Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 665 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 665 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18281/2022 R.G. proposto da: COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati, fisicamente, in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME domiciliazione digitale come in atti
-ricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata, fisicamente, in ROMA LARGO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME, domiciliazione digitale come in atti
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, elettivamente domiciliato, fisicamente, in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME domiciliazione digitale come in atti
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata, fisicamente, in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende, domiciliazione digitale come in atti
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, NOME, NOME, NOME RAGIONE_SOCIALE, ORFEO NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 577/2022 depositata il 17/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, sulla base di sei motivi, corredati da memoria, per la cassazione della sentenza n. 577 del 2022 della Corte di appello di Venezia, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-il Comune di Vigodarzere aveva convenuto RAGIONE_SOCIALE, per l’escussione di una garanzia rilasciata per l’adempimento di obbligazioni assunte dalla RAGIONE_SOCIALE L’Edificio, nei confronti della suddetta pubblica amministrazione, con una Convenzione
urbanistica sottoscritta, per la realizzazione di un Piano Particolareggiato, nel 2005, poi modificata nel 2009 e, infine, nel 2013;
–RAGIONE_SOCIALE aveva resistito chiamando in garanzia i terzi coobbligati a loro volta in garanzia nei suoi confronti, tra cui i deducenti, che già nel 2008 erano soggetti usciti dalla compagine dei lottizzanti;
-la debitrice principale aveva sottoscritto l’appendice di variazione alla polizza del 2005, con aumento dell’importo assicurato, sia in occasione della modifica della Convenzione intercorsa nel 2009 che in relazione alla nuova Convenzione adottata nel 2013 dopo l’approvazione di una variante nel 2012, con modificazioni alle opere di urbanizzazione, relative al Piano Particolareggiato, suddivise in quattro stralci, e con conseguente nuovo computo metrico estimativo degli interventi, il cui valore si era più che triplicato assommando così a circa 2 milioni di euro;
-l’escussione della garanzia era stata l’esito dell’accertamento della mancata realizzazione delle opere previste dalla Convenzione del 2013, in cui era stata prevista l’integrazione della polizza in relazione alle opere ancora da eseguire, salvo quelle già realizzate e dichiarate ‘precollaudate’ in via prodromica alla sottoscrizione della Convenzione medesima;
-il Tribunale aveva accolto la domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE condannando, altresì, i coobbligati chiamati in lite a tenere indenne la società di assicurazione, con pronuncia confermata dalla Corte di appello osservando, in particolare, che:
-il contratto stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE doveva qualificarsi come autonomo di garanzia poiché era presente la clausola di pagamento su richiesta scritta, entro il breve termine di 30 giorni, senza la possibilità di sollevare eccezioni;
-ne derivava l’inapplicabilità della decadenza ex art. 1957, cod. civ., in difetto di contrarie previsioni espresse prim’ancora che compatibili con la struttura negoziale pattuita;
-era da disattendere l’eccezione di dolo in mancanza di prova di pronta soluzione in ordine all’inesistenza originaria o sopravvenuta dell’obbligazione garantita;
-le modifiche alla Convenzione del 2005 erano state dichiaratamente tali, solo quantitative e quindi accessorie, senza portata novativa del nuovo accordo che fosse dunque estintiva del rapporto derivante dalla precedente Convenzione, la quale si enunciava ‘sostituita’ per ragioni di ‘chiarezza e completezza’;
-la polizza del 2005, n. NUMERO_DOCUMENTO, non conteneva un elenco specifico delle opere da eseguire e garantite, né ad essa era allegata per richiamo la Convenzione di quell’anno;
-nell’appendice di aggiornamento della polizza del dicembre 2008, in relazione alla modifica della Convenzione del 2009, e nella successiva appendice del 2013, in relazione all’ultima modifica della Convenzione medesima intercorsa quell’anno, non erano parimenti menzionate le nuove Convenzioni, né le correlate modificazioni;
-ne discendeva che erano operanti, in relazione all’adempimento delle obbligazioni residue previste dalla Convenzione del 2013, anche le coobbligazioni di garanzia, oltre che quella con debitrice Generali, anche quelle a semplice richiesta e senza possibilità di opporre eccezioni, nei limiti degli importi sottoscritti da ciascun obbligato;
la s.p.a. COGNOME ha proposto successivo ricorso, sulla base di due motivi, corredati da memoria, avverso la medesima sentenza, quale ulteriore coobbligato nei confronti di Generali Italia;
