SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4843 2025 – N. R.G. 00007784 2018 DEPOSITO MINUTA 21 08 2025 PUBBLICAZIONE 21 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dai magistrati:
COGNOME Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME CONSIGLIERE COGNOME Dott. NOME COGNOME rel. riunita nella camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello, iscritta al n. 7784 R.G. degli affari contenziosi del 2018, trattenuta in decisione all’udienza del 15.10.2024, svoltasi secondo le modalità di cui all’art.127 ter c.p.c.
TRA
(C.F.
), nato a Bronte
C.F.
l’11.7.1980 e residente a Randazzo in INDIRIZZO titolare del Ristorante ‘RAGIONE_SOCIALE‘, corrente in Randazzo INDIRIZZO, rappresentato e difeso, giusta procura rilasciata ex art. 83 c.p.c. ed allegata alla busta di deposito dell’atto di comparsa di costituzione di nuovo procuratore, dall’Avv. NOME COGNOME (c.f. – p.e.c. C.F.
–
fax NUMERO_TELEFONO, presso il cui studio in Catania, INDIRIZZO elegge domicilio
APPELLANTE
E
con sede in Roma, INDIRIZZO Codice Fiscale e numero di iscrizione al registro delle Imprese di Roma , che agisce a mezzo del procuratore speciale in persona del legale rappresentante pro tempore Amministratore Delegato, Dott con sede legale in Roma, INDIRIZZO INDIRIZZO
Codice Fiscale, Numero di iscrizione nel Registro Imprese di Roma e Partita IVA: , iscritta presso la C.C.I.A.A. di Roma al n. REA NUMERO_DOCUMENTO, giusta procura speciale per atto Notaio di Roma del 29 Marzo 2016 (Rep. 52069 -Racc. 25879)), rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME C.F.: ed elettivamente domiciliata, presso lo studio di quest’ultimo in Roma, c.a.p. 00193, INDIRIZZO giusta delega in calce al ricorso monitorio, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni ai seguenti recapiti PEC: e fax NUMERO_TELEFONO P. C.F.
APPELLATA
E
con sede legale in Milano, INDIRIZZO, C.F. -P. I.V.A. e iscrizione al Registro delle Imprese di Milano n. , iscritta nell’elenco delle Società RAGIONE_SOCIALE Banca d’Italia al n. 35700.4, in persona dell’Amministratore unico Dott. , e per essa, quale mandataria, con sede in Roma, INDIRIZZO iscritta presso il competente registro delle imprese con numero di iscrizione e C. F. n. , in persona del suo legale rappresentante pro tempore, giusta procura speciale per atto Notaio Dr. di Milano, rilasciata in data 28.01.2021, Rep. n. 60983, Racc. n. 29418, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, del foro di Torre Annunziata (C.F. ), ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO giusta procura in calce al l’atto di comparsa di costituzione per cessione di credito ex art.111 c.p.c. (doc.i), la quale dichiara di voler ricevere le notifiche di atti e le comunicazioni di cancelleria all’indirizzo di posta elettronica certificata P. P. C.F.
ovvero al fax n. NUMERO_TELEFONO
INTERVENIENTE EX ART. 111 CPC
OGGETTO: Somministrazione – Appello avverso la sentenza del
Tribunale di Roma n. 10680/2018, pubblicata in data 24.05.2018.
CONCLUSIONI: All’udienza del 15.10.2024 le parti hanno precisato le conclusioni come da note di trattazione scritta
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza di cui in epigrafe il Tribunale di Roma così provvedeva:
Revoca il decreto ingiuntivo n. 28018/2016 e condanna a pagare ad la somma di € 15.505,53 oltre interessi al tasso di cui al D.Lgs.n.231/2002, decorrenti sull’importo delle fatture insolute dalle rispettive date di scadenza, ed a rifondere alla stessa le spese processuali che liquida in € 1 .400,00 per compenso, oltre i.v.a, c.a. e spese generali ex art.2 D.M.n.55/14.
Per quanto riguarda lo svolgimento del giudizio di primo grado si rimanda al contenuto della sentenza impugnata ed agli atti processuali delle parti.
Con atto di citazione ritualmente notificato l’ appellante ha impugnato la sentenza di cui in epigrafe, rassegnando le seguenti conclusioni:
Voglia L’On.le Cor t e d’Appello adita, contrariis reiectis , rigettata ogni contraria istanza, eccezione e difesa, preliminarmente sospesa la esecutività della sentenza n. 10680/2018, emessa dal Tribunale di Roma – SEZ. Decima -Giudice Dott.ssa NOME COGNOMEin data 24.05.2018, depositata in cancelleria in pari data sussistendo i requisiti del fumus boni iuris e periculum in mora richiesti dall’art. 283 c.p.c., in accoglimento del superiore appello ed in riforma della sentenza impugnata:
– Accogliere il primo motivo di appello come sopra proposto e riformare l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto provato il presunto credito portato dalle fatture doc. 2 -3 – 4 emesse da in assenza di prova circa l’effettività dei consumi e d alla luce delle spiegate e documentate contestazioni del e per l’effetto ritenere fondata la proposta opposizione e ritenere e dichiarare che nulla è dovuto dal
ad a nessun titolo;
Accogliere il secondo motivo di appello come sopra proposto e riformare l’impugnata sentenza nella parte in cui il giudice di prime cure ha omesso di valutare le precise e motivate contestazioni dell’opponente documentate con la produzione doc. 4 – 15 memorie 183 II termine e nella parte in cui non ha ammesso la prova per testi richiesta con la predetta memoria;
Accogliere il terzo motivo di appello e ritenere ammissibile e tempestiva per tutte le suesposte ragioni l ‘ eccezione proposta e dichiarare prescritto il credito dell’ di cui alle fatture doc. 2 -3 – 4 prodotte con la comparsa di costituzione dall per complessivi € 15.505,53;
In via subordinata, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento dei primi tre motivi di appello, ritenere e dichiarare che gli interessi moratori sulla sorte capitale decorrono dal 10.07.2017, per tutti i suesposti motivi;
C ondannare l’appellata al pagamento delle spese e compensi difensivi del giudizio di opposizione di primo grado e del presente giudizio.
In via istruttoria: per mero tuziorismo difensivo, pur consapevoli che l’onere della prova incombe sulla opposta in ordine ai presunti consumi conguagliati e pretesi con l’opposto al fine di dimostrare che il locale del ristorante la COGNOME dalla gestione del Sig. non ha subito cambiamento del piano energetico, si reitera anche in questa sede la richiesta di essere ammessi alla prova per testi con il teste
residente in Randazzo, sulla seguente circostanza: ‘ vero o no che dal maggio 2007 ad oggi l’impianto elettrico ed il piano energetico del Ristorante la Bifora sito in Randazzo è rimasto immutato’ ; ci si oppone alla richiesta avanzata dall’opposta ex art. 210 c.p.c. per i suesposti motivi.
Si costituiva per rassegnare le seguenti conclusioni:
Voglia l’Ill.ma Corte di App e llo rigettare l’impugnazione proposta e confermare la decisione del Tribunale di Roma, con condanna alle spese di lite.
Con ordinanza in data 9. 4. 2019 veniva sospesa l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.
In data 02.01.2024 il presente procedimento veniva assegnato all’odierno relatore.
All’udienza del 15.10.2024 la causa veniva trattenuta in decisione assegnando alle parti il termine di giorni 60 per il deposito delle comparse conclusionali e di 20 giorni per il deposito delle memorie di replica.
L’appello è infondato e deve essere respinto .
L’appellante ha dedotto quattro motivi di gravame.
Con il primo è stata lamentata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto nella pronuncia di primo grado -violazione dell’art. 2697 c.c. per aver il T ribunale violato le regole di riparto dell’onere della prova, erroneamente ritenendo assolto quello della società distributrice opposta sulla scorta della produzione di fatture con t estate.
Secondo l’appellante il Tribunale avrebbe errato nell’ accogliere la domanda dell’opposta ritenendo provati i consumi riportati nelle bollette (atto unilaterale di natura meramente contabile) in assenza di prova da parte dell’opposta dei dati comunicati dal distributore e presuntivamente registrati dal contatore.
Per pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale l’efficacia probatoria della fattura non potrebbe estendersi alla veridicità delle dichiarazioni in essa contenute, poiché non costituirebbe prova del fatto costitutivo del credito; infatti, pur potendo una fattura legittimare l’emissione di un decreto ingiuntivo, nel successivo giudizio di opposizione non basterebbe da sola a provare l’esistenza del credito , dovendo il somministrante fornire ulteriori prove per integrare la documentazione
presentata nella fase monitoria.
Analogamente, l’obbligo del gestore di addebitare i consumi sulla base dei dati del contatore centrale non dovrebbe tradursi in un privilegio probatorio assoluto a suo favore, rendendo la bolletta non contestabile, potendo l ‘utente contestare i dati ed il gestore sarebbe tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore e la corrispondenza tra i consumi effettivi e quelli riportati in bolletta (v. Cass. n. 23699/2016).
La bolletta, quindi, potrebbe considerarsi idonea a dimostrare i consumi solo in caso di mancata contestazione; ed ove vi fosse contestazione il gestore dovrebbe provare la quantità di energia effettivamente somministrata, il corretto funzionamento del contatore e l’allineamento dei dati di consumo, e produrre anche le fatture del distributore.
Nel caso concreto, avrebbe prodotto solo le fatture, contestate dall’opponente in relazione a d un conguaglio considerato eccessivo, ed a tale contestazione non sarebbe seguita alcuna prova ulteriore circa le letture del contatore, né sono state prodotte le fatture del distributore; quindi, non avrebbe fornito la prova del presunto consumo e non avrebbe dimostrato il fatto costitutivo del proprio credito.
Conseguentemente, l’opposizione avrebbe dovuto essere accolta integralmente, e si sarebbe dovuto riconoscere che il non era debitore nei confronti di per il periodo (febbraio 2008 -agosto 2010) oggetto di conguaglio.
Con il secondo motivo è stata lamentata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , l’ omessa valutazione delle risultanze di causa relative alla prova documentale costituita dalla documentazione docc. 4 – 15 prodotta dall’opponente con le memorie 183 , II termine, c. p. c., e la mancata ammissione della prova testimoniale.
Il Tribunale a vrebbe errato nell’accogliere la domanda dell’opposta ritenendo provati i consumi riportati nelle bollette (atto
unilaterale di natura meramente contabile) in presenza di ‘specifiche e motivate contestazioni’ dell’opponente supportate da idonea prova documentale in ordine all’erroneità delle fatture il cui esame è stato completamente omesso dal Tribunale.
Da ll’esame dettagliato delle fatture n. 0000002316803078 dell’11.06.2012 di € 4.870,16 ( v. doc. 2 produzione controparte periodo febbraio – dicembre 2008), n. 0000002316803081 dell’11.06.2012 di € 6.255,8 (v. doc. 3 produzione controparte periodo gennaio dicembre 2009), n.0000002316803091 dell’11.06.2012 di € 4.379,57 ( v. doc. 4 produzione controparte periodo gennaio-agosto 2010) si sarebbe dovuto rilevare che le somme richieste da , riferite al periodo febbraio 2008 -agosto 2010, erano frutto di conguagli e rettifiche non definitivi, essendo espressamente indicate come ‘acconto salvo conguaglio’.
Tali addebiti, se effettivamente fondati su consumi reali registrati dal contatore, avrebbero dovuto essere accompagnati dalla documentazione tecnica comprovante le rilevazioni effettuate; ed in mancanza di tali prove da parte di si sarebbe dovuto ritenere che le rettifiche si basavano su dati presunti e non su letture effettive; se si fosse trattato, realmente, di consumi effettivi, sarebbe stato altamente improbabile che ogni mese del periodo in questione il ristorante avesse sostenuto esattamente lo stesso quantitativo di consumo, dal momento che un esercizio di ristorazione, per sua natura, presenterebbe variazioni stagionali e mensili nei consumi energetici. Tale uniformità apparente avrebbe dovuto suggerire che aveva effettuato calcoli di conguaglio basati su stime piuttosto che su dati rilevati, come del resto indicato nelle stesse fatture. L’appellante avrebbe dimostrato, attraverso la memoria ex art.183, comma 6, II termine, che i consumi pretesi da erano sproporzionati rispetto alla media storica del ristorante ‘la Bifora’, e non erano mai stati richiesti né prima né dopo da alcun altro gestore susseguitosi nel tempo (Sorgenia,
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Eni) inclusa la stessa successivi.
Ove il Tribunale avesse esaminato attentamente la documentazione prodotta, avrebbe potuto constatare che il aveva contestato le fatture, dimostrando l’infondatezza della richiesta con bollette di altri fornitori ed un riepilogo analitico dei consumi e dei ricavi della trattoria; ed ove si fosse considerato che i costi energetici annui effettivi si aggiravano intorno ai 5.000,00 €, negli anni successivi, a fronte di ricavi in progressiva crescita, si sarebbe potuto concludere che i conguagli richiesti solo per il periodo 2008 -2010, pari a circa 9.500,00 euro l’anno, erano del tutto anomali ed incompatibili con la gestione economica dell’attività.
Infatti, sarebbe emerso che negli anni in cui i redditi dichiarati aumentavano fino ad arrivare anche a 60.000,00 euro, i costi energetici erano rimasti costanti, smentendo qualsiasi ipotesi di sottostima o crescita esponenziale dei consumi nel biennio oggetto di contestazione.
Ed ove il Tribunale avesse ammesso anche la prova testimoniale richiesta da , avrebbe potuto acquisire ulteriori elementi per verificare la regolarità dei consumi e la costanza dell’impianto energetico dell’esercizio ; invece, tale prova sarebbe stata ingiustamente esclusa, privando la parte opponente della possibilità di completare la propria difesa.
Il Tribunale, aderendo ad un ragionamento presuntivo e ritenendo le fatture di valide per il solo fatto di essere basate su presunti dati comunicati dal distributore, avrebbe finito per attribuire loro un valore probatorio privilegiato, in contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo cui le bollette sono atti unilaterali di natura meramente contabile, e dunque sempre contestabili.
Se il Tribunale avesse correttamente applicato tali principi avrebbe dovuto esigere da la prova dell’effettiva lettura del contatore e della corrispondenza tra i dati riportati in bolletta e quelli registrati dal
distributore, mentre non avrebbe dimostrato in alcun modo di aver ottenuto tali dati, né tantomeno di averli effettivamente richiesti nei termini di legge.
La lettera che sarebbe stata inviata al distributore non risulterebbe supportata da alcuna prova di invio, e non sarebbe idonea a sanare il difetto probatorio; in tale contesto, l’opposizione avrebbe dovuto essere ac colta integralmente poiché la documentazione prodotta dimostrerebbe l’assoluta infondatezza della pretesa creditoria avanzata da con le tre fatture.
Il primo ed il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente essendo strettamente connessi, sono infondati e devono essere respinti.
Secondo la Suprema Corte, ‘ in tema di somministrazione con registrazione del consumo mediante l’impiego di apparecchiature meccaniche o elettroniche, in forza del principio di vicinanza della prova, spetta all’utente contestare il malfunzionamento del contatore -richiedendone la verifica – e dimostrare l’entità dei consumi effettuati nel periodo (avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato in precedenti bollette e corrispondente agli ordinari impieghi del bene somministrato); incombe, invece, sul gestore l’onere di provare che lo strumento di misurazione era regolarmente funzionante e, in questo caso, l’utente è tenuto a dimostrare che l’eccessività dei consumi è imputabile a terzi e, altresì, che l’impiego abusivo non è stato agevolato da sue condotte negligenti nell’adozione di misure di controllo idonee ad impedire altrui condotte illecite (da ultimo v. Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 297 del 09/01/2020). In sostanza, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l’onere di provare che il
contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi (Sez. 3, Ordinanza n. 19154 del 19/07/2018, Rv. 649731-02; Sez. 6-3, Ordinanza n. 30290 del 15/12/2017, Rv. 646832-01; Sez. 3, Sentenza n. 23699 del 22/11/2016, Rv. 642982-01). Né ovviamente può sostenersi che la contestazione circa il difetto di funzionamento andava fatta nei confronti della società proprietaria del contatore (RAGIONE_SOCIALE, del tutto estranea al rapporto di somministrazione, e senza tener conto che il contatore, di chiunque sia la proprietà, è utilizzato dal somministrante per la rilevazione dei consumi ‘ (Cass. 16 novembre 2021, n. 34701). Nel caso di specie l ‘appellante ha sostenuto che la sola produzione delle fatture non sarebbe stata sufficiente a fondare la pretesa creditoria in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, specialmente in presenza di contestazioni relative al consumo addebitato, richiamando la giurisprudenza (Cass. n. 23699/2016) secondo cui, in caso di contestazione da parte dell’utente, il gestore sarebbe onerato della prova del corretto funzionamento del contatore, della corrispondenza tra consumi addebitati e consumi effettivi, nonché delle letture del distributore.
La Corte osserva che tali principi sono corretti in linea astratta, ma nel caso concreto non possono trovare applicazione per le seguenti ragioni: le fatture prodotte da sebbene siano un atto unilaterale, rappresentano una documentazione contabile emessa sulla base dei dati trasmessi dal distributore, e contengono specifiche indicazioni di consumo e di dettaglio tecnico; in assenza di contestazioni specifiche, dettagliate e tempestive, esse conservano un’efficacia probatoria almeno presuntiva, sufficiente a fondare la decisione, come affermato da consolidata
giurisprudenza.
Nel presente giudizio il ha contestato in maniera generica la veridicità delle fatture, sostenendo che i consumi indicati sarebbero sproporzionati rispetto alla media storica ed ai ricavi dell’attività , ma tali contestazioni, ad avviso della Corte, non sono accompagnate da prove tecniche o documenti idonei a dimostrare l’erroneità dei dati indicati in bolletta, né risultano fondate su rilievi di misurazioni autonome, verifiche del contatore o reclami precedentemente inoltrati.
Ne consegue che a fronte di tali generiche contestazioni non può ritenersi che la società fosse onerata della produzione delle letture del contatore o delle bollette del distributore, atteso che non è stato in alcun modo dedotto o provato che i dati riportati in bolletta non fossero quelli comunicati secondo la procedura regolamentare vigente. Inoltre, l’invocata giurisprudenza di legittimità non esclude che le fatture costituiscano prova idonea in mancanza di prova contraria, e ribadisce semmai che la loro efficacia venga meno solo in presenza di specifiche e circostanziate contestazioni dell’utente, accompagnate da richiesta di prova tecnica contraria, che nella fattispecie non risulta essere mai stata formulata in modo conforme.
Alla luce delle considerazioni che precedono la Corte ritiene che abbia assolto all’onere della prova su di essa gravante circa l’esistenza del suo credito e che l’appellante non abbia offerto una prova sufficiente a smentire i dati riportati in fattura. In particolare, rispetto alla contestazione dei conguagli relativi al periodo febbraio 2008 -agosto 2010, l’appellante ha sostenuto che le fatture poste a fondamento del decreto ingiuntivo si sarebbero fondate su stime di consumo e non su dati effettivi rilevati dal contatore, come indicato dalle diciture ‘acconto salvo conguaglio’, e che la richiesta di pagamento era sproporzionata ed incongrua in relazione ai ricavi del ristorante la Bifora gestita dal .
Sul punto la Corte osserva che le fatture prodotte da , pur qualificabili quali atti unilaterali, devono ritenersi dotate di idoneità probatoria perché fondate su dati comunicati dal distributore locale, come previsto dalla normativa vigente in materia. L ‘onere di contestazione, in questi casi, grava sull’utente, che deve fornire prove specifiche dell’erroneità della fatturazione, laddove l’appellante si è limitato a produrre prospetti di costi medi, bollette di altri fornitori e documentazione fiscale riguardante i ricavi dell’attività ; tali elementi, anche se utili a dimostrare una certa continuità nell’andamento dei consumi non sono idonei a dimostrare in modo specifico e puntuale che i dati riportati nelle fatture impugnate erano errati o difformi da quelli effettivamente rilevati.
La documentazione offerta, peraltro, non consente di escludere che il fornitore abbia legittimamente operato i conguagli sulla base di precedenti acconti sottostimati e la mancata produzione, da parte della società fornitrice, di ulteriori documenti tecnici interni non esonerava l’utente dall’onere di allegare e provare l’errore, né p oteva giustificare l’accoglimento dell’opposizione in assenza di elementi oggettivi contrari. Inoltre, come già rilevato dal giudice di prime cure, l’appellante non ha fornito alcuna prova della non corrispondenza tra i consumi fatturati e quelli rilevati, né ha dimostrato che il contatore fosse malfunzionante.
Circa la mancata ammissione della prova per testi richiesta dal , deve rilevarsi che la stessa è stata legittimamente esclusa, trattandosi di capitoli generici, privi di specifica incidenza sul fatto decisivo della controversia.
Inoltre, l a costanza del piano energetico e l’assenza di modifiche strutturali del ristorante non sono di per sé sufficienti a dimostrare che i consumi effettivi fossero inferiori a quelli indicati nelle fatture.
Alla stregua di quanto sinora esposto il primo ed il secondo motivo di gravame devono ritenersi infondati e devono essere respinti.
Con il terzo motivo l’appellante ha lamentato la violazione dell’art. 182 c. p. c. in relazione all’ omessa rilevazione, ex officio, della regolare costituzione telematica dell’oppost a che avrebbe impedito all’opponente di avere conoscenza del processo; la violazione dell’art. 294 c.p.c. i n relazione alla mancata applicazione dell’istituto di remissione in termini e d all’omesso esame dell’eccezione di prescrizione; la violazione dell’art. 2948, n. 4 c. c.; l’ omesso accoglimento dell’eccezione di prescrizione.
Il Tribunale avrebbe errato nel r igettare l’eccezione di prescrizione ritenendola tardiva ed inammissibile, mentre la stessa sarebbe stata tempestivamente sollevata nel primo scritto difensivo successivo alla presa visione della costituzione dell’opposto, considerando che la costituzione dell’oppost a era stata resa visibile nel portale telematico in ora successiva alla celebrazione della prima udienza di comparizione.
Alla data dell’udienza, tenutasi alle ore 11:00, la costituzione telematica della convenuta non sarebbe stata ancora visibile nel fascicolo informatico, avendo la cancelleria provveduto allo scarico dell’atto s olo alle ore 11:25.
Sulla base di tali premesse non si sarebbe potuto ritenere perfezionato il deposito della comparsa di costituzione, che, secondo la normativa vigente, dovrebbe contenere anche il fascicolo di parte completo di citazione notificata, procura alle liti e documenti allegati. Tale ritardo avrebbe determinato per il l’impossibilità di esaminare la documentazione prodotta da Enel Energia s. p. a., in particolare le fatture relative ai presunti consumi degli anni 2008 -2010, e la mancata disponibilità di tali documenti al momento dell’udienza avrebbe compromesso in modo grave il diritto di difesa dell’opponente, che non avrebbe potuto sollevare tempestivamente l’eccezione di prescrizione, fondata proprio sull’analisi delle fatture prodotte tardivamente.
Il giudice di primo grado, rigettando l’eccezione di prescrizione
sollevata dal in sede di memoria ex art. 183, VI comma, n.1 c.p.c., ha ritenuto che tale eccezione fosse tardiva perché non proposta entro l’udienza di prima comparizione , e ben potendo l’opponente chiedere un differimento della trattazione per poter esaminare la documentazione prodotta dall’opposta e formulare le proprie difese.
Il Tribunale, però, avrebbe dovuto esercitare i propri poteri officiosi ai sensi degli artt. 175 e 182 c.p.c., verificando la regolarità della costituzione della convenuta e disponendo un rinvio d’ufficio dell’udienza, soprattutto in considerazione del fatto che, all’orario fissato, la costituzione non risultava ancora perfezionata nel portale telematico; ciò avrebbe consentito al di visionare le fatture prima di dover formalizzare le proprie eccezioni.
Se il giudice di primo grado avesse depositato tale rinvio od avesse sollecitato il completamento del fascicolo, il diritto di difesa dell’opponente non sarebbe stato pregiudicato, e l’eccezione di prescrizione avrebbe potuto essere tempestivamente proposta alla prima difesa utile; inoltre, il fatto che la comparsa del convenuto contenesse documenti determinati (fatture) la cui conoscenza è avvenuta solo dopo l’udienza, avrebbe giustificato una deroga al termine ordinario per sollevare eccezioni non rilevabili d’ufficio.
Nel merito, l’eccezione di prescrizione sarebbe stata pienamente fondata, dal momento che le fatture, emesse l ‘11.06.2012, oggetto del giudizio, si riferirebbero a conguagli relativi a consumi avvenuti tra il febbraio del 2008 e l’ agosto del 2010.
Parte appellata ha sostenuto che le fatture coprivano anche gli anni successivi, ma la loro analisi concreta dimostrerebbe che i conguagli riguarderebbero solo quel periodo, e quindi il termine di prescrizione quinquennale sarebbe decorso già da tempo, considerato che la richiesta di pagamento si sarebbe perfezionata solo nel maggio 2017, all’atto del deposito della comparsa di costituzione, posto che ai fini della decorrenza
del termine prescrizionale si dovrebbe fare riferimento al periodo a cui si riferiscono i consumi contestati, e non alla data di emissione delle fatture, soprattutto ove queste non fossero mai state comunicate all’opponente in modo da interrompere la prescrizione ai sensi dell’art.2943, comma 4 c. c.
Alla luce di tali ragioni l’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere ritenuta ammissibile e tempestiva, essendo stata formulata non appena il aveva avuto la concreta possibilità di visionare la documentazione, ed avrebbe dovuto essere accolta nel merito, data la mancanza di atti interruttivi e l’ampio decorso del termine di cinque anni.
Il terzo motivo è infondato e deve essere respinto.
La Corte osserva che rispetto alla pretesa tardiva costituzione della convenuta ed alla violazione del diritto di difesa, deve rilevarsi che nel processo civile telematico il deposito della comparsa di risposta si perfeziona con l’invio telematico entro il termine di legge, che nel caso di specie è avvenuto regolarmente, non incidendo l ‘eventuale ritardo nello scarico da parte della cancelleria sulla regolarità formale della costituzione della parte convenuta, né potendo invalidarne gli effetti processuali.
Quanto alla mancata conoscenza della documentazione prodotta, l’ appellante, che ha sostenuto di essere stato danneggiato nell ‘esercizio della propria attività difensiva, avrebbe potuto e dovuto chiedere un differimento dell’udienza, secondo quanto previsto dall’ordinamento proce ssuale; tale onere incombe sulla parte che voglia avvalersi del differimento per l’esame degli atti depositati dalla controparte.
Nel caso di specie, non risulta che l’appellante abbia tempestivamente richiesto alcun rinvio, essendosi limitato a proporre l’eccezione di prescrizione solo nella prima memoria ex art. 183, comma 6, n.1 c.p.c., e ciò comporta la tardività dell’eccezione proposta , ai sensi dell’art. 183, comma 5, c.p.c., che richiede che tutte le eccezioni non rilevabili d’ufficio siano sollevate entro l’udienza di prima comparizione.
Peraltro, anche nel merito l’eccezione di prescrizione è infondata, dal momento che l’ appellante ha sostenuto che la prescrizione del credito sarebbe ampiamente maturata perché i consumi contestati si riferivano ad un periodo ricompreso tra il febbraio 2008 e l’ agosto del 2010, e che le relative fatture sarebbero state conosciute solo con il deposito della comparsa di costituzione nel 2017; infatti, dall ‘esame dell a documentazione in atti emerge che le fatture in questione erano state emesse nel giugno 2012, quindi entro il termine prescrizionale di cinque anni da ll’ultimo consumo contestato.
Inoltre, l’eventuale mancata comunicazione delle fatture da parte del creditore non esclude la conoscibilità dell’obbligazione da parte del debitore, soprattutto ove trattasi di contratti continuativi o ad esecuzione periodica, nei quali l’obbligazione sorge con la fornitura del servizio, e quindi l’ eccezione di prescrizione sollevata nella memoria 183, primo termine, oltre che inammissibile per tardività è anche infondata nel merito.
Alla stregua di quanto sinora esposto il terzo motivo di gravame deve ritenersi infondato e deve essere respinto.
Con il quarto motivo l’appellante ha lamentato la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, ed in particolare la violazione dell’art. 4 dlg. 231/2002 per aver il Tribunale riconosciuto la decorrenza degli interessi moratori sull’importo delle fatture insolute dalle rispettive date di scadenza, nonostante le fatture fossero state comunicate al solo in data 10. 05. 2017, data della costituzione in giudizio dell’opposta.
L’appellante, per il caso di mancato accoglimento dei primi tre motivi di appello ha sostenuto che il Tribunale a vrebbe errato nell’ accogliere la domanda dell’opposta relativa agli interessi di mora decorrenti sull’importo delle fatture insolute dalle rispettive date di scadenza, dal momento che l’opposta – odierna appellata avrebbe dovuto fornire la
prova di aver trasmesso alla data di emissione delle fatture al la relativa richiesta di pagamento.
Il non avrebbe potuto pagare le fatture alle rispettive scadenze (11.06.2012) perché ne ignorava l’esistenza , e se avesse voluto pretenderne il pagamento avrebbe dovuto trasmetterle tempestivamente, cosa non avvenuta nei cinque anni precedenti alla costituzione in giudizio.
Il sarebbe stato ignaro del proprio presunto debito e non avrebbe potuto adempiere, mentre avrebbe prodotto le fatture solo con la costituzione in giudizio, e gli interessi di mora, se dovuti, dovrebbero decorrere soltanto da quella data. L’art . 4 del dlg. 231/2002 presuppone che il debitore sia almeno messo a conoscenza della fattura, condizione che qui non si sarebbe verificata; e se avesse comunicato le fatture per tempo, l’appellante avrebbe potuto evitare l’accumulo di interessi moratori, che avrebbe ro superato i 5.000,00 euro tra il 2012 ed il 2017.
Tale comportamento, oltre ad essere contrario ai principi di correttezza contrattuale, avrebbe gravemente leso i diritti del , costringendolo a risarcire un ritardo di pagamento non conosciuto; se il Tribunale avesse tenuto conto di questi elementi non avrebbe dovuto riconoscere ad il diritto agli interessi di mora dalla scadenza originaria delle fatture, ma solo dal 10 luglio 2017, ovvero da quando le fatture erano state effettivamente comunicate al .
Il quarto motivo è infondato e deve essere respinto.
La Corte osserva che il Tribunale ha correttamente ritenuto che ai sensi dell’art. 4 del dlg.231/2002, gli interessi moratori decorrono di diritto dalla data di scadenza indicata nella fattura o comunque determinata in base al contratto od alle disposizioni di legge, senza necessità di costituzione in mora.
Tale norma, introdotta per tutelare la certezza dei rapporti commerciali, presume che l’obbligazione sia conoscibile dal debitore all’atto della scadenza, salvo prova contraria che, nel caso di specie, non è stata fornita.
Infatti, parte appellante non ha in alcun modo dimostrato l’assoluta impossibilità di ricevere o conoscere le fatture, né risulta che lo stesso abbia mai contestato la prestazione cui esse si riferivano; inoltre, la mancata trasmissione delle fatture non esonera l’obbligato dal pagamento degli interessi moratori, i quali decorrono ex lege, una volta verificato il ritardo, con la conseguenza che deve ritenersi corretta la ritenuta decorrenza degli interessi moratori dalle date di scadenza originariamente previste nelle singole fatture.
Alla stregua di quanto sinora esposto il quarto motivo di gravame deve ritenersi infondato e deve essere respinto.
Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello proposto deve ritenersi infondato e deve essere respinto.
Per effetto del rigetto dell’appello devono essere respinte le istanze istruttorie proposte. Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, a norma delle tabelle forensi in vigore, tenuto conto della natura dell’affare e dell’attività professionale prestata.
Atteso quanto previsto dall’art.13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, quale introdotto dall’art.1, comma 17, legge 24 dicembre 2012 n. 228, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte de ll’appellante, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 10680/2018, pubblicata in data 24.05.2018, così
provvede:
Respinge l’appello proposto e conferma la sentenza impugnata;
Condanna l’appellante a rifondere in favore delle parti appellate in solido ex latere creditorum le spese del presente grado di giudizio, liquidate d ‘ ufficio in € 4.500,00 oltre al rimborso forfettario delle spese ed agli oneri accessori legali, compresi quelli fiscali;
Dà atto della sussistenza dei presupposti richiesti dall’art.13, comma 1 quater, primo periodo, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 agosto 2025
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente Dott. NOME COGNOME
Dott. NOME COGNOME