Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5565 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5565  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 3576 del ruolo generale dell’anno 20 20, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE in proprio, rappresentati e difesi, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, col quale elettivamente  si  domicilia  presso  la  casella  di  posta elettronica
-ricorrenti-
contro
sRAGIONE_SOCIALE.a.  Intesa  SanPaolo,  subentrata  in  esito  a fusione a RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE (s.p.a. RAGIONE_SOCIALE), in persona d’un procuratore speciale del legale  rappresentante pro  tempore , rappresentato  e difeso, giusta procura speciale allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore, dall’AVV_NOTAIO
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE– Contratti bancari- Forma scritta.
COGNOME,  con  la  quale  elettivamente  si  domicilia  all’indirizzo  pec EMAIL
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza de lla Corte d’appello di Torino n. 1449/19, depositata in data 2 settembre 2019;
udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale del 21 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Emerge dagli atti e dalla sentenza impugnata che, per il profilo ancora d’interesse, RAGIONE_SOCIALE e il fideiussore NOME COGNOME proposero, insieme con altri due fideiussori, opposizione al decreto ingiuntivo che RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta s.p.a.  UBI  RAGIONE_SOCIALE) aveva  ottenuto  per  l’importo  corrispondente  ai saldi debitori relativi al conto corrente e a quello anticipi intercorrenti tra la società e la banca, garantiti dai fideiussori.
Il Tribunale di Torino respinse l’opposizione e la locale corte d’appello ha accolto l’appello successivamente proposto dalla società e dai fideiussori limitatamente all’importo relativo alle commissioni di massimo scoperto. A fondamento della decisione, sempre per il profilo d’interesse, il giudice d’appello ha evidenziato che tra la banca e la società erano intercorsi il rapporto di conto corrente n. 2148, del 16 maggio 2002, un’apertura di credito e « i conti accessori anticipo su contratti (n. 2858) e anticipo su documenti (n. 2859) del 16.7.2009 e del 1.10/29.11.2012 » e che la banca aveva prodotto condizioni contrattuali, contratti e documentazione inerenti a operazioni di anticipo e documentazione relativa alle variazioni intervenute nel corso del rapporto.
Il giudice d’appello  h a poi precisato che le condizioni contrattuali e gli altri documenti negoziali prodotti contenevano tutte le condizioni applicate ai rapporti bancari in contestazione  e rappresentavano in modo completo le pattuizioni intervenute fra le
parti, « esistenti e rivestenti forma scritta come richiesto dall’art. 117 TUB », di modo che « … tutti i rapporti oggetto del contendere si devono intendere regolati per iscritto in modo completo fin dall’inizio ». A sostegno della statuizione, la corte territoriale ha sottolineato che la clausola 6) del conto corrente n. 2148 fissava la disciplina delle aperture di credito e dei conti anticipi, di modo che ai conti accessori erano applicabili, ed erano state pacificamente applicate, le condizioni indicate in conto corrente per la misura degli interessi, la capitalizzazione di essi e le spese.
Il giudice d’appello ha proseguito specificando che la contestazione concernente la documentazione negoziale riguardava « … la possibilità di qualificare come dotata di forma scritta la documentazione negoziale prodotta, in ipotesi priva della sottoscrizione della banca (pur se sono presenti sottoscrizioni dell’incaricato, per autentica di firma ) ». E, con riguardo a tale questione, ha applicato l’indirizzo espresso dalle sezioni unite di questa Corte (con la sentenza n. 898/18), che ha ritenuto legittimo il contratto monofirma.
Contro  questa  sentenza  propongono  ricorso  RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in proprio per ottenerne la cassazione, che affidano a un  unico motivo, cui la banca  reagisce con controricorso.
Motivi della decisione
1.L’unico motivo di ricorso, col quale si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 117 del testo unico bancario, nonché della  delibera  CICR  del  4  marzo  2003,  là  dove  la  corte  d’appello avrebbe trascurato che la clausola 6 del contratto di conto corrente n.  2148  contiene  esclusivamente  condizioni  generali  e  astratte, senza  la  previsione  di  regole  relative  alla  parte  economica  e,  in particolare, senza l’indicazione del tasso entro fido, è inammissibile.
