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Consenso informato: licenziamento illegittimo?

Un medico viene licenziato per non aver fatto firmare un modulo specifico di consenso informato. La Corte di Cassazione ha annullato il licenziamento, accogliendo il ricorso del medico. La Corte d’Appello aveva errato non considerando una prova decisiva: un parere che attestava la non esistenza di quello specifico modulo. Inoltre, non aveva valutato la tardività della contestazione disciplinare. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Consenso Informato: Licenziamento Nullo se il Modulo non Esiste

Il consenso informato è un pilastro fondamentale del rapporto tra medico e paziente, ma anche un elemento cruciale nel rapporto di lavoro tra sanitari e strutture sanitarie. Ma cosa succede se un medico viene licenziato per non aver usato un modulo di consenso specifico, che forse non è mai esistito? Con l’ordinanza n. 31961/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, annullando una decisione di merito e sottolineando principi chiave sulla prova e sugli obblighi del lavoratore.

I Fatti del Caso: Un Licenziamento per un Modulo Inesistente?

La vicenda riguarda un medico specialista in oculistica, licenziato per giusta causa da una clinica privata. L’accusa? Non aver inserito nella cartella clinica di un paziente, sottoposto a un intervento chirurgico, uno specifico modulo di consenso informato redatto da un’autorevole società scientifica nazionale.

La casa di cura sosteneva che, sebbene una circolare interna che formalizzava tale obbligo fosse successiva all’intervento, esisteva già una “prassi consolidata” che imponeva l’uso di quel modulo aggiuntivo. Il medico, dal canto suo, si è difeso su due fronti:
1. Ha prodotto un parere ufficiale (un Parere Pro Veritate) emesso dalla stessa società scientifica, il quale attestava che per quello specifico tipo di intervento non era mai stato creato un apposito modulo informativo.
2. Ha eccepito la tardività della contestazione disciplinare, avvenuta oltre il termine di 30 giorni previsto dal contratto collettivo nazionale.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al medico, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo legittimo il licenziamento sulla base della presunta prassi aziendale.

L’Iter Giudiziario e l’Importanza del Consenso Informato nella Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha accolto due dei tre motivi di ricorso del medico, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo giudizio. La decisione della Suprema Corte si fonda su due errori cruciali commessi dai giudici di secondo grado.

Le motivazioni della Corte: Fatti Decisivi e Obblighi Procedurali

Il primo errore fatale, secondo la Cassazione, è stato l’omesso esame di un fatto decisivo. La Corte d’Appello aveva completamente ignorato il parere della società scientifica. Questo documento non era una semplice opinione, ma una prova cruciale che dimostrava l’impossibilità materiale per il medico di adempiere all’obbligo contestato: non si può compilare un modulo che non esiste. Ignorare tale prova ha reso la motivazione della sentenza d’appello viziata, in quanto basata su un presupposto fattuale (l’esistenza del modulo) smentito da un documento decisivo.

Il secondo errore è stata l’omessa pronuncia. Il medico aveva sollevato la questione della tardività della contestazione disciplinare, un’eccezione procedurale che, se accolta, avrebbe invalidato l’intero procedimento disciplinare a prescindere dal merito. La Corte d’Appello non si è pronunciata su questo punto. La Cassazione ha ribadito che il giudice ha il dovere di esaminare e decidere su tutte le domande ed eccezioni sollevate dalle parti. Non farlo costituisce una violazione delle norme processuali che impone l’annullamento della sentenza.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, un datore di lavoro non può sanzionare un dipendente per non aver rispettato un obbligo materialmente impossibile da adempiere. Le “prassi aziendali” devono essere basate su procedure chiare, concrete e attuabili. In secondo luogo, il processo ha delle regole precise: i giudici devono valutare tutte le prove decisive e rispondere a tutte le questioni sollevate. Ignorare un documento chiave o un’eccezione procedurale costituisce un errore grave che vizia la decisione. Per i lavoratori, questa sentenza rafforza il principio che un licenziamento disciplinare deve fondarsi su addebiti provati, concreti e possibili, nel pieno rispetto delle garanzie procedurali.

Si può licenziare un medico per non aver utilizzato un modulo di consenso informato specifico se quel modulo non esiste?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non si può addebitare a un lavoratore l’inadempimento di un obbligo impossibile da eseguire. Se la prova dimostra che il modulo richiesto non è mai stato creato, il licenziamento basato sulla sua mancata compilazione è illegittimo.

Il giudice d’appello può ignorare una prova documentale decisiva prodotta da una parte?
No. L’omesso esame di un fatto storico decisivo, provato documentalmente e oggetto di discussione tra le parti, costituisce un vizio della sentenza che ne determina la cassazione. In questo caso, il parere che attestava l’inesistenza del modulo era una prova decisiva che non poteva essere ignorata.

Cosa succede se il datore di lavoro avvia un procedimento disciplinare oltre i termini previsti dal contratto collettivo?
L’avvio tardivo della contestazione disciplinare può renderla illegittima. La Corte di Cassazione ha censurato la Corte d’Appello per non aver nemmeno esaminato la questione (omessa pronuncia), rinviando il caso per una nuova valutazione anche su questo aspetto fondamentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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