Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28730 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11823/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrenti-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 388/2023 depositata il 20/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2025 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME, in qualità di erede di COGNOME NOME, convenne in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME dinanzi al Tribunale di Salerno per chiedere, previo accertamento della proprietà dell’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dei beni mobili e del relativo edificio, che i convenuti fossero condannati all’immediato rilascio, oltre al risarcimento dei danni per occupazione sine titulo a partire dall’anno 2008.
L’attore espose che il Tribunale di Salerno, con sentenza passata in giudicato, aveva sciolto la comunione ereditaria su detti beni, assegnandoli per intero a sé stesso ed ai fratelli NOME ed NOME, previo pagamento di un conguaglio di € 1.997.571, 50 per la quota attributiva in eccedenza in favore dei convenuti COGNOME NOME e COGNOME NOME.
1.2 I convenuti contestarono la domanda deducendo che il trasferimento della loro quota era subordinato al pagamento del conguaglio.
1.3 Il Tribunale di Salerno accolse la domanda e condannò i convenuti a rilasciare, in favore della comunione sussistente tra i fratelli eredi di COGNOME NOME, sia l’immobile che i beni mobili mentre rigettò la domanda risarcitoria.
1.4 La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza pubblicata il 20.03.2023, rigettò l’appello proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
1.5. Per quel che rileva in questa sede, la Corte di merito affermò che la sentenza di scioglimento della comunione era produttiva di effetti reali, comportando l’attribuzione immediata dei beni al condividente assegnatario mentre l’obbligo di versamento del conguaglio aveva effetti obbligatori e non costituiva, quindi, condizione di efficacia della divisione.
La Corte d’appello rigettò, inoltre, la doglianza con cui era stata dedotta la carenza di interesse di COGNOME NOME perché l’intera consistenza immobiliare e mobiliare era stata medio tempore trasferita a terzi, trattandosi di censura fondata su documentazione tardivamente prodotta in grado d’appello.
COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOME, hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
2.1 Di COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
2.3 Il ricorso è stato avviato alla decisione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 112 e 277 cod. proc. civ., 2909 cod. civ., 720 cod. civ. e 1353 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., l’erronea interpretazione e qualificazione giuridica delle circostanze di causa, oltre al vizio di illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia.
I ricorrenti sostengono che la Corte d’appello avrebbe errato nell’interpretare il giudicato costituito dalla sentenza del Tribunale di Salerno N.418/2008, di scioglimento della comunione ereditaria tra COGNOME e COGNOME, danti causa delle parti, gravante sull’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE previo pagamento di un conguaglio di € 1.997.571,50 per la quota attributiva in eccedenza in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME. Secondo i ricorrenti, il trasferimento della proprietà dei beni di causa era condizionato al pagamento del conguaglio in loro favore.
Nell’ambito del medesimo motivo, si denuncia l’omessa pronuncia sul motivo di gravame avente ad oggetto l’insufficienza delle prove del
possesso esclusivo dei beni da parte di COGNOME NOME, che aveva agito per il rilascio.
Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano il vizio di nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione, in violazione degli art. 112 cod. proc. civ., 132 co. 1, n. 4, cod. proc. civ., e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ. perché la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunziarsi sul motivo di gravame con il quale si contestava che l’assegnatario del bene, nel giudizio di divisione ereditaria, avesse il possesso esclusivo di tale compendio immobiliare.
2.1.I motivi – che, stante la loro evidente connessione, possono essere trattati congiuntamente – sono infondati.
La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui la sentenza che scioglie la comunione ereditaria ha effetti reali, non subordinati al pagamento del conguaglio nella stessa stabilito; la statuizione relativa al pagamento del conguaglio produce esclusivamente effetti obbligatori, perseguibili mediante i normali mezzi di soddisfazione del credito ma non incide sull’attribuzione della proprietà dei beni oggetto di divisione (cfr. Cass. n. 19239 del 13.07.2025, Cass. n. 1656 del 23.01.2017, Cass. n. 22833 del 24.10.2006).
La sentenza che, nel disporre la divisione della comunione, pone a carico di uno dei condividenti l’obbligo di pagamento di un somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequazione del valore delle rispettive quote, nell’ambito dell’attuazione del diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione; per l’effetto, l’adempimento di tale obbligo non costituisce condizione di efficacia della sentenza di divisione e può essere soltanto perseguito dagli altri condividenti con i normali mezzi
di soddisfazione del credito, restando, comunque, ferma la statuizione di divisione dei beni (Cassazione civile sez. I, 13/07/2025, n.19239).
Al contrario di quanto avviene nella sentenza costitutiva emessa ex art. 2932 c.c. per l’adempimento in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, in cui il pagamento del prezzo ad opera della parte acquirente costituisce adempimento della controprestazione, il pagamento del conguaglio non costituisce condizione di efficacia della sentenza di divisione, che ha efficacia costitutiva del diritto di proprietà (Sez. II, 24/10/2006, n.22833).
Ne consegue che COGNOME NOME, in qualità di erede di COGNOME NOME, proprietario dell’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dei beni mobili e del relativo edificio, giusta sentenza della Corte d’appello di Salerno N.8/2012, che aveva sciolto la comunione con COGNOME NOME e COGNOME NOME, aveva titolo per ottenere il rilascio dei beni da parte delle controparti, che lo occupavano sine titulo.
A nulla rileva, ai fini dell’azione di rilascio per occupazione sine titulo dei convenuti, la situazione di possesso o di mera detenzione dell’occupante, atteso che trattasi di azione fondata su ragioni di carattere petitorio costituite dal titolo di proprietà dell’attore.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia il vizio di nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione, in violazione degli art. 112 cod. proc. civ., 132 co. 1, n. 4 cod. proc. civ. e 100 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 – 4 – 5, cod. proc. civ.; i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia sul secondo motivo di gravame, con cui era stata dedotta la carenza di interesse per sopravvenuta cessazione della materia del contendere in quanto, al momento dell’introduzione del giudizio, i beni sarebbero stati detenuti dalla RAGIONE_SOCIALE, che gestiva il compendio immobiliare oggetto di divisione. Inoltre, dalla documentazione prodotta
dall’attore nel corso del giudizio di primo grado sarebbe emerso che proprietario dei beni era la RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. La Corte d’appello ha ritenuto che non vi fosse la prova della carenza di interesse di COGNOME NOME perché la deduzione del trasferimento dell’intera consistenza immobiliare e mobiliare era fondata su documentazione tardivamente prodotta in grado d’appello.
Detta statuizione non è stata specificamente attinta con il motivo di ricorso, che avrebbe dovuto censurare, in modo specifico, la tempestività della produzione mentre il motivo è privo di specificità per la carenza di allegazione degli atti e documenti su cui esso si fonda, in violazione dell’art. 366, comma 1, n.6 c.p.c.
Va, in ogni caso, ritenuto sussistente l’interesse di COGNOME NOME ad una pronuncia di condanna al rilascio dei beni oggetto di causa, considerato che il trasferimento degli stessi a soggetti terzi avrebbe, costituendo successione a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111 cod. proc. civ., comportato la prosecuzione del processo tra le parti originarie.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
5.1 Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
6.Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in
favore del controricorrente, che liquida in Euro 3000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
6.Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 21.10.2025
Il Presidente
NOME COGNOME