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Contratto consulenza finanziaria: quando è valido?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15800/2024, ha stabilito che un contratto di consulenza finanziaria atipico non necessita di forma scritta per essere valido. Il caso riguardava una società che contestava il pagamento di un compenso a una società di consulenza, negando l’esistenza di un accordo formale. La Corte ha confermato che l’esistenza del contratto e il diritto al compenso possono essere provati attraverso altri elementi, come la prova testimoniale e clausole inserite in contratti collegati, distinguendo nettamente tale attività dalla mediazione creditizia, che invece richiede requisiti formali specifici.

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Contratto di Consulenza Finanziaria: È Valido Anche Senza Forma Scritta?

Un contratto di consulenza finanziaria stipulato verbalmente è valido? E come si può dimostrare la sua esistenza in assenza di un documento firmato? A queste domande ha risposto la Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 15800 del 6 giugno 2024, chiarendo i confini tra consulenza finanziaria atipica e mediazione creditizia, e stabilendo importanti principi in materia di prova del contratto.

I fatti di causa: un’operazione complessa e un compenso conteso

Una società finanziaria aveva avviato un’azione legale per far dichiarare l’inesistenza di un contratto di consulenza con una società specializzata. L’operazione di fondo era l’acquisizione della quota di controllo di una terza società, un affare complesso che richiedeva un significativo finanziamento bancario. La società di consulenza, che aveva assistito la finanziaria in tutta l’operazione, chiedeva il pagamento di un compenso di 1 milione di euro.

La società cliente si opponeva, sostenendo che non fosse mai stato firmato un contratto scritto e che, in ogni caso, l’attività svolta dovesse essere qualificata come mediazione creditizia, un tipo di contratto che per legge richiede la forma scritta per essere valido (ad substantiam).

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla società di consulenza, sebbene con motivazioni parzialmente diverse sull’importo. La questione è quindi approdata in Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione sul contratto di consulenza finanziaria

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società cliente, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che l’accordo tra le parti non era un contratto di mediazione creditizia, ma un contratto di consulenza finanziaria atipico, per il quale la legge non prescrive una forma specifica. Di conseguenza, la sua esistenza poteva essere provata con ogni mezzo, inclusi testimoni e presunzioni.

La distinzione cruciale: Consulenza Finanziaria vs. Mediazione Creditizia

Il punto centrale della decisione è la corretta qualificazione giuridica del rapporto. La Corte ha chiarito che la mediazione creditizia si caratterizza per l’attività di ‘messa in relazione’ di due parti (es. cliente e banca) affinché concludano un affare, mantenendo il mediatore una posizione di imparzialità.

Nel caso di specie, la società di consulenza non si era limitata a trovare un finanziatore. Aveva svolto un’attività molto più ampia e complessa, agendo come advisor di una delle parti per strutturare l’intera operazione di acquisizione societaria, che includeva, ma non si esauriva, nel reperimento dei fondi. L’assenza del requisito di imparzialità e l’ampiezza del mandato hanno portato i giudici a escludere la mediazione creditizia e a qualificare il rapporto come un contratto di consulenza finanziaria.

Il valore della prova in assenza di un contratto scritto

Una volta stabilito che non era necessaria la forma scritta, come è stata provata l’esistenza del contratto? La Corte d’Appello, con un ragionamento avallato dalla Cassazione, ha fondato la sua decisione su un insieme di elementi probatori gravi, precisi e concordanti:

1. Principio di prova scritta: Un contratto di finanziamento stipulato tra la società cliente e una banca (un accordo quindi tra parti diverse) conteneva un riferimento esplicito al compenso dovuto alla società di consulenza per la sua attività. Sebbene questo documento non costituisca prova piena, è stato considerato una ‘confessione stragiudiziale’ liberamente valutabile dal giudice.
2. Prova testimoniale: Un testimone, consulente legale coinvolto nell’operazione, ha confermato l’esistenza dell’accordo sul compenso.
3. Comportamento successivo: La corrispondenza via e-mail tra le parti, in cui la società cliente, di fronte alla richiesta di pagamento, assicurava il proprio ‘best effort’ per saldare il debito, è stata interpretata come un ulteriore elemento a conferma dell’obbligazione assunta.

Le motivazioni

La Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso, sottolineando che la qualificazione del contratto è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportato da una motivazione logica e coerente. I giudici hanno ribadito che l’attività svolta dalla società di consulenza era finalizzata a supportare il cliente in una complessa operazione di finanza straordinaria, agendo su suo specifico incarico e nel suo esclusivo interesse. Tale attività non può essere ricondotta alla mediazione creditizia, che presuppone l’imparzialità e la mera messa in relazione di due o più parti.

Inoltre, la Corte ha confermato la correttezza del ragionamento probatorio della Corte d’Appello. L’utilizzo congiunto di un principio di prova scritta (la clausola nel contratto di finanziamento), delle testimonianze e del comportamento successivo delle parti ha costituito un solido impianto presuntivo, sufficiente a dimostrare l’esistenza e il contenuto dell’accordo verbale, superando così l’assenza di un documento contrattuale formale.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, consolida il principio della libertà di forma per i contratti atipici, come quello di consulenza finanziaria. Un accordo verbale può essere pienamente valido ed efficace. In secondo luogo, evidenzia come, in assenza di un contratto scritto, la prova di un accordo possa essere raggiunta attraverso un’attenta raccolta e valutazione di un insieme di elementi probatori (documenti correlati, testimonianze, comunicazioni). Infine, traccia una linea netta tra l’attività di consulenza di parte, caratterizzata da un mandato fiduciario, e quella di mediazione, che richiede terzietà e imparzialità, con conseguenze decisive sui requisiti di forma e di sostanza del rapporto contrattuale.

Un contratto di consulenza finanziaria deve essere necessariamente scritto per essere valido?
No, secondo questa decisione, un contratto di consulenza finanziaria atipico non richiede la forma scritta ‘ad substantiam’. La sua validità non dipende dalla forma, ma dall’accordo tra le parti, che può essere anche verbale.

Come si può dimostrare l’esistenza di un accordo verbale per una consulenza?
L’esistenza di un accordo verbale può essere provata attraverso un insieme di elementi probatori, anche indiretti. Nel caso esaminato, sono stati determinanti: una clausola in un contratto di finanziamento collegato che menzionava il compenso, la testimonianza di un professionista coinvolto e le comunicazioni via e-mail successive tra le parti.

Qual è la differenza fondamentale tra consulenza finanziaria e mediazione creditizia evidenziata dalla Corte?
La differenza principale risiede nel requisito dell’imparzialità. Il mediatore creditizio mette in relazione due o più parti rimanendo terzo e imparziale. Il consulente finanziario, invece, agisce su incarico di una sola parte e nel suo esclusivo interesse, fornendo un’assistenza specialistica che va oltre la semplice messa in contatto con un finanziatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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