Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15160 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13110/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente successivo-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 98/2020 depositata il 13/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il tribunale di Napoli respinse una serie di domande proposte da NOME e NOME COGNOME nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (BNL) in relazione a due fideiussioni (la prima delle quali di tipo omnibus ) prestate in favore della RAGIONE_SOCIALE (poi fallita), e accolse, di contro, per quanto di ragione, la domanda riconvenzionale formulata dalla banca, condannando gli attori, in via tra loro solidale, al pagamento della somma ritenuta di giustizia, oltre accessori.
Il gravame dei soccombenti è stato a sua volta respinto dalla corte d’appello di Napoli con sentenza resa pubblica il 13-1-2020.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.
NOME COGNOME si è costituito con controricorso nel quale ha riprodotto i medesimi motivi del ricorrente principale.
La BNL ha replicato nei confronti di entrambi con separati controricorsi, illustrati da unica memoria.
Ragioni della decisione
I. – I motivi di ricorso sono identici.
Invero il controricorso di NOME COGNOME, che li riproduce, assume rilievo di ricorso incidentale adesivo.
Si tratta di un ricorso tardivo.
Ma questa Corte, a sezioni unite, ha stabilito che l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale (Cass. Sez. U n. 8486-24).
I ricorsi possono essere esaminati congiuntamente.
II. -Col primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993 (cd. T.u.b.) e 115 cod. proc. civ. nella parte in cui la sentenza ha respinto il motivo di gravame fondato sull’eccezione di nullità della fideiussione , motivando in relazione al principio che vuole adempiute le formalità richieste per il perfezionamento della fideiussione con la redazione del contratto per iscritto e con la consegna di una copia al cliente.
Per quanto in tali casi sia ritenuta sufficiente la sottoscrizione apposta da parte del solo cliente , la corte d’appello avrebbe omesso di considerare che la banca non aveva osservato la necessaria traditio dell’atto di fideiussione a favore d i entrambi: fatto decisivo della causa oggetto di discussione tra le parti.
III. – Il motivo è inammissibile.
Per consolidato orientamento (divenuto costante dopo Cass. Sez. U n. 898-18), nei contratti bancari la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca non determina la nullità per difetto della forma scritta prevista dall’art. 117, terzo comma, del T.u.b., trattandosi di un requisito che va inteso non in senso strutturale, ma funzionale. Ne segue che è sufficiente che il contratto sia redatto per iscritto, ne sia consegnata una copia al cliente e vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, potendo il consenso della banca desumersi alla stregua di comportamenti concludenti (tra le varie, Cass. Sez. 1 n. 14243-18, Cass. Sez. 1 14646-18, Cass. Sez. 1 n. 16060-18; più di recente Cass. Sez. 1 n. 28500-23).
I ricorrenti assumono che però non vi sarebbe stata la consegna del documento in copia al cliente (la cd. traditio ).
Il rilievo non è riscontrato dalla sentenza.
Né risulta, in prospettiva di autosufficienza, che una corrispondente questione sia stata fatta dinanzi al giudice del merito.
Da ciò l’inammissibilità del mezzo.
A ogni modo, il motivo di ricorso induce a chiarire il senso della formulazione relativa al profilo funzionale della nullità per difetto di forma scritta.
In base al principio esitato dalle Sezioni Unite in relazione al requisito del contratto-quadro dei servizi d’investimento (Cass. Sez. U n. 89818, cit.), cui si deve l’esordio dell’orientamento sopra richiamato, il dato formale allude -in questa materia – a un concetto qualificato dalla finalità di protezione dettata dalla norma.
Nello specifico la finalità è quella dell ‘art. 117 del T.u.b. , che guarda al cliente.
La finalità di protezione del cliente ottiene che il requisito di forma sia rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e firmato dal cliente stesso, senza contestuale necessità (anche) della firma del banchiere, perché il consenso del banchiere ben può desumersi dal suo comportamento concludente.
La consegna della copia del contratto al cliente, invece, non è dettata per soddisfare il requisito di forma in sé e per sé considerato, quanto piuttosto per soddisfare (e attuare) la tutela informativa.
Essendo il requisito di forma determinato dalla necessità di garanzia della più ampia conoscenza, da parte del cliente, delle condizioni del contratto, ne segue che la consegna rileva come presupposto della conseguente possibilità del cliente di verificare, nel corso del rapporto, il rispetto delle condizioni concordate.
Per questa ragione la consegna non costituisce elemento di validità del contratto.
IV. -Col secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dei canoni legali di ermeneutica (artt. 1362, 1363, 1366, 1369, 1370 e 1371 cod. civ.) nella parte in cui la sentenza ha respinto il motivo di appello volto a censurare la qualificazione dei contratti come contratti autonomi di garanzia, e non già come fideiussioni. La corte territoriale, secondo il ricorrente, avrebbe errato in quanto la clausola ‘ a prima richiesta e senza eccezioni ‘ non basta a far assumere alla fideiussione i connotati del contratto autonomo di garanzia, né può recidere il tipico nesso di accessorietà della garanzia all’obbligazione principale.
In quest ‘ottica sarebbero stati violati:
(i) l’art. 1362 cod. civ., che per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti, prima di accedere ad altri e diversi parametri di interpretazione, impone all’interprete di esaminare il dato letterale del contratto (nella specie previdente l’obbligo del fideiussore di pagare le somme dovute dal debitore principale a titolo di restituzione in caso di invalidità dell’obbligazione garantita e l’impegno del fideiussore a rimborsare alla banca le somme da questa incassate a titolo di pagamento dal debitore principale, e che fosse costretta a restituire a seguito di revoca dei pagamenti stessi);
(ii) l’art. 1363 cod. civ., in forza del quale il giudice deve accertare i fatti costitutivi del diritto azionato esaminando la scrittura allegata nel suo complesso, in base al principio per cui le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre e attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto ;
(iii) l’art. 1370 cod. civ., essendo si trattato di garanzia redatta su modulo predisposto dalla banca, da interpretare dunque contro il predisponente;
(iv) l’art. 1371 cod. civ., considerando che il ricorrente NOME COGNOME aveva assunto l’impegno fideiussorio a titolo gratuito.
V. – Il motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha qualificato il contratto come contratto autonomo di garanzia in base alla circostanza -ritenuta decisiva -dell’inserimento in esso di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni.
Nel far ciò si è uniformata a un insegnamento consolidato di questa Corte, dal quale i ricorrenti prescindono totalmente.
In materia di contratto autonomo di garanzia, la previsione, nel testo contrattuale, della clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” fa presumere l’assenza dell’accessorietà della garanzia, fermo che essa può farsi derivare anche in sua mancanza dal tenore dell’accordo (v. Cass. Sez. 3 n. 15091-21, Cass. Sez. 3 n. 12152-16).
L’interpretazione dello specifico contratto integra una valutazione di merito.
La complessiva censura, nel rinvio alle regole di ermeneutica contrattuale, sottende un sindacato di fatto, visto che, ferma la valenza della ripetuta regola presuntiva, nel ricorso non risulta specificato in qual modo e in qual senso i principi in materia di interpretazione sarebbero stati violati.
Invero il testo della fideiussione non risulta riprodotto neppure per tratto saliente.
VI. -Col terzo mezzo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 33 della l. n. 287/1990, 1418, 1419 e 1957 cod. civ., rispetto al provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia , 115 cod. proc. civ. e 2733 cod. civ. ( coordinato con l’art. 229 cod. proc. civ.), nonché dell’art. 2697 cod. civ. , con aggiunta della omessa motivazione su punti decisivi della controversia.
Si censura la sentenza per avere innanzi tutto respinto l’eccezione di nullità delle fideiussioni conformi allo schema predisposto dall’A. b.i. con motivazione in più punti errata, volta che la nullità era stata basata su fatti acquisiti al processo ammessi dalla banca e oggetto finanche di confessione spontanea, essendo il modulo della fideiussione era ‘quello notoriamente utilizzato da tutti gli istituti di credito ABI’ ; fatto -questo
– da considerare oggetto di confessione poiché riconosciuto nella comparsa di risposta sottoscritta non soltanto dal difensore, ma anche dal legale rappresentante del l’istituto di credito.
In secondo luogo, si censura la sentenza perché, subordinatamente, la corte d’appello avrebbe dovuto quanto meno ritenere la nullità parziale dell’atto, nei limiti della deroga contemplata dal modulo di fideiussione all’art. 1957 cod. civ. ; e quindi avrebbe dovuto dichiarare la decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l’adempimento dell’obbligazione , per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale nel termine semestrale previsto dalla norma. Inoltre, la conoscenza da parte della banca del peggioramento delle condizioni patrimoniali della società RAGIONE_SOCIALE fin dal 2008 era risultata dal § 7 della versione definitiva della c.t.u. , dalla quale la corte d’appello si era ingiustificatamente discostata.
VII. – Il terzo motivo è inammissibile perché generico.
I contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, secondo comma, lett. a), della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, terzo comma, della legge citata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (Cass. Sez. U n. 41994-21).
La nullità delle clausole del contratto di fideiussione contrastanti con le dette norme si estende all’intero contratto solo nel caso di interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, al punto che è precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità, essendo onere della parte che ha interesse alla totale caducazione provare tale interdipendenza (v. per tutte Cass. Sez. 3 n. 6685-24).
La precondizione, in un senso o nell’altro, è che vi sia rispondenza tra il negozio stipulato e lo schema determinativo dell’intesa vietata.
La corte d’appello, nel rilevare che non era stato prodotto in giudizio né il provvedimento amministrativo della Banca d’Italia né il parere dell’Autori tà garante, e soprattutto nel dire che nei contratti di fideiussione di cui si discute non era riscontrabile alcun richiamo alla deliberazione dell’A .b.i. di approvazione di un modello standardizzato, ha escluso la prova del nesso di coincidenza tra le clausole del contratto e le condizioni oggetto dell’intesa ritenuta restrittiva.
Ciò rifluisce in una valutazione in fatto, motivata e come tale insindacabile in cassazione.
Né può seguirsi la parte ricorrente nel riferimento a una decisiva ammissione della difesa della banca a proposito del modulo di fideiussione.
È difatti generico il mero -stringatissimo -riferimento all’essere stato dalla banca riconosciuto che il modulo era ‘quello notoriamente utilizzato da tutti gli istituti di credito Abi’. Invero resta insondabile la ipotetica rilevanza di codesto rilievo in difetto di ogni distinta indicazione circa il testo effettivamente sottoscritto dai contraenti, in rapporto alle condizioni oggetto dell’intesa interbancaria.
VIII. -Col quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1955, 1956 cod. civ., nonché degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., e l’ omesso esame di fatto decisivo, per avere la sentenza confermato quella di primo grado nonostante la prova della consapevolezza della banca erogatrice circa le compromesse condizioni patrimoniali della debitrice principale, già in dissesto.
Il quarto motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha respinto la doglianza dei garanti in conseguenza, innanzi tutto, della qualificazione del contratto da essi sottoscritto come contratto autonomo di garanzia.
Solo in aggiunta ha rilevato che ‘in ogni caso’ non era stata fornita la prova della consapevolezza della banca in ordine alla condizione di dissesto della debitrice principale.
Col quarto motivo specificamente si censura questa ulteriore affermazione, a fronte invece della primazia da attribuire all’altra, autonoma e , secondo l’esplicito rilievo della corte d’appello, di per sé finalizzata a respingere il gravame.
IX. -I ricorsi sono quindi entrambi inammissibili in dipendenza dell’inammissibilità di tutti i motivi.
Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, principale e incidentale, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali, che liquida in 15.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo a ciascun ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione