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Consulenza tecnica d’ufficio: i limiti del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso dei proprietari di alcuni terreni danneggiati da una frana. La Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione di primo grado, basandosi su una nuova consulenza tecnica d’ufficio (CTU) che escludeva la responsabilità dei vicini, attribuendo la causa della frana a un evento meteorologico eccezionale e a una condotta idrica di terzi. La Cassazione ha stabilito che il giudice di merito può legittimamente aderire alle conclusioni di una seconda CTU, anche se in contrasto con la prima, senza incorrere in un vizio di motivazione. Inoltre, ha chiarito che il consulente tecnico, per negare il nesso di causa sostenuto dall’attore, può individuare cause alternative non allegate dalle parti senza violare il principio dispositivo.

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Consulenza Tecnica d’Ufficio: Quando il Giudice Può Scegliere la Seconda Perizia?

Nel corso di un procedimento giudiziario, non è raro che vengano disposte più consulenze tecniche d’ufficio (CTU), specialmente tra il primo e il secondo grado di giudizio. Cosa accade, però, se queste perizie giungono a conclusioni diametralmente opposte? Il giudice d’appello può semplicemente scegliere di seguire la seconda perizia, ignorando la prima, senza fornire una spiegazione dettagliata? A questa domanda cruciale ha risposto la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, delineando i confini del potere del giudice e i limiti del sindacato in sede di legittimità.

I Fatti: la Frana e le due Perizie Contrastanti

Il caso trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata dai proprietari di alcuni fondi rustici, investiti da un movimento franoso proveniente da un terreno posto a quota superiore. Secondo gli attori, la frana era stata causata da opere edilizie abusive (un fabbricato, percorsi pedonali e una strada) realizzate sul fondo soprastante, che avrebbero alterato il naturale deflusso delle acque piovane.

In primo grado, il Tribunale, sulla base di una CTU, aveva riconosciuto una parziale responsabilità dei convenuti (nella misura del 37,5%), condannandoli al pagamento di una somma a titolo di risarcimento.

In appello, la situazione si ribalta. La Corte dispone una nuova CTU, la quale giunge a conclusioni del tutto diverse. Secondo il nuovo elaborato peritale, la frana non era riconducibile alle opere dei convenuti, bensì a una combinazione di tre fattori: un evento meteorologico di portata eccezionale, le particolari condizioni geologiche del versante e, soprattutto, la presenza di una condotta idrica di proprietà di una ditta terza, del tutto estranea al giudizio. Sulla base di questa nuova perizia, la Corte d’Appello riforma integralmente la sentenza di primo grado, rigettando le domande risarcitorie.

La questione della consulenza tecnica d’ufficio e i poteri del CTU

I danneggiati ricorrono in Cassazione, sollevando due motivi principali. Con il primo, lamentano la nullità della seconda CTU e della sentenza d’appello. Sostengono che il consulente, individuando una terza causa del danno (la condotta idrica) mai menzionata dalle parti, avrebbe violato il principio dispositivo (art. 115 c.p.c.) e del contraddittorio (art. 101 c.p.c.), introducendo nel processo un fatto che doveva essere allegato e provato dalla parte interessata.

La Corte di Cassazione respinge questa tesi, definendola manifestamente infondata. Gli Ermellini chiariscono un punto fondamentale: l’onere di provare il nesso causale tra le opere edilizie e la frana gravava sugli attori (i danneggiati). Il consulente tecnico, nel negare l’esistenza di tale nesso, non ha introdotto un’eccezione in senso proprio, ma ha semplicemente adempiuto al suo incarico, accertando che il fenomeno non era causalmente correlabile ai manufatti dei convenuti. L’individuazione di altre possibili cause (l’evento eccezionale, la condotta idrica) rientra pienamente nel suo compito di accertamento tecnico per escludere la tesi attorea. Non si tratta di provare un ‘fatto principale’ a fondamento di un’eccezione, ma di svolgere un’analisi tecnica per negare il fondamento della domanda.

La motivazione del giudice e la scelta tra due consulenze tecniche d’ufficio

Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano una ‘motivazione apparente’. A loro dire, la Corte d’Appello si sarebbe limitata a trascrivere passivamente le conclusioni della seconda CTU, senza motivare la propria preferenza rispetto alla prima e senza considerare le critiche mosse dai loro consulenti di parte.

Anche questo motivo viene ritenuto inammissibile. La Cassazione ricorda che, a seguito della riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel 2012, il vizio di motivazione può essere denunciato solo in termini molto ristretti, ossia come ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’. Il semplice fatto che il giudice aderisca a una seconda consulenza, con esiti opposti alla prima, non costituisce di per sé un motivo di ricorso ammissibile. Non è più possibile denunciare la ‘semplice insufficienza’ della motivazione. Il giudice può uniformarsi a una delle perizie senza dover confutare analiticamente l’altra, specialmente se la nuova relazione esamina criticamente la precedente o fornisce elementi sufficienti a delineare il percorso logico della decisione.

le motivazioni

La Suprema Corte ha sottolineato che le critiche dei ricorrenti si risolvevano nella richiesta di una nuova valutazione dei fatti e delle risultanze tecniche, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Le contestazioni relative al ruolo delle costruzioni abusive (‘costruito antropico’) non integrano un ‘fatto storico’ decisivo il cui esame sia stato omesso, ma rappresentano una mera valutazione tecnica, come tale non sindacabile in Cassazione. La scelta del giudice di merito di privilegiare le conclusioni di una perizia rispetto a un’altra costituisce un apprezzamento di fatto che, se motivato in modo non meramente apparente, si sottrae al controllo di legittimità.

le conclusioni

L’ordinanza ribadisce principi consolidati ma di grande importanza pratica. In primo luogo, l’onere della prova del nesso causale nel danno da responsabilità civile resta saldamente in capo a chi agisce per il risarcimento. In secondo luogo, il consulente tecnico d’ufficio gode di ampi poteri di indagine per accertare la verità tecnica, potendo anche rilevare fattori causali non allegati dalle parti per escludere la fondatezza della domanda. Infine, la possibilità di contestare in Cassazione la scelta del giudice di merito tra due CTU confliggenti è estremamente limitata e non può tradursi in una richiesta di riesame delle valutazioni tecniche.

Se in un processo ci sono due consulenze tecniche d’ufficio (CTU) con risultati opposti, come decide il giudice?
Il giudice può scegliere di aderire a una delle due consulenze, anche la seconda, senza dover necessariamente confutare in modo analitico e dettagliato le conclusioni della prima. È sufficiente che la sua decisione sia basata su una motivazione comprensibile e non meramente apparente, e che la perizia scelta fornisca gli elementi per comprendere il percorso logico seguito.

Il consulente tecnico (CTU) può individuare una causa del danno non indicata dalle parti?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il CTU, per adempiere al suo incarico di accertare le cause di un evento, può rilevare fattori causali non allegati dalle parti. Questo non viola il principio dispositivo se serve a negare il nesso di causa sostenuto da chi ha iniziato il processo, su cui grava l’onere della prova.

È possibile contestare in Cassazione la scelta del giudice di seguire una CTU piuttosto che un’altra?
Le possibilità sono molto limitate. Dopo la riforma del 2012, non è più sufficiente lamentare una ‘motivazione insufficiente’. È necessario dimostrare l’ ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’. Una diversa valutazione tecnica, come quella tra due perizie, non costituisce, di per sé, un fatto storico decisivo il cui esame sia stato omesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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