
Nella data fissata per la sottoscrizione del finanziamento, il 5.6.2009, si era tenuto un incontro tra le parti dell’accordo, al quale aveva partecipato un rappresentante della RAGIONE_SOCIALE; in tale contesto, si era fatto riferimento ai costi dell’operazione, nelle quali rientravano, oltre alle spese notarili, anche quelle della RAGIONE_SOCIALE, determinate in € 1.000.000,00.
L’operazione si era conclusa con successo e, secondo quanto dedotto dalla RAGIONE_SOCIALE, anche nei mesi successivi, la RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa della sua consulenza, assicurando che avrebbe corrisposto il compenso.
1.1.Il Tribunale di Torino ha accolto, per quanto di ragione, la domanda della RAGIONE_SOCIALE ed ha determinato in € 500.000, 00 il compenso dovuto dalla RAGIONE_SOCIALE
1.2. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 17.8.2018, ha rigettato l’appello principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento dell’appello incidentale, ha determinato in € 1.000.000,00 il compenso della RAGIONE_SOCIALE
La Corte di merito ha rigettato l’eccezione di nullità del contratto per assenza di forma scritta ad substantiam, ritenendo che non si trattasse di un contratto di borsa o di mediazione RAGIONE_SOCIALEa, ma di un contratto di consulenza finanziaria atipica finalizzato all’acquisizione della maggioranza delle azioni RAGIONE_SOCIALE, ragione per la quale non era necessaria l’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE.
Preso atto dell’assenza di un accordo scritto tra le parti, l’esistenza del contratto è stata fondata sulla prova testimoniale, ammissibile in considerazione dei rapporti tra le parti e delle circostanze della stipulazione, ricorrendo un principio di prova scritta nel contratto di finanziamento del 5.6.2009, in cui si dava atto dell’esistenza del credito in favore della RAGIONE_SOCIALE Le clausole inserite nel contratto di finanziamento, seppure stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE ed altre parti, aveva valenza confessoria ai sensi dell’art.2735 c.c., anche in ragione della congruità del compenso, pari ad € 1.000.000,00 rispetto all’importo destinato ai costi dell’operazione ed alle somme destinate agli altri professionisti.
La Corte di merito ha evidenziato che, in seguito alla richiesta di compenso inviata per e-mail dalla RAGIONE_SOCIALE, il COGNOME, per conto della RAGIONE_SOCIALE aveva assicurato di adempiere al pagamento, secondo ‘il nostro best effort ‘.
Anche nell’ addendum del contratto di finanziamento del 15 giugno 2009 era rimasta immutata la clausola relativa al pagamento dei professionisti, ed era stata fatta espressa indicazione alla RAGIONE_SOCIALE come legal advisor dell’operazione finanziaria.
A supporto di tale convincimento, la Corte di merito ha valorizzato la vasta eco nella stampa nazionale all’operazione di finanziamento, enfatizzando il ruolo di advisor della RAGIONE_SOCIALE
Infine, il teste NOME, consulente legale nell’operazione finanziaria, aveva riferito di ricordare, sia pur con qualche incertezza che il compenso della RAGIONE_SOCIALE era stato determinato in € 1.000.000,00, come del resto quello degli altri professionisti, anche se, nel prosieguo, venne ridotto ad € 500.000,00, su accordo tra le parti.
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino sulla base di nove motivi.
2.1.RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso.
2.2.Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
2.3.La Sostituta Procuratrice Generale in persona della dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
2.4.In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.2730 c.c., 2735 c.c., 1988 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , per avere la Corte d’appello attribuito valore probatorio ‘superiore a quello di mero indizio’ – al contenuto del contratto di finanziamento stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE con il RAGIONE_SOCIALE in data 5.6.2009, nel quale la RAGIONE_SOCIALE era espressamente indicata quale consulente finanziario della ricorrente. La corte territoriale avrebbe
errato nell’attribuire il valore di piena prova ad una pattuizione negoziale inter alios. In secondo luogo, la confessione stragiudiziale, resa alla controparte o a terzi, disciplinata dall’art. 2735 c.c., per essere tale, e valere come prova di un fatto, dovrebbe avere ad oggetto fatti storici, mentre le clausole negoziali non sarebbero suscettibili di assumere valore confessorio, né sarebbe ammissibile la loro revocabilità, ai sensi dell’art. 2732 c.c. L’errore sussuntivo nel ricondurre la clausola bilaterale in questione alla fattispecie di cui all’art. 2735 c.c. consisterebbe nell’attribuire a clausole negoziali, stipulate inter alios, valore di prova legale confessoria mentre essa non sarebbe nemmeno valutabile per accertare l’esistenza di fatti storici.
