Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9679 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9679 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9754/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Roma INDIRIZZO
pec.
-ricorrente-
contro
COMUNE DI SANREMO, in persona del sindaco, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliato presso il domicilio digitale del medesimo, pec:
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA, in
persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in ROMA INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 213/2023 depositata il 3/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Compagnie RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (di seguito Coface) propose opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Imperia con cui le era stato intimato il pagamento della somma di € 973.400,66 in favore del Comune di Sanremo, in adempimento della polizza fideiussoria emessa dalla stessa compagnia in favore del Comune a garanzia della corretta esecuzione di opere di urbanizzazione. Dette opere, affidate alla società RAGIONE_SOCIALE poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, costituivano oggetto di una convenzione urbanistica avente ad oggetto la realizzazione nella zona ‘BC3’ di P.R.G del Comune di Sanremo di strutture aventi finalità turistico-ricettiva tra cui: un collegamento pedonale tra INDIRIZZO e INDIRIZZO (sup. 350 mq); una strada di collegamento con INDIRIZZO (680 mq); diversi parcheggi pubblici (1039 mq); diverse infrastrutture per servizi vari (rete acque nere e bianche, infrastrutture elettriche, gas, telefonia); una strada di collegamento con zona C2 (780 mq); oltre ad opere di Urbanizzazione Secondaria, quali verde pubblico attrezzato per gioco bimbi (3869 mq.); impianti per attività sportive da destinarsi all’uso pubblico -privato (1198 mq).
La compagnia opponente indicò l’ammontare della polizza e la sua avvenuta riduzione per effetto della accertata realizzazione di una parte
delle opere, allegò che l’importo era frutto di una valutazione unilaterale del Comune, che la garanzia aveva natura accessoria e non autonoma e che la polizza doveva essere ritenuta non operativa per essere i lavori divenuti impossibili per fatto e colpa del Comune che aveva chiesto interventi nuovi e diversi rispetto a quelli pattuiti in sede di convenzione.
Si costituì in giudizio il Comune di Sanremo opponendo trattarsi di garanzia a prima richiesta, contestando la fondatezza dell’exceptio doli e chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Si costituirono anche i terzi chiamati COGNOME 57 in liquidazione, COGNOME NOME e COGNOME che eccepirono che il mancato completamento delle opere fosse dovuto alla condotta del Comune.
Il Tribunale adito, disposta una CTU, rigettò l’opposizione di COGNOME ma accolse la domanda di manleva di questa nei confronti dei terzi chiamati COGNOME e dei COGNOME, qualificando il contratto di assicurazione quale contratto autonomo di garanzia, evidenziando l’inadempimento della COGNOME e la mancata prova della asserita modifica dei luoghi da parte del Comune.
A seguito di appello principale della società RAGIONE_SOCIALE e dei Crea ed incidentale della Coface, la Corte d’Appello di Genova, pronunciando nei confronti del Comune di Sanremo, ha rigettato entrambi gli appelli, rilevando, per quanto ancora di interesse, la corretta qualificazione, da parte del giudice di primo grado, della polizza stipulata a garanzia dell’adempimento della convenzione urbanistica quale contratto autonomo di garanzia, la mancanza di prova di una condotta del Comune contraria a correttezza e buona fede e l’imputabilità degli inadempimenti a fatto e colpa dei soli soggetti attuatori.
Avverso la sentenza la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Resistono con distinti controricorsi la COGNOME -che svolge adesione al ricorso- e il Comune di Sanremo.
I ricorrenti ed il Comune hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo -‘ Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione alla violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1364, 1367 e 1369 del cod. civ. (v. pag. 12/13 sentenza impugnata) ‘ -i ricorrenti lamentano che la corte del gravame ha erroneamente qualificato il contratto di garanzia quale contratto autonomo, escludendo la proponibilità di eccezioni e valorizzando solo alcuni elementi testuali, senza considerare la presenza di altri indici che denotavano l’accessorietà della garanzia, quali il collegamento dell’escussione della polizza con l’inadempimento del contraente. Lamentano che il giudice non ha considerato la giurisprudenza di questa Corte, ed in particolare la sentenza Cass., S.U. n. 3947 del 18/2/2010, secondo cui la clausola del pagamento ‘a semplice richiesta’ non é sufficiente alla qualificazione del contratto quale ‘ autonomo di garanzia ‘ e non ha svolto l’interpretazione complessiva delle clausole di cui al l’art. 1363 c.c. secondo cui le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto .
Il motivo è inammissibile perché non ottempera alle condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte per prospettare la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, risolvendosi la censura nella mera richiesta di una diversa e più appagante ricostruzione della volontà delle parti. Occorre dare continuità al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui « Secondo un principio di diritto ormai costantemente affermato da questa Corte, altra è l’interpretazione del contratto, ossia la ricostruzione della volontà delle parti, e vale a dire di ciò che esse hanno voluto, attività che si risolve in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito e non censurabile in Cassazione, altra è invece la
qualificazione di tale volontà delle parti, ossia la sua riconduzione ad un tipo legale o la qualificazione in termini di contratto atipico, che invece e giudizio censurabile in sede di legittimità (tra le tante Cass. 15603/2021; Cass., 9996/2019; Cass. 14355/2016) » (Cass. n. 14550/2022 in parte motiva). « Atteso che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti » (Cass. n. 30885/2022, sostanzialmente in termini Cass. n. 30730/2022 e la più recente Cass. n. 1857/2023).
Il motivo, dunque, non contiene alcuna censura in iure della attività di interpretazione (asseritamente) illegittima del giudice del merito, limitandosi i ricorrenti ad inammissibilmente richiedere una nuova e diversa interpretazione della volontà delle parti.
Con il secondo motivo di ricorso ‘ Art. 360, comma 1, n. 3. c.p.c., in relazione alla violazione e falsa applicazione delle norme imperative contenute nel R.D. 4 aprile 1925, n. 63, art. 130, e nella Legge 10 giugno 1978, n. 295, art. 5. Ed in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 e dell’art. 1421 cod. civ.’ i ricorrenti lamenta no che, per l’ipotesi in cui fosse ritenuta corretta la qualificazione del contratto quale autonomo di garanzia, lo stesso dovrebbe considerarsi nullo perché l’oggetto sociale della società assicuratrice non avrebbe consentito la stipulazione del contratto in parola per violazione di norme imperative da individuarsi nell’art. 130
R.D.L. n. 63/1925 e ne ll’art. 5 L. n. 295/1978 vigenti all’epoca del rilascio della garanzia.
Il motivo è inammissibile per novità, concernendo prospettazione formulata per la prima volta in questa sede di legittimità, implicante valutazioni di fatto inammissibili in questa sede di legittimità.
Il motivo risulta invero fondato su elementi tratti aliunde, non avendo la corte del merito in alcun modo pronunciato sui limiti dell’oggetto sociale proprio della società assicuratrice né essendo stata alcuna documentazione prodotta in riferimento a tale aspetto.
Per altro verso, con la sentenza n. 30174/2011 Le Sezioni Unite di questa Corte hanno enunziato il principio in base al quale « Il divieto imposto alle società assicuratrici di limitare il proprio oggetto sociale all’attività assicurativa ed a quelle connesse (art. 5 l. 10 giugno 1978 n. 295, applicabile ratione temporis) non impedisce loro di compiere singoli atti non aventi natura assicurativa, purché ciò non si traduca in una sistematica attività implicante l’assunzione di un rischio imprenditoriale indipendente ed estremo rispetto a quello tipico dell’assicuratore. Ne consegue che non incorre nel suddetto divieto la garanzia prestata da una società assicuratrice in favore di una società non assicuratrice controllata, in quanto atto strumentale alla conservazione del valore della partecipazione azionaria di cui la garante è titolare, e come tale volto a salvaguardare l’interesse del gruppo societario nel suo insieme ».
In altri termini, al fine di accertare la nullità denunciata dalla ricorrente, questa Corte sarebbe chiamata a compiere un’inammissibile indagine fattuale, che le è preclusa.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce ‘Art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. -Motivazione mancante, apparente, contraddittoria riguardo alla determinazione del quantum dell’importo
da liquidare a beneficio del creditore (pag. 20/21 della sentenza impugnata).’
I ricorrenti assumono l’assenza di motivazione in ordine alla determinazione del quantum , ritenendo che il relativo capo della sentenza impugnata non sia congruamente motivato. In particolare affermano che, con riguardo alla conduttura al di sotto del collegamento pedonale tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, la corte del merito ha, da un lato, ritenuto realizzata l’opera, dall’altro affermato essere espunta dalla garanzia.
Il percorso logico seguito dalla Corte di Appello di Genova risulta adeguatamente rappresentato (tra le tante, si richiama Cass. n. 604/2019).
A ben vedere, peraltro , la critica mossa si concreta invero nell’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (censura che comunque sarebbe impedita dalla c.d. doppia conforme ex art. 348 ter c.p.c.), senza che però ne risultino indicati gli effettivi contorni.
Conclusivamente il ricorso va rigettato ed i ricorrenti vanno condannati, in solido con la Coface, al pagamento in favore del Comune di Sanremo, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale adesiva Compagnie RAGIONE_SOCIALERappresentanza Generale per l’Italia al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 12.200,00 , d cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente Comune di Sanremo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile