Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9650 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9650 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2130/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
SIENA
NPL
2018S.R.L.
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 946/2023 depositata il 07/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- NOME COGNOME ha prestato garanzia a favore della società RAGIONE_SOCIALE il cui saldo, nel conto corrente in essere con banca Monte dei Paschi di Siena, è andato progressivamente in negativo.
La Banca ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo. Il fideiussore si è opposto, lamentando tra l’altro nullità del contratto a causa della previsione di interessi da usura.
Ma il Tribunale di Ancona ha rigettato l’opposizione, ha ritenuto valido il contratto ed ha negato rilievo alla circostanza, pure essa lamentata dal ricorrente, a suo tempo opponente, che la banca aveva consentito prelievi sul conto ad uno dei soci.
2.- COGNOME ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Appello di Ancona, che però l’ha confermata integralmente.
Va precisato che in quel giudizio si è costituita, al posto della banca Monte dei Paschi, la società RAGIONE_SOCIALE, che ha agito per tramite della mandataria RAGIONE_SOCIALE.
Questa successione processuale è stata contestata dall’appellante che ha eccepito il difetto di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE. L’eccezione è stata rigettata dalla Corte di Appello.
3.- Qui ricorre NOME COGNOME con due motivi di censura. Non si è costituta l’intimata.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si prospetta violazione degli articoli 296 c.p.c. e 1936 c.c.
Il ricorrente in appello aveva contestato la legittimazione di Siena NPL 2018. Quest’ultima aveva agito quale cessionaria del credito del Monte dei Paschi, e la cessione era stata notificata con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, poiché aveva riguardato una molteplicità di crediti, in blocco.
Il ricorrente aveva contestato che da quella elencazione si potesse dedurre che anche il credito che lo riguardava era stato oggetto di cessione.
La Corte di Appello ha ritenuto questa eccezione non proponibile, in quanto il ricorrente era parte di un contratto autonomo di garanzia, con la conseguenza che non poteva opporre eccezioni che sarebbero spettate al debitore.
Il ricorrente contesta questa tesi, sostenendo che quella relativa alla successione nel credito, ossia alla esistenza di una cessione e dunque di un titolo in capo a chi si afferma cessionario, è questione processuale e preliminare in quanto attiene alla legittimazione, e dunque è una di quelle eccezioni che il garante può opporre.
Il motivo è inammissibile.
La regola è che nel contratto autonomo di garanzia viene esclusa la facoltà per il garante di opporre le eccezioni che spetterebbero al debitore principale (Cass. 19300/ 2005; Cass. 4661/2007; Cass. 11890/ 2008;).
L’eccezione relativa alla avvenuta cessione del credito è eccezione che può essere opposta solo dal debitore principale, in quanto parte del contratto, ed in quanto debitore ceduto. Non è una eccezione processuale come ritiene il ricorrente. E’ una eccezione che riguarda invece l’effettiva ed efficace cessione del rapporto sottostante, ossia del rapporto garantito, e come tale è eccezione che compete a chi è parte di quel rapporto, o al garante ove però la garanzia non sia autonoma o a prima richiesta, come in questo caso.
3.Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’articolo1957 c.c.
Il ricorrente aveva prospettato la tesi che il contratto di fideiussione era stato redatto sul modello predisposto dall’ABI, poi dichiarato non valido dalla Banca d’Italia, contenente clausole di reviviscenza e di deroga all’articolo 1957 c.c.
La Corte di Appello ha replicato che non era stato provato che quel modello di contratto fosse effettivamente anticoncorrenziale, ossia inteso a restringere la concorrenza, in quanto non vi era prova, ed incombeva al ricorrente fornirla, della diffusione di quel modello, e dunque della sua effettiva attitudine a produrre l’effetto restrittivo.
Il ricorrente obietta non solo che la nullità era rilevabile d’ufficio e dunque l’indagine, una volta allegato il fatto, andava effettuata dalla Corte, ma che lui aveva comunque formulato una prova finalizzata a quel risultato.
Il motivo è inammissibile.
Non emerge dal suo contenuto quale siano le clausole che renderebbero nullo il contratto: non solo non è riprodotto il contenuto, ma piuttosto non si dice cosa effettivamente prevedessero. Né basta dire che era dato per accertato che sono state dichiarate non conformi dalla Banca d’Italia, e ciò non solo in quanto la decisione di quest’ultima non è vincolante in questo giudizio, ma soprattutto in quanto, non essendo noto il contenuto di quelle clausole, non è dunque possibile stabilire quali ne siano gli effetti.
Inoltre, il ricorrente invoca che la nullità dell’intero contratto avrebbe dovuto essere accertata d’ufficio, anche perché afferente ad un negozio, quello da lui stipulato, in cui la parte garante, il ricorrente per l’appunto, è un consumatore, o comunque in tale veste ha agito.
E’ tuttavia principio di diritto che la eventuale nullità delle clausole di fideiussione contrastanti con le norme del TFUE si estende all’intero contratto, dunque vizia l’intero, solo se la parte dimostra l’essenzialità di quelle clausole, la interdipendenza dell’intero contratto da quelle clausole (Cass. 6685/ 2024). Manca del tutto non solo una tale prova, ma soprattutto una qualche allegazione in tal senso: il ricorrente afferma soltanto apoditticamente che il
contratto è nullo per intero, ma non allega alcunché circa la rilevanza delle singole clausole sul complessivo affare.
Resta poi da dimostrare che il contratto è una fideiussione omnibus, anziché ordinaria (Cass. 26847/ 2024).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Non va presa alcuna decisione sulle spese, in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 31/1/2025