Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7417 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7417 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12421 R.G. anno 2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
ricorrente principale
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliat a presso l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME; controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 338/2020 depositata il 23 gennaio 2020 della Corte di appello di Bologna.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza del 24 maggio 2017 il Tribunale di Rimini, in accoglimento della domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato la nullità del derivato denominato IRS RAGIONE_SOCIALE concluso dall’attrice con RAGIONE_SOCIALE Antonveneta s.p.a., poi incorporata in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a.: e ciò in quanto il relativo contratto risultava essere stato concluso in mancanza di contratto quadro; per l’effetto ha condannato la convenuta al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di euro 512.611,20, importo che ha riconosciuto indebitamente riscosso dalla banca in esecuzione del contratto e che è stato maggiorato degli interessi legali. Il detto Tribunale ha invece respinto la domanda di condanna della banca alla restituzione delle commissioni implicite percepite in forza di altri quattro contratti derivati.
2. La Corte di appello di Bologna, pronunciando sulle impugnazioni proposte da entrambe le parti, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rigettando la domanda di nullità del derivato IRS RAGIONE_SOCIALE con riferimento al profilo sopra indicato (la divisata assenza di un anteriore contratto quadro di investimento); ha comunque condannato la banca al pagamento della somma di euro 508.513,75, oltre interessi legali dalla data di sottoscrizione e risoluzione dei contratti di swap .
In estrema sintesi, e per quanto qui ancora interessa, la Corte distrettuale ha anzitutto giudicato non vero che il contratto IRS del 2008 fosse stato concluso prima della stipulazione del contratto quadro di investimento del 6 ottobre 2008 e ne ha escluso, pertanto, la nullità: nullità che, comunque, andava a suo avviso negata in quanto il mancato adeguamento dei contratti di borsa pendenti alla data del 30 giugno 2008 non produceva l’effetto della nullità sopravvenuta dei singoli negozi conclusi prima dell’aggiornamento. Ha rilevato che non si ravvisava un vizio della consulenza tecnica d’ufficio per l’utilizzo, da parte dell’ausiliario , di documenti non prodotti in causa, visto che il
giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti, ma anche quello di accertare i fatti stessi, essendo in tal caso sufficiente che la parte deduca il fatto posto a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga l’accertamento suscettibile di essere espletato sulla base di specifiche cognizioni tecniche. Con riguardo alla domanda di condanna della banca al pagamento delle commissioni implicite, il Giudice distrettuale dopo aver ribadito che lo swap del 2008 non era nullo e aver precisato che i quattro contratti conclusi in precedenza erano ricompresi nel thema decidendum , ha spiegato: che dall’esperita consulenza tecnica era emerso che la banca, al momento della conclusione dei cinque contratti, aveva omesso di corrispondere al cliente parte dell’ upfront ; che inoltre l’intermediario non aveva versato all’investitrice, all’atto della risoluzione consensuale dei contratti derivati, parte dell’importo dovuto a titolo di fair value ; che gli importi non corrisposti ammontavano rispettivamente a euro 368.773,24 e a euro 139.440,51; che era onere della banca dimostrare che il mancato versamento aveva un titolo specifico, coincidendo con oneri o commissioni che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto corrispondere; che in assenza di un riscontro in tal senso le somme trattenute dalla banca dovevano essere da questa rimesse all’investitrice.
3. La sentenza della Corte emiliana è impugnata per cassazione da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con tre motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che ha svolto un ‘ impugnazione incidentale articolata in quattro motivi e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo di ricorso principale si denuncia l’o messo esame di un fatto storico che ha formato oggetto di discussione tra le parti e che è decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia. Si lamenta che la Corte di appello si sia limitata a un generico richiamo delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, alle quali si sarebbe
«acriticamente adeguata omettendo di spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione, nonostante le critiche specifiche e circostanziate, ritualmente formulate sia dal consulente di parte che dal difensore nella banca, nemmeno confutate esplicitamente dal c.t.u.».
Col secondo mezzo la ricorrente principale denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente, con violazione dell’obbligo di motivazione previsto dagli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c.. La censura declina sul versante del vizio motivazionale la doglianza sopra richiamata quanto al passivo recepimento, da parte della sentenza impugnata, delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.
Il terzo motivo dell’impugnazione principale oppone la violazione o falsa applicazione degli artt. 194, 195 e 198 c.p.c., 87 e 90 disp. att. c.p.c., nonché la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio e della motivazione e la nullità della consulenza tecnica d’ufficio. Ci si duole dell’acquisizione, da parte del consulente tecnico d’ufficio, di documenti non prodotti in causa; si deduce che l’acquisizione documentale era intervenuta senza previo consenso delle parti «formulando ipotesi ricostruttive sulla scorta di dati mai resi noti e secondo criteri mai esplicitati, in aperta violazione dell’art. 198 c.p.c.».
1.1. ─ I tre motivi attengono all’accertamento quanto al credito maturato da RAGIONE_SOCIALE per l’importo complessivo di euro 508.513,75: credito quantificato attraverso la consulenza tecnica espletata e avente ad oggetto una parte dell’ upfront che avrebbe dovuto corrispondersi al momento della conclusione dei cinque contratti di swap e una parte del fair value – o meglio, del mark to market , quale «costo di sostituzione» dei derivati che avrebbe dovuto versarsi all’atto della risoluzione consensuale dei medesimi negozi.
1.2. ─ Il primo mezzo è inammissibile.
Esso prospetta il vizio di cui all’art. 360, n. 5 , c.p.c., ma non indica
il fatto storico che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare. Del resto, la norma sopra richiamata introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. 18 ottobre 2018, n. 26305; cfr. pure Cass. 6 settembre 2019, n. 22397, per la quale il vizio in questione deve riguardare un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni); poiché la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva (Cass. Sez. U. 3 giugno 2013, n. 13902; Cass. 19 gennaio 2022, n. 1614), è escluso che la stessa possa assumere rilievo ai fini che qui interessano (cfr., in tema, la cit. Cass. Cass. 18 ottobre 2018, n. 26305, la quale ha rigettato il motivo di impugnazione con il quale il ricorrente si doleva che il giudice d’appello non avesse tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica di parte, sottolineando come, nonostante il suo contenuto tecnico e a differenza della consulenza tecnica d’ufficio, la consulenza tecnica di parte costituisca una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valoro probatorio).
1.3. ─ Il secondo motivo è nel complesso infondato.
La ricorrente principale ha richiamato il proprio atto di appello per indicare le questioni tecniche, relative all’operato del consulente d’ufficio, di cui era stata investita la Corte di merito.
Sul punto, si fa anzitutto questione de ll’enunciazione, nell’elaborato , delle «modalità di calcolo» dei dati presi in considerazione dall’esperto , di risultati, quanto al mark to market , non supportati dalle «spiegazioni sulle metodologie adottate» e del fatto che i risultati stessi sarebbero «viziati da errori algebrici», oltre che ricavati da elementi sconosciuti alle parti. E’ parola, poi, del doveroso «rispetto della c.d. best execution rule »: ci si duole che il consulente non abbia
risposto alle osservazioni svolte sul punto dal consulente tecnico di parte della banca.
La deduzione è carente di specificità con riguardo al primo aspetto: parte ricorrente non spiega a quale accertamento di riferisse la doglianza relativa alle indicate «modalità di calcolo», onde il motivo è, per questa parte, inammissibile. Pure inammissibile è la censura sulla best execution rule ; la banca non chiarisce i precisi termini con cui la questione venne sottoposta al Giudice di appello e, segnatamente, quale specifica mancanza dell’operato del consulente d’ufficio fu al detto Giudice rappresentata: la trascrizione dell’atto di impugnazione non reca alcuna indicazione al riguardo e restituisce i contorni di una contestazione affatto generica.
Con riferimento al calcolo del mark to market sono svolte deduzioni prive di consistenza. Come si ricava dalla sentenza impugnata, la Corte di appello ha preso posizione sulle obiezioni sollevate in ordine alla detta quantificazione, osservando, in proposito, che le differenti elaborazioni del consulente tecnico di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in tema di mark to market rispondevano a criteri ragionieristici e non di matematica finanziaria, donde la loro infondatezza ai fini del calcolo del fair value dei derivati. Ora, il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. 16 novembre 2022, n. 33742; Cass. 2 febbraio 2015, n. 1815; Cass. 9 gennaio 2009, n. 282; Cass. 3
aprile 2007, n. 8355).
Nella citazione di appello si era lamentato pure che il c.t.u. avesse risposto al quesito impiegando documenti non prodotti dalla parte in causa.
La doglianza è stata presa in considerazione dalla Corte di merito, la quale ha evidenziato come l’ausiliario fosse abilitato a tale attività di acquisizione: non è vero, dunque, che la Corte distrettuale abbia mancato di motivare sul punto.
1.4. ─ Sull’argomento sono peraltro decisive altre considerazioni, da spendersi con riferimento all a ritenuta illegittimità dell’operato del consulente: considerazioni che investono la materia del terzo motivo di ricorso.
Ebbene, la consulenza tecnica in questione aveva natura contabile, onde deve trovare applicazione il principio per cui, in materia di esame contabile, ai sensi dell’art. 198 c.p.c., il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se diretti provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni (Cass. Sez. U. 1 febbraio 2022, n. 3086, cit.; Cass. 24 novembre 2022, n. 34600).
Sotto un diverso riflesso è da osservare che l’acquisizione di documenti in violazione del contraddittorio delle parti è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso (Cass. Sez. U. 1 febbraio 2022, n. 3086 cit.; cfr. pure, in tema di consulenza tecnica contabile, Cass. 21 febbraio 2023, n. 5370). Ora, la ricorrente assume che il consulente tecnico di essa istante aveva sollevato la questione relativa all’ improprio impiego, da parte del c.t.u., di documentazione da questi acquisita (pagg. 32 s. del ricorso), ma non deduce che la relativa
eccezione venne tempestivamente sollevata dal difensore della parte nel termine di cui all’art. 157, comma 2, c.p.c. : si limita a rilevare che la questione fu sollevata con l’appello . Va osservato, in proposito, che la consulenza di parte non esprime una manifestazione di volontà, ma veicola una mera dichiarazione di scienza, sub specie di allegazione difensiva a contenuto tecnico, il che esclude che il c.t.p. -mero ausiliario, sprovvisto dello ius postulandi a tal fine necessario -possa far valere ritualmente l’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio (Cass. 17 novembre 2023, n. 31964). Poiché, dunque, la ricorrente non deduce che il difensore della banca abbia sollevato l’ eccezione prima di farlo con l’atto di appello -in un momento in cui l’in iziativa si sarebbe rivelata tardiva, visto che, oltretutto, in primo grado entrambe le parti avevano rassegnato le conclusioni e depositato comparse conclusionali e memorie di replica, prima che la causa venisse rimessa in istruttoria per l’esperimento d elle prove per interrogatorio formale e per testimoni (pagg. 6 ss. del ricorso) -deve escludersi, sulla base della stessa allegazione della parte, che la questione relativa alla nullità della consulenza tecnica fosse stata eccepita tempestivamente.
1.5. ─ Il ricorso principale è dunque infondato.
2 . ─ Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si deduce che la negoziazione del contratto del 2008 aveva avuto luogo il 3 ottobre di quell’anno, quindi prima della stipula del contratto quadro, occorsa il 6 ottobre 2008 (nel corpo del motivo si fa riferimento al 2007, ma si tratta di un banale errore di trascrizione). La società istante contesta, in particolare, che il modulo datato 2 ottobre 2008 fosse «un mero documento interno alla banca e preliminare alla conclusione del contratto», come aveva ritenuto la Corte di appello.
Col secondo mezzo la ricorrente incidentale denuncia la violazione
e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Deduce che il Giudice distrettuale avrebbe mancato di pronunciarsi sulle domande formulate in primo grado, quanto alla nullità del contratto IRS RAGIONE_SOCIALE del 2008: domande che erano state riproposte in sede di gravame per l’ipotesi in cui fosse stato accolto l’appello di controparte.
Col terzo mezzo del ricorso incidentale si lamenta ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Si deduce che la Corte di appello avrebbe omesso di prendere in considerazione la causa petendi o contestazione «sollevata da RAGIONE_SOCIALE relativa alla conclusione del contratto IRS RAGIONE_SOCIALE attraverso l’intervento esclusivo della RAGIONE_SOCIALE Antonveneta che, in base a quanto previsto alla lett. g) delle premesse dell’accordo normativo, non era dotata di una struttura organizzativa specializzata ed era ravvisabile una fattispecie di conflitto di interessi non rappresentato dalla società».
Col quarto motivo la ricorrente per incidente oppone sempre la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. . La censura investe la statuizione della sentenza impugnata con cui la Corte di appello ha disatteso la domanda avente ad oggetto la corresponsione, in favore della ricorrente, dell’importo di euro 599.193,01, corrispondente all’ammontare dei differenziali pagati da RAGIONE_SOCIALE in esecuzione del solo contratto RAGIONE_SOCIALE dell’ottobre 2008.
2.1. ─ Il primo motivo è inammissibile.
Il vizio denunciat o è quello di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. e la ricorrente incidentale fa questione della mancata considerazione di due elementi.
Il primo è la prova testimoniale assunta all’udienza dell’8 novembre 2016, la quale non integra, all’evidenza, un fatto storico, primario o secondario: compete, del resto, al giudice del merito apprezzare il valore dimostrativo delle risultanze istruttorie in quanto tali. Il secondo è individuato nella datazione della negoziazione, la quale, a detta della società istante, sarebbe intervenuta il 3 ottobre
2007: ma anche tale censura non è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 360, n. 5, risolvendosi in una sterile confutazione del ragionamento della Corte di appello, secondo cui lo swap del 2008 venne concluso solo l’8 ottobre di quell’anno, mediante lo scambio di lettere contenenti proposta ed accettazione.
Il motivo è vieppiù inammissibile, in quanto omette di confrontarsi con un preciso passaggio motivazionale della sentenza impugnata: quello in cui è stato rilevato che, in ogni caso, il mancato adeguamento del contratto quadro non avrebbe comportato la nullità del negozio che qui interessa. E’ , questa, una ratio decidendi che si affianca a quella basata sulla ricostruzione del momento in cui lo swap venne concluso: trova pertanto applicazione la regola per cui qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi , neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (per tutte: Cass. Sez. U. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 18 giugno 2019, n. 16314; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293).
2.2. ─ Col secondo mezzo la ricorrente incidentale fa questione del contratto RAGIONE_SOCIALE dell’ottobre 2008 il quale avrebbe implicato l’applicazion e di costi occulti per euro 127.990,91.
Con tale motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta, in sintesi, che la Corte di appello non abbia pronunciato sull’invalidità del contratto , nonostante la domanda in questione fosse stata riproposta per l’ipotesi in cui fosse stato accolto l’appello principale .
Il motivo appare fondato, avendo riguardo alle conclusioni trascritte nell’epigrafe della sentenza .
2.3. ─ Il terzo motivo è inammissibile.
La ricorrente non spiega come la relativa questione fosse stata veicolata processualmente: non chiarisce a quale domanda di merito
essa inerisse (se relativa alla nullità, all’annullamento, alla risoluzione, o al risarcimento del danno) e non precisa se in sede di gravame fosse stato formulato sul punto appello incidentale o fosse stata piuttosto reiterata ex art. 346 c.p.c. una domanda svolta in primo grado.
2.4. ─ Il quarto motivo resta assorbito.
─ Il ricorso principale va dunque respinto, mentre va accolto il secondo motivo del ricorso incidentale; il quarto motivo del ricorso incidentale resta assorbito, mentre il primo e il terzo vanno dichiarati inammissibili.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bologna che giudicherà in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il quarto e inammissibili il primo e il terzo motivo del detto ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione