Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8311 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30754/2021 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME
(EMAIL) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (EMAIL)
-ricorrente-
contro
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL)
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL)
-controricorrente-
nonchè contro NOME COGNOME, COGNOME COGNOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 532/2021 depositata il 10/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME. COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 10 dicembre 2021 NOME COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza numero 532/2021 emessa dalla Corte d’appello di Torino l’ 11 maggio 2021.
Resistono con separati controricorsi i sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod.proc.civ.
La corte di merito ha confermato la sentenza di primo grado che ha accolto la revocatoria ex articolo 2901 cod.civ. dell’atto di donazione intervenuto in data 11.10.2011 tra NOME COGNOME e il figlio per la quota di un mezzo di una sua proprietà immobiliare,
ritenuto pregiudizievole della garanzia patrimoniale del credito vantato da NOME COGNOME, quale cessionaria del diritto di NOME COGNOME, in ragione di una scrittura con cui il 7.12.2007 il COGNOME si era impegnato a restituire un prestito ricevuto dal COGNOME per la somma capitale di e 45.000 e con rate di € 650,00 mensili.
In merito, la Corte d’appello ha ritenuto che il convenuto appellante non abbia provato la sussistenza della eccepita usura soggettiva ai sensi dell’articolo 644 comma 3 c.p., né i fatti a sostegno della domanda riconvenzionale relativa all’annullamento della scrittura su cui si fondava il credito, sull’assunto che: – il profilo, pur non contestato dalle controparti, della disagiata condizione economica del COGNOME, sia insufficiente per ritenere integrata l’ipotesi di usura soggettiva, sotto il profilo oggettivo della proporzionalità degli interessi applicati e della genericità della indicazione della applicabilità del tasso del 10% , anziché del 12% richiesto; – indimostrata è rimasta, oltre che generica nell’ allegazione del COGNOME, la presunta violenza morale dedotta per l’annullamento della pattuizione sugli interessi, che sarebbero stati imposti dal creditore sotto la minaccia della messa all’incasso dell’assegno dato in ga ranzia dopo che le parti avevano concordato la gratuità del prestito.
Ha altresì ritenuto che le circostanze della concessione del mutuo, per come allegate dal COGNOME, contrariamente a quanto dal medesimo assunto siano state contestate dalle controparti in sede di prima memoria ex art. 183, offrendo una ricostruzione dei fatti diversa da quella narrata dal convenuto appellante.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo NOME COGNOME denuncia la violazione/falsa applicazione dello art. 115 cod.proc.civ. , in riferimento all’art. 360, 1° comma n. 3, cod. proc. civ.,
Lamenta che nella comparsa di costituzione del terzo chiamato e nella memoria ex art. 183, co. 6, n. 1 cod.proc.civ. dell’attrice le circostanze di fatto fossero di tenore diverso, nulla adducendo il terzo chiamato circa la allegata imposizione della consegna dell’assegno o la minaccia di incasso dell’assegno e contestando l’attrice solo genericamente ‘tutto quanto affermato e dedotto’ dal convenuto . In tesi, le contestazioni rese nelle prime memorie difensive delle controparti mancherebbero del requisito di analiticità richiesto dalla giurisprudenza (Cass. n. 31837/2021), circostanza che avrebbe dovuto impedire al giudice dell’appello di prendere in considerazione anche le allegazioni del COGNOME rese in altro giudizio, ma non oggetto di specifica allegazione nel presente giudizio, oltretutto raccolte attraverso la sintesi dei fatti per come ricostruiti nella relativa sentenza intervenuta tra le parti.
3. Il motivo è inammissibile.
Esso non si correla alla motivazione enunciata dalla corte territoriale che, in aggiunta al rilievo che le contestazioni delle allegazioni del COGNOME erano state fatte dall’attrice e dal terzo chiamato, ha ritenuto indimostrate, oltre che già incomplete, le allegazioni del convenuto qui ricorrente in tema di usura quanto al suo profilo soggettivo, e così anche di imposto rilascio di un assegno nonostante l’iniziale promessa di un prestito senza interessi e senza garanzia.
Trattasi pertanto di valutazioni in fatto sulle insufficienti allegazioni offerte nel giudizio di merito dal convenuto, qui ricorrente, in sé già sufficienti per sorreggere la motivazione di rigetto dell’appello, oltretutto incensurabili in tale sede e, in ogni caso, non rese oggetto di specifica impugnazione. Del tutto inutile, quindi, si dimostra l’analisi del motivo di censura inerente alla inadeguata contestazione dei fatti da parte dell’attrice e del terzo chiamato. Qualora la decisione di merito si fondi su di una
pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa Cass. Sezioni Unite, n . 7931 del 2013; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16314 del 18/06/2019).
La spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 4 .300, 00, di cui € 4.100,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 29/02/2024