resistono con controricorso il Comune di Vigodarzere, che ha depositato altresì memoria, e RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE;
Rilevato che
con il primo motivo del primo ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare e vagliare, in particolare, che i deducenti avevano sottoscritto solo l’atto di coobbligazione allegato alla polizza originaria del 2005, in cui, diversamente da quanto affermato dal Collegio di merito, si richiamava la Convenzione del 2005 identificane l’oggetto, nella prima pagina letteralmente, e poi nelle condizioni generali dove si discorreva di Convenzione ai sensi della legge n. 10 del 1977, laddove nell’appendice si richiamavano in coerenza gli strumenti urbanistici attuativi, per un importo del tutto corrispondente alle opere allora da realizzare, mentre le successive modifiche convenzionali erano state sostanziali perché afferenti ai nuovi, non conoscibili e diversi interventi a carico dei privati, in ragione dei quali erano lievitati i costi sino a più del triplo, mentre nella Convenzione del 2013 era stato specificato che la garanzia principale era per le sole opere residue, essendo già state ‘precollaudate’ le precedenti con conseguente svincolo della connessa garanzia principale e dunque di quelle ad essa relative; con il secondo motivo, di tale ricorso, si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1366, 1370, 1346, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che i deducenti erano venuti meno alla loro qualità di lottizzanti nel 2008, e ciò si aggiungeva all’imprevedibilità delle modifiche alla Convenzione urbanistica, che diversamente avrebbe dovuto ritenersi riflessa nell’indeterminabilità della garanzia contrattuale da loro prestata, fermo rimanendo che, trattandosi di clausole inserite nelle condizioni generali di moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti, ossia nel caso la società RAGIONE_SOCIALE avrebbe comunque dovuto procedersi a interpretazione a favore dell’altro contraente;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 106, 112, 269, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che la domanda originaria del Comune era stata per l’escussione della polizza integrativa stipulata nel 2013, sicché la pretesa di manleva di Generali avrebbe dovuto interpretarsi necessariamente in modo sovrapposto, con conseguente ultrapetizione della condanna a titolo di garanzia dei deducenti che avevano sottoscritto solo la coobbligazione del 2005;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1957, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che il termine decadenziale ivi previsto era compatibile anche con la struttura del contratto autonomo di garanzia, atteso che la possibilità di escussione a semplice richiesta aveva sicuramente esonerato il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria, nei confronti del debitore principale, ma non necessariamente da quello di attivarsi tempestivamente in sede stragiudiziale;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello aveva erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 1957, cod. civ., in modo apodittico, con mero e assertivo richiamo al testo contrattuale;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di spiegare in base a quale criterio ermeneutico aveva concluso per l’incompatibilità della previsione di cui all’art. 1957, cod. civ., con il testo negoziale pattuito;
con il primo motivo del ricorso successivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1230, 1231, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato affermando, in particolare, che la s.p.a. RAGIONE_SOCIALE avrebbe sottoscritto atti di coobbligazione ulteriori
rispetto a quello del 2005, e, parimenti, obliterando che le parti della Convenzione avevano esplicitamente dichiarato il valore sostitutivo di quelle del 2009 e del 2013, che avevano avuto ad oggetto progressivamente opere del tutto diverse;
con il secondo motivo, di tale ricorso, si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1957, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la decadenza prevista dalla norma, essendo compatibile con la struttura del contratto autonomo di garanzia, non necessariamente avrebbe dovuto essere richiamata per non essere esclusa, con conseguente intervenuta preclusione dell’escussione per tardività da parte del Comune;
Considerato che
i primi tre motivi di ricorso principale, e il primo motivo del ricorso successivo e come tale incidentale, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, ha l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, e in particolare il punto e il modo con cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo però, e in ogni caso, le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non dev’essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (cfr., ad esempio, Cass., 28/11/2017, n. 28319, Cass., 27/06/2018, n.
16987, Cass., 20/12/2021, n. 40849, Cass., 06/05/2022, n. 15601);
la corte territoriale ha interpretato il negozio di garanzia qualificandolo come autonomo, senza specifica censura sul punto, e ritenendolo esteso agli adempimenti inerenti alle opere della Convezione urbanistica come modificata fino al 2013, ovvero quelle residue e rimaste inadempiute (senza che vi fosse stata esecuzione in danno da parte del Comune);
ha motivato osservando, essenzialmente, che si trattava di modificazioni quantitative, ma non dell’oggetto come tale da riferire alle obbligazioni a carico dei privati per la realizzazione del progetto di cui al Piano Particolareggiato, come confermato dal mancato elenco specifico delle opere nella prima garanzia -il cui numero è rimasto immutato secondo quanto riferiscono gli stessi ricorsi -e nelle successive appendici di variazione, cui accedevano gli atti di coobbligazione;
dal che la natura non novativa dell’originaria Convenzione, con quanto ne conseguiva quanto alle correlate garanzie e coobbligazioni in garanzia: di tale natura la Corte di appello ha tratto conferma anche dalla dicitura ‘modifiche e integrazioni’ ripetuta nelle successive Convenzioni, enunciate come sostitutive ma non estintive del precedente rapporto tra i privati e il Comune; in questa logica ricostruttiva, l’uscita di coobbligati dalla compagine dei lottizzanti, non ha assunto rilievo decisivo, e, parimenti, non poteva assumere rilievo dirimente la mancata sottoscrizione di successivi atti di coobbligazione, proprio perché questi, nei confronti di Generali, simmetricamente agli obblighi di tale società verso il Comune, potevano in coerenza ritenersi persistenti nei limiti, naturalmente, dell’importo sottoscritto;
le obbligazioni di garanzia, pertanto, erano quantificate in modo specifico e determinabili, per ciò che concerne l’obbligazione
garantita, per relazione alle opere, anche residue, del progetto in questione;
nella riassunta ed evidenziata cornice, inoltre, le osservazioni dei ricorrenti principali in ordine al richiamo, nella polizza originaria, della Convenzione del 2005, non sono neppure decisive perché la ragione decisoria descritta poggia soprattutto, al riguardo, sull’omesso elenco delle singole opere, al di là della stessa mancata allegazione della Convenzione stessa;
è appena il caso di osservare, poi, che il rilievo della ricorrente successiva incidentale sul preteso errore della Corte di secondo grado in ordine alla sottoscrizione dell’atto di coobbligazione del 2009, oltre a non essere, come detto, complessivamente incidente, non ha riscontro, per come formulata, atteso che l’espressione contenuta nella sentenza (al primo capoverso di pag. 31 della sentenza gravata), con riferimento alle sottoscrizioni degli atti di coobbligazione del 2005 e del 2009, è cumulativamente riferita a plurimi soggetti;
va inoltre rimarcato che, secondo quanto riferito in specie nel ricorso principale, la Convenzione del 2013 non ha espresso lo ‘svincolo’ delle obbligazioni di garanzia, che gli istanti hanno solo evinto (‘di fatto’), nella loro alternativa ricostruzione, dall’indicazione di copertura riferita, logicamente, alle opere residue, ovvero ai relativi importi;
come si può constare, si tratta di una complessiva interpretazione pienamente plausibile, come tale non rivedibile in questa sede di legittimità, essendo in altri termini rimasta nel perimetro dell’accertamento di merito del giudice di seconde cure, e ciò anche ipotizzando di aver riguardo all’art. 1370, cod. civ., fermo rimanendo, sul punto, che la questione dei moduli e formulari unilateralmente predisposti è inammissibilmente nuova, non dimostrandosi quando allegata e dimostrata nelle fasi di merito, implicando, in ogni caso, ulteriori accertamenti di fatto quali sono
quelli della sussistenza di quel genere di predisposizione delle clausole;
