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Consecuzione tra procedure: la Cassazione decide

Una società creditrice si è vista revocare un’ipoteca iscritta su beni di un’azienda poi finita in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20536/2024, ha confermato la decisione, stabilendo che il principio di consecuzione tra procedure si applica anche in questo caso. Il periodo sospetto per la revoca degli atti pregiudizievoli va quindi calcolato a ritroso dalla data della domanda di concordato preventivo, anche se questa è stata poi abbandonata, e non dall’avvio della successiva amministrazione straordinaria.

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Consecuzione tra Procedure: La Cassazione Estende il Principio all’Amministrazione Straordinaria

Il principio della consecuzione tra procedure concorsuali è un pilastro del diritto fallimentare, ma la sua applicazione pratica può generare complesse questioni legali. Con l’ordinanza n. 20536 del 24 luglio 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire un punto cruciale: questo principio si applica anche quando una domanda di concordato preventivo, poi interrotta, è seguita dall’ammissione all’amministrazione straordinaria. Questa decisione ha importanti implicazioni per i creditori che ottengono garanzie da aziende in crisi.

I Fatti di Causa

Una società fornitrice, creditrice di oltre 262.000 euro, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo e iscritto un’ipoteca giudiziale sui beni della società debitrice. Successivamente, la società debitrice presentava una domanda di concordato preventivo ‘con riserva’ (o ‘in bianco’), che però veniva dichiarata improcedibile per il mancato deposito del piano. Pochi mesi dopo, la stessa società veniva ammessa alla procedura di Amministrazione Straordinaria.

In sede di verifica del passivo, il credito della società fornitrice veniva ammesso, ma solo in via chirografaria, ossia senza il privilegio derivante dall’ipoteca. I Commissari Straordinari avevano infatti eccepito l’inefficacia dell’ipoteca tramite l’azione revocatoria fallimentare, sostenendo che fosse stata iscritta nel ‘periodo sospetto’. Il Tribunale di Verona accoglieva questa tesi, e la società creditrice ricorreva in Cassazione.

La Questione Giuridica e la Consecuzione tra Procedure

Il cuore della controversia risiedeva nel calcolo del ‘periodo sospetto’ per l’azione revocatoria. La società creditrice sosteneva che, data l’interruzione della prima procedura (il concordato), non vi fosse continuità con la successiva amministrazione straordinaria. Di conseguenza, il periodo sospetto avrebbe dovuto essere calcolato a ritroso dalla data di ammissione a quest’ultima procedura, rendendo l’ipoteca valida.

Al contrario, i Commissari e il Tribunale ritenevano applicabile il principio della consecuzione tra procedure, sancito dall’art. 69-bis della Legge Fallimentare. Secondo questa norma, quando a una domanda di concordato segue la dichiarazione di fallimento, i termini per le azioni revocatorie decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato. La domanda era se questo principio potesse essere esteso anche al caso in cui al concordato seguisse l’amministrazione straordinaria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la linea del Tribunale. I giudici hanno ribadito un orientamento ormai consolidato, fondato su una logica di protezione della par condicio creditorum.

La Corte ha spiegato che la regola della consecuzione tra procedure trova applicazione anche quando la domanda di concordato è ‘in bianco’ e non viene seguita dal deposito del piano. Il tenore letterale dell’art. 69-bis è univoco nel fissare il dies a quo (il giorno di inizio del calcolo) alla data di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato. Lo scopo della norma è evitare che la presentazione di una domanda di concordato, anche strumentale, possa servire a ‘congelare’ la situazione e a porre in essere atti pregiudizievoli per i creditori, che sarebbero poi al riparo dalla revocatoria se il periodo sospetto decorresse solo dalla successiva procedura di fallimento o amministrazione straordinaria.

Crucialmente, la Cassazione ha affermato che questo principio, nato per il rapporto tra concordato e fallimento, deve essere esteso anche al rapporto tra concordato e amministrazione straordinaria. Ciò che conta è la continuità causale tra le due procedure, che manifestano uno stato di crisi o insolvenza ininterrotto dell’impresa. La circostanza che la procedura di concordato si sia estinta per rinuncia o mancato deposito del piano non interrompe questa continuità.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 20536/2024 rafforza un principio fondamentale a tutela dei creditori nelle crisi d’impresa. La decisione chiarisce che la protezione offerta dalla retrodatazione del periodo sospetto non si limita alla sequenza concordato-fallimento, ma si estende anche all’amministrazione straordinaria. Per gli operatori economici, il messaggio è chiaro: la massima cautela è d’obbligo quando si intrattengono rapporti con un’impresa che ha depositato anche solo una domanda di concordato ‘in bianco’. Qualsiasi garanzia ottenuta in quel frangente è a forte rischio di essere dichiarata inefficace, poiché lo stato di crisi si considera iniziato fin dal primo atto formale di accesso a una procedura concorsuale, indipendentemente dal suo esito.

Quando inizia il ‘periodo sospetto’ per un’azione revocatoria se un concordato preventivo è seguito da un’amministrazione straordinaria?
Il periodo sospetto inizia a decorrere dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese, anche se tale procedura non è andata a buon fine, in virtù del principio di consecuzione tra procedure.

Il principio di consecuzione tra procedure si applica anche se la domanda di concordato iniziale viene abbandonata o respinta?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il principio si applica anche nell’ipotesi in cui alla domanda di concordato non abbia fatto seguito il provvedimento di ammissione, perché la domanda è stata respinta o abbandonata. Ciò che rileva è la continuità causale tra le due procedure.

Può un creditore difendere un’ipoteca sostenendo di non conoscere lo stato di insolvenza del debitore?
In teoria sì, attraverso la prova della cosiddetta ‘inscientia decoctionis’. Tuttavia, questa prova deve essere fornita e allegata dal creditore nel giudizio di merito (davanti al Tribunale). Non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione, dove è considerata una questione di fatto inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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