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Contraffazione software e concorrenza sleale: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un ex dipendente per contraffazione software e concorrenza sleale. La sentenza stabilisce che la duplicazione del ‘nucleo centrale’ di un programma costituisce violazione del diritto d’autore e che la sottrazione di know-how commerciale, come le liste clienti, è un atto di concorrenza illecita. La Corte ha inoltre ribadito che un’assoluzione in sede penale non vincola il giudice civile, che deve valutare autonomamente i fatti.

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Contraffazione Software e Know-How: Lezioni dalla Cassazione

La contraffazione software rappresenta una delle sfide più complesse nel campo della proprietà intellettuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su questo tema e sulla concorrenza sleale posta in essere da ex dipendenti, delineando confini netti tra responsabilità civile e penale. La decisione conferma che la duplicazione del ‘cuore’ funzionale di un programma e l’appropriazione di know-how aziendale costituiscono illeciti risarcibili, anche a fronte di una precedente assoluzione in sede penale.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore dell’automazione agricola citava in giudizio una società concorrente e i suoi soci, ex dipendenti della prima, accusandoli di aver realizzato e commercializzato un nuovo software copiando il codice sorgente di un programma di sua proprietà. Oltre alla violazione del diritto d’autore, la società attrice lamentava atti di concorrenza sleale, consistenti nello sviamento di clientela attuato tramite la sottrazione di informazioni aziendali riservate, come liste clienti, fornitori e dati sui prezzi.

Il Percorso Giudiziario

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione alla società originaria, riconoscendo sia la contraffazione software sia la concorrenza sleale e condannando gli ex dipendenti al risarcimento dei danni. L’imputato principale proponeva quindi ricorso in Cassazione, basando la sua difesa, tra le altre cose, su una sentenza di assoluzione ottenuta in un parallelo procedimento penale per i medesimi fatti. Sosteneva, inoltre, l’insussistenza della contraffazione e della concorrenza sleale.

L’irrilevanza del Giudicato Penale nel Processo Civile

Uno dei punti cardine della decisione della Cassazione riguarda il rapporto tra giudizio civile e penale. La Corte ha rigettato i motivi basati sull’assoluzione penale, ribadendo il principio del “doppio binario”. Poiché la società danneggiata non si era costituita parte civile nel processo penale, la sentenza di quel foro non poteva avere alcuna efficacia vincolante nel giudizio civile. Il giudice civile, pertanto, ha il potere e il dovere di procedere a un autonomo accertamento dei fatti e delle responsabilità, basandosi sulle prove raccolte nel proprio procedimento.

La Prova della Contraffazione Software e il ‘Nucleo Centrale’

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo con cui si contestava la violazione del diritto d’autore. La Corte d’Appello, basandosi sulle conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), aveva correttamente accertato che i due software condividevano lo stesso “nucleo centrale”. La sentenza chiarisce che per configurare la contraffazione non è necessario copiare l’intero codice, ma è sufficiente la duplicazione di parti fondamentali e funzionalmente autonome del programma. La valutazione del giudice di merito su questo aspetto tecnico, se adeguatamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

Concorrenza Sleale per Sottrazione di Know-How

Infine, la Corte ha respinto anche le censure relative alla concorrenza sleale. È stato confermato che l’appropriazione e l’utilizzo di un pacchetto strutturato di informazioni commerciali (liste clienti, fornitori, costi, prezzi), che eccede la normale esperienza e capacità mnemonica di un individuo, costituisce un illecito. Tale condotta, anche in assenza di un patto di non concorrenza, permette di acquisire un vantaggio competitivo indebito, sfruttando gli investimenti e il lavoro altrui.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso perché i motivi presentati tendevano a una rivalutazione dei fatti, compito precluso in sede di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente applicato i principi giuridici pertinenti. In particolare, è stata confermata la validità del principio del ‘doppio binario’ tra processo civile e penale. È stata inoltre ritenuta corretta la valutazione sulla contraffazione software, basata sulla duplicazione del ‘nucleo centrale’ come accertato dalla CTU. Infine, è stata giudicata legittima la qualificazione della sottrazione di un complesso di dati commerciali come atto di concorrenza sleale, poiché danneggia l’azienda attraverso l’appropriazione indebita del suo know-how.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida tre importanti principi. Primo, l’esito di un processo penale non determina automaticamente quello del processo civile per gli stessi fatti. Secondo, nel campo della contraffazione software, la violazione sussiste quando viene replicata la parte essenziale e funzionale di un programma, indipendentemente dalla percentuale di codice copiato. Terzo, la protezione del know-how aziendale è robusta: l’uso sistematico di informazioni riservate sottratte a un ex datore di lavoro è un atto di concorrenza sleale che giustifica il risarcimento del danno.

Un’assoluzione in un processo penale per contraffazione software impedisce una condanna per risarcimento danni in un processo civile?
No. La Corte di Cassazione ha confermato il principio del ‘doppio binario’, secondo cui il giudizio civile procede autonomamente da quello penale. Se la parte danneggiata non si è costituita parte civile nel processo penale, il giudice civile deve compiere una valutazione autonoma dei fatti e delle prove.

Perché si configuri la contraffazione di un software, è necessario copiare l’intero programma?
No. È sufficiente duplicare il ‘nucleo centrale’ del software, ovvero quella parte funzionalmente autonoma e caratterizzante dell’opera. In questo caso, la perizia aveva accertato la duplicazione di parti fondamentali del programma, ritenuta sufficiente per la condanna.

L’utilizzo di una lista clienti del precedente datore di lavoro è sempre considerato concorrenza sleale?
Sì, se si tratta del trasferimento di un complesso strutturato di informazioni aziendali (come elenchi di clienti, fornitori, prezzi) che supera la normale memoria ed esperienza di un ex dipendente. Questo atto costituisce un illecito concorrenziale perché sottrae un ‘know-how commerciale’ e fornisce un vantaggio competitivo indebito, anche in assenza di un patto di non concorrenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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