Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24880/2020 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO NOME COGNOME & RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 596/2020 depositata il 11/06/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Salerno ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Salerno che, accogliendo la domanda revocatoria ex art. 67, comma 2, l.fall. proposta dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ha dichiarato inefficaci due pagamenti effettuati in data 28.10.2010 ( € 77.773,39) e in data 21.12.2010 ( € 62.226,99 ), in quanto rientranti nel semestre del cd. periodo sospetto, il cui dies a quo è stato fatto retroagire alla data di deposito della prima domanda di concordato preventivo (11.3.2011), dichiarata inammissibile con decreto del 26.4.2011 -cui è seguito in data 9.5.2011 il deposito di una seconda domanda di concordato, ammessa con decreto del 11.5.2011 e poi revocata, con conseguente dichiarazione di fallimento -in forza non già dell’art. 69 -bis, comma 2, l.fall., inapplicabile ratione temporis , bensì del pregresso e corrispondente principio giurisprudenziale della consecuzione tra procedure concorsuali, facente leva sulla loro unitarietà, in quanto espressione del medesimo stato di crisi o insolvenza.
Ha poi confermato sia la sussistenza della scientia decoctionis che l’insussistenza dei presupposti per l’esenzione da revocatoria ex art. 67, comma 3, l.fall. (pagamenti nei termini d’uso).
-Avverso detta decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione in tre mezzi, cui il Fallimento ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo ( violazione dell’art. 67 co.2 l.fall. in relazione agli artt. 160, 162, 163, 168, 169, 173, 179 l.fall. e del principio di consecuzione delle procedure ) si censura la retrodatazione del dies a quo del cd. periodo sospetto alla prima domanda di concordato preventivo -che ha reso possibile la revoca anche del pagamento effettuato in data 28.10.2010 -piuttosto che alla data del decreto di ammissione della seconda.
Il ricorrente, pur convenendo che la prima domanda ha dato luogo a una «procedura», rileva che questa «si è chiusa con la declaratoria di inammissibilità, a seguito della quale il Tribunale non ha assunto ulteriori provvedimenti», per inferirne che, «se di consecuzione di procedure si può parlare, lo si può fare soltanto con riferimento alla seconda domanda di concordato, che ha dato vita ad un procedimento del tutto autonomo e distinto rispetto a quello in precedenza definito con la declaratoria di inammissibilità».
E dunque, muovendo dalla pacifica inapplicabilità ratione temporis dell’art. 69 -bis, comma 2, l.fall., invoca l’ orientamento in base al quale il principio di consecuzione non opera rispetto alla domanda bensì al decreto di ammissione ( e multis Cass. 8970/2019).
3.1. -Il motivo è infondato.
3.2. -In fatto è pacifico che le domande di concordato preventivo sono state due: la prima, depositata l’11.3.2011, dichiarata inammissibile con decreto del 26.4.2011; la seconda, depositata il 9.5.2011 e ammessa in data 11.5.2011, ma revocata, con conseguente dichiarazione di fallimento in data 20.7.2011.
Essendo state entrambe depositate prima del 12.8.2012 -data di entrata in vigore della legge n. 134/12, che, nel convertire il d.l. n. 83/12, ha introdotto n ell’art. 69 -bis l.fall. il secondo comma, in base al quale «nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese» -non v’ è dubbio che l ‘art. 69-bis, comma 2, l.fall. non sia applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
3.3. -È noto come il principio di cd. consecuzione fra le procedure concorsuali non sia stato introdotto ex novo nell’ordinamento dal secondo comma de ll’art. 69 -bis l.fall., con il quale il legislatore ha in realtà recepito, disciplinandolo, il corrispondente principio di matrice giurisprudenziale, costituente diritto vivente, per cui la considerazione unitaria delle procedure concorsuali susseguitesi nel tempo, in quanto originate da un medesimo presupposto, costituito dallo stato d’insolvenza (in esso
identificandosi anche lo stato di crisi , ai sensi dell’ art. 160, comma 3, l.fall.), determina la retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto per la revocatoria fallimentare (Cass. 3981/1956, 9581/1997, 12669/1999, 17844/2002, 21326/2005, 5527/2006, 28445/2008, 13445/2011, 24861/2015, 6045/2016, 13838/2019), poiché la sequenza diacronica dà luogo a una procedura unitaria che ha inizio con la prima, assunta come base cronologica di riferimento per individuare la disciplina delle azioni revocatorie.
Pertanto, l a portata innovativa del secondo comma dell’art. 69 -bis l.fall. «attiene solo al momento temporale» di operatività del principio di cd. ‘consecutio’ (Cass. 20456/2021, 4482/2021).
3.4. -Del resto, il legislatore delle riforme del 2012 aveva un chiaro disegno d’insieme: una volta venuto meno il sostanziale automatismo tra mancata ammissione della domanda di concordato preventivo e apertura officiosa del fallimento, e una volta introdotta -sempre con il d.l. n. 83/2012 come convertito dalla l. 134/2012 -la facoltà per il debitore di presentare una domanda di concordato preventivo ‘con riserva’, ex art. 161, comma 6, l.fall., tale da far comunque scattare gli effetti protettivi di cui all’art. 168 l.fall., per un verso occorreva uno strumento pubblicitario più pregnante, per agevolare le possibili iniziative dei creditori (di qui la pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, introdotta nell’art. 161 , comma 5, l.fall. proprio dal d.l. 83/2012), per altro verso quella anticipazione ‘in bianco’ degli effetti a favore del debitore non poteva non riverberarsi sulle contromisure (potenzialmente delle azioni) revocatorie a tutela dei creditori, specie nella prospettiva dell’insuccesso della prima procedura, donde appunto l’ anticipazione del dies a quo alla pubblicazione della domanda, piuttosto che alla sua ammissione.
3.5. -Orbene, proprio il tenore dell’art. 69 -bis, comma 2, l.fall., con il suo riferimento anticipatorio alla data di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato, ha indotto questa Corte ad una «rimeditazione della tesi che subordinava l’applicazione del predetto principio all’esistenza di un precedente provvedimento di ammissione alla procedura», sì da pervenire a ll’affermazione che «in tema di revocatoria fallimentare, ove la
dichiarazione di fallimento sia stata preceduta da un concordato preventivo, il principio di consecuzione tra le procedure è destinato ad operare, con la conseguente retrodatazione del dies a quo del periodo sospetto alla data di pubblicazione della domanda di concordato, anche nell’ipotesi in cui a quest’ultima non abbia fatto seguito il provvedimento di ammissione alla procedura, per essere stata la domanda respinta o abbandonata» (Cass. 215/2022; conf. Cass. 36354/2022, 18198/2023).
Si è detto, infatti, che il principio della ‘consecutio’ attiene propriamente all’esistenza di una procedura concorsuale poi «sfociata, anche in modo indiretto ma comunque nel contesto di una unica crisi imprenditoriale, nella dichiarazione di fallimento dell’impresa», e che , ai sensi dell’art. 168 , comma 1, l.fall., la relativa domanda -ovvero la sua pubblicazione nel registro delle imprese, per effetto del medesimo d.l. 83/2012, convertito con modifiche dalla l. 134/2012) -è destinata a produrre gli effetti protettivi indicati nella norma (Cass. 5619/2020, 31051/2019), sicché «la presentazione della domanda di concordato risulta di per sé sufficiente a determinare l’acquisto dello status di debitore concordatario, indipendentemente dalla successiva pronuncia del decreto di cui all’art. 163 della legge fall., in quanto comporta, oltre alla costituzione del rapporto processuale con il giudice chiamato a pronunciare su di essa, l’instaurazione di un regime di controllo sull’amministrazione e di relativa insensibilità del patrimonio alle iniziative di terzi» (Cass. 215/2022, 7117/2020).
Di qui l ‘affermazione del principio per cui «in tema di revocatoria fallimentare, ove la dichiarazione di fallimento sia stata preceduta da un concordato preventivo, il principio di consecuzione tra le procedure è destinato ad operare, con la conseguente retrodatazione del dies a quo del periodo sospetto alla data di pubblicazione della domanda di concordato, anche nell’ipotesi in cui a quest’ultima non abbia fatto seguito il provvedimento di ammissione alla procedura, per essere stata la domanda respinta o abbandonata» (Cass. 36354/2022, richiamata da Cass. 18198/2023, per la quale «n on v’è dubbio in definitiva, che debba
dirsi superato, in ragione dell’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, il diverso orientamento» ora evocato dal ricorrente).
3.6. -Tale approdo non comporta alcuna frizione con il recente indirizzo nomofilattico adottato dalle Sezioni unite, che subordina la prededucibilità dei crediti sorti in funzione della procedura di concordato preventivo alla sua ammissione (Cass. Sez.U , 42093/2021), trattandosi di tutt’altro ambito di declinazione del medesimo principio di consecuzione tra procedure concorsuali, che giustifica perciò stesso l’adozione di conclusioni diversificate: lì, ai fini della antergazione del credito del professionista, ex art. 111, comma 2, l.fall., se avvinto in termini di ‘inerenza necessaria’ alle finalità della prima procedura, attraverso la conservazione o l’incremento dei valori aziendali; qui, ai fini della tutela dei creditori concorsuali, attraverso l ‘emersione di un fenomeno unitario capace di scongiurare possibili abusi, frazionati e in sequenza, degli strumenti offerti al debitore per regolare lo stato di insolvenza.
Lo stesso ricorrente, per vero, non nega che la prima domanda di concordato preventivo, sebbene dichiarata inammissibile, abbia dato luogo ad una vera e propria ‘ procedura ‘.
3.7. -Resta da ribadire come, in questa rivisitata latitudine ermeneutica del principio di consecuzione tra procedure concorsuali, che ha riguardo alla domanda piuttosto che all’ammissione , non possa che farsi riferimento alla data del deposito della domanda di concordato preventivo della società poi fallita, piuttosto che alla sua pubblicazione nel registro delle imprese, per la semplice ragione che, all’epoca d ella prima domanda di concordato per cui è causa, tale adempimento non era proprio contemplato, essendo stato introdotto con l’art. 161, comma 5, l.fall. solo dall’11.9.2012, data di entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2012 più volte citato.
Né viene in rilievo un decisivo vulnus ai diritti del terzo attinto dalla revocatoria, posto che, all’epoca della prima domanda, era già vigente l’art. 161 , comma 4 l.fall. il quale, in tema di approvazione e sottoscrizione della domanda di concordato, richiama per le
società l’art. 152 , comma 3, l.fall. (introdotto dal d.lgs. n. 5/2006), a norma del quale la relativa decisione o deliberazione «deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell’art. 2436 c.c.» .
-Il secondo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 67 co mma 2, l.fall. in relazione agli artt. 160, 162, 163, 168, 169, 173, 179 l.fall. e del principio di consecuzione delle procedure, nonché degli artt. 115 c.p.c. e 2697, 2727 c.c., per avere la corte d’appello ritenuto la sussistenza della consecutio tra il fallimento e la prima domanda di concordato sulla base di uno stato di mera crisi, piuttosto che di vera e propria insolvenza, e per aver affermato l’esistenza di una decozione senza che questa fosse stata sancita dalla sentenza di fallimento.
4.1. -Il motivo è infondato.
4.2. -Il ricorrente, da un lato, tenta inutilmente di aggredire l’affermazione della corte territoriale per cui « l’appellante non contesta l’emergenza della irreversibilità della crisi di impresa già all’epoca di presentazione della prima domanda di ammissione al concordato », trascrivendo a pag. 18 del ricorso una deduzione difensiva però del tutto inidonea a dimostrare l’assunto ; d all’altro sostiene infondatamente che « solo il giudice del fallimento è l’Autorità deputata ad accertare e dichiarare l’eventuale esistenza dello stato di insolvenza (che non può essere sindacato dal giudice della revocatoria) e quindi ad accertare e dichiarare la sussistenza dei requisiti tali da configurare la consecuzione tra le procedure » per dedurne che, in assenza di riferimenti nella sentenza di fallimento allo stato di crisi al momento della prima domanda di concordato, la corte d’appello non avrebbe potuto accertare, come ha fatto, l’esistenza di un evidente « stato di decozione del debitore (…) già all’epoca di presentazione della prima domanda ».
4.3. -Al riguardo è sufficiente richiamare il solido orientamento di questa Corte per cui «nessuna disposizione prevede che l’accertamento della unitarietà dello stato di crisi e dello stato d’insolvenza debba avvenire sempre e solo con la
sentenza dichiarativa di fallimento. Questa, come previsto per legge, è tenuta ad accertare e ad argomentare circa i presupposti per la dichiarazione di fallimento, in primis sullo stato di insolvenza, ai sensi dell’art. 5 l.fall., quale situazione di inadempimento od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, e che deve sussistere al momento in cui si opera detto accertamento. Alla sentenza stessa, invece, non è richiesto pure di accertare -per il caso di successione delle procedure -che il presupposto del concordato preventivo fosse già la medesima situazione di insolvenza poi riscontrata al momento dell’apertura del fallimento. Ciò vuol dire che quell’accertamento, ai fini precipui della disciplina delle azioni revocatorie fallimentari, dovrà essere compiuto dal giudice chiamato a pronunciarsi, quale specifico thema decidendum , sulla unitarietà della situazione di insolvenza» (v. per tutte Cass. 24056/2021).
5. -Il terzo mezzo lamenta, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., un vizio di motivazione per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, avendo la corte d’appello da un lato evocato, ai fini della prova della scientia decoctionis , « la dilatazione dei pagamenti delle fatture della RAGIONE_SOCIALE proprio nel corso del 2010 », dall’altro sostenuto che « le fatture emesse nel periodo giugno 2009/dicembre 2010 non danno contezza effettiva dei tempi dei ritardati pagamenti, né della concreta evoluzione in pressa nel tempo al rapporto tra le parti ».
5.1. -La censura è inammissibile.
5.2. -Non solo la motivazione della sentenza impugnata non è affetta da alcuno dei vizi che ne determinano la nullità per il mancato rispetto del limite di costituzionalità declinato dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U, 8053/2014), ma lo stesso preteso contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, oltre ad essere alquanto sfumato e secondario nell’economia della motivazione, prende come termine di riferimento una argomentazione aggiuntiva utilizzata per respingere il motivo di appello riguardante il rigetto dell’eccezione di esenzione da revocatoria dei pagamenti ‘nei termini d’uso’, ex art. 67, comma
3, lett. a), l. fall., e cioè una statuizione sulla quale, in difetto di impugnazione, si è formato il giudicato interno.
-Da ultimo, e per completezza, va disattesa l’eccezione (sulla quale per vero il controricorrente non insiste in memoria) di inammissibilità del ricorso per difetto di jus postulandi del procuratore di parte ricorrente, per mancanza dell’autentica della firma da questi apposta sulla procura in calce al ricorso notificato.
6.1. -Difatti, come ricordato nella memoria di parte ricorrente, la procura con sottoscrizione autografa del ricorrente risulta autenticata dal difensore con firma digitale e legata al messaggio PEC con cui si è proceduto alla notifica del ricorso per cassazione, ed inoltre, al momento dell’iscrizione a ruolo del ricorso per cassazione, il difensore ha attestato che la procura era in originale firmata digitalmente.
Pertanto, la procura può ritenersi valida alla luce del principio per cui «in caso di ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici – al messaggio di posta elettronica certificata (p.e.c.) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale l’atto è depositato – di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, comma 3, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione» (Cass. Sez. U, 2077/2024).
-Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, come da dispositivo.
– Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11/03/2025.