Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35099 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35099 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29151/2021 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al ricorso, pec EMAIL
–
ricorrente –
contro
COMUNE DI SAN GIOVANNI AL COGNOME , in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al controricorso, pec EMAIL
posta@pec.studioennioEMAIL
Polizza fideiussoria -Fideiussione
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 3782/2021 della CORTE d’APPELLO di Roma pubblicata il 24.5.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3.10.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 6290/2019 il Tribunale di Roma rigettò l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi indicata come RAGIONE_SOCIALE) avverso il decreto ingiuntivo, con cui le era stato ordinato il pagamento in favore del Comune di San Giovanni al Natisone dell’importo di euro 172.473,97 a titolo di escussione di due polizze cauzionali (nn. 4427 e 5614) a garanzia degli obblighi derivanti dall’autorizzazione alla cos truzione ed alla gestione di un impianto di smaltimento rifiuti, rilasciata in origine dalla Provincia di Udine a RAGIONE_SOCIALE e poi volturata ad RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dell’azienda della prima.
Il Tribunale, dopo aver rilevato che la polizza n. 4427 contratta da RAGIONE_SOCIALE, sebbene mai volturata, era proseguita fino al 22.10.2007 per aver RAGIONE_SOCIALE proseguito il pagamento dei premi, debitamente quietanzato, in favore di RAGIONE_SOCIALE ritenne entrambe le polizze prorogate sin da tale data per non essere mai intervenuto lo svincolo da parte del beneficiario, occorrendo a tal fine l’approvazione da parte della Provincia e non il solo collaudo. La Provincia di Udine, invece, non aveva autorizzato la chiusura dell’impianto per l’elevata presenza di percolato, di cui era stata ordinata la rimozione ad RAGIONE_SOCIALE e successivamente al Comune di San Giovanni al Natisone. Notò ancora il Tribunale di Roma che le polizze azionate dovevano essere qualificate come contratto autonomo di garanzia con conseguente inopponibilità da parte del garante delle eccezioni spettanti verso il debitore principale, escludendo che si fosse al cospetto di una escussione fraudolenta della garanzia non potendo revocarsi in dubbio l’inadempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’Appello di Roma con sentenza pubblicata il 24.5.2021 rigettò l’appello. Osservò la corte che le due polizze, prestate in favore dell’ente locale presso cui era collocata la discarica, dovevano essere qualificate come contratto
autonomo di garanzia, in quanto dirette a garantire i rischi connessi alla progettazione, realizzazione e gestione della discarica (la prima) e dei danni conseguenti all’attività già svolta (la seconda). Tale inquadramento, inoltre, poggiava sull’art. 4 delle condizioni generali, in base al quale l’assicuratore non avrebbe goduto del beneficio d’escussione e avrebbe dovuto versare entro trenta giorni tutte le somme richieste a titolo di risarcimento in conseguenza del mancato adempimento degli impegni assunti dal contraente. Le polizze, pertanto, avevano una funzione risarcitoria ed erano azionabili su richiesta motivata (non pretestuosa) e senza il beneficio della preventiva escussione. Da ciò derivava che le eccezioni ex artt. 1955, 1956 e 1957 cod. civ. non potevano avere ingresso, come già evidenziato dal Tribunale, che per ‘mero scrupolo motivazionale, si è espresso nel merito’.
Quanto all’ exceptio doli , la Corte d’appello notò che, nell’ambito del contenzioso amministrativo per porre fine al pericolo di inquinamento per la presenza di percolato, non era comprovato che questo non fosse imputabile a RAGIONE_SOCIALE e poi ad RAGIONE_SOCIALE sulla base dei sopralluoghi effettuati dalla Provincia di Udine e da parte dei Carabinieri del NOE, così da imporre la bonifica eseguita dall’ente locale. Bonifica, quest’ultima, svolta in base alla l.r. 30/1987 in via residuale da parte de ll’amministrazione comunale in assenza di adempimento spontaneo da parte della Curatela del RAGIONE_SOCIALE
In ordine alla durata delle polizze, osservò la Corte d’appello che, se il rischio assicurato era quello relativo al mancato adempimento di un obbligo di fare infungibile, esso dovesse coperto sino alla sua persistenza, tanto più che nella prima polizza era prevista la proroga tacita annuale. Analoga valutazione doveva farsi per la seconda polizza stipulata per dare copertura alla fase successiva all’avvio della discarica.
Aggiunse la corte, quanto alla dedotta estraneità della pretesa rispetto alle polizze, che RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dell’azienda di RAGIONE_SOCIALE, era subentrata nella prima polizza, anche se non volturata, tanto che RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto e quietanzato il pagamento dei premi sino al 22.10.2007, e che nessun addebito potesse essere mosso al Comune di San Giovanni al Natisone, poiché:
-nonostante la chiusura del 27.9.2003 ed il collaudo (meramente tecnico) del 20.12.2004, la Provincia di Udine non aveva mai autorizzato l’avvio della fase post-gestione e la chiusura per la presenza di percolato;
-date le resistenze di RAGIONE_SOCIALE, la Provincia di Udine in data 26.9.2007 aveva diffidato quest’ultima e poi la curatela fallimentare; analoga diffida era stata formulata dall’ente locale in data 15.1.2008 affinché fosse ripreso il pagamento dei premi;
-l’inerzia di RAGIONE_SOCIALE e della curatela fallimentare portava in data 15.7.2010 alla diffida nei confronti dell’amministrazione comunale, che, stante l’esito negativo del contenzioso amministrativo, aveva dovuto eseguire i lavori alla base della pretesa di pagamento in contestazione.
Da ultimo, evidenziò la Corte d’appello, l’eccezione ex art. 1227 cod. civ. era stata implicitamente disattesa dal Tribunale di Roma per essere stato escluso qualsiasi profilo di colpa a carico dell’amministrazione comunale, che solo da ultimo era stata chiamata a rispondere per far fronte ad una situazione di pericolo per l’ambiente. Fino al momento della diffida da parte della Provincia di Udine, il Comune di San Giovanni al Natisone, il quale non aveva elementi per ritenere lo stato di decozione della società, si era sempre attivato per sollecitare il pagamento dei premi da parte di RAGIONE_SOCIALE Conclusivamente, le polizze erano state correttamente escusse anche con riferimento al quantum .
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi. Risponde con controricorso il Comune di San Giovanni al Natisone.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1936 e s.s. cod. civ. come conseguenza della violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1325, 1362, 1363, 1367, 1936, 1941, 1945 cod. civ. e degli artt. 1, 2 e 4 del Decreto del Presidente della Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia n.
502/91 e dell’art. 117 Cost. per aver erroneamente qualificato le polizze come contratti autonomi di garanzia anziché come fideiussioni, affermando tale conclusione sul mero rilievo della funzione indennitaria delle polizze nonché valorizzando le disposizioni regolamentari senza invece considerare il contenuto negoziale dei contratti di garanzia.
N el denunciare la violazione dell’art. 1936 cod. civ. conseguente a quella dei criteri di ermeneutica contrattuale, ha rilevato che, secondo l’insegnamento di Cass., SU, 3947/2010, la carenza di accessorietà della prestazione del garante, alla base del contratto autonomo di garanzia, deve essere necessariamente esplicitata con l’impiego di una clausola, che escluda la facoltà del garante di opporre le eccezioni spettanti al debitore principale. Di qui l’irrilevanza della funzione indennitaria valorizzata dalla Corte d’appello, tanto più che, potendo la fideiussione essere prestata per una parte del debito, è ben possibile negoziare una fideiussione avente ad oggetto il risarcimento del danno per il caso di inadempimento dell’obbligazione principale. Ad ogni modo, dato il testo contrattuale, il quale prevedeva l’adempimento degli obblighi assunti dal contraente nei confronti del beneficiario e che la corresponsione sarebbe stata effettuata sulla base di richiesta motivata, mancava una clausola di ‘pagamento a semplice richiesta e/o di rinuncia alle eccezioni’.
Erroneamente la sentenza impugnata aveva preso in considerazione il D.P.G.R. n. 502/91, non richiamato nelle polizze, e comunque privo di diretta operatività nell’ambito di rapporti di diritto privato.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Il motivo, sebbene richiamante i criteri legali di interpretazione del contratto, è inammissibile poiché non è articolato in modo adeguato, limitandosi a contrapporre apoditticamente a quella svolta dalla corte d’appello una diversa interpretazione del contenuto delle polizze. In esso non si denuncia la specifica violazione di taluna delle regole menzionate, né tanto meno le modalità tramite cui nel corso della sua indagine interpretativa il giudice di merito abbia violato le suddette regole.
Il sindacato di legittimità deve avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti e non può investire il risultato interpretativo in sé, bensì
solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31 marzo 2006, n. 7597; 1° aprile 2011, n. 7557; 14 febbraio 2012, n. 2109; 10 febbraio 2015, n. 2465; 29 luglio 2016, n. 15763; 5 dicembre 2018, n. 31512; 12 maggio 2020, n. 8810; 2 luglio 2020, n. 13620; sez. un., 21 gennaio 2021, n. 2061). Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168; 11 marzo 2014, n. 5595; 27 febbraio 2015, n. 3980; 19 luglio 2016, n. 14715).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consen tito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 3 settembre 2010, n. 19044).
1.3. La censura in esame, come detto, si limita a contrapporre apoditticamente a quella svolta dalla corte d’appello una diversa interpretazione del contenuto delle polizze, peraltro, così chiedendo a questa Corte di effettuare una valutazione di merito, al fine di sostenere che dalla (asserita) corretta interpretazione si sarebbe potuto verificare che non di contratto autonomo di garanzia si trattava, ma di fideiussione, priva di una clausola di ‘pagamento a semplice richiesta e/o di rinuncia alle eccez ioni’, richiedente l’adempimento degli obblighi assunti dal contraente nei confronti del beneficiario e da escutere sulla base di richiesta motivata.
1.4. Conclusivamente, il motivo, pur rubricato come falsa applicazione di norme di legge, nasconde in realtà contestazioni sul merito in ordine alle valutazioni condotte dalla corte di merito e quindi si sostanzia in censure in fatto sulla motivazione del provvedimento, senza tener conto degli strettissimi limiti in cui è consentito dedurre in cassazione il vizio della motivazione. Infatti, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (v. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429 e 10712 del 2024).
1.5. A voler intendere il motivo in esame come rivolto alla sussunzione operata dal giudice del merito in termini di contratto autonomo di garanzia, e non fideiussione, come sostenuto dalla ricorrente, il motivo può nella presente sede essere scrutinato, ma è tuttavia infondato.
Correttamente la Corte d’appello, posto che oggetto delle polizze era la garanzia delle conseguenze del mancato adempimento degli obblighi gravanti sul contraente per la progettazione, realizzazione e gestione della discarica e, quindi, non l’adempimento dell’obbligazione gravante sul debitore principale, ha richiamato il consolidato orientamento di questa Corte (v. Cass. 5 marzo 2020, n. 6177; 22 novembre 2021, n. 30509, cui si devono aggiungere, già in precedenza, Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947; Cass., sez. III, 19 febbraio 2019, n. 4717): ‘con il contratto autonomo di garanzia il garante si impegna a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento dell’obbligazione -che può avere ad oggetto anche una prestazione infungibile – gravante sul debitore principale, in ciò differenziandosi rispetto al fideiussore, il quale, garantendo l’adempimento dell’obbligazione altrui, è tenuto ad una prestazione identica a quella dovuta dal debitore
principale’; ‘la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale; ne deriva che, mentre il fideiussore è un «vicario» del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore’.
È stato, altresì, reiteratamente sostenuto da questa Corte (v. Cass. 14 giugno 2016, n. 12152; 13 giugno 2019, n. 15868; 30 novembre 2021, n. 37655), al cui indirizzo deve essere data continuità, che, a prescindere dalla previsione, nel testo contrattuale, della clausola «a prima richiesta e senza eccezioni», l’assenza dell’accessorietà della garanzia, alla base della qualifica in termini di contratto autonomo di garanzia, può ricavarsi anche dal tenore dell’accordo ed in particolare dalla presenza di una clausola che fissi al garante il ristretto termine di trenta giorni per provvedere al pagamento dietro richiesta del creditore, termine insufficiente per l’effettiva opposizione delle eccezioni, come dalla esclusione, al contempo, della possibilità per il debitore principale di eccepire alcunché al garante in merito al pagamento stesso.
Nel caso di specie, come correttamente reputato dalla Corte d’appello, fermo il mancato godimento del beneficio della preventiva escussione del debitore principale, le polizze prevedevano il pagamento entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta motivata, fino alla concorrenza del massimale, di tutte le somme pretese dal beneficiario a titolo di risarcimento conseguente al mancato adempimento degli impegni assunti dal contraente senza contemplare in alcun modo il coinvolgimento di quest’ultimo.
Con il secondo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175,
1375, 1945, 1955, 1956 e 1957 cod. civ. come conseguenza dell’aver ritenuto che, ‘stante la natura autonoma della garanzia’, tali norme non potrebbero ‘trovare ingresso’ e, comunque, come conseguenza della violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 s.s. cod. civ. per aver qualificato le polizze come contratti autonomi di garanzia (anziché quali fideiussioni) ed aver quindi erroneamente ritenuto, su tali presupposti, l’inapplicabilità (per incompatibilità) del disposto ex artt. 1955, 1956 e 1957 cod. civ.
La ricorrente, nel contestare la qualificazione delle polizze quali contratti autonomi di garanzia e non fideiussioni, sempre sul presupposto della violazione dei criteri di interpretazione del contratto, si duole per la mancata applicazione degli artt. 1955, 1956 e 1957 cod. civ. e ripropone in questa sede le eccezioni già svolte in primo e secondo grado.
2.1. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367, 1936 e 1941 cod. civ.; degli artt. 1, 2 e 4 del Decreto del Presidente della Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 502/91 e dell’art. 117 Cost. per aver individuato il termine di validità/efficacia sulla base della natura delle garanzie e della norma regolamentare di cui al predetto DPGR n. 502/91.
La ricorrente, sull’assunto che la validità delle polizze fosse a data fissa, ha denunciato la violazione dei criteri interpretativi del contratto per non aver considerato la Corte d’appello il testo delle appendici alle due polizze, da cui emergeva che il termine di durata era stato prorogato sino al 22.10.2003, privilegiando, invece, un ‘ interpretazione funzionalistica basata su un atto amministrativo (il D.P.G.R. 502/91) non richiamato in contratto e privo di cogenza sul piano privatistico.
2.2. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
2.3. Nel censurare con il secondo motivo la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui ha escluso l’applicabilità degli artt. 1955, 1956 e 1957 cod. civ., la ricorrente sconta il limite esposto in precedenza relativamente alla pretesa violazione dei criteri di interpretazione contrattuale, incorrendo nuovamente
nella mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso rispetto a quello raggiunto dal giudice del merito.
Analoga considerazione vale per il quarto motivo.
Per quanto nella titolazione siano richiamate le regole legali di ermeneutica contrattuale, ancora una volta con la censura non si denuncia la specifica violazione di taluna delle regole menzionate nella rubrica, né tanto meno le modalità tramite cui nel corso della sua indagine interpretativa il giudice di merito abbia violato le suddette regole.
La censura, invece, investe direttamente il risultato interpretativo, aspetto non scrutinabile nella presente sede di legittimità poiché relativo al giudizio di fatto.
Il motivo, rubricato come falsa applicazione di norme di interpretazione del contratto, contiene contestazioni di merito in ordine alla specifica valutazione condotta dalla corte di merito in punto durata di validità delle polizze e, quindi, si sostanzia in censure in fatto sulla motivazione del provvedimento, senza tener conto degli strettissimi limiti in cui è consentito dedurre in cassazione il vizio della motivazione.
2.4. Da ultimo, quanto al secondo motivo, con la censura svolta, nel riproporre le eccezioni spiegate nel corso del giudizio di merito, la ricorrente chiede nuovamente a questa Corte di effettuare una, non dovuta, valutazione di merito circa la rilevanza delle circostanze addotte.
Deve essere, altresì, rilevato che la ricorrente nel ribadire le eccezioni svolte ed astrattamente inquadrabili negli artt. 1955, 1956 e 1957 cod. civ., peraltro senza riprodurre la parte del contratto da cui poter inferire l’applicabilità delle norme indicate, così incorrendo in un vizio nell’enunciazione del motivo ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., non ha impugnato la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui è stato escluso a carico dell’amministrazione comunale ogni pro filo di censura rilevante ex art. 1227 cod. civ.
Da qui anche il difetto di decisività del motivo proposto.
Con il terzo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175, 1375,
1945 cod. civ. e l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (in particolare: il rigetto pro-parte qua della domanda di ammissione al passivo del Comune nel RAGIONE_SOCIALE) per il rigetto dell’ exceptio doli .
Secondo la ricorrente la Corte d’appello nel decidere sull’ exceptio doli ha valorizzato il fatto che non fosse stata accertata la non imputabilità a RAGIONE_SOCIALE e poi ad RAGIONE_SOCIALE della presenza del percolato. Profilo quest’ultimo, in realtà indicato per escludere la riferibilità dell’escussione al perimetro del le garanzie, mentre a sostegno dell’eccezione erano stati indicati i fatti riportati a supporto dell’invocata applicazione degli artt. 1955, 1956 e 1957 cod. civ., fra cui la mancata opposizione allo stato passivo di RAGIONE_SOCIALE data la limitata ammissione del credito per euro 168.636,11 a fronte della richiesta escussiva ben superiore.
3.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter , comma quinto, cod. proc. civ. In caso di una doppia pronuncia conforme sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto oggetto di censura non è ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato la decisione del primo grado in ordine all’insussistenza di una riscossione fraudolenta delle polizze, e la ricorrente non ha dimostrato la diversità delle ragioni esposte nelle due sentenze con riferimento alle stesse questioni di fatto (v. Cass. 29 gennaio 2024, n. 2701; 20 settembre 2023, n. 26934; 28.2.2023, n. 5497; 7 maggio 2018, n. 10897; 10 marzo 2014, n. 5528).
Con il quinto motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1325, 1346, 1936, 1941 e 2558 cod. civ. per non aver ritenuto (la Corte d’appello) che, comunque, la polizza PT 4427 rilasciata a copertura delle obbligazioni di RAGIONE_SOCIALE non copriva le obbligazioni di RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello nell’esaminare il secondo motivo d’appello relativo alla dedotta estraneità della pretesa (l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE) rispetto all’ambito della garanzia PT 4427 , rilasciata a copertura delle obbligazioni di RAGIONE_SOCIALE, sarebbe incorsa nella violazione delle
norme evocate per aver ritenuto che la predetta polizza potesse valere anche con riferimento alle obbligazioni di RAGIONE_SOCIALE
4.1. Il motivo è inammissibile.
Il motivo è privo di specificità ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. laddove non enuncia una censura chiara ed univoca rispetto alla sentenza di secondo grado con relativa indicazione della norma violata. Esso non contiene l’illustra zione del modo in cui il giudice di merito avrebbe violato o falsamente applicato le numerose norme di legge indicate nell’intestazione, nessuna delle quali fra l’altro viene evocata direttamente od indirettamente in modo percepibile.
Infatti, il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (principio costante: si veda Cass. 11 novembre 2005, n. 359; ed in motivazione, non massimata sul punto, ma espressa, Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074; nonché Cass., sez. un., 24 luglio 2013, n. 17931 riguardo alla prevalenza della sostanza rispetto alla formale enunciazione del motivo; più di recente Cass. 24 settembre 2018, n. 22478; 12 gennaio 2024, n. 1341).
Nel caso di specie, manca una specifica diretta attività dimostrativa della violazione delle norme cui si fa riferimento, ma la si postula come conseguenza di una valutazione della polizza PT 4427. Nemmeno si è in presenza del vizio di falsa applicazione delle norme indicate in rubrica, giacché non si sussume la ricostruzione del fatto, siccome desumibile dalla polizza, nei termini indicati dalla sentenza, ma se ne prospetta una diversa.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.800,00, di cui euro 6.600,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della