Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15075 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15075 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1749-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 129/2020 del la CORTE D’APPELLO DI TRENTO, depositata in data 17/10/2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza in camera di consiglio del 17/4/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Bolzano, con sentenza del 2/7/2018, in accoglimento della domanda proposta dal Fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarato in data 21/10/2013, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare in
favore dell’attore la somma di €. 220.927,00, oltre interessi e spese.
1.2. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che tra la RAGIONE_SOCIALE e la controllata RAGIONE_SOCIALE era intercorso un accordo per effetto del quale la prima, quale controllante, si era impegnata a pagare in favore della seconda, quale controllata, la somma di €. 220.927,00, in ragione del vantaggio fiscale che la stessa aveva conseguito per effetto del consolidamento nel proprio bilancio della perdita registrata nell’esercizio 2012 dalla società poi fallita.
1.3. Il tribunale, invece, ha rigettato la domanda riconvenzionale con la quale la convenuta aveva chiesto la ripetizione di quanto versato, escludendo , tra l’altro, che: – la convenuta aveva provato in giudizio l’adempimento del predetto accordo che la stessa aveva eccepito; l’accordo la esonera va dall’obbligo remunerativo per il caso in cui la controllata, come di fatto era poi avvenuto, non avesse più potuto iscrivere a bilancio redditi su cui scomputare la perdita dell’esercizio 2012 o comunque si fosse interrotto il regime del consolidato fiscale.
1.4. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza.
1.5. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto.
1.6. La corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato l’appello e, per l’effetto, confermato la sentenza impugnata.
1.7. La corte, in particolare, dopo aver rilevato che: l’art. 118, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986 prevede che l’esercizio dell’opzione per la tassazione di gruppo comporta la determinazione di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi
netti; ogni società che formula l’opzione per il consolidato apporta il proprio reddito, sia esso in positivo o in perdita; l’art. 118, comma 4, del d.P.R. n. 917 cit., tuttavia, per tener conto degli apporti delle singole società del gruppo, nel caso in cui abbiano rappresentato vantaggi fiscali per le singole società ma uno svantaggio per le singole società, che avrebbero potuto utilizzare diversamente il saldo in perdita presente nel proprio bilancio, ad esempio utilizzandolo in compensazione con i maggiori utili degli anni successivi, ha escluso dalla formazione del reddito imponibile le somme percepite o versate tra le società ‘ in contropartita dei vantaggi fiscali o attribuiti ‘; – la società che ha apportato le sue perdite al bilancio consolidato, infatti, rinuncia a far valere tali perdite per le annualità successive nel caso in cui avesse avuto utili in tali anni e, quindi, alla chance di futura deducibilità delle stesse; – la norma non fa riferimento agli accordi tra le parti per concordare la spettanza del corrispettivo spettante a ciascuna società per avere apportato vantaggi fiscali al gruppo; – tali accordi, tuttavia, in forza del principio dell’autonomia negoziale, possono essere stipulati tra le diverse società con la previsione non solo dei casi in cui le singole società hanno diritto ai corrispettivi compensativi ma anche delle modalità e del l’entità degli stessi ; – in caso di opzione per il consolidamento fiscale, in definitiva, la rinuncia alla chance di futura deducibilità delle perdite impone, ai sensi dell’art. 118, comma 4, del d.P.R. n. 917/1986, in presenza di un accordo di consolidamento tra le parti, il pagamento di un corrispettivo compensativo in favore della società rinunciante; ha ritenuto che, nel caso in esame, ‘ è fuori discussione che la controllante RAGIONE_SOCIALE e la controllata RAGIONE_SOCIALE hanno concordemente optato per il cd. consolidato fiscale nazionale, ossia per la tassazione di gruppo ‘ ,
e che, c ontrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, ‘ è proprio la legge, in caso di opzione per la tassazione di gruppo, a riconoscere alla società che abbia conferito nel bilancio consolidato una perdita d’esercizio il diritto ad un corrispettivo per la rinuncia alla chance di dedurla in futuro ‘ .
1.8. Si tratta, dunque, ha osservato la corte, dell’adempimento di una precisa obbligazione, ‘ la cui dimostrazione, nel caso di specie, si ricava non già da labili indizi, ma d (a) ll’aperta ammissione della stessa appellante … avendo essa a p. 37 del suo atto di citazione … impugnato la reiezione della propria domanda riconvenzionale affermando, testualmente, che essa era <> ‘.
1.9. Né, ha aggiunto la corte, rileva il fatto che il consolidamento fiscale del gruppo si sia interrotto a norma dell’art. 124, comma 4, TUIR, perché, se è fuor di dubbio che, in tal caso, la capogruppo trattiene il conseguito vantaggio fiscale, ciò, però, non la esonera dall’obbligo di compensare la società che, aderendo al consolidamento fiscale di gruppo, ha rinunciato in favore delle altre ad una chance di futura deducibilità delle proprie perdite.
1.10. La corte, escluso che l’appellante avesse fornito la prova dei pagamenti dalla stessa dedotti, trattandosi di versamenti eseguiti ‘ a titolo di finanziamento e non già di esecuzione del contratto di consolidamento ‘ e non corrispondenti all’ammontare della ‘ remunerazione promessa ‘ alla società poi fallita, ha, quindi, rigettato l’appello.
1.11. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 15/1/2021, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, notificata, come da relazione depositata in giudizio insieme al ricorso, in data 19/11/2020.
1.12. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
1.13. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 118, comma 4, e 124, comma 4, del d.P.R. n. 917/1986, e degli artt. 1321 s. e 2497 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che, in caso di opzione per il consolidamento fiscale, la rinuncia alla chance di futura deducibilità delle perdite impone, ai sensi dell’art. 118, comma 4, del d.P.R. n. 917/1986, il pagamento di un corrispettivo compensativo in favore della società rinunciante, senza, tuttavia, considerare che, in realtà, il diritto al ristoro del vantaggio compensativo non deriva dalla norma di legge ma solo dallo specifico accordo di consolidamento stipulato dalle parti del quale, tuttavia, ha omesso il doveroso accertamento.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. e la conseguente nullità della sentenza impugnata, ha dedotto che l a corte d’appello non si è pronunciata sul primo motivo dell’atto d’appello con il quale la società appellante aveva lamentat o l’errata ricostruzione da parte del tribunale di un accordo tra le due società per effetto del quale la capogruppo aveva l’obbligo di remunerare la controllata poi fallita del vantaggio fiscale nella misura del risparmio d’imposta ottenuto.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1988 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che
l’obbligazione era stata riconosciuta dall’appellante nell’atto di citazione con il quale aveva impugnato la reiezione della propria domanda riconvenzionale sul rilievo che la stessa era volta ad ottenere la restituzione di quanto pagato in esecuzione del contratto di consolidamento, senza, tuttavia, considerare che, in realtà, l’atto giudiziale non è per sua natura idoneo ad produrre gli effetti sostanziali di un riconoscimento del debito e che, in ogni caso, la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte dell’obbligazione ove la stessa, in mancanza dell’accordo compensativo, non è, in realtà, mai sorta.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
2.5. La ricorrente, in effetti, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge sostanziale e processuale, ha lamentato, in sostanza, l’erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, malgrado le asserite emergenze delle stesse, hanno accertato che la controllante RAGIONE_SOCIALE e la controllata RAGIONE_SOCIALE avevano stipulato un ‘ contratto di consolidamento ‘, determinando, evidentemente, la misura del versamento compensativo spettante alla controllata, poi fallita, che aveva apportato al gruppo la perdita e, quindi, consentito alla controllante convenuta, attraverso il consolidamento della stessa, di conseguire il divisato vantaggio fiscale.
2.6. La valutazione delle prove raccolte, tuttavia, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l’ esame di uno
o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.
2.7. L’omesso esame di elementi istruttori non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti fattuali rilevanti in causa, come fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso, siano stati comunque presi in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.).
2.8. La valutazione delle prove, al pari della scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle che ritenga più attendibili senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017).
2.9. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n.
12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertame nto dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.10. La corte d’appello , invero, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dalla società appellante, ha ritenuto, prendendo così in esame i fatti (costitutivi) rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta dal Fallimento (e cioè la condanna della convenuta al pagamento del corrispettivo compensativo pattuito con la controllata poi fallita) e indicando le ragioni del convincimento espresso in ordine agli stessi (e, precisamente, l ‘espressa ammissione dell ‘intervenuta stipulazione di tale accordo da parte della convenuta poi appellante) in modo nient’affatto apparente, perplesso o contraddittorio, che il Fallimento aveva fornito in giudizio la prova dell ‘accordo dedotto e della misura dell’obbligo, ivi previsto, di pagamento del corrispettivo compensativo spettante alla controllata apportante.
2.11. Ed una volta affermato, come la corte d’appello ha ritenuto senza che tale apprezzamento sia stato utilmente censurato (nell’unico modo possibile, e cioè, a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c.) per aver del tutto omesso l’esame di uno o più
fatti storici controversi, principali o secondari, risultanti dal testo della sentenza stessa o dagli atti processuali (e doverosamente esposti in ricorso nel rigoroso rispetto degli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.) ed aventi carattere decisivo (nel senso che, ove esaminati, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda in termini tali da escludere l’ipotesi normativa invocata dal Fallimento: Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.), che il Fallimento aveva dimostrato l a stipulazione dell’accordo di consolidamento e la misura del corrispettivo compensativo ivi convenuto, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la stessa corte d’appello ha conseguentemente assunto, e cioè l’accoglimento della domanda proposta, in quanto volta, appunto, alla condanna della convenuta stipulante del corrispettivo compensativo pattuito con la controllata poi fallita.
2.12. Questa Corte, invero, ha espressamente affermato che, nell’ambito delle operazioni infragruppo, ai sensi dell’art. 118, comma 4, del d.P.R. n. 917/1986, le parti, nella loro autonomia negoziale, possono pattuire, mediante i cd. accordi di consolidamento, il versamento alla società apportante i vantaggi fiscali al gruppo del corrispettivo ‘ compensativo ‘ , che non può superare l’importo dell’imposta risparmiata dal gruppo societario attraverso il bilancio consolidato (Cass. n. 29302 del 2018; conf., Cass. 17743 del 2021, in motiv.).
Il ricorso è, dunque, infondato e dev’essere, quindi, respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. La condanna al relativo pagamento, tuttavia, a fronte dell’ammissione del Fallimento controricorrente al patrocinio a spese dello Stato, dev’essere
pronunciata, a norma dell’art. 133 del d.P.R. n. 115 cit., in favore dello Stato: ‘ i
5. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare allo Stato le spese di giudizio, che liquida in €. 7.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 /2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima