Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5417 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5417 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14128/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE LE RAGIONE_SOCIALE -intimato-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 23/2019 depositata il 08/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con delibera commissariale nr. 998 del 9.11.1998 il Consorzio si aggiudicava l’appalto di lavori aventi ad oggetto l’ampliamento delle aree irrigue del fiume Sinistra Pescara ed opere connesse all’impresa Ing. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE).
Il 9 aprile 2002 il Consorzio, con delibera nr. 86/02, dichiarava di voler rescindere il contratto a causa della pretesa inadempienza della società appaltatrice e, con successiva comunicazione, richiedeva ad RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, compagnia assicuratrice dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, l’escussione della polizza fideiussoria a suo tempo rilasciata a garanzia delle obbligazioni nascenti dal contratto di appalto.
Con citazione notificata il 22.12.2003 l’impresa RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio sia il Consorzio RAGIONE_SOCIALE chiedendo di dichiarare l’illegittimità del provvedimento di rescissione adottato dal Consorzio, la responsabilità dello stesso per i fatti che avevano causato la sospensione dei lavori, l’inadempimento del Consorzio e per l’effetto la risoluzione del contratto oltreché la condanna del Consorzio.
Nelle more del giudizio l’impresa RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE proponeva domanda di arbitrato: il suddetto procedimento si concludeva con lodo nr. 13852/2008, passato in giudicato, che accertava la legittimità della risoluzione in danno del contratto di appalto deliberata dal Consorzio, condannava l’impresa RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE al pagamento a favore del Consorzio dell’importo
di euro 303.452.66 e rigettava ogni altra domanda e richiesta delle parti.
Con sentenza nr. 430/2012 il Tribunale di Bari, dopo aver rilevato che tutte le questioni -di cui all’accertamento incidentalmente richiesto dalla COGNOME -avevano trovato soluzione nell’arbitrato e che l’oggetto del giudizio risultava circoscritto all’accertamento del diritto della stazione appaltante di escutere la garanzia fideiussoria e al diritto dell’appaltatore di intervenire nel rapporto tra creditore garantito e garante inibendo l’escussione, rigettava le domande dell’impresa Ing. NOME RAGIONE_SOCIALE condannandola al pagamento delle spese di lite in favore del Consorzio.
Proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE inglobante, a seguito di fusione per incorporazione della l’impresa Ing. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
La Corte di Appello di Bari, con sentenza nr. 23 del 2019, rigettava l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e la condannava a pagare in favore del Consorzio di Bonifica Centro, Bacino Saline -Pescara -Alento -Foro le spese del secondo grado di giudizio. Dichiarava assorbito l’appello incidentale condizionato. La Corte di Appello di Bari ha condiviso la valutazione espressa dal Giudice di primo grado in merito alla qualificazione della polizza fideiussoria stipulata a favore del Consorzio come contratto autonomo di garanzia, dunque privo dell’elemento di accessorietà tipico della fideiussione, ritenendo priva di pregio l’affermazione dell’appellante per il quale il nomen iuris di ‘polizza fideiussoria’ dato dalle parti al contratto in esame, fosse idoneo a dimostrare la volontà delle stesse di porre in essere un vero e proprio contratto di fideiussione.
La Corte di Appello ha inoltre rilevato che il lodo accertava e dichiarava ‘ la legittimità della risoluzione in danno del contratto di
appalto deliberata dal Consorzio, con i conseguenti diritti da ciò derivanti ‘, dovendosi ricomprendere tra quest’ultimi i conseguenti diritti risarcitori di danni non ancora evidenziatisi al momento della proposizione del ricorso agli arbitri e perciò esclusi dal rigetto di ogni altra domanda e richiesta delle parti, essendo il rigetto riferito solamente alle domande e alle istanze espressamente formulate. Tra questi diritti la Corte di Appello di Bari ha ricompreso il diritto al risarcimento dei danni potenzialmente derivanti dalla legittima risoluzione del contratto di appalto in danno della impresa Ing. RAGIONE_SOCIALE, ma non liquidabili con il lodo perché riferiti al maggior costo di costruzione delle opere già affidate alla RAGIONE_SOCIALE e riappaltate ad altre imprese, in forza di contratti stipulati dopo l’emanazione del lodo divenuti certi e quantificabili ben dopo il suo deposito ed il suo passaggio il cosa giudicata.
Ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a quattro motivi. Il Consorzio ha resistito in giudizio con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ex art. 360 c.p.c. n. 4, la nullità della sentenza e vizio di omessa pronuncia, in relazione all’art. 112 dello stesso codice ed ex art. 111 cost. e art. 24 cost., laddove la Corte di Bari – non ritenendo sussistenti i caratteri della abusività della richiesta di escussione della polizza è giunta ad una decisione, su un punto decisivo della controversia, inconciliabile con quanto contenuto nei documenti prodotti (all. da 2 a 7 del fascicoletto) e dagli atti giudiziari (all. 8 al fascicoletto). Nello specifico il ricorrente sostiene che la Corte di appello abbia del tutto omesso di valutare l’opportunità di espletare una CTU, tra l’altro già ammessa nel giudizio di primo grado e mai revocata, pervenendo erroneamente alla conclusione che nella fattispecie non
sarebbero stati acclarati fatti tali da legittimare l’esperibilità dell’ exceptio doli.
2.- Il motivo è inammissibile.
Il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità.
In primo luogo si rileva che il mezzo è privo dei necessari requisiti di specificità. La parte deduce che al punto 5 delle conclusioni dell’atto d’appello si chiedeva di disporre la consulenza già ammessa dal giudice non espletata e non revocata, tuttavia non specifica adeguatamente all’interno del ricorso, in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., se l’oggetto di questa consulenza fosse o meno relativo ai fatti e alle deduzioni che i giudici di merito hanno ritenuto coperti dal giudicato. Da quanto esposto in ricorso, sembra che la consulenza riguardasse profili di responsabilità, dal momento che il consulente era stato autorizzato a richiedere al servizio meteorologico di Pescara informazioni sulle condizioni meteo, questione che secondo quanto si legge a pagina 23 della sentenza della Corte d’appello era stata dedotta per dimostrare la non imputabilità dell’inadempimento. Questi però sono i profili sui quali si era pronunciato il Collegio arbitrale, posto che il lodo, come rileva la Corte d’appello, dichiarava ‘ la legittimità della risoluzione in danno del contratto di appalto deliberata dal Consorzio, con i conseguenti diritti da ciò derivanti’.
Deve inoltre rilevarsi che nel momento in cui il giudice di primo grado ha invitato le parti a precisare le conclusioni, implicitamente ha revocato l’ammissione di mezzi istruttori e l’ordinanza con cui è stata disposta la consulenza tecnica; nel mandare la causa per la precisazione delle conclusioni è implicito il giudizio che il processo è maturo per la decisione e che non occorre ulteriore attività istruttoria. La decisione di concludere il giudizio è peraltro armonica con il rilievo che una parte delle domande originarie erano coperte da giudicato. La parte cade in
errore quindi nell’affermare che l’ordinanza di ammissione della consulenza non era mai stata revocata.
Inoltre, la mancata assunzione di mezzo istruttorio potrebbe rilevare soltanto ai fini far emergere un fatto storico controverso e decisivo, che non è stato esaminato dal giudicante ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc; tuttavia nel caso di specie siamo di fronte ad una cd. doppia conforme e la parte non ha provato che vi sia difformità tra le ragioni di fatto esposte dal giudice di primo grado e le ragioni di fatto esposte dal giudice di secondo grado (Cass. n. 26934 del 20/09/2023).
3.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n.4 c.p.c. la nullità della sentenza per errore processuale sulla mancata valutazione di prove documentali offerte e che avrebbero dovuto essere opportunamente esaminate dalla Corte territoriale, ed in particolare: a) la missiva dell’impresa del 15.01.2002, b) la missiva dell’impresa del 24.01.2002, c) la missiva dell’impresa del 31.01.2002, d) la missiva dell’impresa del 05.02.2002 e la missiva della impresa del 07.02.2002, e che la tesi difensiva avrebbe trovato ampio riscontro ove si fosse proceduto con l’istruttoria tecnica, pure ammessa con ordinanza del 19.04.2006, mai revocata in seguito.
In sintesi, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per errore processuale, censurando il Giudice di seconde cure per aver trascurato il contenuto di taluni documenti che, ove adeguatamente vagliati, avrebbero potuto condurre a conclamare la carenza di qualsivoglia responsabilità dell’impresa appaltatrice, nonché la malafede e le evidenti responsabilità del Consorzio committente.
4.- Il motivo è inammissibile.
Possono richiamarsi le ragioni sopra esposte. Il giudice di primo grado ha ritenuto che il lodo arbitrale coprisse la questione della responsabilità dell’impresa appaltatrice e che oggetto della
contro
versia forse soltanto l’escussione della garanzia; non è in discussione che il lodo sia passato in giudicato, anzi l’autorità di cosa giudicata del lodo è stata invocata dalla stesa parte (si veda il terzo motivo). La Corte d’appello muove quindi dal presupposto, ormai fermo, che sia stata dichiarata legittima la risoluzione del contratto d’appalto in danno dell’impresa e chiarisce che tra i diritti derivati al consorzio da detta risoluzione vi è quello risarcimento del danni potenzialmente da essa derivati descritti nel lodo solo esemplificativamente ma non liquidati né liquidabili con esso perché riferiti al maggior costo di costruzione delle opere già affidate alla impresa. La censura pertanto, nel richiamare documenti che, in ipotesi, proverebbero l’assenza di responsabilità dell’impresa non si confronta con questa ratio decidendi ed entra in contraddizione con quanto da essa affermato sul passaggio in giudicato del lodo. Inoltre, anche con riferimento a questa censura si possono richiamare le considerazioni sopra esposte sul fatto che l’omissione di un mezzo istruttorio potrebbe al più far emergere un fatto storico asseritamente decisivo, censura qui non proponibile poiché entrambi i giudici di merito hanno deciso in senso conforme.
5.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3 la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto sugli effetti del giudicato ed in particolare in relazione agli all’art 825 e ss. c.p.c., anche in relazione all’art. 116 c.p.c., laddove la Corte di appello di Bari, erroneamente, ha omesso di rilevare l’insussistenza dell’obbligazione principale oggetto delle garanzie fideiussorie e della conseguente illegittima e abusiva richiesta di attivazione della polizza da parte della stazione appaltante, per passaggio in giudicato del lodo arbitrale n. 13852/2008, che elideva qualsiasi ulteriore preteso credito del Consorzio. Il ricorrente censura la decisione impugnata per non aver rilevato l’insussistenza dell’obbligazione principale oggetto
delle garanzie fideiussorie e la conseguente illegittima e abusiva richiesta di attivazione della polizza da parte della stazione appaltante.
6.- Il motivo è inammissibile.
La parte perimetra il contenuto del lodo soltanto riportando la domanda formulata e il dispositivo e trascurando ciò che è scritto in motivazione (riportata a pag. 30 del controricorso) e in particolare quella parte -cui si richiama il giudice di appello- ove si afferma che le ulteriori pretese della committente relativi ai maggiori costi per il completamento dell’opera (nuova gara, ecc.), pur addebitabili all’appaltatore, non erano allo stato liquidabili per cui sono oggetto di un generico diritto risarcitorio, impregiudicata ogni questione su esistenza ed effettività del danno. Nel lodo si afferma che ‘ il collegio arbitrale non può che riconoscere un generico diritto al risarcimento del danno che trova titolo nella legittimità dello scioglimento del rapporto restando impregiudicata ogni questione sull’effettiva sussistenza del danno e sull’entità dello stesso’ ; in tal modo il giudice ha riconosciuto il danno evento ma non il pregiudizio e ha lasciato impregiudicate le questioni sul quantum. In conformità, la Corte d’appello alla pagina 21 della sentenza impugnata, ha affermato esplicitamente che tra i diritti derivanti al Consorzio dalla legittima risoluzione del contratto d’appalto vi è quello risarcimento dei danni potenzialmente derivati esemplificativamente descritti nel lodo ma non liquidati né liquidabili. La censura non attinge quindi la ratio decidendi
Inoltre deve rilevarsi in questo caso si tratta di un credito derivante da quello che la Corte d’appello ha qualificato come contratto autonomo di garanzia e non polizza fideiussoria; con questa ragione e decisoria la censura non si confronta se non con il motivo seguente, ma non in relazione alla (pretesa) violazione del
giudicato, bensì rimettendo in discussione la qualificazione del contratto.
7.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3, la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in materia di interpretazione dei contratti di cui agli art. 1362 cc e ss., nonché in materia di polizza fideiussoria ed in particolare degli artt. 1936 e ss, 1944 e 1957. с.с.
Il ricorrente lamenta l’erronea qualificazione della polizza fideiussoria stipulata tra il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE Generali RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE in contratto autonomo di garanzia nonostante al primo rigo della polizza le parti esplicitamente dichiarino che ‘ la società RAGIONE_SOCIALE si costituisce fideiussore’ e qualifichino il negozio in termini di accessorietà rispetto al contratto di appalto.
8.- Il motivo è inammissibile
Anche questo motivo non si confronta con la ragione decisoria data dalla Corte d’appello apparendo una mera riproposizione del motivo di appello; La Corte di merito che ha invero dato atto che le parti avevano dato un certo nomen iuris al contratto ma anche spiegato la ragione per la quale nel caso di specie non può ritenersi dirimente questa circostanza ai fini della qualificazione del contratto e perché la legislazione speciale in materia di appalto di opere pubbliche prevede la stipula di contratti autonomi di garanzia tutela della stazione appaltante. Si tratta di una ragione decisoria che la censura non considera continuando a ribadire la tesi della rilevanza del nomen iuris.
Ne consegue il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in euro.12.000,00 per compensi , oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, euro 200, per spese non documentabili ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 06/02/2025.