Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18522 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18522 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19076/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE domiciliati presso l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
NOMECOGNOME domiciliato presso l’avvocato COGNOME (GLZGPP67P10F443V) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1340/2023 depositata il 21 giugno 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME COGNOME conveniva davanti al Tribunale di Treviso per azione pauliana RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME ed NOME RAGIONE_SOCIALE in relazione a tre negozi stipulati su determinati immobili: il primo concluso il 6 febbraio 2012 tra RAGIONE_SOCIALE quale venditrice e RAGIONE_SOCIALE quale acquirente; il secondo concluso il 12 maggio 2014 tra Serravalle RAGIONE_SOCIALE quale venditrice e NOME COGNOME quale acquirente dei medesimi immobili; il terzo concluso per altri immobili dello stesso luogo e mappale venduti da RAGIONE_SOCIALE a Eva Immobilien.
I convenuti si costituivano, resistendo.
Il Tribunale accoglieva la domanda con sentenza n. 522/2022.
Presentava appello NOME COGNOME; presentava appello anche Immobiliare COGNOME. Riuniti i conseguenti giudizi, la Corte d’appello di Venezia rigettava con sentenza n. 1340/2023.
NOME COGNOME e Immobiliare Bolda hanno proposto un unico ricorso, articolato in sei motivi, da cui NOME COGNOME si è difeso con controricorso. Entrambi hanno depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e 115 c.p.c.
1.1 Il giudice d’appello avrebbe ‘omesso di valutare nella formazione del proprio convincimento tutte le prove prodotte’, e di tenere conto del comportamento delle parti ‘successivamente alla conclusione del contratto per determinarne la comune intenzione’. Si argomenta al riguardo richiamando vari documenti, oltre a passi delle memorie di cui all’articolo 183, sesto comma, nn. 2 e 3 c.p.c. di Serravalle RAGIONE_SOCIALE, per giungere ad affermare che la corte territoriale ‘non ha valutato la documentazione dimessa in corso di causa né la condotta tenuta dalle parti successivamente alla formazione del contratto, comprovante la realizzazione dell’immobile <>’, così giungendo a consentire ‘al Giudice di determinare la validità del contratto d’appalto del 02.02.2010’.
1.2 Tutto questo sarebbe stato congruo per una censura d’appello, essendo di natura puramente fattuale.
In questa sede il motivo è viceversa ictu oculi inammissibile.
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e 115-116 c.p.c.
2.1 Afferma il giudice d’appello: ‘La statuizione del Tribunale … circa l’autenticità del contratto d’appalto 2.2.2010 dimesso da NOME COGNOME non è fatta oggetto di impugnazione; tuttavia l’appellante, nel sostenere la genuinità del contratto d’appalto da lei dimesso, non indica quale sarebbe il motivo per cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe, lo stesso 2.2.2010, stipulato con RAGIONE_SOCIALE due contratti d’appalto aventi lo stesso oggetto e riportanti un contenuto diverso circa le obbligazioni delle parti’.
Si obbietta che in tal modo il giudice d’appello ‘pone a carico di parte odierna ricorrente l’onere di provare il motivo della
coesistenza di due contratti di appalto’, violando l’articolo 2697 c.c.; la parte ricorrente avrebbe sempre ‘ribadito che l’unico contratto valido’ sarebbe quello che ha depositato (il contratto del 2 febbraio 2010). Non si sarebbe pertanto dovuto gravarla di alcun onere.
Comunque ‘la mancanza della prova richiesta dalla Corte’ avrebbe dovuto far ritenere ‘la non sussistenza dei due contratti’ e , invece, la sussistenza del contratto del 2 febbraio 2010 invocato dall’attuale parte ricorrente.
Se poi il giudice d’appello avesse correttamente applicato gli articoli 2697 c.c. e 115-116 c.p.c. sarebbe giunto a riconoscere la validità del contratto d’appalto del 2 febbraio 2010 condotto dai ricorrenti (precisamente in primo grado, allegato alla comparsa di risposta di RAGIONE_SOCIALE) e quindi a ritenere valide le compravendite degli immobili oggetto di revocatoria.
2.2 Il primo motivo d’appello di NOME COGNOME come ha evidenziato la corte territoriale (sentenza, pagine 6 ss.), sostiene la pretesa violazione dell’articolo 2901, terzo comma, c.c. già eccepita in primo grado e disattesa dal Tribunale asserendo l’esistenza del debito scaduto che con la prima vendita del 6 febbraio 2012 sarebbe stato adempiuto; il debito sarebbe derivato dall’esecuzione dei lavori oggetto del contratto d’appalto del 2 febbraio 2010 stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e Serravalle Impresa, prevedente che la prima cedeva alla seconda, in parziale corrispettivo, uno degli edifici in costruzione.
NOME COGNOME secondo l’appellante, avrebbe prodotto a sua volta un altro contratto, dal contenuto diverso: il contratto prodotto dall’appellante prevedeva ‘la costruzione del complesso <>’ per la somma di euro 1.200.000, di cui la quota di euro 260.000 sarebbe stata da pagare ‘mediante cessione di una delle unità di costruzione’; il contratto prodotto dal COGNOME prevedeva invece l’edificazione ‘al grezzo’ per euro 450.000, e il
COGNOME aveva sostenuto che la versione di controparte sarebbe stata predisposta dopo, per sottrargli ‘la villetta a schiera che gli era stata promessa con la convenzione del maggio 2011’ (cioè l’accordo che aveva dato atto dell’uscita del socio COGNOME da Immobiliare Bolda e determinato quanto gli spettava in conseguenza: si veda a pagina 4 della sentenza d’appello).
2.3 La corte territoriale riconosce che il primo giudice ha sposato la versione del COGNOME, ritenendo che ‘le compravendite impugnate in revocatoria hanno ad oggetto immobili al grezzo’, per questo rigettando l’eccezione di cui all’articolo 2901, terzo comma, c.c. (sentenza d’appello, pagina 7).
Il giudice d’appello, ancora a pagina 7 della sua sentenza, nota che l’appellante NOME COGNOMEcontesta le conclusioni’ del primo giudice, sostenendo la sua versione del contratto, e qualificando poi indeterminata la versione del negozio del 2 febbraio 2010 prodotta dal Marcon.
La corte territoriale ritiene il motivo infondato, partendo dall’affermazione già sopra riportata: ‘La statuizione del Tribunale … circa l’autenticità del contratto d’appalto 2.2.2010 dimesso da NOME COGNOME non è fatta oggetto di impugnazione; tuttavia l’appellante, nel sostenere la genuinità del contratto d’appalto da lei dimesso, non indica quale sarebbe il motivo per cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe, lo stesso 2.2.2010, stipulato con RAGIONE_SOCIALE due contratti d’appalto aventi lo stesso oggetto e riportanti un contenuto diverso circa le obbligazioni delle parti’.
2.4 Il motivo su ciò proposto ora dai ricorrenti va riqualificato come denuncia di motivazione conformata in termini di radicale contraddittorietà, dove si rimarca che il giudice d’appello, in sostanza, grava l’attuale parte ricorrente dell’onere di provare la coesistenza di due contratti di appalto e il motivo della coesistenza stessa.
Infatti, ogni parte aveva prospettato l’esistenza di un unico contratto, diverso da quello invocato da controparte, per evidenti differenze del contenuto. Il Tribunale aveva optato per il contratto invocato dal COGNOME; l’appellante aveva ribadito che c’era invece un altro contratto (come si è visto sopra, mentre il COGNOME sosteneva l’esistenza di un contratto per la costruzione dell’edificio ‘al grezzo’ per euro 450.000, controparte assumeva l’esistenza di un contratto ‘chiavi in mano’ per ben diversa somma del corrispettivo, cioè euro 1.200.000).
Dunque la parte appellante impugnava proprio in base a questo, ovvero alla sussistenza di un unico contratto di contenuto diverso; e il giudice d’appello, con assoluta quanto evidente illogicità, le ha invece attribuito di non avere censurato questa parte della sentenza di primo grado, così scivolando in un ulteriore profilo illogico, proprio attribuendo (come osserva la parte ricorrente) all’appellante l’onere di provare le ragioni dell’esistenza di due contratti (così si esprime il giudice d’appello: ‘l’appellante … non indica quale sarebbe il motivo per cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe, lo stesso 2.2.2010, stipulato con RAGIONE_SOCIALE due contratti d’appalto aventi lo stesso oggetto e riportanti un contenuto diverso’).
In conclusione, il motivo risulta fondato per radicale e irredimibile contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, il che conduce, assorbiti gli altri motivi, all’accoglimento del ricorso e alla cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d ‘A ppello di Venezia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 2° motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti il 3°, il 4°, il 5° e il 6° motivo;
dichiara inammissibile il 1° motivo . Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d ‘A ppello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2025