1.1.Come  indicato  in narrativa, la corte d’appello ha qualificato  i  conti  anticipi  e  l’apertura  di  credito  come  contratti accessori  a  quello  di  conto  corrente,  per  cui,  per  il  tramite  della clausola 6 di quest’ultimo , e in assenza di diverse disposizioni scritte, ha ritenuto applicabili ai conti accessori le condizioni indicate in conto corrente in relazione alla misura degli interessi, alla capitalizzazione di essi e alle spese.
In particolare, quanto alla misura degli interessi debitori, ha specificato che « … nel caso di specie la misura dell’interesse debitore, che riguarda la fisiologia dei rapporti, è peraltro chiaramente indicata, nel contratto del 2002, nel tasso del 13,750% (TAE 14,475%), così come è indicata la misura dell’interesse creditorio; è il solo interesse di mora che è indicato come pari al TOP d’istituto pubblicizzato in filiale (il rilievo di indeterminatezza dello stesso non ha alcuna attinenza con l’individuazion e dei saldi corretti dei conti); anche negli altri contratti gli interessi debitori sono ben specificati ».
1.1.- Col ricorso, quindi, per un verso, si deduce una violazione di legge assumendo un presupposto di fatto smentito dalla lettura della sentenza impugnata; per altro verso, s’ introduce una contestazione, concernente l’illegittimità dell’indicazione del tasso di mora per mezzo del mero richiamo all’indicazione del top rate , della quale non s’illustra la rilevanza, posto che, si è visto, la corte d’appello ha escluso che questo tasso, per quanto indeterminato, abbia influito sulla determinazione dei saldi corretti dei conti.
2.D’altronde, in diritto, l’individuazione della disciplina applicabile al conto anticipi accessorio al contratto di conto corrente è coerente con l’indirizzo di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. n.  14321/22, richiamata, fra le più recenti, da Cass. n. 2356/24) secondo il quale il saldo passivo del c.d. conto per anticipo fatture non esprime una posizione debitoria autonoma e separabile, rispetto al saldo del conto corrente di corrispondenza.
Al contrario, la ricostruzione del saldo dare-avere tra le parti necessariamente attiene al complessivo rapporto. Il c.d. conto anticipi costituisce, in effetti, soltanto uno strumento accessorio e funzionale ai conti correnti ordinari, senza autonomia e con mera evidenza contabile, ai fini dei finanziamenti eseguiti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente, annotandosi in esso in «dare» le anticipazioni erogate al correntista e in «avere» l’esito positivo della riscossione del credito sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente.
2.1.- In presenza di un simile atteggiarsi dei rapporti, il saldo debitore del c.d. conto anticipi diviene giuridicamente inscindibile dal saldo del conto corrente cui esso è collegato, per cui l’accertamento del credito derivante dalle anticipazioni implica la necessaria ricostruzione dei rapporti dare-avere pertinenti al conto corrente di corrispondenza, cui il primo è connesso, con la conseguente inscindibilità del saldo finale. I conti e le distinte contabilizzazioni bancarie convergono in un’unica operazione economica, e i rispettivi debiti e crediti scaturiscono da un unico, ancorché complesso, rapporto negoziale: in questo contesto, è ammissibile l’attenuazione della forma scritta che, in particolare, salvaguardi l’indicazione nel «contratto madre» delle condizioni economiche cui andrà assoggettato il «contratto figlio» (tra le più recenti, Cass. n. 926/22).
3.- Le spese seguono la soccombenza.
Per questi motivi
la  Corte  dichiara  inammissibile  il  ricorso  e  condanna  i  ricorrenti  a pagare le spese di lite, che liquida in euro 6000,00 per compensi, oltre 200,00 per rimborsi, e al 15% a titolo di spese forfetarie, iva e cpa.  Dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2024.