Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31698 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31698 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23477/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
FINO 2 RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE, elett.te domic. in Roma, alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, con procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 2676/2020 de lla Corte d’appe llo di Roma, pubblicata il 6.06.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE proponeva, innanzi al Tribunale di Velletri, opposizione al decreto ingiuntivo, per la somma di euro 3.500.000,00 emesso il 5.11.2012, in favore di Unicredit s.p.a., in virtù della fideiussione prestata a garanzia della Izard s.r.l., assumendo che quest’ultima aveva estinto il debito oggetto della suddetta fideiussione. Con sentenza pubblicata il 9.12.2013, il Tribunale rigettava l’opposizione, osservando che: la società opposta aveva provato il diritto fatto valere attraverso la produzione dell’atto del 21.5.07 con cui l’opponente si era costituita garante della RAGIONE_SOCIALE per l’adempimento delle obbligazioni dipendenti da un anticipo finanziario per causali varie ammontanti complessivamente alla somma di euro 3.500.000, nonché attraverso la produzione dell’estratto -conto al 31.7.2010 da cui risultava che la somma dovu ta dall’obbligata principale ammontava complessivamente a euro 5.314.312,741 oltre interessi; l’atto del 21.5.07 non configurava una fideiussione ma un contratto autonomo di garanzia, atteso che le obbligazioni assunte dall’oppon ente in virtù del suddetto atto erano del tutto autonome rispetto all’obbligazione della società garantita, e miravano a tenere indenne la banca dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sulla debitrice principale (come dimostrato: dalla previsione dell’ob bligo di rimborsare alla banca le somme che quest’ultima fosse tenuta a restituire a seguito d i annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi; l’esclusione del beneficium excussionis e l’espressa deroga all’art. 1957 c.c.; dal l’obbligo di pagare alla banca quanto dovutole a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore; dal l’obbligo di restituzione delle somme
comunque erogate nell’ipotesi in cui le obbligazioni garant ite fossero dichiarate invalide); le suddette clausole erano incompatibili con il principio di accessorietà della fideiussione, per cui nonostante la denominazione di fideiussione utilizzata dalle parti, il contratto concluso era da considerare un contratto autonomo di garanzia.
Con sentenza pubblicata il 6.6.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE osservando che: la sentenza impugnata si limitava a qualificare il rapporto tra le parti come contratto autonomo di garanzia, senza però indagare se i motivi d’opposizione e la documentazione prodotta prospettassero una condotta di malafede da parte della banca opposta, consistente nell’escussione della garanzia nonostante l’avvenuta estinzione del rapporto garantito, per effetto del pagamento della debitrice principale (in tal caso, sarebb e stata sempre ammessa l’ excepio doli al fine di paralizzare la pretesa creditoria); dalla documentazione della banca risultava che il 2.4.07 l’ Unicredit s.p.a. (poi DoValue s.p.a.RAGIONE_SOCIALE aveva erogato alla RAGIONE_SOCIALE s.r.l. un’anticipazione finanziaria per causali varie per la somma di euro 3.500.000,00, contabilizzata su un conto corrente, inizialmente riversata su un conto d’appoggio dal quale, il 4.4.07, la suddetta società aveva eseguito due bonifici in favore di terzi per la somma complessiva di euro 3.459.000,00; alla scadenza contrattuale del 2.7.07 la RAGIONE_SOCIALE non fu in grado di ripianare il finanziamento, neppure con la proroga concessa al 28.9.07; a seguito di lettera di contestazione dell’inadempimento da parte di Unicredit, la RAGIONE_SOCIALE effettuò un bonifico di euro 200.000,00; in data 20.12.07, la banca, perdurando l’inadempimento, diede esecuzione al mandato irrevocabile ad iscrivere ipoteca che aveva ottenuto lo stesso giorno della sottoscrizione del finanziamento, chiudendo il rapporto contabile; pert anto, la causale ‘decurtazione/estinzione finanziamento’,
riguardante l’addebito di euro 3.301.100,00 posta a fondamento dell’appello, non significava estinzione, quale conseguenza dell’adempimento del debitore, ma estinzione del finanziamento quale effetto della chiusura del rapporto contabile sul quale lo stesso era stato regolato (come peraltro confermato dal riconoscimento della debitrice di non aver adempiuto le proprie obbligazioni); l’appellante non aveva provato il pagamento dovuto; al riguardo, era inammissibile il documento prodotto tardivamente da Unicredit consistente in una revisione contabile ai fini di certificazione di bilancio; pertanto, era da escludere che la banca avesse dolosamente escusso la garanzia prestata dall’appellante , e che la somma oggetto del ricorso monitorio avesse ad oggetto diversi ed ulteriori finanziamenti rispetto a quello oggetto della garanzia.
RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza con tre motivi. Fino RAGIONE_SOCIALE e, per essa, quale mandataria, la RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 2, c. 2, legge antitrust, n. 287/90, assumendo che il contratto di fideiussione stipulato nel 2007 tra l’Unicredit e la garante RAGIONE_SOCIALE costituisse applicazione dell’intesa anticoncorrenziale, secondo i criteri verificati dalla Banca d’Italia con provvedimento del 2.5.05, n. 55 , emesso in virtù della sua funzione di Autorità Garante della concorrenza tra banche, con particolare riguardo alle disposizioni di cui agli artt. 2,6,8 dello schema ABI (come riportate nel ricorso) contenute nel medesimo contratto.
Pertanto, la ricorrente invoca la nullità del suddetto contratto, non rilevata dai giudici di merito.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 345 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 115 c.p.c., per aver la Corte d’appello violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non avendo vagliato il documento n. 11 prodotto dalla ricorrente che, seppure tardivamente prodotto, era da ritenere indispensabile ai fini della decisione, in quanto avente valore di confessione stragiudiziale, ex art. 1988 c.c., confezionato prima del ricorso monitorio, con riguardo all’ inesistenza di pendenze patrimoniali dell’ opponente a favore dell’opposta.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’a rt. 1936 cc, per non aver la Corte d’appello esaminato i documenti prodotti dalla ricorrente, ai nn. 3 e 6, attestanti la corresponsione di provviste dirette all’estinzione dell’obbligazione per cui è cau sa.
Il primo motivo è inammissibile. Invero, le nullità negoziali che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado sono suscettibili di tale rilievo in grado di appello o in cassazione, a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente allegati dalle parti (Cass., n. 20713/23: nella specie, in relazione alla contrarietà alla normativa antitrust di un contratto di fideiussione omnibus posto a valle di intese anticoncorrenziali, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto precluso il rilievo officioso della nullità in appello, per non avere la parte interessata, nell’ambito del giudizio di primo grado, dedotto la conformità delle clausole contrattuali al modello ABI né prodotto il modello medesimo ).
La nullità del contratto per violazione di norme imperative, siccome oggetto di un’eccezione in senso lato, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni
assertive e istruttorie, ferma restando l’impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi (Cass., n. 4867/24; n.8525/20).
Nel caso concreto, la ricorrente ha eccepito, nel ricorso in esame, per la prima volta, la nullità del contratto di garanzia; né risulta che di tale eccezione in senso lato siano stati allegati i fatti costitutivi nei gradi di merito.
Inoltre, il motivo è inammissibile anche per genericità, nel senso che esprime una censura sulla conformità del contratto di garanzia allo schema ABI, ritenuto nullo dalla Banca d’Ital ia, senza però allegarne lo specifico contenuto che sarebbe in contrasto con il provvedimento della Banca d’Italia.
Infatti, nella specie, è assorbente rilevare che, benché il ricorrente indichi nel ricorso le clausole della fideiussione corrispondenti allo schema ABI ritenuto contrario alla c.d. legge antitrust dal provvedimento della Banca d’Italia (richiamando il documento contrattuale prodotto), non deduce alcunché a proposito della riferibilità della fideiussione all’intervallo temporale rilevante secondo detto provvedimento, che non ha neppure prodotto, come sarebbe stato doveroso (trattandosi di atto regolamentare per cui, non opera il principio iura novit curia ) unitamente allo schema ABI cui il medesimo fa riferimento.
Ne consegue che va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte per cui, in relazione alla contrarietà alla normativa antitrust di un contratto di fideiussione omnibus posto a valle di intese anticoncorrenziali, è precluso il rilievo officioso della nullità in appello se la parte interessata non ha prodotto il provvedimento della Banca d’Italia ed il modello ABI cui lo stesso fa riferimento, onde documentare la conformità a detto modello delle clausole contrattuali del contratto
di fideiussione, ritenuto nullo appunto in ragione di detta conformità (v. da ultimo Cass. 24380/2024, conforme a Cass. n. 20713/2023).
Ciò esime dall’osservare che, ove la censura avesse varcato la soglia dell’ammissibilità, essa sarebbe risultata infondata, per l’assorbente considerazione che il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005, peraltro riferibile a fideiussioni stipulate in epoca antecedente al rilascio di detto provvedimento, si riferisce a fideiussioni omnibus , mentre nel caso in esame si versa, per concorde statuizione dei giudici di merito, in ipotesi di contratto autonomo di garanzia.
Il secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono parimenti inammissibili, anzitutto per difetto di autosufficienza, richiesta a pena di inammissibilità dall’articolo 366, n. 6, c.p.c., non contenendo la compiuta illustrazione del contenuto rilevante dei documenti richiamati. Per di più, detti motivi sono palesemente diretti al riesame dei fatti, ovvero a ribaltare l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello in ordine al contenuto dei documenti prodotti dalla ricorrente che dimostrerebbero l’avvenuta estinzione dell’obbligazione gravante sulla RAGIONE_SOCIALE in particolare, il terzo motivo è del tutto generico circa il contenuto dei documenti richiamati, conseguendone anche l’impossibilità di verificarne la decisività.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 18.200,00 oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, oltre iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 13 novembre 2024.