2.Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt.1172 c.c., 1326 c.c., 1362 c.c., 1327 c.c., perché la Corte d’appello avrebbe ritenuto provato l’accordo di consulenza sulla base del comportamento successivo alla conclusione al contratto, nonostante si trattasse di un criterio ermeneutico suppletivo al quale potrebbe farsi ricorso solo nel caso in cui il contratto esistesse.
3.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4 o 5 c.p.c., per violazione dell’art.132 c.p.c., 111 c.p.c., per motivazione illogica e contraddittoria.
4.Con il quarto motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c., c., per aver omesso di considerare le risultanze della prova testimoniale svolta in grado d’appello , da cui sarebbe emerso che non vi era alcun accordo tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, considerando che il contratto originario di finanziamento sarebbe stato rimaneggiato e conterrebbe refusi e
correzioni.
5.Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt.2727 c.c., 2729 c.-c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto provato l’accordo di consulenza sulla base di « una catena di presunzioni », nonostante il divieto di « praesumptio de praesumpto ».
Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 2721 e 2724 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., perché la Corte d’appello avrebbe considerato come principio di prova scritta il testo d ell’ accordo trasmesso dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE
6.1.I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
6.2.La Corte d’appello ha preso atto dell’assenza di un accordo scritto tra le parti ed ha fondato la prova dell’esistenza del contratto di consulenza su una serie di elementi probatori valutati autonomamente ed in connessione tra loro.
6.3.La prova testimoniale è stata ritenuta ammissibile, nonostante l’elevato valore dell’oggetto del contratto, in considerazione dei rapporti tra le parti e delle circostanze della stipulazione, in presenza di un principio di prova scritta, costituito dalla documentazione trasmessa prima della stipulazione del contratto di finanziamento in cui si segnalavano diverse ipotesi di articolazione dell’operazione (pag.5-6 della sentenza impugnata), cui seguiva il contratto di finanziamento del 5.6.2009 con la RAGIONE_SOCIALE, nel quale si dava atto dell’esistenza del credito in favore della RAGIONE_SOCIALE In particolare, nel contratto si dava atto che della somma di € 3.300.000,00, comprensiv a delle spese, degli onorari
notarili e delle spese di consulenza, la somma di € 1.000.000,00 era destinata alla RAGIONE_SOCIALE
6.4.L’inserimento di tale clausola da parte della RAGIONE_SOCIALE ha valenza confessoria, liberamente valutabile dal giudice, ex art.2735 c.c., in concorso con gli altri elementi probatori, costituiti dalle prove orali e documentali.
Come affermato da questa Corte, la convenzione intervenuta fra una delle parti del giudizio ed un terzo, siccome proveniente parzialmente da estranei alla lite, non ha efficacia di prova piena, ma può essere liberamente apprezzata dal giudice del merito, sì da costituire, in concorso con altri elementi, fonte di convincimento del giudice stesso, tenuto, peraltro, ad adeguata e corretta motivazione al riguardo (Sez. Lav. n. 3026 del 10/04/1990).
Si tratta di scritture provenienti da terzi, o formate da una parte e da un terzo, che non hanno efficacia di prova piena in ordine ai fatti da esse attestati o alla data del loro verificarsi se di esse sia provata, o non sia contestata, la veridicità formale ( Cass. 2 febbraio 2024 n. 3122; Cass. Sez. III, n.14122 del 27/07/2004).
6.5.L’interpretazione della clausola è avvenuta alla stregua dei criteri previsti dall’art.1362 c.c., né la società ricorrente ha dedotto la violazione dei criteri ermeneutici, soprattutto quello letterale (tra le altre, Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465). Solo una volta accertata l’esistenza dell’accordo, è stato fatto ricorso al comportamento successivo delle parti, con particolare riferimento alla richiesta di compenso inviata per e-mail dalla RAGIONE_SOCIALE alla quale NOME COGNOME, per conto della RAGIONE_SOCIALE, aveva risposto, assicurando il pagamento della prestazione secondo ‘il nostro best effort ‘. La Corte ha, altresì , rilevato che anche
nell’ addendum del contratto di finanziamento del 15 giugno 2009, era rimasta immutata la clausola relativa al pagamento dei professionisti ed era stata fatta espressa indicazione alla RAGIONE_SOCIALE come legal advisor.
A supporto della valutazione della dichiarazione confessoria resa dalla COGNOME nel contratto con la RAGIONE_SOCIALE, è stata valorizzata la deposizione del teste COGNOME, consulente legale nell’operazione finanziaria, il quale ha riferito di ricordare, sia pur con qualche incertezza che il compenso della RAGIONE_SOCIALE era stato determinato in € 1.000.000,00, come del resto quello degli altri professionisti.
6.6. La motivazione della sentenza si sottrae al vizio dell’apparenza , in quanto consente di cogliere in maniera esaustiva l’iter logico della decisione (Cass. Sez. Unite n.8053/2014); né è ravvisabile la violazione dell’art.2729 c.c. , in quanto il ragionamento inferenziale si sviluppa in modo lineare attraverso il fatto noto per risalire al fatto ignoto ( Cass. 29.10.2020, n. 23860).
6.7.Secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. ex multis Cass. 8007/2018), l’art.2729 c.c., nel prescrivere che le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla “prudenza del giudice”, si cura di precisare come tale prudenza debba manifestarsi, stabilendo che il decidente deve ammettere solo presunzioni che siano “gravi, precise e concordanti”, laddove: il requisito della “precisione” va riferito al fatto noto (indizio) che costituisce il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso non sia vago ma ben determinato nella sua realtà storica; il requisito della “gravità” va riferito al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, è possibile desumere dal fatto noto; il requisito della “concordanza” – menzionato dalla legge per il caso del concorso
di più elementi presuntivi (Cass. 23153/2018; Cass. 17574/2009) richiede che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza (Cass. 11906/2003).
Spetta, dunque, al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico, verificare la loro rispondenza ai requisiti di legge e apprezzare in concreto l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità; peraltro, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio.
6.8.Risultano così inammissibili in questa sede le censure che propongono una diversa lettura degli elementi considerati dalla corte di merito al fine di valutarne la pregnanza in termini di prova presuntiva, in quanto, come detto, l’apprezzamento della gravità, precisione e concordanza degli elementi dedotti a tal fine è rimesso alla valutazione in fatto del giudice di merito, non sindacabile in questa sede di legittimità.
Il ricorso per cassazione, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. sul tema generale, Cass. Sez. Unite N. 8053/2014; Cassazione civile sez. un., 27/12/2019, n.34476).
7.Con il settimo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e/o comunque falsa applicazione dell’art. 16 della Legge n. 108 del 1996, dell’art. 2, comma 1 del D.P.R. 28 luglio 2000 n. 287 e degli artt. 2231 c.c. e 1418 c.c., per errata qualificazione giuridica del contratto; la ricorrente sostiene che non si trattava di un contratto di consulenza professionale atipica, ma di mediazione RAGIONE_SOCIALEa, perché la consulenza sarebbe stata prestata ai fini della concessione del finanziamento, sicché sarebbe richiesta la forma scritta ad substantiam. Ai sensi dell’art.16, comma 1 della L.108/96, per l’attività di mediazione o consulenza nella concessione di finanziamenti da parte delle banche o di intermediari RAGIONE_SOCIALE è, infatti, prevista l’iscrizione ad un RAGIONE_SOCIALE istituito presso l’RAGIONE_SOCIALE ed il contratto deve essere stipulato in forma scritta. Anche l’art. 2, comma 1 del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287 comprenderebbe nella nozione di mediatore RAGIONE_SOCIALEo, tenuto alla iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE, colui che svolge attività di consulenza, sicché rientrerebbero nella fattispecie della mediazione RAGIONE_SOCIALEa i rapporti di mediazione consistenti anche messa in relazione per lo svolgimento di un’operazione RAGIONE_SOCIALEa unitamente all’attività di consulenza.
8.Con l’ottavo motivo di ricorso, si lamenta l’omessa valutazione della prova documentale in ordine all’attività di intermediazione RAGIONE_SOCIALEa, prova consistente in una mail del Prof. COGNOME del 15.9.2009, in cui si farebbe riferimento all’attività di procacciamento del finanziamento, nonché alla stessa diffida inoltrata alla RAGIONE_SOCIALE dai difensori della RAGIONE_SOCIALE, in cui sarebbe inequivoco il riferimento all’ottenimento del finanziamento per il tramite di detta società di consulenza.
9.Con il nono motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt.2736 c.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per
erronea valutazione della documentazione da cui risulterebbe lo svolgimento da parte della RAGIONE_SOCIALE dell’attività di mediazione RAGIONE_SOCIALEa.
9.1.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
9.2. Come già precisato, in tema di qualificazione giuridica del contratto, è granitico l’orientamento di questa Corte secondo cui l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c., e segg. (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536), in quanto quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178).
9.3.Nel caso di specie, sulla base degli elementi fattuali emergenti dagli atti del processo, la Corte d’appello ha escluso che l’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE integrasse un contratto di borsa o di mediazione RAGIONE_SOCIALEa, trattandosi, invece, di un contratto di consulenza finanziaria atipica finalizzato all’acquisizione della maggioranza delle azioni RAGIONE_SOCIALE; ne deriva che, per lo svolgimento di tale attività non era necessaria l’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e che il contratto fosse a forma libera e non dovesse rivestire la forma scritta del contratto ad substantiam.
9.4.E’ utile precisare che l’art. 2, comma 1 del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287 definisce mediatore RAGIONE_SOCIALEo, tenuto all ‘ iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE, ‘ colui che professionalmente, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati
con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma ‘.
Il secondo comma della medesima legge dispone che i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE svolgono la loro attività senza essere legati ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Ad essi è vietato concludere contratti nonché effettuare, per conto di banche o di intermediari finanziari, l’erogazione di finanziamenti e ogni forma di pagamento o di incasso di denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di titoli di credito.
9.5.L’istituzione dell’RAGIONE_SOCIALE fu voluto nel quadro più generale di contrasto dell’usura, e, pertanto, l’art. 16 l. n. 108 del 1996 deve essere interpretato in coerenza con tale scopo (Cassazione civile sez. III, 24/10/2013, n.24118).
9.6.Sul piano dell’interpretazione letterale, sia la dottrina, sia la giurisprudenza di questa Corte hanno da tempo individuato gli elementi essenziali della attività di mediazione come delineata dal codice civile. Essi sono:
(a) sul piano strutturale: l’onerosità, la subordinazione della provvigione alla conclusione dell’affare (art.1755 c.c.), la libertà per il mediatore di attivarsi o meno; l’autonomia e l’indipendenza del mediatore (art.1754 c.c.);
(b) sul piano funzionale: lo svolgimento di un’attività mirante a mettere due o più parti in relazione, al fine di concludere un affare (art.1754 c.c.).
9.7.E’ configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta “atipica”, fondata su contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (cosiddetta mediazione unilaterale), qualora una
parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività volta alla ricerca di una persona interessata alla sua conclusione a determinate e prestabilite condizioni (Cass. Sez. Unite 2.8.2017, n.19161); in siffatta evenienza l’esercizio dell’attività di mediazione “atipica”, quando l’affare abbia ad oggetto beni immobili o aziende ovvero, se riguardante altre tipologie di beni, sia svolta in modo professionale e continuativo, resta soggetta all’obbligo di iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE previsto dall’art.2 della L. n.39 del 1989, ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell’art. 6 della medesima legge, il diritto alla provvigione.
9.8. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che il contratto stipulato tra le parti del presente giudizio mancasse dei requisiti previsti per il contratto di mediazione RAGIONE_SOCIALEa.
9.9.In primo luogo, la RAGIONE_SOCIALE si era obbligata con la RAGIONE_SOCIALE a prestare assistenza e consulenza nell’ambito della complessa operazione attività finalizzata all’ac quisizione della maggioranza delle azioni RAGIONE_SOCIALE.
9.10.In secondo lugo, mancava uno degli elementi caratterizzanti l’attività di mediazione: e cioè lo svolgimento da parte della RAGIONE_SOCIALE di un’attività finalizzata alla messa in relazione delle parti interessate alla conclusione di un affare.
Dalla ricostruzione effettuata dalla Corte d’appello risulta che alcune società del gruppo RAGIONE_SOCIALE erano indebitate con il RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva deliberato di procedere all’escussione dei pegni costituiti su azioni della RAGIONE_SOCIALE a garanzia dei crediti della stessa verso la RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva lanciato un’OPA, con termine di adesione entro il 9 giugno 2009.
Anche il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ stava valutando di proporre un’OPA concorrente sul titolo IPI, ma nel maggio 2009 l’Agenzia delle Entrate informò i vertici del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’esistenza di ingenti debiti fiscali a carico delle società del gruppo.
In questa fase, RAGIONE_SOCIALE, società finanziaria della famiglia COGNOME, aveva coinvolto nelle trattative la RAGIONE_SOCIALE, al fine di articolare l’operazione di acquisto della quota di controllo di IPI.
Non solo l’attività della RAGIONE_SOCIALE è stata svolta su incarico della RAGIONE_SOCIALE, ma l’attività di consulenza non aveva ad oggetto l’individuazione dell’ente finanziatore ma una serie di articolate operazioni finalizzate all’acquisto delle azioni RAGIONE_SOCIALE
L’operazione finanziaria prevedeva, infatti, la sottoscrizione, in data 5.6.2009, di un contratto di finanziamento tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, la presentazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, sempre in data 5.6.2009, di un’offerta alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto della partecipazione di controllo di RAGIONE_SOCIALE e, una volta perfezionato l’acquisto, il lancio di un’OPA obbligatoria, da parte della RAGIONE_SOCIALE, ex artt.102 e 106, comma 1 del TUF su tutte le residue azioni di IPI.
Nella vicenda de qua , l’interesse concreto perseguito dalla RAGIONE_SOCIALE era quello di un’assistenza di carattere finanziario non solo nella fase di sottoscrizione del finanziamento.
RAGIONE_SOCIALE non aveva messo in contatto due parti che intendevano concludere un affare, ma aveva assistito RAGIONE_SOCIALE nell’operazione di finanziamento e nel lancio.
9.11.L’insussistenza del connotato dell’imparzialità della società di consulenza elide in radice la possibilità di caratterizzazione dell’operazione secondo lo schema della “mediazione RAGIONE_SOCIALEa”.
Quella prestata dalla RAGIONE_SOCIALE non è stata una consulenza funzionale all’ottenimento del finanziamento , ma un’attività di consulenza a più ampio spettro, in relazione all’operazione che ha portato la RAGIONE_SOCIALE, per il tramite della newco RAGIONE_SOCIALE, ad acquisire la maggioranza del capitale sociale dell’allora quotata RAGIONE_SOCIALE, e in cui si colloca anche il contratto di finanziamento.
9.12. Il precedente invocato da entrambe le parti (Cass. 10 gennaio 2019 n. 482), nel ritenere inapplicabile la normativa in materia di mediazione RAGIONE_SOCIALEa, valo rizza, infatti, l’insussistenza di un requisito essenziale pacificamente inesistente nella specie, ossia l’imparzialità del mediatore RAGIONE_SOCIALEo (in questi termini si richiamano Cass. 24 gennaio 2023 n. 2185 e Cass. 5 agosto 2019 n. 20913).
In tal caso, l’incaricato ha l’obbligo e non la facoltà di attivarsi per la conclusione dell’affare e può pretendere il pagamento della provvigione dalla sola parte che gli ha attribuito l’incarico, senza necessità della sua iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE previsto dall’art.2 della Legge n.39 del 1989 e senza il rispetto della forma scritta ad substantiam.
10.ll ricorso va pertanto rigettato.
11.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
12.Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione