Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2304 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2304 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15462/2021 R.G. proposto da:
NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
NOME CONCEZIO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA n. 1580/2020 depositata il 18/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/06/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME citava NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Chieti per sentire dichiarare la nullità assoluta dell’atto
notarile di alienazione di un immobile stipulato in data 22.04.2010, con il quale il convenuto, nella sua doppia qualità di parte acquirente e di parte alienante, si era attribuito la proprietà. A sostegno delle sue pretese l’attrice spiegava che, in data 29.09.2009, aveva rilasciato procura generale a favore del COGNOME, successivamente revocata con atto notarile dell’08.10.2013. Spiegava, inoltre, che in data posteriore al rilascio della procura generale ella aveva acquistato con propri proventi, nel corso della convivenza con il NOME, un immobile adibito a residenza familiare Oggetto della vendita a sé stesso del NOME, attribuendo a quest’ultimo l’usufrutto e trattenendo a suo favore la nuda proprietà.
1.1. Il Tribunale di Chieti accoglieva la domanda attorea riqualificando la richiesta di declaratoria di nullità assoluta dell’atto di compravendita per mancanza dell’accordo delle parti contraenti con una più ristretta richiesta di declaratoria di inefficacia per annullabilità dell’atto impugnato, per violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1394 e 1395 cod. civ. Così riqualificata la domanda, il giudice di prime cure affermava che, ai sensi delle norme citate, il contratto concluso dal rappresentante con sé stesso, in proprio ovvero quale legale rappresentante di un’altra parte, è annullabile in mancanza di una specifica autorizzazione, ovvero in assenza della predeterminazione RAGIONE_SOCIALE elementi negoziali. A giudizio del giudice di prime cure, in altri termini, la procura generale conferita al COGNOME non era minimamente idonea ad escludere il conflitto di interessi.
Avverso tale sentenza interponeva appello il COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di l’Aquila. Il giudice di seconde cure, in accoglimento del gravame, dichiarava la nullità della pronuncia di annullamento della vendita ex artt. 1394, 1395 cod. civ. A sostegno della sua decisione, precisava la Corte che:
secondo un orientamento consolidato nella Corte di legittimità, mentre è consentita la qualificazione della domanda a cura del giudice del merito, detto potere trova un limite nell’ultrapetizione. Nella specie, l’attrice aveva sostenuto il difetto di volontà negoziale ex art. 1325 cod. civ., denunciando che il procuratore aveva agito contro la volontà della mandante. A fronte di tali allegazioni, costituenti gli elementi della causa petendi , l’azione doveva essere correttamente qualificata come diretta ad ottenere la declaratoria di invalidità dell’atto per vizio del consenso, o comunque l’inefficacia dello stesso per avere il mandante agito in difetto dei poteri rappresentativi in capo al COGNOME. Non avendo in alcun modo l’attrice in primo grado dedotto il difetto dei requisiti previsti e richiesti dall’art. 1395 cod. civ., il primo giudice ha sostituito d’ufficio una diversa azione rispetto a quella formalmente proposta, con conseguente violazione dell’art. 112, cod. proc. civ.
qualificata correttamente la domanda attorea, essa deve essere rigettata in quanto è infondata la tesi della mancanza del consenso, stante la precisione della procura generale che conferiva al NOME la facoltà di contrarre anche con sé stesso, e stante la validità della volontà della NOME con riferimento alla procura generale rilasciata al NOME, che risulta validamente espressa e revocata solo successivamente alla stipula del contratto di vendita per cui è causa.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandolo a due motivi.
Si difendeva NOME COGNOME depositando controricorso.
Si dà atto che NOME COGNOME veniva ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, relativamente alla causa pendente dinanzi a questa Corte, con provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALEAquila dell’11.02.2022.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce inosservanza ed erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 46, comma 1, lett. cbis D.L. 90/2014, 347, 165 e 327 cod. proc. civ. – violazione di norme processuali ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. Dal fascicolo telematico del giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di l’Aquila risulta che l’atto introduttivo del giudizio di appello non sia stato notificato all’appellata, né contiene i file telematici attestanti la notifica, e nemmeno copia conforme cartacea di tale incombente, comprese le attestazioni di regolare invio. Dalla relata di notifica è dato rilevare che essa è stata effettuata in data 26.09.2016 con l’iscrizione al ruolo il 10.10.2016. Poiché la sentenza di primo grado è stata pubblicata il 04.03.2016, e non risultando entro il 4 ottobre 2016 prova della notifica, l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile.
1.1. La questione posta col motivo qui in esame, costituisce – allo stato RAGIONE_SOCIALE atti – questione nuova (non risultante come già affrontata nel giudizio di seconde cure) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione. Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che «ove con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13403 del 17/05/2019, Rv. 654166 -01 – Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20694
del 09/08/2018, Rv. 650009 – 01; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018, Rv. 649332 -01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013, Rv. 627975 – 01)». Del resto, alla contestazione relativa alla mancata notifica dell’atto introduttivo del giudizio di appello il giudice di seconde cure non fa accenno alcuno, trattando (ai punti 7. -7.2.) unicamente l’eccezione di difetto di ius postulandi sollevata dall’appellata con riferimento alla costituzione dell’avvocato del COGNOME.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) cod. proc. civ. La ricorrente ritiene che la Corte d’appello abbia contraddittoriamente, rispetto al suo stesso spiegare, ritenuto che il primo giudice abbia operato in violazione del disposto di cui all’art 112 cod. proc. civ. Il Tribunale di Chieti, infatti, aveva ampiamente motivato la sua giusta decisione, e la stessa Corte d’Appello riconosce come sia indubbio che nella specie la volontà della parte fosse diretta a travolgere e porre nel nulla l’atto di compravendita: sicché, non è dato capire la non consequenziale sua decisione di riformare la statuizione di primo grado.
2.1. Il motivo è inammissibile: il ricorrente si è limitato ad una mera enunciazione nella rubrica del vizio di violazione di legge e del vizio di motivazione, senza poi alcuno sviluppo in via argomentativa, con la conseguente genericità del mezzo, in violazione del principio di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., il quale esige l’illustrazione del motivo, con esposizione RAGIONE_SOCIALE argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. Sez. L. 18.08.2020, n. 17242; Cass. Sez. L.,
26.09.2016, n. 18860; Cass. Sez. 6-5, 22.09.2014, n. 19959; Cass. 3 civ., 19.08.2009, n. 18421; Cass. 3 civ., 03.07.2008, n. 18202). «L’onere di specificità dei motivi, di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., impone al ricorrente, a pena d’inammissibilità della censura, di indicare puntualmente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente ad indicare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa officiosa che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa» (Sez. U – , Sentenza n. 23745 del 28/10/2020, Rv. 659448 – 01; conf. da: Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18998 del 06/07/2021, Rv. 661805 01). Nel caso che ci occupa, la Corte d’appello ha ritenuto resa ultrapetita l’interpretazione del primo giudice della domanda attorea in quanto diretta ad ottenere l’annullamento del contratto ex art. 1395, cod. civ., non avendo la parte dedotto il difetto dei requisiti previsti e richiesti dall’art. 1395 cod. civ., e cioè la sussistenza di autorizzazione al rappresentante a stipulare contratti con sé stesso, ovvero la predeterminazione del contenuto del contratto. Ha ritenuto, invece, rispettosa del principio della domanda un’interpretazione diretta ad accogliere la declaratoria di nullità del contratto di compravendita dell’immobile per vizio del consenso o l’inefficacia dello stesso per difetto di poteri rappresentativi. Orbene il ricorrente, in seno al presente motivo, non deduce in che modo e soprattutto per quali ragioni in diritto la motivazione possa dirsi contraddittoria; pertanto, la censura si risolve nella sollecitazione di una lettura alternativa RAGIONE_SOCIALE elementi istruttori, che non può trovare ingresso in sede di legittimità.
3. In definitiva il Collegio dichiara inammissibile il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €3.000,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda