Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14098 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14098 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2138/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO., presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOMECODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro COGNOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 524/2023 depositata il 21/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, società operante nel settore della localizzazione al suolo di prodotti utilizzati nei cicli agricoli, ha promosso nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (società successivamente estinta per cancellazione) e dei soci (già dipendenti della società attrice) COGNOME NOME e COGNOME NOME, inibitoria relativa ai codici sorgente di un software già utilizzato dall’attore per l’automazione di alcuni macchinari (programma « Performer 530» , evoluto come « Multiperformer» ) , indebitamente utilizzato dai convenuti nella elaborazione di altro software , denominato « RAGIONE_SOCIALE» , utilizzato dalla società convenuta per la automazione di un proprio macchinario (« Spring Kit ») . L’azione ha fatto seguito al vittorioso esperimento di un procedimento per descrizione e sequestro giudiziario, avente a oggetto anche l’ inibitoria e rivendica di privative di brevetti per invenzione e per modelli di utilità realizzate da dipendenti entro l’anno dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Pendente il giudizio di merito, la società attrice ha promosso altra inibitoria nei confronti dei medesimi convenuti in relazione al macchinario Spring Kit e al relativo software di automazione, già oggetto del precedente giudizio ordinario, il cui giudizio di merito (seguito da ulteriori iniziative cautelari in corso di causa) ha avuto a oggetto anche il risarcimento dei danni causati da concorrenza sleale.
Il Tribunale di Trieste, previa riunione delle cause ed esperimento di diverse CTU (meccanica, informatica e contabile), ha accolto le domande dell’attrice . Il Tribunale, per quanto qui rileva, ha accertato che l’utilizzo del software Cruise 4 costituisse contraffazione e violazione della privativa del software
n. 2138/2024 R.G.
Multiperformer , di proprietà dell ‘attrice , ordinandone la distruzione dei codici sorgente. Il Tribunale ha, poi, accertato il compimento di atti di concorrenza sleale per concorrenza parassitaria e sviamento di clientela dei convenuti in danno dell’attrice per effetto della acquisizione di informazioni aziendali riservate dell’attrice e, previo accertamento della responsabilità dei convenuti in misura differenziata (90% a carico della società convenuta e del Fant, 10% a carico dell’altro convenuto) , li ha condannati al risarcimento dei danni , rispettivamente per € 688.650,30 e per € 76.516,70, oltre accessori, penali e spese legali.
Ha interposto appello principale il COGNOME (in proprio e quale liquidatore della cessata RAGIONE_SOCIALE) e appello incidentale l’altro convenuto. Per quanto qui rileva, l’appellante principale ha dedotto l’ insussistenza dello sviamento di clientela per assenza di un patto di concorrenza e per assenza di sistematicità della condotta; ha, poi, dedotto assenza di contraffazione per mancanza di identità del nucleo centrale del software RAGIONE_SOCIALE rispetto al software Multiperformer , contestando l’attribuzione della quota di danni e la quantificazione dello stesso.
Nelle more della celebrazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, l’appellante principale ha chiesto sospendersi il giudizio in pendenza di un giudizio penale, promosso nei confronti del predetto in concorso con terzi, per i delitti p. e p. dagli artt. 171bis l. n. 633/41 e 388 cod. pen. e ha prodotto nuovi documenti.
2138/2024 R.G. 6. La Corte di Appello di Trieste, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato entrambi gli appelli, confermando la sentenza di primo grado. Ha ritenuto il giudice di appello, per quanto qui rileva, inammissibili e irrilevanti « ai fini della decisione della causa» le produzioni dell’appellante principale , anche con memoria di replica, aventi a oggetto atti del procedimento penale e il dispositivo
del l’intervenuta assoluzione del medesimo . Ha, poi, ritenuto il giudice di appello che l’oggetto del giudizio penale è diverso rispetto a quello del giudizio civile, né può tale giudicato operare in danno della società appellata ove non costituitasi parte civile in sede penale, risultando in mancanza operante il principio del cd. doppio binario.
Ha, poi, ritenuto sussistente la concorrenza sleale per sviamento di clientela, attuata mediante utilizzo di informazioni riservate dell’appellata . Sul punto, il giudice di appello ha rilevato l’ omessa impugnazione del capo della sentenza di primo grado per avere immesso sul mercato il macchinario Spring Kit mediante utilizzi dei disegni tecnici della appellata « con prodotti sostanzialmente identici, per funzione, modalità di funzionamento e risultato tecnico» e ha ritenuto provato lo sviamento di clientela per sottrazione del know-how commerciale (elenco clienti e fornitori, costi e prezzi riservati), con condotta sistematica e non episodica.
La Corte di Appello ha, poi, ritenuto che l’art. 64 -bis l. n. 633/1941 vieta l’utilizzo parziale del software originario, ove -come nella specie -non si tratti di elaborazione o creazione originale, richiamandosi alle emergenze della CTU del giudizio di merito (a conferma della CTU della prima fase cautelare ante causam ), secondo cui la percentuale del codice sorgente era significativa in quanto superiore al 10%. Sono, infine, state confermate le pronunce in tema di quantificazione del danno e di attribuzione della responsabilità agli appellanti.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, affidato a sei motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, illustrato da memoria. Gli altri intimati non si sono costituiti in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e dell’art. 190 cod. proc. civ. , nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile le produzioni documentali in appello. Osserva parte ricorrente che la produzione di detta documentazione si impone in forza della circostanza che tali documenti, formatisi successivamente alla maturazione delle preclusioni in primo grado, non si sarebbero potuti produrre prima della maturazione delle preclusioni processuali. Evidenzia, in proposito, parte ricorrente che si tratta di documenti formatisi in pendenza della decisione della causa di appello, quali la trascrizione del verbale di udienza del 27 aprile 2023 del procedimento penale r.g. n. 1240/2019 Trib. Pordenone a carico anche del ricorrente, del dispositivo della relativa sentenza di assoluzione in data 19 ottobre 2023.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 64bis e 171bis l. n. 633/1941, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha tenuto conto degli esiti del procedimento penale r.g. n. 1240/2019 Trib. Pordenone, conclusosi con sentenza del 19 ottobre 2023, avendo il procedimento penale il medesimo oggetto del giudizio civile di contraffazione del programma informatico, con conseguente rilevanza in sede civile degli accertamenti eseguiti in sede penale.
Con il terzo motivo (sul quale il ricorrente ritorna diffusamente in memoria) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 64bis l. n. 633/1941, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la contraffazione da parte del ricorrente, senza valutare l’autenticità del nucleo centrale del software. Osserva parte ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe falsamente
applicato i principi enunciati da questa Corte (Cass., n. 20250/2021), nonché avrebbe acriticamente recepito le conclusioni dei CCTTUU, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la duplicazione del software senza individuare il nucleo centrale dei due programmi . Deduce il ricorrente l’irrilevanza della percentuale di identità delle righe dei codici sorgente come accertato in sede di CTU, sia in quanto l’analisi si sarebbe dovuta indirizzare sui nuclei centrali dei due programmi, identità che il giudizio penale avrebbe escluso, sia in quanto anche il prodotto della controricorrente sarebbe derivato da un programma di terzi, sia, infine, in quanto la comunanza dei codici sorgente atterrebbe a funzioni di calcolo base, estranee al core del software.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 652 e 654 cod. proc. pen., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il giudicato di assoluzione in sede penale, di cui alla sentenza del Tribunale di Pordenone sub. all. A) del ricorso, perché il fatto non sussiste non spieghi efficacia in sede civile.
Il primo, il secondo e il quarto motivo, i quali possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati. Quanto al secondo e al quarto motivo, si osserva che il giudicato penale non può operare nel caso di specie, in quanto l’originaria società attrice concorrente non si è costituita parte civile nel processo penale. Nel qual caso, come correttamente dedotto nella sentenza impugnata, il principio del doppio binario, opposto a quello dell’unità della giurisdizione, esclude in astratto che il giudicato formatosi in sede penale abbia incidenza in sede civile, salve le ipotesi previste dall’ art. 75, cod. proc. civ. Il processo civile può proseguire il suo corso senza essere influenzato dagli esiti del giudizio penale, con autonomo accertamento in sede civile dei fatti e della responsabilità con
pienezza di cognizione (Cass., n. 42028/2021; Cass., Sez. U., n. 13661/2019). Tale principio è assorbente del rilievo secondo cui -come osserva il controricorrente -non vi è prova in concreto della formazione di un giudicato penale, essendo la sentenza prodotta dal ricorrente (all. C) priva del relativo attestato della cancelleria; né il ricorrente ha prodotto analogo documento in allegato alla memoria illustrativa.
A ttesa l’irrilevanza attribuita dal giudice di appello ai documenti prodotti dal ricorrente in appello (per irrilevanza degli esiti del relativo giudizio penale), la censura di rilevanza delle suddette produzioni formulata con il primo motivo si risolve in un inammissibile tentativo di revisione in sede di legittimità del giudizio di pregnanza degli elementi di prova, giudizio incensurabile in cassazione se congruamente motivato.
Il terzo motivo è, invece, inammissibile. La protezione del diritto d’autore riguardante programmi per elaboratori ( software ), postula il requisito dell’originalità, occorrendo stabilire se il programma sia o meno frutto di un’elaborazione creativa originale rispetto a opere precedenti (Cass., n. 13524/2014). Sotto tale profilo, occorre individuare il nucleo centrale dell’opera protetta (Cass., ult. cit.; Cass., n. 20250/2021), in considerazione del fatto che la duplicazione abusiva di un programma per elaboratore riguarda « la realizzazione di programmi ricavati dallo sviluppo o da modifiche del prodotto originale, quando di quest’ultimo sia replicata una parte funzionalmente autonoma e costituente, comunque, il nucleo centrale dell’opera protetta» (Cass. pen., n. 8011/2012).
2138/2024 R.G. 8. Il giudice di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto sussistente la contraffazione sul presupposto che « la duplicazione di (parte di) un programma sia dotata di una certa significatività e di una propria autonomia
funzionale e, in ogni caso, ne costituisca il nucleo centrale », ha accertato, in conformità alla CTU e ai successivi chiarimenti forniti dal CTU, che i due programmi avessero in comune lo stesso « nucleo contrale» . E’ stata accertata in fatto sia la duplicazione parti fondamentali del programma della parte lesa (« file, che concorrono in maniera determinante al funzionamento dell’apparecchio parte Cruise 4 (centralina di controllo), PowerBox (comando del motore) e ricevitore GPS andando a confluire nel firmware che gestiscono tali componenti dell’apparecchiatura »), sia la sovrapponibilità delle funzioni dei due programmi, sia l’irrilevanza del le parti di software open source , accertamenti attinenti alla identificazione del nucleo centrale dei due programmi che sono incensurabili in sede di legittimità.
Il motivo è, inoltre, inammissibile nella parte in cui deduce l’irrilevanza del giudizio tratto dal giudice di appello sulle conformi deduzioni del CTU -secondo cui non sarebbe significativo il giudizio circa la percentuale di identità delle righe dei codici sorgente, in quanto giudizio volto a ripercorrere un accertamento in fatto effettuato dal giudice di merito, sulla scorta delle risultanze della CTU.
Con il quinto motivo, denominato anch’esso (anche in memoria) quarto motivo (pag. 29 ricorso) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2598, n. 3, cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti comportamenti di sviamento della clientela per avere il ricorrente sottratto informazioni di carattere riservato. Osserva parte ricorrente che l’acquisizione del pacchetto clienti di un ex dipendente non può essere fonte di responsabilità per concorrenza sleale in assenza di un patto di non concorrenza e che non vi sarebbe prova dello svolgimento di attività sistematica di acquisizione di clienti della
n. 2138/2024 R.G.
contro
ricorrente e che le informazioni sarebbero state legittimamente acquisite per effetto dell’attività svolta per anni dal ricorrente per conto della controricorrente, non trattandosi di informazioni riservate di carattere commerciale.
Il motivo è infondato. L’assenza di un patto di non concorrenza non esime il concorrente dall’assumere comportamenti improntati alla correttezza commerciale a termini dell’art. 2598 cod. civ., norma c he costituisce clausola generale dell’illecito extracontrattuale concorrenziale, all’interno della quale operano anche le fattispecie tipizzate di cui ai nn. 1) e 2), in quanto atti idonei a danneggiare l’altrui azienda.
Tra questi comportamenti di concorrenza sleale rientra la condotta posta in essere da un imprenditore che, per tramite di propri dipendenti, già al servizio di un concorrente, si appropri di tabulati recanti i nominativi di clienti e distributori di quest’ultimo, essendo irrilevante la circostanza che detti nominativi fossero già noti al medesimo imprenditore ed a tali dipendenti, trattandosi di informazioni comunque riservate e, come tali, non divulgabili (Cass., n. 6274/2016). Ciò in quanto il trasferimento di un complesso di informazioni aziendali strutturato da parte di un ex dipendente di imprenditore concorrente, pur non costituente oggetto di diritto di proprietà industriale in quanto non equiparabile a un segreto commerciale, costituisce illecito concorrenziale ove il trasferimento riguardi dati che superino la capacità mnemonica e l’esperienza del singolo normale individuo e configurino così una banca dati che, arricchendo la conoscenza del concorrente, sia capace di fornirgli un vantaggio competitivo che trascenda la capacità e le esperienze del lavoratore acquisito (Cass., n. 18772/2019).
deve ritenersi tutelato nei confronti di atti di concorrenza rivolti a carpirgli segreti nei procedimenti produttivi o
2138/2024 R.G. 13. L’imprenditore
in genere attinenti all’organizzazione dell’impresa, oltre che degli atti volti ad appurare con mezzi subdoli notizie che, senza che siano veri e propri segreti, l’impresa concorrente non ritenga di mettere a disposizione del pubblico (Cass., n. 13550/2017; Cass., n. 2007/27081). Dall’altro, non possono essere consentite condotte di acquisizione di notizie riservate di pertinenza di un’impresa concorrente, così da appropriarsi indebitamente degli investimenti in ricerca ed in esperienza del concorrente, alterando significativamente la correttezza della competizione (Cass., n. 1100/2014).
Nella specie, la sentenza impugnata ha accertato che l’attività di sviamento di clientela attraverso la « sottrazione del knowhow commerciale dell’ex datrice di lavoro (costituito dalla lista clienti, dall’elenco dei fornitori strategici, dai costi e prezzi riservati, numeri privati di cellulare e indirizzi e-mail)» , ossia in relazione a un complesso organizzato di dati commerciali che, pur non riservati, costituiscono una vera e propria banca dati commerciale che supera la capacità mnemonica e l’esperienza di un singolo normale individuo.
Il motivo è, invece, inammissibile nella parte in cui censura l’accertamento secondo cui la condotta attuata dalla società concorrente convenuta sia stata sistematica e non episodica, in quanto volta alla revisione di un accertamento in fatto operato dal giudice del merito mediante revisione del materiale probatorio, attività preclusa in sede di legittimità.
Con il sesto motivo (indicato come quinto motivo, anche in memoria), si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione degli 158 l.a., 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. sulla errata quantificazione dei danni». Osserva parte ricorrente che, da un lato, non vi sarebbe prova del danno fornito dalla controricorrente in assenza di prova del nesso
causale e del dedotto calo di fatturato, nonché per errata adozione del criterio presuntivo di cui all’art. 158 l. n. 633/1941, sopperendo alle carenze probatorie della controricorrente, laddove il danno si sarebbe dovuto computare secondo elementi certi. Contesta, inoltre, le modalità di liquidazione in concreto del danno operata con il criterio presuntivo.
17. Il sesto motivo è inammissibile nella parte in cui deduce assenza del nesso di causalità tra evento dannoso e danno da perdita di fatturato, in quanto involgente un accertamento in fatto condotto dalla sentenza di appello sulla base delle emergenze di una delle CTU, secondo cui il calo di fatturato « non era stato influenzato da variabili esogene, bensì era imputabile all’attività di Iris ».
18. Il sesto motivo è, inoltre, inammissibile nella parte in cui deduce l’illegittimità dell’applicazione del criterio presuntivo di cui all’art. 125, comma 2, d. lgs. n. 30/2005, in quanto non si confronta compiutamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Il giudice di appello ha accertato che l’originaria attrice aveva dimostrato una perdita dell’ avviamento conseguente al calo del fatturato, conseguente sia alla violazione del diritto di autore sul software contraffatto, sia alla violazione della sottrazione di informazioni riservate e, quindi, dall’attività della società concorrente poi cessata (« non era stato influenzato da variabili esogene , bensì era imputabile all’attività di IRIS » ) e per la liquidazione del danno ha fatto ricorso (in conformità a uno dei diversi criteri prospettati dal CTU) al metodo dei multipli sul differenziale EBITDA, con valutazione equitativa rettificata (pagg. 75-78 sent. imp).
n. 2138/2024 R.G. 19. Inammissibili sono, infine, le deduzioni attinenti alla base di calcolo del danno (dati contabili non certi, dati di conversione preventivi/vendite non verificati, marginalità della parte lesa
arbitraria, erroneità del moltiplicatore applicato al danno emergente intangibile), in quanto valutazione delle prove e delle risultanze delle CTU, incensurabile in sede di legittimità.
20. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato. Nulla per le spese per le parti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 8.000,00 , oltre € 200,00 per esborsi, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/05/2025.