Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18597 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18597 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ha pronunciato la seguente
ordinanza
sul ricorso n. 22254/2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
NOME, RAGIONE_SOCIALE, difesi da ll’
AVV_NOTAIO; -controricorrenti- avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1201/2021 del 16/6/2021.
Udita la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
La promissaria acquirente RAGIONE_SOCIALE conviene dinanzi al Tribunale di Grosseto la promittente venditrice RAGIONE_SOCIALE e la terza promissaria acquirente NOME. Allega che nel giugno 2016 RAGIONE_SOCIALE le aveva promesso in vendita due immobili, ma che nel luglio 2017 la promittente venditrice aveva promesso di vendere gli stessi beni a NOME. L’attrice domanda l’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte sul preliminare di compravendita da lei sottoscritto , nonché l’accertamento della nullità del preliminare del 2017. La promittente venditrice propone
porali.
Adunanza 13/6/2024
camerale
domanda riconvenzionale di risoluzione del preliminare del 2016 per inadempimento della promissaria acquirente. In primo e in secondo grado sono state rigettate le domande dell’attrice e d è stata accolta la riconvenzionale.
Ricorre in cassazione l ‘attrice RAGIONE_SOCIALE con un motivo. Resistono le convenute RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con controricorso e memoria. Il consigliere delegato ha proposto la definizione per manifesta infondatezza del ricorso. La ricorrente ne ha chiesto la decisione.
Ragioni della decisione
1. -Con l’unico motivo, la promissaria acquirente attrice RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 183 c.p.c., poiché la Corte di appello (p. 7 s.) ha ritenuto tardiva la propria contestazione – svolta con la terza memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. – avente ad oggetto i fatti allegati dalla promittente venditrice convenuta RAGIONE_SOCIALE a fondamento della domanda riconvenzionale di risoluzione, ha ritenuto così provati tali fatti e disatteso i mezzi istruttori richiesti. Infatti, la contestazione specifica può avvenire fino alla scadenza (coincidente con la memoria ex l’art. 183 n. 3 c.p.c.) dei termini concessi per l’integrazione del thema decidendum e del thema probandum. Si a rgomenta dalla mancanza nell’art. 115 c.p.c. di un termine preclusivo e dalla giurisprudenza più recente di questa Corte.
2. Nell’istanza di decisione il ricorrente replica alla proposta del consigliere delegato di infondatezza manifesta, argomentando che il fulcro della questione non concerne il principio pacifico secondo cui la contestazione ha da aver luogo entro il momento della definitiva determinazione del thema decidendum, bensì riguarda quale sia l’ultimo momento utile entro il qu ale il thema decidendum si determina definitivamente, che in linea con la giurisprudenza di legittimità coincide con il termine per il deposito della terza memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. La giurisprudenza di legittimità citata nella proposta di definizione dopo aver delineato il principio nei suoi tratti generali, si limita a specificare che è tardiva la contestazione svolta nella
comparsa conclusionale o in appello. Inoltre, tra i precedenti di legittimità citati nella proposta vi è una pronuncia la quale, al contrario, sancisce proprio il principio invocato a fondamento del ricorso in cassazione, ovvero che – in caso di assegnazione di termini ex art. 183 co. 6 c.p.c. -prima della scadenza di tali termini non matura alcuna preclusione all’esercizio del potere di allegazione e di contestazione e negazione dei fatti storici a fondamento delle rispettive domande ed eccezioni. La ricorrente aggiunge che la valutazione della condotta del convenuto quale non contestazione dei fatti allegati dall’attore è da correlare al regime delle preclusioni , che sono collegate all’esaurimento della fase processuale entro la quale è consentito alle parti di precisare e modificare il thema decidendum, sia allegando nuovi fatti – diversi da quelli indicati negli atti introduttivi – sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora narrando una versione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese svolte precedentemente. In particolare, si fa valere che la mancata contestazione tempestiva, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall’attore è comunque ritrattabile nei termini previsti per il compimento delle attività processuali (elencate nella frase precedente). Fin qui la replica della ricorrente alla proposta del consigliere delegato.
3.1. – Il ricorso non è fondato.
In ragione del principio di preclusione (che opera nel passaggio dalla fase introduttivo-preparatoria alla fase istruttoria del processo di cognizione, salvi meccanismi di recupero occasionati da impedimenti non imputabili, sopravvenienze ed esercizio di poteri istruttori d’ufficio ), la parte è tenuta a contestare specificamente i fatti allegati dalla controparte (e rientranti nella sua sfera di conoscibilità) nella prima difesa utile a ciò, entro il termine di determinazione definitiva del thema decidendum. Pertanto, limitando l’esemplificazione all’attore, egli è tenuto a contestare i fatti allegati dal convenuto nella comparsa di risposta (o nella prima udienza di trattazione) entro il termine perentorio assegnato per la prima memoria ex art. 183 co.
6 c.p.c., mentre per i fatti allegati solo con tale prima memoria l’ultimo momento utile per la contestazione è la scadenza del termine per la seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. (affinché egli sia posto in condizione di dedurre mezzi istruttori sul punto, nel rispetto delle preclusioni ex art. 183 co. 6 c.p.c.: cfr. Cass. 2223/2022).
3.2. -Il giudizio di infondatezza del ricorso è sorretto dall’argomentazione delineata nel precedente sottoparagrafo.
Alla promissaria acquirente, oggi ricorrente, è stato imputato tempestivamente l’inadempimento , sulla base dell’allegazione dei fatti seguenti: mancata corresponsione della caparra confirmatoria pattuita nella misura residua di € 15.000 (oltre ad euro 5.000 già corrisposti); mancato accollo del debito contratto con terzi nella misura concordata di € 75.000; scadenza del termine essenziale del 15/9/2016 per la stipulazione del definitivo, con il correlativo obbligo di pagamento del prezzo residuo dovuto di € 305.000, a mezzo assegno circolare o accollo del mutuo bancario acceso dalla promittente venditrice.
A fronte di ciò, costei ha contestato tali fatti solo nella terza memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c.
Non convince il richiamo a Cass. 7093/19, su cui è imperniata l’istanza di decisione del ricorso. Di tale pronuncia la ricorrente omette di ricordare che ad essa è sottesa una « fattispecie ‘ratione temporis’ assoggettata al regime processuale anteriore alle modifiche degli artt. 183 e 184 c.p.c. recate nel 2005 (d.l. 3572005 conv. in l. 80/2005 e modificate ex l. 263/2005), che prevedeva la eventuale cesura diacronica tra la fase di trattazione e quella di ammissione delle prove, consentendo pertanto alle parti di modulare le istanze istruttorie in relazione ai fatti da provare secondo il quadro definito alla udienza di trattazione o con le memorie depositate ai sensi dell’art. 183 c.p.c.». Tale diversità di regime processuale impedisce di impiegare la pronuncia citata con prospettiva di successo a sostegno della
tesi della ricorrente. Si conferma così l ‘indirizzo giurisprudenziale consolidato, menzionato nel sottoparagrafo 3.1.
– Il ricorso è rigettato. Le spese si liquidano in dispositivo, anche ex art. 96 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 8.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 7.000 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 2.500 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma, il 17/6/2024.