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Contratto a favore di terzo: No al reintegro

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di alcuni lavoratori licenziati da una società cessionaria che chiedevano il reintegro presso la società cedente originaria. La Corte ha qualificato l’accordo sindacale alla base della cessione come un contratto a favore di terzo, stabilendo che l’inadempimento dell’obbligo di garantire l’occupazione da parte della cedente può dar luogo solo a un risarcimento del danno e non a una reintegrazione in forma specifica, pretesa peraltro non formulata dai lavoratori. Di conseguenza, il ricorso principale è stato respinto.

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Contratto a favore di terzo: Reintegro Negato se l’Impegno è a Garanzia

L’interpretazione degli accordi sindacali in caso di cessione di ramo d’azienda è un tema cruciale nel diritto del lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti delle tutele per i lavoratori, specificando quando un impegno a mantenere i livelli occupazionali si configura come un contratto a favore di terzo e quali rimedi sono esperibili in caso di inadempimento. La Corte ha stabilito che se l’obbligo del cedente è solo quello di ‘garantire’ l’operato del cessionario, la violazione di tale impegno non comporta il diritto al reintegro, ma solo al risarcimento del danno.

I Fatti di Causa

Un gruppo di lavoratori, originariamente dipendenti di una società di gestione aeroportuale, era transitato alle dipendenze di altre due società a seguito di cessioni di servizi. L’ultima di queste società li aveva infine licenziati. I lavoratori avevano quindi agito in giudizio contro la società originaria, sostenendo che un accordo sindacale stipulato anni prima contenesse un obbligo per quest’ultima di garantire il mantenimento dei loro posti di lavoro. Essi chiedevano, in sostanza, la reintegrazione o la riassunzione alle dipendenze della prima società.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano respinto le loro domande. I giudici di merito avevano interpretato l’accordo come un impegno della società originaria a far sì che la società acquirente mantenesse l’occupazione, ma non come un obbligo diretto di riassunzione in caso di licenziamento. Di conseguenza, l’unica conseguenza dell’inadempimento poteva essere una richiesta di risarcimento danni, che però i lavoratori non avevano formulato.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso principale dei lavoratori e dichiarando assorbito quello incidentale della società.

L’analisi del contratto a favore di terzo

Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione giuridica dell’accordo sindacale. La Corte lo ha definito come un contratto a favore di terzo, ai sensi dell’art. 1411 c.c. In questo schema, la società cedente (promittente) si era obbligata verso le organizzazioni sindacali (stipulanti) a garantire che il soggetto cessionario (il terzo) provvedesse al mantenimento occupazionale a beneficio dei lavoratori (i terzi beneficiari).

Il rigetto della domanda di reintegrazione

La Corte ha chiarito che la natura della prestazione promessa era fondamentale. L’impegno non consisteva nell’assumere direttamente i lavoratori in caso di licenziamento, ma nel ‘garantire’ il comportamento di un altro soggetto. Di fronte all’inadempimento di tale obbligo di garanzia, il rimedio previsto dall’ordinamento non è il risarcimento in forma specifica (il reintegro), poiché la prestazione originale (il mantenimento del posto di lavoro presso il terzo) non era più possibile e, soprattutto, non era dovuta direttamente dalla società convenuta. L’unica via percorribile sarebbe stata quella del risarcimento per equivalente pecuniario, ma tale domanda non era stata proposta.

L’assorbimento del ricorso incidentale

La società aveva presentato un ricorso incidentale, sollevando diverse questioni procedurali e di merito. Tuttavia, poiché il ricorso principale dei lavoratori è stato interamente respinto, la società è risultata totalmente vittoriosa. In questi casi, viene a mancare l’interesse a far esaminare il ricorso incidentale, che ha natura condizionata all’accoglimento di quello principale. Pertanto, la Corte lo ha dichiarato assorbito.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su una distinzione netta tra l’obbligo di eseguire una prestazione e l’obbligo di garantire che un terzo la esegua. Nel primo caso, l’inadempimento può, in certi casi, portare a una richiesta di esecuzione in forma specifica. Nel secondo, come nel caso di specie, la violazione dell’impegno di garanzia genera unicamente un’obbligazione risarcitoria. La pretesa dei lavoratori di essere reintegrati presso la società originaria è stata ritenuta infondata perché la società non si era mai obbligata a riassumerli, ma solo a fare in modo che un’altra azienda li mantenesse in servizio. La Corte ha inoltre respinto il motivo relativo a una presunta ‘omessa pronuncia’ sulla posizione di alcuni specifici lavoratori, ritenendo che il rigetto complessivo della domanda principale contenesse una statuizione implicita di rigetto anche per le loro posizioni derivate.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti spunti sulla redazione e l’interpretazione degli accordi sindacali nelle operazioni di trasferimento d’azienda. Per i lavoratori, emerge la necessità di formulare correttamente le domande in giudizio: se l’accordo prevede un obbligo di garanzia, è essenziale avanzare una richiesta di risarcimento del danno, e non di reintegrazione, per evitare l’inammissibilità o il rigetto della pretesa. Per le aziende, la sentenza conferma che un impegno a garantire l’operato di terzi non si traduce automaticamente in un obbligo di riassunzione, limitando le conseguenze dell’inadempimento al solo piano risarcitorio. La qualificazione dell’accordo come contratto a favore di terzo si rivela, quindi, decisiva per definire l’ambito delle tutele e dei rimedi a disposizione.

Quando un accordo aziendale può essere considerato un contratto a favore di terzo per i lavoratori?
Quando l’azienda (promittente) si impegna con le organizzazioni sindacali (stipulanti) a garantire una certa prestazione, come il mantenimento dell’occupazione da parte di un’altra società, a diretto beneficio dei lavoratori (terzi beneficiari).

Se l’ex datore di lavoro non rispetta l’obbligo di garantire l’occupazione presso un’altra azienda, i lavoratori possono chiedere il reintegro?
No. Secondo la Corte, se l’obbligo è quello di ‘garantire’ la prestazione di un terzo e non di eseguirla direttamente, l’inadempimento può portare solo a un risarcimento del danno per equivalente pecuniario, non a un risarcimento in forma specifica come il reintegro.

In quali circostanze il ricorso incidentale viene assorbito e non esaminato nel merito?
Il ricorso incidentale viene assorbito quando il ricorso principale viene integralmente respinto. In tal caso, la parte che ha presentato il ricorso incidentale risulta completamente vittoriosa, e viene meno il suo interesse a ottenere una pronuncia sulle questioni sollevate, poiché la sua posizione è già stata pienamente tutelata dalla reiezione delle domande avversarie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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