Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19338 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19338 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
OGGETTO: appalto
RG. 11722/2024
C.C. 2-7-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11722/2024 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrente avverso la sentenza n.93/2024 della Corte d’ appello di Lecce sezione distaccata di Taranto, depositata il 13-3-2024,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2-72025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto ingiuntivo in data 16-3-2018 il Tribunale di Taranto ha accolto il ricorso di NOME COGNOME e ha ingiunto ad NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME di pagare al ricorrente Euro 77.000,00 oltre interessi e spese di cui all’as segno bancario prodotto, che il ricorrente ha dichiarato emesso da NOME COGNOME a favore di NOME COGNOME a garanzia del credito in relazione al
contratto di appalto stipulato nel 2003. A seguito di integrazione richiesta dal Tribunale ex art. 640 cod. proc. civ., il ricorrente aveva dedotto anche che, in corrispettivo delle opere da lui realizzate e convenzionalmente stimate in Euro 77.000,00, NOME COGNOME si era impegnato a trasferire al ricorrente la proprietà di una delle unità immobiliari comprese nel fabbricato, situata al secondo piano e investita dalla maggior parte dei lavori; poiché il committente aveva tardato a dare esecuzione all ‘accordo stipulato solo verbalmente, il ricorrente aveva c hiesto e ottenuto il rilascio dell’assegno in garanzia ma nel 2010 NOME COGNOME contravvenendo agli accordi, aveva donato a terzi l’unità immobiliare.
NOME COGNOME ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo, evidenziando in fatto che NOME COGNOME, sua moglie NOME COGNOME, nipote di NOME COGNOME e donataria dell’unità immobiliare di cui si discuteva, erano imputati per reati ai danni di NOME COGNOME; ha dedotto la falsità dell’assegno, la nullità del patto di garanzia, l’inesistenza del diritto di credito, la nullità del contratto per mancanza di causa, contestando anche l’effettiva esecuzione delle opere e la loro quantificazione.
Si è costituito NOME COGNOME chiedendo il rigetto dell’opposizione e proponendo in via subordinata azione di arricchimento senza causa al fine di ottenere il pagamento della somma di Euro 77.000,00, o quella eventualmente inferiore, per il depauperamento patrimoniale sofferto.
Con sentenza n. 452/2021 pubblicata il 27-2-2021 il Tribunale di Taranto ha rigettato l’opposizione; ritenuta la funzione di garanzia dell’assegno, ha dichiarato che l’assegno doveva ritenersi compilato, anche nella parte relativa all’importo, con la parte cipazione e la volontà di NOME COGNOME il quale aveva la disponibilità del modulo cartolare, in mancanza di denuncia di smarrimento o sottrazione, non
potendo diversamente comprendersi come NOME COGNOME fosse entrato nella disponibilità del modulo.
2.NOME COGNOME ha proposto appello, deducendo che NOME COGNOME aveva denunciato due volte la falsità del titolo e ne era scaturito procedimento penale anche a carico di NOME COGNOME nonché lamentando la mancata decisione sulle sue deduzioni, tra le quali quella di inesistenza dell’obbligazione di trasferimento immobiliare, per mancanza della prova scritta necessaria a pena di nullità, nonché quella di nullità del contratto per mancanza di causa, per essere il novanta per cento delle opere asseritamente eseguite da COGNOME relative all’appartamento da trasferire.
Con sentenza n.93/2024 depositata il 13-32024 la Corte d’appello di Lecce sezione distaccata di Taranto ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo, che ha revocato, condannando NOME COGNOME alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha rigettato la richiesta di ammissione di querela di falso proposta in corso di causa dall’appellante in quanto il riempimento nella fattispecie era contra pacta e l’esistenza di accordo di riempimento dell’assegno diverso da quello realizzato da NOME COGNOME era stato provato dall’appellante. Ha dichiarato che COGNOME non aveva prodotto la scrittura privata che avrebbe dovuto prevedere, a pena di nullità, l’obbligo di trasferimento dell’immobile e non aveva dimostrato che, nonostante una parte del contratto concluso dalle parti fosse nullo, sussistesse valido contratto di appalto, con il conseguente obbligo di NOME COGNOME di pagare le opere; ha aggiunto che il dato che COGNOME aveva donato l’immobile alla nipote, moglie di COGNOME dimostrava che lo stesso aveva interesse a trasferire l’immobile piuttosto che a ristrutturarlo a proprie spese e che aveva consentito a COGNOME di ristrutturarlo a sue spese. Ha dichiarato che
COGNOME non solo non aveva provato i fatti allegati, ma aveva proposto una tesi che conduceva a ritenere il contratto atipico dedotto come non meritevole di tutela, in quanto privo di causa per COGNOME, né aveva provato l’effettiva esecuzione delle opere appaltate e il loro valore, nonché aveva proposto domanda di arricchimento senza causa inammissibile.
3.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 2-7-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. dell’art. 329 co. 2 cod. proc. civ., sostenendo che la sentenza abbia commesso macroscopico errore di diritto laddove gli ha imputato di non avere proposto appello incidentale alla sentenza di primo grado con riguardo all’esecuzione dei lavori appaltati . Evidenzia che in merito all’esecuzione dei lavori non vi era stata dalla controparte alcuna contestazione e quindi sul punto si era formato il giudicato parziale; aggiunge che la questione dell’esecuzione dei lavori era autonoma, non era stata oggetto di appello della controparte e quindi non poteva essere riesaminata dal giudice dell’appello.
1.1.Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio della sentenza impugnata.
La sentenza (pag. 8) ha espressamente dichiarato che NOME COGNOME non aveva dimostrato la funzione di garanzia dell’assegno, il dedotto accordo di riempimento dello stesso con la somma di Euro
77.000,00 e l’esistenza stessa del contratto di appalto allegato come titolo del suo credito, non aveva insistito nell’ammissione delle prove richieste e non ammesse in sede di precisazione delle conclusioni, né aveva proposto appello incidentale avverso la sentenza. Di seguito la sentenza ha dichiarato che COGNOME deduceva l’esistenza di un contratto atipico, misto di appalto-compravendita, con il quale si era impegnato a realizzare opere edili, la maggior parte delle quali nell’appartamento al secondo p iano, e in cambio COGNOME si era impegnato a trasferirgli la proprietà di quell’appartamento, ma non aveva prodotto la scrittura privata necessaria a pena di nullità per la promessa di trasferimento della proprietà, né aveva dimostrato sussistesse contratto di appalto, con il conseguente obbligo a capo di COGNOME di pagare le opere; ha rilevato che lo svolgimento dei fatti -con il dato che lo COGNOME aveva donato l’immobile alla nipote moglie di COGNOME– dimostrava che COGNOME aveva interesse a trasferire l’immobile e aveva consentito a COGNOME di ristrutturarlo a sue spese; ha aggiunto che, diversamente, la tesi di COGNOME individuava un contratto atipico non meritevole di tutela, in quanto privo di concreta utilità per lo stesso, notando infine che COGNOME non aveva provato l’effettiva esecuzione delle opere e il loro valore.
Con questo contenuto la sentenza ha individuato quale elemento che impediva l’accoglimento della domanda di NOME COGNOME non il fatto della mancata prova dell’esecuzione delle opere, perché al contrario ha riconosciuto che lo svolgimento dei fatti indicava che lo stesso COGNOME aveva consentito a COGNOME di ristrutturare l’appartamento a sue spese; la sentenza ha ritenuto ostativo all’accoglimento della domanda la mancata prova del titolo in forza del quale fossero stati eseguiti i lavori, e cioè del fatto che i lavori fossero stati eseguiti in adempimento di contratto di appalto. Ne consegue che il dato valorizzato dal ricorrente, in ordine al fatto che l’esecuzione dei
lavori fosse elemento acquisito in causa e il cui accertamento non richiedeva la proposizione di appello incidentale, non è utile a fare emergere nella sentenza l’errore lamentato dal ricorrente; l’affermazione, pure eseguita in ultimo dalla sentenza, in ordine alla mancata prova dei lavori, è rivolta non tanto all’esecuzione dei lavori, in quanto dell’esecuzione dei lavori la sentenza ha dato atto, ma al valore dei lavori nell’ammontare oggetto della domanda e, in effetti, neppure il ricorrente deduce che fosse acquisito in causa anche il valore dei lavori eseguiti. Ad ogni modo, tale affermazione non ha in sé una qualche valenza decisoria in quanto, si ripete, il mancato accoglimento della domanda è stato determinato non dalla mancanza di prova dell’esecuzione dei lavori, ma dall’esclusion e del titolo che giustificasse la richiesta di pagamento del corrispettivo per quei lavori; ciò, perché il contratto atipico misto di compravendita di immobile e di appalto asseritamente concluso dalle parti secondo la prospettazione di NOME COGNOME era privo sia della forma scritta prevista a pena di nullità per il trasferimento della proprietà di immobile sia di causa meritevole di tutela. Queste statuizioni non sono state censurate dal ricorrente in termini ammissibili in questa sede e sono in sé idonee e sufficienti a fondare la decisione impugnata.
2.Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. dell’art. 132 co. 2 n.4 cod. proc. civ. e lamenta che la sentenza impugnata abbia alterato l’iter logico -giuridico della pronuncia, omettendo di considerare l’avvenuta riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado delle richieste istruttorie e, per di più, addebitandogli di non avere insistito sulle istanze istruttorie, contrariamente di quanto avvenuto, senza considerare il giudicato parziale sull’esecuzione dei lavori appaltati. Evidenzia che in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado aveva insistito sul l’ammissione delle istanze istruttorie e sostiene che
nella motivazione della sentenza impugnata l’avere ritenuto non provata l’esecuzione delle opere finisc a con il viziare l’intero percorso motivazionale; aggiunge sia indiscutibile che COGNOME aveva provato l’esistenza del contratto di appalto e del suo credito, non essendovi stata alcuna contestazione della controparte sulle opere eseguite; dichiara altresì che le parti avevano concluso contratto di appalto, che il pagamento in natura concordato aveva tramutato l’originario appalto in contratto atipico a prestazioni corrispettive misto di compravendita e appalto, che l’obbligazione di facere relativa alla realizzazione degli interventi rappresentava l’interesse unitario dei contraenti, mentre il trasferimento immobiliare era un elemento secondario ed eventuale nell’impianto contrattuale.
