Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20194-2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P.I.VA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore Ing. NOME COGNOME con sede in Sala Baganza (PR), INDIRIZZO rappresentata e difesa come da procura a margine del ricorso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Parma .
-ricorrente –
contro
Fallimento ‘RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del Curatore Dott. NOME COGNOME, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultim a, in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso il decreto depositato in data 12.09.2023 dal Tribunale di Rimini;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/5/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Rimini ha respinto l’opposizione allo stato passivo presentata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
Con ricorso ex art. 98 l. fall., depositato in data 20 febbraio 2021, la società RAGIONE_SOCIALE aveva infatti proposto opposizione avverso il decreto con il quale il giudice delegato aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo nella parte in cui non era stata riconosciuta alla società opponente la prededuzione del credito vantato di € 77.218,64 , che, invece, era stato ammesso in chirografo. A sostegno della pretesa azionata l’opponente aveva allegato che essa era stata ‘fornitore strategico’ del fallimento convenuto, nella precedente procedura di concordato preventivo, da considerarsi in consecutio con la successiva dichiarazione di fallimento.
Il Tribunale, nella resistenza della curatela fallimentare, ha rilevato ed osservato che: (i) l’eccezione di giudicato, pur ammissibile in rito, non poteva tuttavia trovare accoglimento alla luce del rilievo che l’accertamento dell’esistenza di debiti concordatari non adempiuti contenuto nella sentenza dichiarativa di fallimento non svolgeva alcuna efficacia sulla collocazione del credito in prededuzione; (ii) su quest’ultima questione lo stesso Tribunale aveva già avuto modo di pronunciarsi in altro provvedimento, negando che potesse configurarsi alcuna consecutio , nel caso di specie, fra la prima e la seconda procedura concorsuale; (iii) sotto il profilo oggettivo, doveva infatti rilevarsi come l’indebitamento che aveva condotto all’accertamento dell’insolvenza in sede di dichiarazione di fallimento era sostanzialmente diverso da quello esistente al momento della proposizione della domanda di concordato e dell’omologa dello stesso ; (iv) sotto il profilo soggettivo, in ultimo, rilevava altresì la circostanza per cui la società RAGIONE_SOCIALE era stata interessata, tra gli anni 2020 e 2021, da consistenti avvicendamenti nella compagine amministrativa e sociale; (v) alla luce di tali elementi di fatto, poteva concludersi nel senso di ritenere che la dichiarazione di fallimento della
società RAGIONE_SOCIALE avesse avuto, come presupposto, un’insolvenza diversa da quella esistente al momento dell’omologa del concordato, con la conseguenza che il principio di consecuzione delle procedure concorsuali non poteva operare nel caso di specie; (vi) restava pertanto assorbita la questione inerente alla qualificazione dell’opponente quale fornitore strategico , rilevante solo nell’ipotesi di configurabilità di ‘ consecutio ‘ fra le procedure concorsuali. 4. Il decreto, pubblicato il 12.09.2023, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 112 cod. proc. civ., per non aver ritenuto il Tribunale ‘ sceso ‘ il giudicato sulla consecuzione delle procedure, stante il contenuto della sentenza dichiarativa di fallimento ed essendo pacifico il persistente stato di insolvenza, solo aggravato dalla continuità del concordato.
1.2 Il motivo è infondato.
Il Tribunale di Rimini ha, invero, affermato che la de tta eccezione ‘non può trovare accoglimento alla luce del rilievo che l’accertamento dell’esistenza di debiti concordatari non adempiuti contenuto nella sentenza dichiarativa di fallimento non svolge alcuna efficacia sulla collocazione del credito in prededuzione dovendosi necessariamente ritenere che, sulla base di tale accertamento, il credito debba essere ammesso nello stato passivo mentre la relativa collocazione in prededuzione ovvero in chirografo resta influenzata esclusivamente dalla configurabilità della consecuzione fra le procedure di concordato preventivo e di fallimento’.
Ne consegue che la sentenza dichiarativa di fallimento non contiene – con tutta evidenza alcuna statuizione in merito all’asserita unicità dell’insolvenza non avendo, evidentemente, il Tribunale fallimentare svolto, in tal senso, alcuna indagine (in realtà, non necessaria), ai fini della dichiarazione di
fallimento. Nessun giudicato sul punto può, pertanto, dirsi formato (e, tanto meno, violato), come invece erroneamente opinato dalla ricorrente.
Sul punto, va infatti chiarito che, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, il giudice dell’opposizione allo stato passivo, al fine di individuare il rango della pretesa creditoria, era tenuto ad accertare la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo e il successivo fallimento, senza peraltro che una portata preclusiva potesse dipendere comunque dagli accertamenti contenuti all’interno della sentenza dichiarativa di fallimento sul diverso profilo dell’insolvenza.
In realtà, il Tribunale di Rimini, con accertamento in fatto (qui non più sindacabile) e peraltro supportato dalla lettura dei documenti acquisiti in atti, ha escluso espressamente la consecutio, ai fini dell’ammissione del credito allo stato passivo. E tanto basta per ritenere infondato il motivo qui in esame.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 111 r.d. 16 marzo 1942 n. 267, per non aver ritenuto prededucibile il suo credito nei confronti del
fallimento.
2.1 Osserva la ricorrente che il decreto impugnato aveva ritenuto che la relativa collocazione del credito in prededuzione sarebbe dipeso esclusivamente dalla configurabilità della consecuzione fra le procedure di concordato preventivo e fallimento, consecuzione che invece era stata esclusa. Ciò avrebbe integrato – sempre secondo la ricorrente – un vizio di motivazione ovvero di illogicità della stessa e avrebbe determinato altresì la violazione del disposto di cui all’art. 111 , 2 comma, l. fall., in tema di prededuzione del suo credito, da considerarsi invece maturata in conseguenza della fornitura strategica ed essenziale per l’esecuzione del concordato in continuità.
2.2 Nel caso di specie – aggiunge la ricorrente – di fronte ad una procedura di concordato preventivo ed una sua fornitura avvenuta nel 2019, nell’arco dell’esecuzione del piano di concordato -risulterebbe pacificamente applicabile la prededuzione, trattandosi per l’appunto di un credito sorto sia ‘in occasione’ sia ‘in funzione’ di una procedura concorsuale.
2.3 Le doglianze sono inammissibili perché completamente decentrate rispetto alla ratio decidendi che sorregge il provvedimento impugnato, ratio che si fonda, per quanto già detto, sul rilievo del difetto di consecutività tra le procedure concorsuali e rispetto al quale le ulteriori obiezioni sollevate dalla ricorrente in ordine alla ‘occasionalità’ e ‘funzionalità’ della prestazione, in relazione alla quale sarebbe maturato il credito insinuato – non assumono, con tutta evidenza, rilievo di sorta.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, ritenendosi censurabile il decreto impugnato per aver omesso di pronunziarsi, in punto di diritto, sulla questione della prededuzione del suo credito, nonostante l’opponente avesse evidenziato di essere stato un fornitore strategico per la procedura di concordato preventivo in continuità.
3.1 Il motivo è inammissibile perché la doglianza così proposta dalla ricorrente non rientra nel paradigma applicativo qui invocato, e cioè le vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per come perimetrato anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Un., n. 8053/2014), non enunciando il motivo qui in esame i ‘fatti storici’, nel cui omesso esame sarebbe incorso il Tribunale, ma indicando solo il mancato esame da parte dei giudici del merito del profilo della ‘ funzionalità ‘ e ‘ occasionalità ‘ del credito rispetto alla procedura concorsuale minore, profilo che, per quanto già sopra osservato, attinge una questione priva di decisività ai fini del decidere, se calata nel contesto argomentativo sopra descritto.
4. Il quarto mezzo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 111 , 2 comma r.d. 16 marzo 1942 n. 267, per non aver ritenuto prededucibile il credito vantato da RAGIONE_SOCIALE stante la consecuzione tra la procedura di concordato preventivo e il fallimento ‘ . Ritiene, cioè, censurabile il decreto impugnato laddove aveva erroneamente ritenuto che non vi fosse stata consecuzione tra le procedure, ritenendo così altrettanto erroneamente che il fallimento della società Morri fosse stato dichiarato a seguito di un’insolvenza nuova e non dall’agg ravamento di un’insolvenza già precedente e m anifesta.
4.1 Anche il quarto motivo è inammissibile.
Sollecita, infatti, la parte ricorrente un nuovo scrutinio della quaestio facti , e ciò con particolare riferimento al profilo fattuale della sussistenza degli elementi rilevatori della consecuzione tra le procedure, consecuzione ritenuta invece insussistente dal Tribunale con motivazione adeguata e scevra da criticità argomentative e dunque qui non più censurabile, tanto meno sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2025