ne discende ulteriormente che la domanda di escussione della garanzia -e di riflesso quella a titolo di coobbligazione in ulteriore garanzia -seppure riferita alle opere residue di cui alla Convenzione del 2013, e peraltro alla polizza con il numero originario immutato, è stata motivatamente interpretata dalla corte di appello in legittima coerenza con l’ermeneutica riferita ai contratti sottesi alla causa petendi (cfr., da ultimo, la nomofilachia tracciata da Cass., 23/07/2024, n. 20351, pag. 8: «la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda costituisce oggetto di un giudizio di fatto riservato al giudice del merito (Cass. 10/06/2020, n. 11103; Cass. 21/09/2023, n. 27181), censurabile in sede di legittimità solo quando risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell’atto interpretato (Cass. 5/02/2004, n.2148) o quando, attraverso il non corretto esercizio dell’operazione interpretativa, vengano violati i limiti rappresentati, da un lato, dal rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e, dall’altro, dal divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta (Cass. 16/10/1979, n. 5399; Cass. 25/02/2019, n. 5402)»);
il quarto, quinto, sesto motivo del ricorso principale, e il secondo di quello successivo incidentale, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili in parte infondati;
con interpretazione anche in tal caso plausibile, e corretta in iure, la Corte territoriale ha affermato che la clausola di pagamento a semplice richiesta (nel caso dell’obbligazione principale entro il breve termine di 30 giorni: cfr., ad esempio, Cass., 31/05/2021, n. 15091) ma soprattutto senza poter sollevare alcuna eccezione, escludeva la natura di fideiussione accessoria dei contratti, di garanzia e coobbligazione in garanzia, e, implicando quella di
contratto autonomo a tale titolo, escludeva l’applicabilità del termine decadenziale di cui all’art. 1957, cod. civ., per le iniziative del creditore nei confronti del debitore principale;
sostengono i ricorrenti che la norma è compatibile con la struttura del contratto autonomo di garanzia, potendo riferirsi alle istanze stragiudiziali;
l’affermazione è corretta, posto che se, in quella ipotesi, si ritenesse necessario osservare il termine mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, vi sarebbe contraddizione con la natura di garanzia a prima ovvero semplice richiesta (Cass., 26/09/2017, n. 22346);
ma questo sicuramente vale se vi sia un rinvio pattizio alla norma (Cass., n. 22346 del 2017, cit.), così da formulare un’interpretazione della clausola coerente con quella inerente alla qualificazione del contratto quale autonomo di garanzia, altrimenti essendo pienamente logico ovvero plausibile escludere del tutto l’operatività della prescrizione normativa in questione, proprio perché l’esonero del ceditore dalle iniziative nei confronti del debitore principale non è stato limitato;
la giurisprudenza richiamata nei ricorsi, infatti, rimette al giudice di merito l’indagine riguardo alla volontà dei contraenti sul punto, e, come evidente dalla piana lettura del precedente più recente (Cass., 28/02/2020, n. 5598, pag. 8, con richiamo agli arresti anteriori), all’esclusione di una deroga necessariamente implicita alla disposizione codicistica, in ragione della mera clausola ‘a prima richiesta’, corrisponde la rimessione del complessivo vaglio, del grado più o meno accentuato di accessorietà, alla propria sede fattuale;
nella fattispecie ora in scrutinio, la nettezza dell’autonomia della garanzia è stata evinta anche dall’esplicitata inibizione di ogni possibile eccezione afferente al rapporto principale, e l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 1957, cod. civ., in questo quadro, è stata
desunta anche dalla riscontrata esclusione di opposti indici pattizi al riguardo, corrispondendo tale plausibile ermeneutica a una motivazione pienamente sussistente e razionalmente decifrabile; spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi, principale e incidentale. Condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 15.200,00, di cui euro 15.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente. Condanna la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 15.200,00, di cui euro 15.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei suddetti ricorrenti, in solido NOME e NOME COGNOME e distintamente la società RAGIONE_SOCIALE se dovuto e nella misura dovuta, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 06/11/2024