2.1.Il motivo è manifestamente infondato laddove imputa alla sentenza vizio di motivazione tale da determinarne nullità e per il resto inammissibile.
La motivazione della sentenza, con il contenuto al quale si è già fatto specifico riferimento, ha esposto in modo del tutto coerente e compiuto il ragionamento svolto per giungere alla decisione; sicuramente la motivazione soddisfa il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, per cui non sussistono la violazione dell’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e la relativa nullità della sentenza sostenute dal ricorrente, perché la motivazione non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, mentre rimane estranea al sindacato di legittimità la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte). Diversamente da quanto lamentato dal ricorrente, la sentenza non ha neppure erroneamente imputato a NOME COGNOME di non avere riproposto in sede di precisazione delle
conclusioni in primo grado le sue istanze istruttorie: a pag. 8 la sentenza ha soltanto dichiarato che COGNOME non aveva insistito per l’ammissione delle prove richieste e non ammesse in sede di precisazione delle conclusioni, e cioè non aveva riproposto le istanze istruttorie in appello. L’affermazione è esatta, come risulta dalle conclusioni dell’appellato trascritte nella sentenza impu gnata, effettivamente conformi alle conclusioni di cui alla comparsa di risposta in appello.
Per il resto, né laddove sostiene l’esistenza della prova del contratto di appalto né laddove sostiene che l’interesse unitario dei contraenti fosse l’esecuzione dei lavori, il motivo censura in modo ammissibile la sentenza impugnata. Sul primo punto, lo stesso ricorrente riconosce che il contratto tra le parti era un contratto atipico, avente a oggetto l’esecuzione dei lavori in cambio del corrispettivo del trasferimento dell’immobile e quindi la questione non si pone in termini di prova dell’esistenza dell’appalto; come già esposto, la sentenza ha recepito il dato che i lavori erano stati eseguiti, ma non lo ha ritenuto elemento che giustificasse l’accoglimento della domanda di pagamento del prezzo, a fronte non solo della mancanza della forma scritta necessaria per la compravendita di immobile pattuita ma anche di causa meritevole di tutela , perché il proprietario dell’immobile non aveva ragione di impegnarsi a pagare il corrispettivo per i lavori sull’immobile che doveva essere oggetto di trasferimento a favore dell’esec utore dei lavori. La Corte ha ritenuto che il proprietario aveva consentito a COGNOME di ristrutturare l’immobile a sue spese e sul punto ha svolto accertamento in fatto, con riguardo al contenuto dell’accordo intercorso tra le parti, che il ricorrente non censura in termini ammissibili in sede di legittimità; infatti, il ricorrente si limita a sostenere l’esistenza dell’interesse di entrambe le parti all’esecuzione dei lavori, così cercando di ottenere in questa sede esclusivamente una
ricostruzione in fatto diversa da quella eseguita dal giudice di merito, in termini che rimangono estranei al giudizio di legittimità.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., il ricorrente deduce l’omesso esame di fatto decisivo, con riguardo all’esistenza del contratto di appalto e all’effettiva esecuzione delle opere; sostiene che sia stato il mancato esame da parte del giudice d’appello del punto decisivo della controversia, relativo all’esistenza e all’esecuzione del contratto di appalto, ad avere radicalmente inficiato la decisione; ulteriormente lamenta che il giudice d’appello, omettendo di considerare le prove dedotte a sostegno dell’esistenza e del corretto adempimento al contratto di appalto e concentrando l’attenzione sulle questioni marginali e inconferenti relative all’assegno e ai procedimenti penali, sia incorso in vizi logici che hanno inficiato la decisione. Quindi, dopo avere riproposto la descrizione dei fatti e avere sostenuto che ricorrevano anche i presupposti dell’arricchimento senza causa, sostiene che il fatto di cui è stato omesso l’esame sia l’esistenza ed esecuzione del c ontratto di appalto e che la sua decisività sia evidente, in quanto se la Corte d’appello l’avesse considerato non avrebbe potuto non riconoscere il corrispettivo.
3.1.Il motivo è inammissibile.
Dalle ragioni già esposte consegue anche che la sentenza non ha omesso l’esame di alcun fatto: la sentenza ha preso in esame il contenuto dell’accordo intercorso dalle parti sulla base della tesi dello stesso NOME COGNOME e ha considerato anche l’esecuzione dei lavori e all’esito di tale disamina ha escluso l’esistenza di titolo al pagamento del corrispettivo richiesto. Non sono significativi neppure i riferimenti svolti nel corpo del motivo all’azione di arricchimento senza causa, perché la sentenza (pag.8) ha espressamente dichiarato la domanda di arricchimento senza causa inammissibile in quanto incompatibile con
la natura contrattuale del credito e nessuna deduzione è svolta dal ricorrente al fine di censurare la pronuncia in termini ammissibili nel giudizio di legittimità.
4.In conclusione il ricorso è interamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione